
Sebastiano Schiappacasse, giornalista sportivo di un grande quotidiano milanese, vive i propri cinquant'anni tra affetti inconsistenti e "marchette", come vengono chiamate in gergo le collaborazioni con altri giornali. Una grigia domenica di gennaio, allo stadio per la solita partita di campionato, gli squilla il cellulare: è una convocazione del vicedirettore. Sebastiano deve partire per il Western Australia, subito. Laggiù, in una cittadina sconosciuta, è ricomparso Michele Monari: sì, proprio lui, la star della televisione, l'autore di un famoso bestseller, l'uomo scomparso da dieci anni senza lasciare traccia... Ma soprattutto il migliore amico di Sebastiano, con cui ha diviso la giovinezza. Sebastiano non vuole partire: non solo perché il vicedirettore gli chiede di costruire uno scoop sulla vita dell'amico che ora giace in un letto d'ospedale all'altro capo del mondo, ma soprattutto perché intuisce che l'incontro con Michele rischierebbe di compromettere un equilibrio raggiunto con estrema fatica. Ancora non sa che in Australia un incontro felice e un mistero inatteso lo costringeranno a rimettersi in gioco, trascinandolo in un'avventura che richiede coraggio, la forza di guardare indietro e ripercorrere la propria vita come alla moviola, di fare i conti con il passato per affrontare il futuro. Non sa, Sebastiano, che l'amico di una vita sarà in grado di stupirlo ancora una volta, insegnandogli che l'amicizia e l'amore sono nascosti proprio dove non li si aspetta.
Florindo Flores ha abbandonato per qualche giorno il suo amato orticello e il suo giardino sassarese, e si trova a Torino per questioni personali. Non immagina certo che sarà costretto, suo malgrado, a riprendere le tradizionali attività investigative. Tutto comincia con la scomparsa di un paio di occhiali, che si ritiene fossero appartenuti a Cavour. Il Bensi, proprietario di un ristorante, che ne ha denunciato la sparizione, non lo convince affatto, sembra una caricatura del Conte, con quel panciotto e i modi cerimoniosi e sfuggenti... Pare una faccenda trascurabile e Flores non vede l'ora di liquidarla per rifugiarsi nel calore dell'atmosfera famigliare, tra gli aromi della saporita cucina della moglie, ma sono invece le nebbie del Po a catturarlo: dalle acque torbide emergono indizi che potrebbero rivelare vicende sinistre: il vestito e la parrucca di una certa Loredana, ben conosciuta da Bensi. Tra i dipendenti del Ricetto del Conte, il locale che esibiva in una vetrinetta gli occhiali e altri cimeli del grande piemontese, manca all'appello Evaristo da Rio, un cameriere che serviva i clienti a passo di samba. Svaniti gli occhiali di Cavour, sparito l'ambiguo brasiliano, scompare anche il signor Bensi: dal suo armadio mancano solo la vestaglia, le pantofole e... una bombetta. Bisogna dipanare la matassa e forse il bandolo potrebbe essere nelle mani della signora Bensi...
Nel testo sono pubblicate foto eseguite nell'aprile 1956 da Italo Insolera, incaricato della redazione del Piano di Ricostruzione di Porto Empedocle, colpita da pesanti bombardamenti aerei e navali inglesi e americani nel 1943. A chi si affacciava a Porto Empedocle nel 1956, due aspetti apparivano importanti, efficacemente illustrati nel libro: il livello molto povero di tante zone abitate e l'enorme estensione di montagne di pani di zolfo accumulati sulle banchine, nelle strade, sulle spiagge. I testi pubblicati sono stati scritti da Andrea Camilleri. Possiamo guardare le fotografie come illustrazioni di questi, oppure viceversa leggerli come introduzioni alle immagini: "Cenni storici su Porto Empedocle", "I luoghi deputati", "Pirandello e Porto Empedocle" (a cui segue una parte del racconto Lontano, scritto da Pirandello nel 1902).
Questa raccolta di "scritti civili" vede la luce a poco più di un anno dalla scomparsa di Cesare Garboli, un critico o, meglio, secondo la definizione di Geno Pampaloni ("uno scrittore prestato alla critica") uno scrittore che ha costituito, anche dal punto di vista civile, una delle coscienze critiche più vigili e indipendenti degli ultimi anni. Gli interventi e le interviste presentate in questo volume spaziano dalla riflessione su un articolo di Natalia Ginzburg sulla strage di Monaco alla spietata rivisitazione della storia dell'Occidente nella lettera a Bernardo Valli che dà il titolo alla raccolta, dallo svelamento del "cuore marcio del potere" attraverso una lettura di Re Lear a due scritti più specifici sull'Italia.
Luca ama il cinema ed è un critico, per così dire, dilettante, inesorabile, soprattutto nei riguardi dei film francesi. Un giorno, per qualche strano sortilegio, si trova a vivere proprio in un film, francese s'intende. Pur di sottrarsi agli odiati cliché cinematografici d'oltralpe, non esita a compiere soppressioni e a creare colpi di scena per alterare la trama e liberarsi dei personaggi. In fuga dopo le sue malefatte, attraversa un film di Bergman e, passando fra le scene di Woody Allen e le atmosfere felliniane, approda in una specie di studio cinematografico abbandonato e divenuto rifugio per altri sette transfughi cinematografici. Alleatisi, gli intrepidi partono alla sfida del mitico Filmondo, impantanandosi però in un film di gangster...
Faustino, da piccolo, è un bambino silenzioso e indipendente: nato a Como, da una famiglia laboriosa e di idee forti, coltiva una passione per l'Inter, che lo lega al padre, e un'altra, intima e infinita, per le parole. Le annota e le pesa, le rende significative, e attraverso di esse impara a conoscere l'intorno. Importante è il rapporto con il sagrestano del paese, Felice: esperto di piante e genuinamente saggio, Felice trasmette a Faustino un profondo interesse per la botanica, per ciò che è fragile, minuto, bisognoso d'acqua. Un giorno tutto cambia: Faustino sente Dio, vede Dio, e prende la decisione di farsi prete. Ma la sua non è una religiosità dottrinale, è una vocazione fatta di attenzione e cura del mondo. Quello con Dio è per lui un dialogo costante e una continua messa in discussione. Quando parte per una missione in Togo, la sua vita prende una nuova direzione: qui vivrà non soltanto la stagione della scoperta dell'altro, di una religiosità vivace e ancestrale, sperimentando il peso del suo credo e dell'ambiente culturale da cui proviene, ma scoprirà soprattutto l'amore, grazie a Nives. Nives è l'altra metà, Nives è la radice e il fiore di ogni pianta incontrata sul suo cammino, è l'esperienza, il futuro. Con lei, Faustino fa prova della gioia e del dolore, percorre strade inedite e insperate, fino a quando quella felicità inesprimibile non trova un ostacolo duro, violento, definitivo. Un romanzo non convenzionale che ci restituisce il ritratto di un uomo pronto a rivedere ogni credo e ogni certezza, ma anche e soprattutto capace di scoprire il sacro in ogni più piccolo aspetto della vita, di decifrare la lingua dell'altro, di mettersi al servizio del destino e, ciononostante, continuare a combatterlo.
L'epopea dei trevisani che arrivarono a Sydney dopo essere sopravvissuti agli imbrogli di un marchese francese, ai tagliatori di teste, al tormento di 368 giorni di viaggio, per fondare infine la nostalgica Cea Venessia. Gian Antonio Stella (con questo nuovo libro uscito in prima edizione nella collana delle Grandi Firme del Corriere della Sera) ci trasporta con la passione della scrittura e la forza dei documenti in un viaggio fatto di tragedie e avventure, grandi speranze e feroci disillusioni. Un racconto che si fa romanzo della nostra storia e che apre uno spaccato duro, e toccante su un passato dimenticato, del quale non possiamo fare a meno per comprendere le radici dell'Italia di oggi.
Alla fine degli anni Settanta, Goffredo Parise scrisse un romanzo, dopo un decennio in cui sembrava aver abbandonato definitivamente la forma romanzesca. Quel romanzo vede la luce soltanto adesso. Si potrebbe definire come un'anatomia dell'amore anziano: Parise racconta le peripezie mentali e corporee di una coppia di cinquantenni, entrambi coinvolti in una relazione amorosa con persone molto più giovani. L'epilogo del libro è tragico e violento.
San Carlo, Maremma Toscana. Il conte Alinaro Bonaiuti ha invitato nel suo maniero degli ospiti per la battuta di caccia del fine settimana; tra questi, c’è il noto gourmet Pellegrino Artusi. La prima sera del week-end, a cena, il padrone di casa è di umore allegro. Accenna ad una grossa vincita ai cavalli, quindi invita gli ospiti nella sala da fumo dove brinderanno alla vincita. Poi, scusandosi, spiega di non poter bere champagne per i suoi problemi di stomaco, e ripiega sul suo solito Porto. Durante la notte si sente male. Questa volta Malvaldi si cimenta con un giallo di impianto classico - l’ambientazione ottocentesca, il castello, i delitti, la nobiltà decaduta, il maggiordomo - illuminato però dalla presenza di Artusi, il grande gastronomo che con la sua “Scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” dette dignità alle pietanze di tutti i giorni. Sarà proprio Pellegrino - studioso di storia naturale oltre che letterato - a trovare con il suo acume e la sua curiosità la chiave per arrivare alla verità, mentre Malvaldi - lasciati per il momento i quattro vecchietti del BarLume - ci consegna il magnifico ritratto di un italiano memorabile che si muove a suo agio in mezzo a personaggi di invenzione.
Pavese è stato il prototipo dell'editore postmoderno. Nel suo lavoro per l'"officina Einaudi" ha espresso un'idea di cultura allora decisamente anticonformista: una cultura poco ideologica, senza timori di scorrettezza politica, inclusiva e non illuministicamente distintiva. Nasce così la collana viola, con la prima traduzione italiana del reazionario Jung, nasce così la sua idea di pubblicare nella stessa collana "Il capitale" di Marx, "Le mille e una notte" e la Bibbia, suscitando scandalo fra gli altri einaudiani. Le sue lettere a Giulio Einaudi e ai principali consulenti della casa editrice, tra i quali Norberto Bobbio, Felice Balbo, Natalia Ginzburg, Giaime Pintor, Elio Vittorini, raccolte insieme per la prima volta con la presenza di numerosi inediti, permettono di vedere da vicino i suoi percorsi editoriali e il suo mestiere di pubblicare libri.
Mazzi di chiavi, telefoni, biglietti da visita, occhiali da sole, documenti e palloncini colorati scappati via da mani bambine. Ma anche gli 'ego' individuali, i 'soggetti' intesi come idee e storie che perdono e si perdono fino a un gesto che affiora in un ricordo. "Mi ha guidato nella scelta un'idea dei margini, forse anche un'idea del fantasma. I fantasmi sono dolorosi, i fantasmi sono necessari. I fantasmi sono quello che ci manca, disse una volta Carmelo Bene, essa ci deve mancare. "Oggetti smarriti" sono frasi, racconti, avventure, occasioni, protocolli di esperienza, alcuni recentissimi, altri remoti. Hanno in comune, oltre a una scrittura ibrida, tra il documentario e la finzione, il sentimento di essere perduti".