
Al pari di tante altre, la parola “potere” viene utilizzata nella comunicazione di tutti i giorni. Ognuno di noi la pronunzia e l’ascolta senza lasciare trasparire dubbi di sorta. Ma si tratta di una parola che evoca molte cose e che delimita un territorio della cui identità non siamo affatto certi. Questo volume svolge una funzione chiarificatrice. Con appropriata scelta metodologica, il fenomeno del potere viene “scomposto” e ridotto ai suoi elementi più semplici. L’analisi prende avvio dal rapporto intersoggettivo. È così che viene individuato il momento in cui, conferendo agli attori differenziati gradi di autonomia, la sovraordinazione e la subordinazione prendono corpo. Quel che viene dapprima “decifrato” è quindi il potere infrasociale, quello che nasce dalle relazioni interindividuali. Il che costituisce la base per giungere al potere pubblico, che è il potere esercitato dai governanti sui governati. Il suo processo generativo viene “disaggregato”. Con l’aiuto di una letteratura sovente trascurata, vengono isolati i “fotogrammi” indispensabili alla comprensione del fenomeno. Ne emergono ragioni, abusi e mistificazioni. Tutti gli orpelli che rivestono il potere vengono in tal modo strappati, il suo volto oscuro illuminato. È all’opera una teoria tramite cui le posizioni sociali conseguite mediante il confronto (e quanto sappiamo fare per gli altri) vengono nettamente separate da quelle occupate per mezzo della simulazione e il sostegno delle strutture coercitive. Ciò rende possibile “misurare” ogni situazione storico-sociale, dare evidenza ai fenomeni di «sfruttamento politico», smascherare l’inganno presente nella promessa totalitaria di “riplasmare” la condizione umana. Ed è possibile identificare gli accorgimenti istituzionali attraverso cui limitare il potere dell’uomo sull’uomo. Il volume è uno strumento di difesa degli indifesi, una straordinaria fonte di apprendimento. Ne è stata già annunziata l’edizione inglese e spagnola.
Come è stato efficacemente sintetizzato, «se esistessero uomini onniscienti, se potessimo sapere non solo tutto quanto tocca la soddisfazione dei nostri desideri di oggi, ma pure i bisogni e le aspirazioni future, resterebbe ben poco da dire a favore della libertà». Questo volume è un viaggio attraverso pensatori che, nell’accertata ignoranza e fallibilità degli esseri umani, hanno visto la ragione della libertà individuale di scelta. Si sono perciò impegnati a “isolare” le condizioni che rendono possibile o impossibile tale libertà, la cui istituzionalizzazione permette la mobilitazione di conoscenze e risorse altamente disperse all’interno della società, accende cioè un esteso processo di esplorazione dell’ignoto e di correzione degli errori. L’autore si rifà soprattutto a quella tradizione anglo-austriaca che, da Bernard de Mandeville, David Hume, Adam Smith, giunge a Carl Menger e Friedrich A. von Hayek. La prosa è matura e scorrevole. I concetti sono comprensibili, oltre che agli addetti ai lavori, al vasto pubblico. Si percorre così un itinerario che consente di individuare i “motivi” che impongono di allargare, quanto più possibile, il territorio della cooperazione sociale volontaria. Il che limita la sfera d’intervento delle pubbliche autorità, a cui viene attribuita la circoscritta funzione di complemento delle attività liberamente intraprese dai cittadini. È questo l’unico modo per difendersi dall’autoreferenzialità del potere pubblico e dall’utilizzo arbitrario e dilapidatorio delle risorse sociali. Ciò significa che la libertà individuale di scelta sta alla base della crescita e del benessere collettivo. In appendice al volume, vengono raccolti due scritti su Luigi Einaudi, anch’egli esponente della famiglia dei “cercatori di libertà”: il primo riguarda i suoi rapporti culturali con la Scuola austriaca di economia, il secondo il suo progetto europeista.
Questo saggio, pubblicato per la prima volta in lingua tedesca nel 1970, può essere considerato il momento conclusivo del percorso di Roman Ingarden, il più noto esponente polacco della tradizione fenomenologica. Compaiono infatti, in modo più o meno esplicito, diverse nozioni fondamentali già elaborate dal filosofo, che costituiscono lo sfondo su cui si mentali innesta la trattazione di un argomento di inesauribile attualità e nevralgico per la caratterizzazione dell'essere-uomo. Che cosa significa decidere co e agire responsabilmente? Esistono alcuni presupposti imprescindibili affinché ciò sia possibile? L'esito della riflessione di Ingarden mette in stretta relazione il darsi della responsabilità umana con alcuni concetti chiave: i valori, la persona, l'identità, la libertà, il tempo.
Carl Gustav Jung è un personaggio che sfugge alle definizioni. Conosciuto essenzialmente come primo importante seguace di Freud e poi fondatore di un'autonoma psicologia analitica, Jung è però autore che ha segnato profondamente anche la storia del pensiero filosofico, religioso, scientifico. In questo libro, l'opera dello psicologo svizzero viene analizzata con atteggiamento imparziale, enucleandone i significativi contributi senza trascurarne le oscure aporie. La scelta di seguire la psicologia junghiana nella sua evoluzione, inoltre, ne evidenzia alcuni aspetti, se non ignoti, certo sottovalutati.
La parola "gnosi" in greco significa "conoscenza" e fin dall`antichità ha indicato la conoscenza delle cose spirituali. Con l`avvento del Cristianesimo si è formata una netta distinzione tra una "gnosi pura" che conduce alla Verità Rivelata e alla felicità spirituale e una "gnosi spuria", ossia impura, falsata, fonte di illusione, vizio e follia. Se la gnosi pura è stata nei secoli portata avanti dalla Chiesa e dai santi, la "gnosi spuria" ugualmente si è organizzata in gruppi, sette più o meno segrete e ha influenzato la cultura, la scienza, la politica e la stessa religione con un unico scopo: distruggere la Chiesa Cattolica e la Civiltà Cristiana. L'opera è divisa in due tomi: vol. 1°. "La gnosi spuria dalle origini al `700" e volume 2° "La gnosi spuria dall`800 a oggi". Ennio Innocenti in primo luogo spiega e analizza l`errore gnostico, dopodichè ne rivela lo sviluppo storico dalle origini a oggi. Il libro, basato su un lavoro bibliografico monumentale, vuole essere quasi una Rivelazione del lato invisibile della storia umana: un'opera documentatissima eppure di agile consultazione.
Ha perfettamente ragione Vincenzo Vitiello, quando, nell'introduzione a questo volume afferma: "Pochi scrittori - poeti, romanzieri, ma anche critici e storici, filosofi e scienziati - abitano il linguaggio al modo in cui accade a Carlo Invernizzi, poeta". Le cui parole vogliono davvero essere "cose". E, proprio per questo, prendono drasticamente le distanze da quelle che tutti pronunciamo ogni giorno... parole vuote, magari efficaci, ma sempre fraintese, impotenti o quanto meno fragili. Carlo Invernizzi cerca, infatti, una parola che sia in grado di essere la cosa stessa. La roccia, l'altura, la luce, il colore, il confine, il dolore, la gioia... devono dunque lasciarsi contorcere, dire, ma anche disdire, dalle parole in cui "dovranno" a tutti i costi trovare casa. Per questo, nessuno dei lemmi "intuiti" dal nostro poeta avrebbe potuto risolversi nella mera conformità a una sintassi e a una concettualità che, del mondo, non sarebbero mai riuscite neppure a lambire il cuore imprendibile. Lo stesso in relazione a cui, invece, Invernizzi osa; azzardando il disegno di uno sguardo che, trapassando inquieto, di soglia in soglia, sappia farsi davvero poesia. Postfazione di Massimo Donà.
Un passo assai oscuro del Libro dell'Esodo narra che Sfora, la moglie di Mosè, circoncise nella notte il proprio figlio, per impedire la morte dello sposo, minacciato da una figura angelica. Tale episodio offre a Gregorio di Nissa, nell'opera dedicata alla vita del Legislatore, lo spunto per proporre una interpretazione, di stampo alessandrino, relativa ai rapporti tra cultura pagana e fede cristiana.
"Per dare un futuro alla democrazia, si deve rifondarla fino in fondo e, per prima cosa, nella relazione fra l'uomo e la donna dove l'identità naturale non ha ancora raggiunto uno status civile. Cambiare le relazioni fra l'uomo e la donna nella coppia, nella genealogia, in tutti gli incontri privati e pubblici sarebbe un cammino per rendere più democratiche le famiglie culturali, religiose, politiche. Tale via è d'altronde indispensabile per permettere all'Europa di diventare un'Unione fra cittadini e cittadine e non un gran mercato dove ciascuno(a) gioca alla competizione con ciascuno(a). La democrazia che incomincia a due si propone di iniziare la strada, e di scoprire un nuovo alfabeto e una nuova grammatica politici."
Il tema è universale. Forse non c’è tema più universale di questo: che cosa significa per noi umani nascere.
«Il primo e forse il più radicale fallimento della nostra cultura è il fatto di prendere avvio dall'essere umano in quanto tale. Ora, questo nostro essere non corrisponde a un essere vivente, ma a un'idea o a un'entità costruita»
Non ci sviluppiamo dalle radici come una pianta, e non siamo neppure autosufficienti come Dio. Così, siamo gli unici viventi che mancano di un’origine, e ne vanno sempre alla ricerca. Privi di un «essere» originariamente identificabile, dobbiamo assumerci la responsabilità della nostra esistenza e del nostro destino. Come? «In primo luogo, coltivando il nostro respiro, una risorsa che troppo passivamente abbiamo attribuito a un Dio estraneo alla nostra esistenza terrena, sebbene il respiro sia ciò che ci permette non solo di vivere autonomamente, ma anche di trascendere la mera sopravvivenza, di superare il livello della mera vitalità, così da essere in grado di portare a compimento un’esistenza umana. Incaricarci di incarnare la nostra appartenenza sessuata è il secondo elemento che ci rende capaci di adempiere la nostra esistenza naturale, pur trascendendola». La sessuazione compensa l’assenza di radici attraverso la spinta all’unione tra due esseri: «Dove prima non c’era nulla tra loro, se non l’aria, a partire dalla loro attrazione e dalla loro capacità di assumere il negativo della loro differenza nasce il germe di un nuovo essere umano e di un mondo in cui possiamo davvero dimorare». La potenza di pensiero di Luce Irigaray si muove con «con passi di colomba» – direbbe Nietzsche – e vince ogni scetticismo circa l’arditezza di un compito di trasformazione che riparta dall’istanza incondizionata della vita in sé, e non dagli «assoluti sovrasensibili che troppo spesso sono il risultato della nostra incapacità di vivere».
"L'antica arte di saper vivere" esplora la saggezza della filosofia stoica, mostrandoci come le intuizioni e i consigli degli antichi maestri possono essere perfettamente applicati anche ai nostri giorni. Ricorrendo alle intuizioni psicologiche e alle tecniche pratiche degli stoici, L'antica arte di saper vivere indica una via per superare l'inquietudine cronica che ci affligge: come ridurre al minimo le preoccupazioni? Come lasciar andare il passato senza rimpianti e concentrare i nostri sforzi solo su ciò che possiamo cambiare? Come reagire agli insulti, alla sofferenza, alla vecchiaia? Semplici strategie da applicare nella quotidianità, rivolte alle persone comuni per aiutarle a vivere meglio: la contemplazione della natura transitoria del mondo, il dominio del desiderio, la distinzione tra le cose che possiamo controllare e quelle che non possiamo controllare e di cui quindi non dovremmo preoccuparci. Vivere secondo natura e accettare il proprio destino. Non permettere agli altri di turbare la nostra tranquillità. Con questo libro Irvine apre un canale di comunicazione tra i lettori moderni e alcune figure centrali della cultura europea come Marco Aurelio, Seneca ed Epitteto, al fine di fornire una "filosofia di vita pratica" radicata nella tradizione occidentale e applicabile al nostro tempo.