
Lettere riservate a capi di governo, telefonate segrete alle più alte cariche di Stati sovrani, pressioni esercitate in mille modi da poteri forti che si muovono al di fuori e al di sopra delle elementari regole democratiche. La storia del ruolo svolto in questo inizio secolo dalla Germania in Europa, e in particolare nell'Unione europea, è ancora tutta da raccontare, soprattutto in relazione alle vicende politiche dell'Italia, il paese che per decenni è stato suo partner amichevole ma anche temibile concorrente economico sui mercati mondiali. Di questa storia, Vittorio Feltri e Gennaro Sangiuliano tracciano qui il quadro generale e non esitano a parlare di "Quarto Reich", una formula che, lungi dall'essere una banalizzazione giornalistica, è la sintesi estrema, e forse inquietante, della situazione venutasi a creare nell'area euro. In un decennio, infatti, grazie alla moneta unica e alla gabbia istituzionale dell'Unione, la Germania è riuscita a costruire sul Vecchio Continente una condizione di predominio economico e di egemonia politica. L'impossibilità di dissentire sulle leggi del rigore dettate dagli euroburocrati e ispirate da Berlino ha privato gli altri paesi membri di ogni reale sovranità economica e ha concentrato tutto il potere decisionale nelle mani delle élite e delle strutture comunitarie. Ma se per i cittadini tedeschi l'"era del Quarto Reich" significa benessere, lavoro e crescita, per le altre nazioni, soprattutto del Sud Europa, vuol dire povertà, disoccupazione e recessione.
In "La società a costo marginale zero", Jeremy Rifkin sostiene che si sta affermando sulla scena mondiale un nuovo sistema economico. L'emergere dell'Internet delle cose sta dando vita al "Commons collaborativo", il primo nuovo paradigma economico a prendere piede dall'avvento del capitalismo e del socialismo nel XIX secolo. Il Commons collaborativo sta trasformando il nostro modo di organizzare la vita economica, schiudendo la possibilità a una drastica riduzione delle disparità di reddito, democratizzando l'economia globale e dando vita a una società ecologicamente più sostenibile. Motore di questa rivoluzione del nostro modo di produrre e consumare è l'"Internet delle cose", un'infrastruttura intelligente formata dal virtuoso intreccio di Internet delle comunicazioni, Internet dell'energia e Internet della logistica, che avrà l'effetto di spingere la produttività fino al punto in cui il costo marginale di numerosi beni e servizi sarà quasi azzerato, rendendo gli uni e gli altri praticamente gratuiti, abbondanti e non più soggetti alle forze del mercato. Il diffondersi del costo marginale zero sta generando un'economia ibrida, in parte orientata al mercato capitalistico e in parte al Commons collaborativo, con ricadute sociali notevolissime. Rifkin racconta come i prosumers, consumatori diventati produttori in proprio, generano e condividono su scala laterale e paritaria informazioni, intrattenimento, energia verde e prodotti realizzati con la stampa 3D a costi marginali...
Come wikipedia testimonia la capacità della rete di stimolare gli immensi giacimenti di gratuità umana, così la wikieconomia potrebbe essere la grande opera del futuro: la costruzione di un'economia al servizio del bene comune e a vantaggio di tutti. In che modo? Se domani decidessimo di premiare, con i nostri click sul computer, con i nostri consumi e con i nostri risparmi, le aziende che sono all'avanguardia nel creare valore economico in modo sostenibile, il mondo cambierebbe sotto i nostri occhi. Abbiamo un potere enorme come consumatori: votando "col portafoglio" e "col mouse" per aziende responsabili possiamo spostare quote di mercato rilevanti, promuovendo, nel nostro stesso interesse, il modello di impresa più socialmente e ambientalmente responsabile.
L'attuale crisi, che è soprattutto culturale, ha messo in luce quanto siano ormai inadeguate e inattuali molte delle idee che hanno presidiato negli ultimi cento anni l'ambito economico e che hanno contribuito a spezzare il complesso filo delle relazioni che legano l'economia alla politica. L'economia ambisce a dare a tutti gli abitanti del pianeta un orizzonte di senso, proprio come la religione, e come la religione si fonda su un insieme di credenze che vorrebbero mantenere unita la collettività e che gravitano intorno a un pantheon di miti e di simboli: il "mercato", il "denaro", la "libertà", la "razionalità" e la "felicità". Se queste credenze non vengono decostruite e sfaldate non si aprono margini per pratiche economiche generalizzate che rispondano a logiche diverse da quelle in atto. Sono il "debito" e la "comunità" le dimensioni che possono ricostruire un tessuto sociale e individuale fortemente frantumato.
A Venezia, già nel XIV secolo, la figura dell'Avogador aveva una funzione precisa: controllare che non venissero effettuate ruberie ai danni del bene pubblico. Poteva svolgere questo ruolo solamente chi non avesse alcun conflitto di interesse con ciò che doveva controllare. Le vicende giudiziarie che hanno coinvolto il MoSE, la "grande opera" ideata per risolvere il problema dell'acqua alta a Venezia, dimostrano invece il fitto intreccio che legava controllori e controllati, con conseguenze nefaste per la città, la regione e il bene comune. In questo libro Francesco Gavazzi e Giorgio Barbieri ricostruiscono la palude che per due decenni ha pervaso non solo il MoSE, ma anche l'Alta Velocità, l'Expo di Milano e altre grandi opere italiane. Dal libro emerge un sottile ma resistente filo rosso che collega la Tangentopoli degli anni Novanta al Sistema MoSE. Corruzione delle leggi prima ancora che violazione delle leggi. La vicenda del MoSE è l'emblema di un "un sistema che ha corrotto il Paese a tutti i livelli, durante la prima e la seconda Repubblica, e che ora mette con le spalle al muro la politica: spetta a lei trovare l'antidoto affinché casi del genere non si ripetano più".
La teoria manageriale dell'impresa dalla prospettiva della persona uno degli aspetti fondamentali per una "crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva". La crisi in cui versa la società occidentale è, prima ancora di essere economica, una crisi culturale, sociale e relazionale. Tale situazione spinge anche il mondo delle imprese ad un radicale ripensamento di sé come soggetto sociale. Si tratta di un ripensamento profondo che andando alle radici della propria cultura spinga l'impresa a riflettere su se stessa non come oggetto astratto, bensì come soggetto plurale concretamente "inserito in", ed al tempo stesso, "espressione di" uno o più contesti sociali. Alla base di questa nuova prospettiva: le persone, con la loro capacità e intelligenza per una impresa che vuole investire sul capitale umano, rispettare l'ambiente sviluppando processi produttivi ecocompatibili, curando qualità, sicurezza e affidabilità dei prodotti, sicurezza e stabilità dell'ambiente di lavoro, investendo nella comunità e nei rapporti con il territorio.
"I manager, una razza padrona che controlla le aziende e le istituzioni pubbliche. Il saggio di Michele Dau ripercorre la storia di questa figura dalla prima organizzazione industriale di massa fino alla "rivoluzione manageriale" del dopoguerra. I manager hanno oggi tradito la loro missione, divenendo una casta, ancora molto maschile, di tecnocrati autoreferenziali, causando così scelte sbagliate e talora disastrose. Capitani di navi lasciate alla deriva, gli alti dirigenti appaiono incapaci di coordinare modelli innovativi di lavoro, di valorizzare le risorse umane affidate. Si è da tempo interrotta una storia positiva interpretata nell'Italia contemporanea da figure come Beneduce, Menichella, Giordani, Olivetti, Mattei, Saraceno, che sono stati anche sviluppatori e imprenditori attenti al bene collettivo. Per tornare a quella storia virtuosa, ai buoni manager, dei quali c'è un grande bisogno per riorganizzare le nostre strutture economiche e sociali, la strada è obbligata: vanno rifondate la cultura del merito e le sue basi morali e propulsive. In altre parole va affermato il principio della responsabilità, riferita ai risultati concreti e ai loro effetti sociali."
Prima hanno dimostrato come si possono ottenere risultati sorprendenti applicando uno schema controintuitivo, poi hanno fatto vedere i lati nascosti delle cose. Ora, con questo libro, Steven D. Levitt e Stephen J. Dubner rispondono alla richiesta di chi vuole utilizzare il "metodo Freakonomics" nella vita quotidiana. I due autori spiegano come loro vedono il mondo utilizzando dati e statistiche, non attraverso le emozioni, e come pensare in modo più produttivo. Ecco quali sono i passi per diventare dei veri pensatori-freak: Mettete da parte la vostra bussola morale. È difficile vedere chiaramente un problema se i vostri (pre)giudizi vi indicano già la direzione da prendere. Imparate a dire "non lo so". Finché non riuscirete ad ammettere di non sapere qualcosa, non potrete imparare quel che vi serve. Pensate come un bambino. Vi verranno idee più brillanti e le domande che farete saranno migliori. Studiate l'incentivazione. Nel bene o nel male, gli incentivi fanno girare il mondo. Cominciate ad apprezzare l'idea di mollare tutto. Non potete risolvere i problemi di domani se non siete disposti ad abbandonare ciò che non funziona oggi. Una visione, quella di Levitt e Dubner, straordinaria nella sua chiarezza e semplicità. Adesso tocca a voi: avete in mano lo strumento per analizzare il mondo e i suoi problemi grandi e piccoli in maniera più efficace, più creativa, più razionale ma assolutamente fuori dagli schemi tradizionali. Buon lavoro.
È sotto gli occhi di tutti che oggi la politica è incapace di essere all’altezza della sua vocazione, e cioè la cura del bene comune, anche quando afferma di ricollegarsi ideologicamente a più generici valori “cristiani” o morali.
Su questo tema si concentrano i due saggi raccolti nel volumi. I testi sono uniti da una comune visione spirituale gettata sugli ambiti della politica e dell’economia.
Nello specifico, il primo saggio mostra che il problema è spirituale ancor più che etico. Esso parte dall’individuazione delle caratteristiche necessarie per una leadership; chiarisce che cosa si intenda per “spirituale”; tenta di individuare i fondamenti per la costruzione di una personalità propriamente spirituale che sola potrà essere autenticamente sociale, cioè politica.
Il secondo saggio prende spunto dal motto benedettino ora et labora mostrando che la parola più importante è l’et, cioè il tenere assieme due dimensioni che sembrano distanti tra loro.
Gli autori
Natale Brescianini, monaco benedettino, dopo gli studi teologici presso il Seminario diocesano di Brescia, entra nella Comunità Benedettina Camaldolese presso l’Eremo di San Giorgio a Bardolino (VR). Dal 1998 al 2001 frequenta il Pontificio Istituto Sant’Anselmo (Roma), dove ottiene la Licenza in Teologia. Dal 2006 collabora con Massimo Folador e con la società di consulenza e formazione Askesis per la realizzazione di percorsi formativi che si rifanno alla Regola di San Benedetto. Dal luglio 2007 vive presso l’Eremo di Monte Giove. Nell’aprile del 2013 consegue il Diploma di Coach presso la Scuola Incoaching, affiliata ad AICP.
Benedetta Selene Zorzi, monaca benedettina, è docente straordinario
di Patrologia e Storia della teologia all’Istituto Teologico Marchigiano, nonché di Filosofia al Pontificio Ateneo Sant’Anselmo di Roma. È co-redattrice della rivista telematica Reportata.
Ha conseguito la certificazione ICF frequentando il Master in Corporate e Business Coaching presso la U2Coach Academy. Tra le sue pubblicazioni, oltre a numerosi articoli, ricordiamo: Desiderio della Bellezza (eros tou kalou) da Platone a Gregorio di Nissa: tracce di una rifrazione teologico-semantica (Roma, 2007); La felicità (con I. Bossi Fedrigotti; Trento, 2013).
"Enrico Cuccia è stato certamente uno dei maggiori protagonisti della vita economica italiana della seconda metà del Novecento": inizia così il ritratto che ne fa Giorgio La Malfa, il quale ha avuto modo di lavorare con lui a Mediobanca e di conoscerlo da vicino. Quando si parla di Cuccia non si può però non parlare anche della sua creatura, Mediobanca appunto, un istituto di credito specializzato nei finanziamenti a medio termine nato nel 1946 dalle tre Banche di interesse nazionale (Banca Commerciale Italiana, Credito Italiano e Banco di Roma), di cui egli fu direttore generale sin dal principio e dove rimase fino agli anni novanta con la carica di presidente onorario. Ma per capire il pensiero e la personalità di Cuccia occorre risalire a prima, come fa La Malfa, agli anni di formazione, ai suoi soggiorni all'estero, a Parigi e Londra, alle esperienze fatte all'Iri e alla Comit. Del periodo di Mediobanca vengono poi qui presi in considerazione alcuni episodi e momenti salienti, quali sono stati lo scontro con l'Iri di Romano Prodi riguardo alla privatizzazione della banca, l'affaire Sindona con le minacce rivolte contro Cuccia e Giorgio Ambrosoli, il rapporto ambivalente con Raffaele Mattioli. Si evidenziano così le idee fondamentali e i principi su cui Cuccia ha via via costruito il lavoro di Mediobanca, come la distinzione tra banche di investimento e banche commerciali, l'importanza del credito industriale, la necessità dell'indipendenza dell'istituto...
Internet è il più misurabile dei media, tuttavia la mancanza di metriche condivise è uno scoglio contro cui chi pianifica iniziative di marketing attraverso i social media si scontra quotidianamente. Il pericolo è quello di utilizzare in modo scorretto gli indicatori, come il tanto mitizzato ROI (Return On Investment), o di finire per collezionare una serie di dati numerici che si rivelano vuoti, perché privi del contesto di riferimento, oltre che spesso incomprensibili per decisori aziendali con poca familiarità con la Rete. Questo libro cerca di mettere a fuoco alcuni punti fermi: a partire dalla diffusione dei social media in Italia, fino agli strumenti e le soluzioni per strutturare programmi di attività coerenti con le strategie di marketing e con le funzioni aziendali. La misurazione di obiettivi e risultati diventa così il grimaldello per scardinare preconcetti superficiali sull'uso dei social media, la bussola per migliorare il lavoro quotidiano all'interno dell'azienda, la guida per immaginare il percorso che porterà fan e follower a diventare consumatori soddisfatti e, magari, sostenitori fedeli del brand.