
In questo saggio vengono chiamate a raccolta le riflessioni filosofiche di Benjamin, Schmitt, Heidegger, ma anche i contributi poetici di autori come Hölderlin, Celan e Bachmann, per analizzare l'irreparabile trauma che da allora segna lo spazio del nostro abitare sulla terra.
Partendo dalla convinzione che nessun filosofo può fare a meno dell'etica, Richard Kearney e Mark Dooley, curatori di questo libro, hanno riunito alcuni dei più recenti dibattiti sul pensiero etico contemporaneo.
È legittimo interpretare la filosofia, la scienza e la politica moderne come "religioni secolari", a dispetto della loro dichiarata tendenza anti-teologica? È legittimo interpretare la fiducia nel progresso come una fede religiosa? In questo suo ultimo libro, pubblicato postumo, Hans Kelsen muove una dura critica contro le teorie della cultura del XX secolo che tentano di individuare implicazioni religiose e teologiche nelle dottrine sociali e nelle ideologie politiche del nostro tempo, riconducendole sotto il dominio della teologia e della speculazione metafisica. Kelsen denuncia il carattere contraddittorio del concetto stesso di religione secolare (di religione senza Dio) e costruisce un'appassionata difesa dello spirito scientifico della modernità attraverso la rilettura di alcune tra le principali opere del pensiero occidentale, da Hobbes ai filosofi dell'Illuminismo fino a Marx e a Nietzsche.
"Che cos'è la giustizia?" è una di quelle domande alle quali l'uomo "si è consapevolmente rassegnato a non poter mai dare una risposta definitiva, ma solo a formulare meglio la domanda stessa". È a questo compito, e all'esplicitazione dei presupposti della propria filosofia della giustizia, che Hans Kelsen dedicò, nel 1952, la lezione di congedo dall'insegnamento che dà il titolo al presente volume. Questo testo, per molti versi "conclusivo", è preceduto da due lezioni inedite del 1949, qui riunite sotto il titolo complessivo "Elementi di teoria pura del diritto", nelle quali Kelsen s'interroga sull'essenza dei fenomeni giuridici, e sui problemi epistemologici propri della filosofia del diritto. Chiude il volume la lezione "Politica, etica, diritto e religione", del 1962, in cui si affronta il ruolo che le credenze religiose possono svolgere nel determinare l'effettività delle norme di un ordinamento sociale. Grazie anche alla loro natura di lezioni, gli scritti qui raccolti offrono una "summa" dell'opera filosofica del grande pensatore, che si confronta da un lato con l'analisi dei concetti giuridici fondamentali, dall'altro lato con il quadro metagiuridico (etico, politico e sociale) nel quale necessariamente si collocano gli ordinamenti normativi.
Più di altri sommi filosofi del Novecento nei quali la vulgata ci ha abituati a contrapporre una "prima" e una "seconda" maniera, Ludwig Wittgenstein è finito ingessato nella discontinuità tanto conclamata dai suoi esegeti. Fra il Tractatus logico-philosophicus, unico libro pubblicato in vita, e la massa degli scritti postumi su cui svettano le Ricerche filosofiche, si è instaurato uno schema oppositivo che talora appanna, invece di illuminare, lo sviluppo e gli esiti di una riflessione di enorme presa sul pensiero contemporaneo. Anthony Kenny, che di Wittgenstein è finissimo conoscitore, preferisce movimentare questo quadro interpretativo: compie una ricognizione che entra in ogni aspetto dell'opera filosofica, ne discrimina le fasi, gli stili concettuali contrastanti, le ascendenze, gli spostamenti speculativi dall'atomismo logico ai giochi linguistici, dalla natura del linguaggio al suo rapporto con gli stati mentali e le forme di vita -, e riesce nell'intento di elucidazione delle sostanziali differenze anche grazie a una lettura continuista, che rileva i capisaldi mai abbandonati. Innanzi tutto la concezione della filosofia non come insieme di teorie o di risposte ai grandi quesiti esistenziali, bensì come attività di chiarimento delle proposizioni non filosofiche intorno al mondo, per prevenire gli sviamenti del linguaggio ordinario. Un compito terapeutico, la cui finalità è sciogliere i "nodi del nostro pensiero che noi stessi abbiamo intrecciato procedendo per non-sensi".
In questo libro si narra la vicenda della nascita della filosofia: il suo fiorire nel bacino del Mediterraneo e lo sviluppo di idee che avrebbero dato forma all'intera parabola del pensiero occidentale, nell'arco di tempo che va dal sorgere delle scuole presocratiche della Ionia e dell'Italia meridionale alla conversione di Agostino al cristianesimo. Al centro del racconto, come nella celebre raffigurazione della Scuola di Atene di Raffaello, si stagliano le due grandi figure di Platone e Aristotele: i due giganti che hanno posto le basi per il pensiero dei millenni successivi, e la cui influenza, nella mentalità e nella società odierne, si rivela ancora molto profonda. Questo primo volume della Nuova storia della filosofia occidentale è il frutto della lunga e approfondita attività di studioso del suo autore. Nella prima parte del libro (capp. I-II) Kenny colloca le figure dei filosofi nel loro contesto storico, spiegando la genesi del pensiero e l'onda d'urto esercitata da quelle idee. Nella seconda (capp. III-IX), la storia del pensiero antico è ricostruita attraverso una presentazione dei principali temi che lo hanno caratterizzato, e che sono alle radici della nostra civiltà.
Questo libro rappresenta un'affascinante guida attraverso il pensiero di oltre un millennio: traccia la storia della filosofia nell'arco di tempo che va dagli inizi del pensiero cristiano e islamico fino al Rinascimento. Il Medioevo assiste a una grande fioritura della filosofia, in un'impresa intellettuale che - incominciata con Agostino - raggiunse il suo apice nel XII e XIV secolo, l'epoca dei sistemi di grandi pensatori scolastici come Tommaso d'Aquino e Giovanni Duns Scoto. Il secondo volume della Nuova storia della filosofia occidentale è il frutto della lunga e approfondita attività di studioso del suo autore. Nella prima parte del libro (capp. I-II) Kenny colloca le figure dei filosofi nel loro contesto storico, spiegando la genesi del pensiero e l'onda d'urto esercitata da quelle idee. Nella seconda (capp. III-IX), la storia del pensiero medievale è ricostruita attraverso una presentazione dei principali temi che lo hanno caratterizza-to, e che sono alle radici della nostra civiltà.
La "Nuova storia della filosofia occidentale" di Anthony Kenny giunge con questo volume alla presentazione degli imponenti sistemi che hanno forgiato il pensiero moderno. Kenny ci introduce al contesto in cui i filosofi dell'epoca hanno elaborato le proprie idee, e ci guida in una disamina delle loro opere. A partire dal XVI secolo, questa vicenda attraversa il pensiero della Riforma e della Controriforma, il dibattito post-cartesiano, la grande tradizione dell'empirismo britannico, l'illuminismo e la filosofia critica kantiana, per concludersi con la sintesi costituita dal pensiero hegeliano. Come nei volumi precedenti, a una prima parte in cui l'autore racconta in tre capitoli la vita dei maggiori pensatori e l'ambiente intellettuale in cui essi erano immersi, fa seguito una seconda sezione, composta di sette capitoli, nei quali la filosofia moderna viene analizzata nelle sue principali articolazioni disciplinari: conoscenza, natura dell'universo fisico, metafisica, mente e anima, natura e contenuto della morale, filosofia politica e infine teologia filosofica.
In questo volume, che conclude la "Nuova storia della filosofia occidentale", Anthony Kenny racconta lo sviluppo del pensiero filosofico dai primi decenni del XIX secolo agli anni Settanta del XX: un periodo nel quale il succedersi inarrestabile di scoperte scientifiche, mutamenti culturali e trasformazioni politiche fa da sfondo alla genesi del pensiero della tarda modernità. Come nei volumi precedenti, a una prima parte - in cui l'autore descrive la vicenda dei maggiori pensatori e delle maggiori correnti filosofiche - fa seguito una seconda, in cui la filosofia degli ultimi due secoli è analizzata nello sviluppo delle sue principali articolazioni disciplinari. Merito della ricostruzione di Kenny è non solo rendere accessibile al lettore, in una trattazione insieme vivace e rigorosa, le idee più significative dei grandi pensatori che hanno segnato le radici del nostro presente, ma anche tracciare un affresco capace di render conto delle ragioni profonde d'un dibattito quello fra "analitici" e "continentali" - che ha segnato in maniera indelebile il pensiero del Novecento. Nel suo volume conclusivo, l'opera di Kenny rivela cosi anche la propria finalità più ambiziosa: porre l'agenda per una filosofia a venire che sia consapevole della complessità della propria vicenda storica, se vuole presentarsi come autentico esercizio del pensare.
Carl Schmitt è ancora oggi un pensatore che divide, ma è indubbio che nessuno come lui sia stato capace di pensare rotture e instaurazioni dell'ordine politico e giuridico. Jean-Francois Kervégan "riparte" da Cari Schmitt in due modi, da un lato prendendone congedo quando necessario, dall'altro cogliendo i concetti che ci aiutano a reinterpretare il mondo contemporaneo: perché Schmitt, dalla sua posizione esterna e anche ostile nei riguardi dei presupposti delle nostre riflessioni sulla società moderna, ci aiuta a comprenderne le contraddizioni e ad affrontarle meglio.