
Non è facile comprendere il monumento più caratteristico di Barcellona. Ciò nonostante, Gaudí lo disegnò non come un enigma irresolubile, ma come un libro aperto ai quattro venti. L’architetto desiderava che tutti vedessero la «sua» opera, e ci riuscì. Ma voleva anche che cantassero tutte e ciascuna delle pietre e degli elementi che la formano. L’autore della Sagrada Família lasciò la sua opera incompiuta e oggi, dopo 125 anni di lavoro, cominciamo a capire la profondità dei simboli, l’arditezza di un’idea, la forza di un progetto a lungo meditato che intende essere «nuova architettura». È un canto alla vita in tutte le sue dimensioni. La Sagrada Família vuole essere compresa: chi vi riesce intende il perché e il come di uno degli edifici più singolari al mondo. Questo libro fa da guida alla visita, ma soprattutto permette di capire l’uni- verso simbolico plasmato dalla «cattedrale d’Europa».
L'autore
Armand Puig i Tàrrech, nato a La Selva del Camp nel 1953, è professore di Nuovo Testamento presso la Facoltà di Teologia della Catalogna e sacerdote dell’arcidiocesi di Tarragona, dove dirige l’Istituto Superiore di Scienze Religiose Sant Fructuós. È codirettore del Corpus Biblicum Catalanicum e coordinatore della Bíblia Catalana Interconfessional, nonché autore di numerose opere di esegesi neotestamentaria e di storia medioevale. Presso le Edizioni San Paolo ha pubblicato Gesù. La risposta agli enigmi (20082) e I Vangeli apocrifi (2010).
Dall'affresco all'olio su tela, dalle vetrate alla fusione bronzea, il testo descrive le tecniche adottate nel corso della storia della pittura e della scultura seguendone la scansione cronologica ma concentrando l'attenzione sugli aspetti esecutivi, come l'organizzazione delle botteghe artistiche e l'impiego dei materiali caratterizzanti le diverse arti. Vengono così evidenziate prassi rimaste inalterate per secoli, ma anche particolari innovazioni introdotte da alcune botteghe e poi sistematicamente adottate da altri artisti, che testimoniano la realizzazione di dipinti e sculture come opere collettive piuttosto che come frutto di geniali ma isolati artefici. Ne deriva un racconto in cui la pittura e la scultura sono viste nel loro farsi e in cui l'esame delle principali tecniche esecutive (pittura murale, su tavola, su tela, mosaico, vetrate, miniatura, scultura lapidea, lignea e bronzea) si intreccia alla testimonianza delle fonti documentarie dell'epoca e alle indagini scientifiche condotte nel corso dei più noti interventi di restauro effettuati nell'ultimo ventennio.
Alle 5 del mattino del 2 ottobre 1960, Holly Golightly cammina per la Quinta Strada in una New York deserta, con gli occhiali da sole scuri e un abito di Givenchy destinato a diventare leggendario: è così che inizia Colazione da Tiffany ed è con questa scena che si apre una nuova era per la società americana. Sam Wasson racconta la nascita, la realizzazione e le conseguenze film. Svela le avventure rocambolesche che sceneggiatore, regista, attori e produttori hanno dovuto affrontare per portare a termine una lavorazione piena di imprevisti; i trucchi messi in atto per passare illesi tra le maglie della censura e le intuizioni geniali che hanno permesso al film di superare un'accoglienza diffidente, di fare breccia nei cuori degli spettatori e di diventare un vero classico. Tutto parte dalla storia di una giovane comparsa che diventa un'icona di stile: Audrey Hepburn, con la sua grazia, riesce a guadagnarsi la fiducia di un pubblico eterogeneo e a conquistare mariti, mogli, genitori e figli. Nel momento in cui la società si sente soffocata nei vecchi panni del primo dopoguerra e scalpita aspettando un cambiamento, Audrey e Colazione da Tiffany propongono un cinema diverso, una moda nuova e uno stile di vita libero da polverosi moralismi. L'autore ripercorre la storia del film, i retroscena più significativi ma anche le sfumature più segrete.
"La Visitazione è un soggetto relativamente poco trattato rispetto all'Annunciazione di cui potrebbe essere il complemento naturale, per non parlare ovviamente della nascita e dell'infanzia di Gesù [...] Nella Visitazione il divino resta celato e cifrato, ed è proprio questa dissimulazione o questo ritiro, questa assenza a costituire la manifestazione stessa [...] Dal punto di vista teologico la Visitazione non ha una particolare importanza. Ma dal punto di vista dell'arte, enuncia una verità di fondamentale importanza: quando l'arte era religiosa, non si identificava mai senza resto al religioso. Essa mescolava sempre al sacro anche il suo segreto, o anche: glielo sostituiva."
"Simbolo del potere imperiale", "ottava meraviglia del mondo", "luogo tra terra e cielo": con espressioni di questo tenore, nell’arco di tutto il Medio Evo cristiano, la basilica di Santa Sofia a Costantinopoli venne salutata e celebrata non solo come il culmine di una plurisecolare competenza tecnica e architettonica ma anche come opera "di ispirazione divina", in virtù di uno speciale favore disceso dall’alto sull’imperatore Giustiniano (527-565) che la commissionò e la realizzò esattamente negli anni in cui il suo potere,, centrato nella Nuova Roma sul Bosforo, andava dalle Alpi al Nilo, dall’Eufrate al Danubio alla penisola iberica.
Il presente volume propone una restituzione appassionata, accademicamente impeccabile, ma accessibile anche ai non specialisti (grazie a un ricco apparato iconografico espressamente concepito per questo volume) del testo che Procopio di Cesarea, il massimo storico dell’epoca di Giustiniano, dedicò alla Santa Sofia. La compenetrazione tra le competenze storico-artistiche e storico-filologiche dei due curatori del volume consente di godere appieno del testo procopiano in un fitto tessuto di raffinati rimandi letterari e di precise indicazioni per la visione diretta del capolavoro di Santa Sofia. Ancor oggi come nel VI secolo bizantino quella basilica "sfida l’osservatore" in una costante eccedenza della visione rispetto alla comprensione, che Procopio ha formulato per primo e per tutti, e che continua a rivelarsi come una sapienza insieme dichiarata e segreta.
Qual è il destino delle immagini nelle nostre società? Siamo davvero di fronte a un flusso iconico che si moltiplica esponenzialmente o piuttosto, nella sottomissione acritica ai programmi visivi di propaganda e pubblicità, non rimane nulla di ciò che sono veramente le immagini? Che cosa significa vedere un'immagine e dire quello che si vede? Chi è che decide che cosa dobbiamo vedere e ciò che invece deve restare nascosto? La questione dell'immagine non è un fenomeno recente, ma ha alle spalle una lunga storia che affonda le proprie radici nell'ebraismo biblico, nella filosofia greca e nel pensiero cristiano. Nei quattro studi contenuti ne "Il commercio degli sguardi" Mondzain non solo ripercorre le tappe salienti di questo percorso (il divieto antico-testamentario, la riflessione platonica e aristotelica, la crisi iconoclastica), ma ne mostra anche tutta l'insospettabile contemporaneità. Al centro di questa ricostruzione c'è evidentemente il cristianesimo e la sua capacità di assumere la natura passionale delle immagini e di governarne gli effetti politici attraverso la parola. L'immagine diventa quindi una questione di "commercio" dove esseri dotati di parola non cessano di far circolare i segni che producono il loro mondo comune. Commercio ambiguo però, che può costruire una libertà dello sguardo o trasformarsi in un mercantile programma di dominio. Commercio che ha bisogno di voci libere, come quella di colui che ha il coraggio di gridare "il re è nudo".
Andrea Musso, architetto genovese, è acquarellista, grafico e illustratore. Ha disegnato servizi naturalistici per la rivista Airone e per Giorgio Mondadori Editore. Ha esposto i suoi lavori sia in personali che in collettive. Tra le mostre personali: quella a Pontremoli in occasione del Premio Bancarella nel 1990 e quella a Montecarlo presso il Gildo Pastor Center nel 1998 in occasione della sua inaugurazione. A Genova, dove vive e lavora, espone permanentemente presso la Galleria Il Basilisco. Dipinge en plein air i suoi viaggi e, abitualmente, Monterosso, le Cinque Terre, Genova. Sue illustrazioni sono apparse su Epoca, Panorama, Le Monde Dimanche, Il Manifesto, Il Sole 24 Ore, Il Secolo XIX. È socio, dalla sua fondazione nel 1989, dell'Associazione Incisori Liguri.
Provare meraviglia davanti a un'opera d'arte, a un paesaggio, o a qualsiasi manifestazione della natura e dell'uomo che trascenda l'ordinario, è un dono che dovremmo tutti coltivare come il primo passo verso la conoscenza. Partendo dalla domanda "che cos'è la bellezza?", Antonio Paolucci, Direttore dei Musei Vaticani, ci conduce da una sorprendente analisi dei capolavori dell'arte, a toccare i temi del turismo culturale, dell'arte futura, della tutela e dell'incuria, in un testo che è dichiarazione di amore appassionato per l'arte e lucido resoconto di cosa significa avere cura dei beni culturali.
Nelle città europee sta crescendo una vera e propria "anti-città": migliaia di persone, giovani, coppie, anziani, tagliati fuori dalla vita culturale, dagli scambi economici, dalle relazioni istituzionali. Le caratteristiche principali dell'anti-città sono la frustrazione e l'omologazione: la frustrazione di una anti-società illegale e senza sbocchi che scopre che la mobilità sociale è un miraggio e l'omologazione di migliaia di concittadini resi simili nelle credenze, nelle aspettative e negli stili di vita. Sono loro gli abitanti dell'anticittà: sono, ad esempio, le diciassette mila famiglie che a Napoli dichiarano reddito zero o i dieci mila senza fissa dimora delle fabbriche dismesse di Milano, parenti stretti dei bambini che abitano i sotterranei di Bucarest, delle famiglie che vivono nel cimitero del Cairo o delle migliaia di immigrati di Dubai. Gli anticorpi contro tutto questo stanno in una architettura che cambi gli spazi abitati per cambiare le relazioni e con esse la qualità della vita. Questo libro parla di come lo spazio sia un protagonista determinante della politica, perché lo spazio fa, disfa, condiziona, promuove, distrugge. È necessario riscoprire il significato civile dell'architettura, la sua dimensione politica, perché è grazie ai progetti architettonici, ai piani urbanistici, alle proposte di design che lo spazio divide e connette pezzi di società, toglie e attribuisce loro risorse, nega o consente relazioni culturali ed economiche.
Chi si accosta alla cultura indiana non può che essere subito assalito da interrogativi: a quali canoni artistici obbediscono le immagini, che paiono di proposito così poco naturalistiche? Come mai, quasi sempre, non si sa nulla della biografia degli autori di opere d'arte e componimenti letterari? Quali sono le basi di una musica così rigorosamente improvvisata? Su quali presupposti si fonda l'assetto, scandalosamente non egualitario, del sistema delle caste? Perché la donna è così sottomessa e al tempo stesso così celebrata? Come possono convivere l'uso dei matrimoni combinati e l'esaltazione dell'amore? E ancora: come possono stare fianco a fianco aspetti ascetici e altri di prorompente sensualità? Nella raccolta di saggi che qui presentiamo Coomaraswamy risponde a ciascuna di queste domande, delineando un mondo remoto in cui l'artista non si propone di esprimere se stesso né ambisce all'originalità, e in cui l'organizzazione sociale non mira a soddisfare le pulsioni di ciascuno, a incoraggiare la competizione e massimizzare il profitto economico: un mondo dove la perfezione consiste nel trascendere se stessi, nel superamento dell'io, nell'abbandono dei desideri, sicché lo svolgimento impeccabile della propria funzione all'interno della società diventa occasione di esercizio spirituale, e l'arte e l'amore mezzi per attingere quella realtà divina da cui sgorgano ogni bene e ogni bellezza - e che è accessibile solo dimenticando se stessi.
"Si voleva abbellire la rampa e la cripta per rendere visibili le tappe del pellegrinaggio di ogni cristiano. La cripta, che splende della gloria di Cristo, nasconde proprio in Lui il tesoro che il pellegrino cercava: la tomba di padre Pio. L'oro offerto dai fedeli non si è lasciato come tale, ma è stato trasformato in foglia d'oro e utilizzato dall'arte ( in totale meno di 3 kg). Esso rende testimonianza a cristo dicendo ad ogni pellegrino, soprattutto in questi tempi, che padre Pio voleva suscitare negli uomini, tramitae la misericordia di Dio, l'amore per Cristo, affinché ognuno potesse offrire la propria vita a Lui".
A 16 anni è diventato un idolo musicale e un sex symbol in tutto il mondo. A 21 era fuori dal suo gruppo, perso nella dipendenza dall'alcol e dalla droga, obeso, paparazzato in condizioni pietose. A 23 ha commosso il mondo con Angels, recentemente votata "migliore canzone degli ultimi 25 anni", e ha rilanciato una carriera straordinaria. Robbie Williams ha conosciuto i punti più bassi e quelli più alti della fama, ha fatto sognare con le sue canzoni e dato scandalo con le provocazioni, la discussa ambiguità sessuale, i processi, la sfacciata ironia. Il 2O1O è l'anno del suo grande rilancio, grazie al matrimonio con Ayda Field e alla reunion con i Take That, con un nuovo album in uscita e l'annuncio dell'attesissimo tour europeo.

