
L’intento di Giorgio Torelli è quello di raccontare “usi, costumi, ingegno e solitudine” di Giovannino Guareschi, e per fare questo l’autore fa ricorso ai propri ricordi personali (conobbe e frequentò assiduamente l’autore di Don Camillo), ma anche a quelli dei figli Alberto e Carlotta, che hanno reso disponibile molto del materiale per la realizzazione di questo libro. L’opera è costruita come un album di ricordi, episodi, aneddoti, in cui testo e disegni (molti dello stesso Guareschi) contribuiscono a dipingere con verità quel mondo così ricco di umanità e per questo sempre di moda.
Una serie di storie che non appartengono né al Mondo piccolo di don Camillo e Peppone né a quello del Corrierino delle famiglie. Pubblicate tra il 1941 e il 1961 sul "Corriere della Sera" e su "Candido", si tratta di due elzeviri apparsi sul "Corriere della Sera" nel 1941 e nel 1942, seguiti da un testo del 1950 il cui fresco umorismo si collega a quello della "Scoperta di Milano". Al centro degli altri racconti: una particolare letterina di Natale, la prepotenza del Fisco, una strana carica di cavalleria, un amaro appuntamento, un bambino che salva una coppia in crisi, un ritorno dal passato, un amore filiale più forte della morte, la solitudine di un ragazzo, la noia dilagante.
"Bagheria" è un racconto affidato alla memoria. L'autrice, bambina, arriva in Sicilia dopo aver trascorso due anni in un campo di concentramento giapponese. Con infantile intensità vive la scoperta delle proprie origini, della nobile famiglia materna, così radicata in quel paesaggio fatto di palazzi baronali e case che sembrano reggersi una all'altra. Nell'omertà delle pareti domestiche si consumano rapporti tortuosi, dove il prezzo da pagare ricade sempre sulle donne, sacrificate alla "legge" dell'onore in una società che tutto sa, ma finge di non vedere.
Un uomo riceve l'incarico di andare alla Casa dei Matti, padiglione I, per far compagnia ai degenti. Ed ecco spalancargli di fronte il mondo dell'ex manicomio, diverso da quello riformato coraggiosamente da Franco Basaglia, ma al tempo stesso sempre uguale, come un mito che non tramonta. Qui tutti hanno un'identità e una storia, anche se in frantumi. Tra l'odore del disinfettante e quello degli alimenti si aggirano Amalia, che si crede nobile, Anita, la "donna down" sempre col cappotto addosso, Maria che non fa che cantare, Olga, senza denti e con la mania religiosa, Berto, fissato con le parole crociate. E poi Cecilia: una donna molto anziana, di novantasei anni, di cui molti, troppi, trascorsi in manicomio, non si sa neppure perché. Cecilia è litigiosa, solitaria, bizzarra. Ma forse ha solo bisogno che qualcuno riconosca che lei "è". Allora l'io narrante le offre una cioccolata. Lei si scioglie, cominciano a parlare. Gli racconta la sua vita, di quando faceva la commessa in una pasticceria e guadagnava settanta centesimi alla settimana. Altri tempi: ora lei, come gli altri, non sa più cosa accade nel mondo. E per quanti sforzi si facciano, non si può più tornare indietro, recuperare il tempo ormai trascorso. Si può solo ballare: un ballo reale e metaforico insieme, perché sulle note scorrono come in un sogno gli anni non vissuti da questi degenti, Cecilia compresa: gli anni perduti.
Nel 1974, quattro anni dopo la sua drammatica fuga da Tripoli, Mike "Africa" Balistreri è un giovane psicologicamente provato dagli eventi della sua intensa adolescenza libica. È uno studente di Filosofia all'Università di Roma venuto a contatto con l'estrema destra, ed è entrato nelle file di Ordine Nuovo, che - dopo essere stato messo fuori legge - si riorganizza clandestinamente per la lotta armata. L'estremismo politico degli anni di piombo, il passato e i suoi incubi tornano a bussare alla sua porta nel 1986, quando è ormai da tempo commissario di polizia e si ritrova a seguire le indagini sull'omicidio dell'avvocato e deputato Giulio Giuli, sua vecchia conoscenza in Ordine Nuovo.
Pulsatilla sta alla condizione della ragazza d'oggi come la Nutella alla merenda, come Bertinotti al cachemire, come "Babbo" a "Natale". Questa è una guida pratica a tutti gli aspetti più ambigui della vita, dalla messa in piega alla consultazione degli oracoli, dalla lotta ai chili superflui al rimorchio su Internet, con tanto di beceri espedienti a letto. L'idea dell'opera nasce da una semplice indagine: non si è mai sentito un uomo che vorrebbe rinascere donna, non si è mai sentita una donna che vorrebbe rinascere donna.
Pulsatilla sta alla condizione della ragazza d'oggi come la Nutella alla merenda, come Bertinotti al cachemire, come "Babbo" a "Natale". Questa è una guida pratica a tutti gli aspetti più ambigui della vita, dalla messa in piega alla consultazione degli oracoli, dalla lotta ai chili superflui al rimorchio su Internet, con tanto di beceri espedienti a letto. L'idea dell'opera nasce da una semplice indagine: non si è mai sentito un uomo che vorrebbe rinascere donna, non si è mai sentita una donna che vorrebbe rinascere donna.
Un ballo all'aperto. Fine estate. Un'orchestrina suona vecchi pezzi anni sessanta. Checco e Renata dondolano tra le coppie, belli, complici, divertiti. Hanno deciso di prendersi una serata tutta per loro: nulla da festeggiare in particolare, solo il semplice piacere di stare insieme dopo tanto tempo. Sulle note delle canzoni che hanno scandito la loro storia, si rivedono poco più che ventenni in un'Italia che decollava: Checco giovane ingegnere in carriera, Renata studentessa, poi insegnante. Guardandosi negli occhi ricordano il loro primo incontro, le gite al mare sulla decappottabile di lui, gli amici, i genitori, le nozze e poi la vita insieme: la vita felice di una coppia colta, innamorata, invidiata. Ma c'è una voce misteriosa a fare da controcanto. È lei a raccontare in rima le zone d'ombra delle loro esistenze, intrecciate a quelle del paese. Una voce che nessuno sembra sentire, tranne Renata, o che forse nessuno vuole ascoltare. La voce di un uomo che nessuno vede o che nessuno forse vuole vedere. Perché ha il dono.
È il 28 ottobre 1921. Siamo nella basilica di Aquileia. Gli occhi di tutti sono rivolti alle undici bare al centro della navata, e alla donna che le fronteggia: Maria Bergamas. Maria deve scegliere, tra gli undici feretri, quello che verrà tumulato a Roma, nel monumento al Milite Ignoto, simbolo di tutti i soldati italiani caduti durante la Grande Guerra. Maria passa davanti a ogni bara, e ognuna le racconta una storia. Sono vicende di giovani uomini, strappati alle loro famiglie, ai loro amori, ai loro lavori, finiti a morire in una guerra durissima e feroce: contadini e cittadini, borghesi e proletari, braccianti e maestri elementari, fornai, minatori, falegnami, muratori, veterinari e seminaristi che parlano in latino con il nemico ferito sul campo di battaglia. Attraverso le voci di questi soldati senza nome non solo riviviamo i momenti cruciali della Grande Guerra, non solo ci caliamo, in una vera trance empatica, nelle vite dei protagonisti, ma riscopriamo un'Italia che oggi si può dire definitivamente scomparsa.
La grande villa immersa nel parco smisurato. Il giardiniere sadico. I domestici spia. Le governanti che cercano di infilarsi nel letto del padrone di casa. Una madre di incredibile bellezza e freddezza. Un nonno in sedia a rotelle nella sua casa-castello traboccante di preziose porcellane. Una nonna salutista che tuffa i nipoti nei torrenti ghiacciati. Il coccodrillo che vive sotto il letto. Il fantasma – ma chi sarà mai veramente? – che abita in soffitta. Un muro invalicabile che divide il mondo degli adulti da quello dei bambini.
Gli occhi di una bambina ricostruiscono la vicenda della rovinosa caduta di una famiglia alto borghese, che racchiude – senza mai mescolarle – origini ebree e cristiane, tedesche, russe e italiane.
Su tutto, su tutti, l’enorme, ingombrante figura del padre. Uomo di smisurata cultura e dalla smisurata biblioteca. Uomo d’affari. Dirigente del CLN, la sua firma su storici documenti della resa nazista. Le sue fiabe. Le sue collere. Le sue amanti nessuna amata, a parte Gersemy, dalla parrucca di fili d’argento. La sua abilità di pianista. La sua predilezione per il primogenito che lo disprezza segretamente per averlo sorpreso mentre calava le mutande alla cuoca. Un figlio illegittimo che si sarebbe trasformato in statua d’angelo. I suoi deliqui. Le sue sbronze. Napoleone, suo dio e suo demone. Il suo coraggio.
La vendita di un prezioso pianoforte a coda dà il via alla discesa verso quello che ogni volta sarà ridefinito «il nero abisso».