
Siamo andati sulla Luna, ma le grandi domande filosofiche dei Greci, dei medievali, dei moderni e dei contemporanei, rimangono le medesime. Siamo creature misteriose, tanto piccole e tanto grandi, in un Cosmo immenso, ma non infinito, e portiamo a spasso, sulle nostre spalle, l'oggetto più complesso dell'Universo (il cervello). Siamo corpo e anima, cervello e mente; viviamo nello spazio e nel tempo, ma siamo proiettati sempre Oltre. Perché? Cosa significa questo immenso Enigma? Le neuroscienze, il dibattito sull'Intelligenza Artificiale, la Cosmologia del Big Bang, la dinamica del nostro venire alla luce... insomma, il sapere dell'uomo di oggi può dialogare con le riflessioni dei grandi filosofi che chi ci hanno preceduto, per permetterci di capire qualcosa, come in uno specchio.
Per la prima volta in un unico volume la ''Storia della filosofia greca e romana'' di Giovanni Reale: il grande antichista vi ha lavorato per quattro decenni, a partire dagli anni sessanta del secolo scorso. Questo volume intende rendere omaggio al fondatore della fortunata collana del Pensiero Occidentale, riprendendo integralmente - con una rinnovata bibliografia - i dieci volumi editi da Bompiani nel 2004, che a loro volta aggiornavano i cinque editi da Vita e Pensiero nel 1975-80.
Il tema di fondo è il ''logos'', la capacità di affrontare il mondo in maniera razionale, che distingue la filosofia da ogni altra forma di sapere.
Giovanni Reale ritrova le prime tracce di razionalità nei testi orfici, per poi proseguire in un’appassionata ricerca che da Esiodo attraversa più di mille anni. Il punto finale è il decreto di Giustiniano, con cui nel 529 vengono chiuse tutte le scuole dell’Impero guidate da docenti pagani. Tale conclusione è anche testimone dell’ormai consolidata nuova visione del mondo, che ha visto fondersi la novità del Cristianesimo con la tradizione filosofica.
Un termine segnato da quelli che per Reale sono i due momenti fondamentali del pensiero umano, la seconda e la terza navigazione. Platone usa questa metafora spiegando come dopo l’uso dei remi nel navigare si rendano necessarie le vele, figura del guardare oltre la realtà sensibile. Giovanni Reale propone anche una ''terza navigazione'', quella della fede, non presente nella filosofia greca e romana, ma da questa preparata. E' il programma di una vita, della sua personale vita, che spiega anche il tono appassionato con cui è scritto questo libro, testimone di una ricerca che supera l’anonimato e la freddezza dell’accademia.
Nel 1971 due dei più influenti e noti intellettuali del XX secolo vengono invitati dal filosofo olandese Fons Elders a discutere di una vecchia questione: esiste, nella natura umana, un senso innato di giustizia indipendente dalle nostre esperienze e dalle influenze esterne? Il risultato è stato un dibattito tra i più originali e provocatori, un viaggio attraverso l'ambiguo rapporto tra morale e potere che serve anche da introduzione alle singole teorie dei due filosofi. Quello che in partenza era un discorso radicato nella linguistica (Chomsky) e nella teoria della conoscenza (Foucault) si evolve ben presto in una discussione sui più vasti argomenti, dalla scienza alla storia, dalla psicologia comportamentale alla libertà e alla lotta per la giustizia. Quella giustizia che, per Chomsky, aveva un fondamento reale, assoluto, profondamente radicato nella nostra natura e che, per Foucault, era solo uno strumento del potere.
Gli interrogativi sollevati da una rilettura della tradizione fenomenologica ed ermeneutica del Novecento, da alcuni elevata a paradigma filosofico, sono numerosi e non riassumibili in un singolo testo. L'intento è soprattutto quello di ricostruire l'unità del pensiero fenomenologico-ermeneutico, restituendo legami in grado di suggerire una direzione ad un panorama filosofico frastagliato e prospettico. Viene così affrontata nei diversi autori l'ispirazione fenomenologica che, sia pure in nuce con esiti teorici alquanto differenziati, ha comunque caratterizzato unitariamente e originalmente una grande stagione filosofica, annettendo nuovi motivi al tradizionale quadro teorico (Husserl - Heidegger - Gadamer), come il rapporto tra Gadamer e Derrida e il debito fenomenologico di autori quali Lévinas e lo stesso Derrida. Le indagini svolte e gli spunti provocati vorrebbero dimostrare l'importanza e l'attualità di una impostazione di pensiero che ha dovuto fare i conti, fino a considerarsi superata, con le nuove tendenze filosofiche impegnate a ribattere in modo parassitario i risultati delle scienze positive.
È tempo che la filosofia torni alla città. Anzitutto per risvegliarla da quel sonnambulismo che la narcosi di luce del capitale ha provocato. Ma quale margine ha il pensiero nel mondo globalizzato, chiuso in se stesso, incapace di guardare fuori e oltre? Mentre viene richiamata alla sua vocazione politica, la filosofia è spinta a non dimenticare la sua eccentricità, la sua atopia. Nata dalla morte di Socrate, figlia di quella condanna politica, sopravvissuta a salti coraggiosi e rovesci epocali, come nel Novecento, la filosofia rischia di essere ancella non solo della scienza, ma anche di una democrazia svuotata, che la confina a un ruolo normativo. In questo libro, dove traccia le linee del proprio pensiero, tra esistenzialismo radicale e nuovo anarchismo, Donatella Di Cesare riflette sul rientro della filosofia nella pólis, divenuta metropoli globale. Non bastano la critica e il dissenso. Memori della sconfitta, dell'esilio, dell'emigrazione interna, i filosofi tornano per stringere un'alleanza con gli sconfitti, per risvegliarne i sogni.
Esistenza e Persona riporta degli articoli su argomenti come trascendenza, libertà, amore, amicizia, religiosità, che l’Autrice ha approfondito seguendo la traccia dell’essere. Proprio da qui è nato il confronto tra i principali filosofi contemporanei presi in considerazione: Martin Heidegger e, d’ispirazione tomista, Cornelio Fabro e Carlos Cardona.
L’essere è, infatti, il punto di riferimento ulteriore dell’“esistente” heideggeriano — il Dasein — e della “persona” nella tradizione metafisica tomista.
L’ineludibile confronto viene tematizzato già nel primo capitolo, che delinea l’itinerario speculativo di Heidegger; i due successivi capitoli, s’incentrano sul gran tema della libertà. Il quarto mette in luce il silenzio heideggeriano sull’amicizia. Su questa base si sviluppa l’analisi critica presente nei capitoli cinque e sei. Infine, nell’ultimo capitolo si tratteggiano alcuni suggerimenti che mirano al superamento di uno dei componenti più caratteristici della cultura odierna: il nichilismo.
Cristina Reyes (Cile) è Laureata in Psicologia presso l’Università del Cile (Santiago del Cile) ed è Professore Incaricato di Metafisica presso la Facoltà di Filosofia della Pontificia Università della Santa Croce (Roma).
Solo ora, raccolti insieme nella loro integralità, i nove libri che formano il progetto Homo sacer acquistano il loro vero significato. Il fitto gioco dei rimandi interni, la ripresa incessante e lo svolgimento dei temi di volta in volta enunciati disegnano un'architettura imponente, articolata in quattro sezioni. Nella prima viene tracciato il programma di una messa in questione dell'intera tradizione politica dell'Occidente alla luce del concetto di nuda vita o di vita sacra (Il potere sovrano e la nuda vita, 1995). Nella seconda sezione questo programma viene svolto attraverso una serie di indagini genealogiche: (Iustitium. Stato di eccezione, 2003; Stasis. La guerra civile come paradigma politico, 2015; Horkos. Il sacramento del linguaggio, 2008; Oikonomia. Il Regno e la Gloria, 2007; Opus Dei. Archeologia dell'ufficio, 2012). La terza sezione sottopone l'etica alla prova di Auschwitz (Auschwitz. L'archivio e il testimone, 1998). La quarta sezione, infine, elabora i concetti essenziali per ripensare da capo l'intera storia della filosofia: forma-di-vita, uso, inoperosità, modo, potere destituente (Altissima povertà, 2011; L'uso dei corpi, 2014).
Questo libro, scritto prima che l’autrice abbandonasse l’Ungheria e pubblicato per la prima volta in Germania nel 1978, offre spunti di riflessione ancor oggi di grande attualità. Se è vero che allo scienziato non occorre la filosofia per convalidare i propri metodi, è altrettanto vero, sostiene Heller, che è necessario ricorrere alla filosofia per rispondere alle domande: come si deve pensare? Come si deve agire? Come si deve vivere? La filosofa ungherese invita la filosofia a svegliarsi dal letargo in cui il prevalere del dominio scientifico l’ha confinata e a riguadagnare la propria radicalità di pensiero, fondata sull’unità di Vero e Bene, di teoria e prassi.
«Possano i miei Quadri della natura fornire al lettore una parte del piacere che una mente ricettiva trova nella contemplazione della natura. E poiché tale piacere risulta moltiplicato dalla comprensione dell’intima connessione delle forze naturali, ad ogni saggio sono state accluse delle spiegazioni e delle aggiunte scientifiche.»In queste parole, che accompagnano la prima edizione dei Quadri della natura, scritti a Parigi dopo il viaggio in Centro e Sudamerica compiuto tra il 1799 e il 1804, risiede tutta la forza dirompente e innovatrice di questo libro e del suo autore. Esploratore, pensatore fuori dagli schemi, punto di riferimento della comunità scientifica del suo tempo, Alexander von Humboldt è stato il primo a osservare e descrivere l’ambiente come una rete globale in cui tutto è interconnesso, e a definire di fatto l’idea di natura che conosciamo oggi. Soprattutto gli viene riconosciuta l’invenzione del moderno concetto di paesaggio. I Quadri della natura rappresentano in questo senso un documento unico, un grande classico della letteratura scientifica – ma anche uno straordinario diario di viaggio – che rivive ora in una nuova edizione, arricchita da splendide illustrazioni in bianco e nero e a colori.
Per la prima volta insieme, tutti gli scritti che Umberto Eco ha dedicato alla televisione: al suo linguaggio, alle forme di comunicazione che mette in gioco, alle tecnologie che le sostengono, all’immaginario che produce, ai suoi esiti culturali, estetici, etici, educativi e, soprattutto, politici. Una raccolta che, pubblicando anche scritti difficilmente reperibili, copre un arco di tempo che va dal 1956, anno in cui in Italia vengono messe in onda le prime trasmissioni, al 2015, periodo in cui il mezzo televisivo non può più essere considerato come dominante nella produzione e nella trasformazione della cultura social. Dalla ripresa diretta dei primi anni, alla tv-verità e ai reality show degli ultimi anni, da Corrado al Grande fratello, da Mike Bongiorno a Derrick, le riflessioni di Eco denunciano con costante attenzione le strategie televisive nel quadro di una critica inesausta contro i vari populismi mediatici, che è sempre stata la cifra dello sguardo di Eco sui media.
Benché mammiferi e uccelli siano unanimemente considerati le creature più intelligenti, si va imponendo una diversa, sorprendente, evidenza: da un ramo dell'albero della vita assai distante dal nostro è nata una forma di intelligenza superiore, i cefalopodi - ossia calamari, seppie e soprattutto polpi. In cattività, i polpi sono in grado di distinguere l'uno dall'altro i loro guardiani, di compiere scorrerie notturne nelle vasche vicine per procurarsi del cibo, di spegnere le luci lanciando getti d'acqua sulle lampadine, di mettere in atto ardite evasioni. Com'è possibile che una creatura tanto dotata abbia seguito una linea evolutiva così radicalmente lontana dalla nostra? Il fatto è - ci rivela Peter Godfrey-Smith, indiscussa autorità in materia e appassionato osservatore sul campo - che i cefalopodi sono un'isola di complessità mentale nel mare degli invertebrati, un esperimento indipendente nell'evoluzione di grandi cervelli e comportamenti complessi. E probabile, insomma, che il contatto con i polpi sia quanto di più vicino all'incontro con un alieno intelligente ci possa mai capitare. Ma Godfrey-Smith tocca in questo libro un altro punto capitale: nel momento in cui siamo costretti ad attribuire un'attività mentale e una qualche forma di coscienza ad animali ben distanti da noi nell'albero della vita, dobbiamo anche ammettere di non avere certezze su che cosa sia la nostra coscienza di umani. E forse questa via è una delle migliori per arrivare a capirlo.
Torna di attualità in questi mesi un testo scritto da Hannah Arendt negli anni Settanta. Si tratta di un'originale riflessione sulla natura della politica e sul suo rapporto con la verità. Il libro - qui proposto con il testo originale a fronte - prende spunto dalla vicenda dei Pentagon Papers, documenti riservati del Dipartimento della difesa USA: nel 1971 alcuni stralci di quelle relazioni coperte da segreto di Stato furono trafugati e pubblicati sulle pagine del New York Times, rivelando all'opinione pubblica l'ammissione da parte del Pentagono dell'assoluta inutilità strategica dell'impegno americano in Vietnam.