
Un volto inconfondibile che si presta a delle imprevedibili trasformazioni grazie a una sottile capacità di introspezione del personaggio da interpretare: Sergio Castellitto è l'erede dei mostri sacri del cinema italiano, attori in grado di calarsi in ogni ruolo mantenendo una precisa identità, in un gioco di immedesimazione che punta tutto sulla sottigliezza recitativa piuttosto che sul camaleontismo fisico. L'apparente normalità della recitazione, una naturalezza di gesti ed espressioni raggiunta grazie allo studio e all'applicazione, con decisive esperienze teatrali alle spalle. Questa naturalezza ha consentito a Castellitto di prestare il suo volto ad alcuni dei personaggi più amati dagli italiani, come Fausto Coppi, Enzo Ferrari e padre Pio, ed è in queste interpretazioni che l'attore svela un altro lato del suo carattere: l'umanità che abbatte qualsiasi mito e mistificazione. Un attore di estrema finezza che ha contribuito, negli ultimi trent'anni, al rinnovamento del cinema italiano legando il suo nome a quello di registi come Amelio, Bellocchio, Scola, Tornatore, Virzì, per poi imporsi anche all'estero, con una presenza ormai costante nel cinema francese, dove ha modo di farsi apprezzare da Jacques Rivette. Il libro ricostruisce minuziosamente la carriera di Castellitto con saggi e approfondimenti critici, che spaziano dalla recitazione alla regia, fino all'attività teatrale, e interviste allo stesso attore e ad alcuni dei registi che lo hanno diretto.
Perché siamo ancora così sensibili al linguaggio dei musei? Perché edifici pieni di reperti, sono ancora, dopo secoli, una "specie" vitale e in espansione? Il libro osserva queste affascinanti "macchine culturali" e racconta a chi e a cosa servono, come funzionano, come si promuovono. Di fronte a correnti profonde di trasformazione, demografiche, tecnologiche, economiche, i musei hanno reagito come un organismo culturale collettivo e si sono evoluti. Nell'era di Internet, mentre si rischia di sapere tutto senza capire niente, essi conservano e trasmettono la memoria, insegnano e sono fonte di ispirazione.
"Consulente per il film "Des hommes et des dieux" di Xavier Beauvois, uscito in Italia con il titolo "Uomini di Dio", Henry Quinson ritorna su quella avventura cinematografica difficilmente classificabile la cui eco ha toccato il mondo intero. Perché questo film sui monaci di Tibhirine uccisi in Algeria nel 1996 ha avuto così tanta risonanza al festival di Cannes 2010 (gran premio della giuria), poi presso un ampio pubblico (oltre 5 milioni di spettatori nelle sale), consacrato infine dal premio César 2011 quale miglior film in Francia? Com'è nato il progetto? Quali intenzioni muovevano lo sceneggiatore Etienne Comar e il regista Xavier Beauvois? Come si sono calati nei loro ruoli attori come Lambert Wilson e Michael Lonsdale? Henry Quinson ha partecipato a tutte le fasi del film. Attraverso le loro pieghe, ha potuto penetrare il segreto degli dei, che rivela anche il segreto degli uomini. Questo racconto inedito, intriso di humour e sensibilità, è ben più che un making of, un "dietro le quinte" o una semplice analisi artistica. Un film è una cattedrale, opera collettiva di esseri animati dallo Spirito. Qual è questo Spirito che ha travolto cristiani vicini alla esperienza monastica di Tibhirine come pure atei intrisi di umanesimo e di umanità?" Prefazione di Xavier Beauvois.
Nella notte tra il 17 e 18 di ottobre del 1969 svaniva per sempre, rubata con inaudita semplicità, la "Natività" di Caravaggio, opera magnifica e tra le più importanti dell'ultimo periodo del Maestro, e l'unica dipinta durante l'incerto soggiorno del pittore a Palermo. Il quadro di grandi dimensioni copriva una parete del mistico e festoso Oratorio di San Lorenzo ed era incastonato nei "teatrini", che ornavano tutto il complesso, dell'altro sommo Giacomo Serpotta. Opera d'arte immensa, dunque, non solo il dipinto, ma nel complesso il luogo in cui si inseriva. Il danno del furto fu inestimabile. E riassunse agli occhi dell'opinione pubblica più civile un'immagine di violenza, di incuria ambientale, di negligenza delle autorità. Un'immagine simbolo dell'inerte decadenza in cui era stata irretita una città una volta orgogliosa. Di questa sorta di stupro alla città, Scarlini ricostruisce la cronaca per moltissimi aspetti controversa: non si è mai conosciuto l'esecutore e il mandante, mai si è chiarita la fine del quadro; tanto meno s'è individuato il movente dell'atto: se causato semplicemente da sete di guadagno o di possesso, oppure parte di una strategia più difficile da decifrare, di destabilizzazione se non di umiliazione inferta allo stato o volta a suggellare iconograficamente un dominio indicibile.
Gli studi raccolti nel presente volume costituiscono un’ottima occasione per rifare il punto, sia pure in maniera provvisoria, sullo stato delle ricerche di carattere storico sul cinema italiano tra le due guerre: sui modi di trasmissione e rielaborazione della memoria, sulle forme di propaganda diretta e indiretta, sulla presenza sempre più indispensabile delle competenze degli storici nei cantieri storiografici del cinema. Il volume nasce dall’idea di un possibile e proficuo incontro tra il versante della storia contemporanea e quello della storia del cinema. Attorno ai tre curatori si è raccolta una schiera di giovani studiosi operanti tra i corsi di laurea e i dottorati dell’Università di Salerno, della «Federico II» di Napoli, di «Roma Tre», della «Cesare Alfieri» di Firenze.
Una selezione di opere utili per comprendere come la famiglia sia una continua fonte di ispirazione, un tema centrale nell'immaginario cinematografico. Seppur tartassata o trascurata, la famiglia fornisce una risposta ai grandi cambiamenti nella vita dell'uomo, alle insicurezze, ai fragili equilibri politico-economici e sociali che caratterizzano il primo decennio del nuovo millennio. E il cinema offre un'opportunità feconda per uno sguardo analitico sulle dinamiche relazionali e sulle disfunzioni della famiglia. Il volume si propone come utile strumento per tutti coloro che operano nel settore della comunicazione, dagli studenti ai docenti, in particolare per gli animatori della comunicazione e della cultura e per i cineforum, per i dibattiti con gruppi e famiglie in occasione del VII Incontro Mondiale delle Famiglie.
Dalla Genesi al visionario libro dell'Apocalisse, la Bibbia è stata nei secoli la fonte dei temi e l'immaginario di base di gran parte della produzione figurativa dell'Occidente, diventando di fatto un grande codice dell'arte e un imprescindibile atlante iconografico.
Catechismo degli illetterati ed espressioni di una teologia visiva, le immagini sacre – spesso ispirate alla ricchezza narrativa dei testi apocrifi e delle leggende popolari oltre che al canone biblico – hanno partecipato a pieno titolo alle controversie religiose che hanno accompagnato le inquiete stagioni del Medioevo, della Riforma protestante e della Controriforma cattolica.
L'opera e il pensiero di Fabrizio De André sono ininterrottamente e spontaneamente richiamati in incontri, convegni e dibattiti tesi non solo ad analizzare la sua poetica ma anche ad approfondire le tematiche trattate nelle sue canzoni. "Ai bordi dell'infinito", titolo che si riferisce a un verso del brano cantico dei drogati, riprende il percorso antologico cominciato da Fondazione Fabrizio De André Onlus con il volume "Volammo davvero" proponendo a cinque anni di distanza una nuova raccolta di scritti nati da interventi di artisti letterati, appassionati della sua opera, ma non solo, che in varie occasioni si sono confrontati con il pensiero di De André, spesso servendosene come lente attraverso la quale leggere problematiche ancora attuali e che riguardano gli ultimi, i più deboli, gli emarginati. Un coro di più toni e linguaggi, siano essi letterari o della testimonianza, che guarda a quell'"ansia di giustizia sociale" , per usare le sue parole, principale binario su cui ha camminato il lavoro di De André. Una raccolta di scritti inediti, anche di autori inaspettati, che aiuta ad approfondire la molteplicità dello sguardo di uno degli artisti italiani più spesso richiamato per l'intelligente ironia, la profondità delle idee e l'autentica coerenza.
L'improvviso e casuale accendersi di una passione incontrollabile tra i due protagonisti apre la storia. Romeo va a una festa per vedere Rosalina, e non per cercare Giulietta, ma quando i due si incontrano, si perdono l'uno nell'altro, entrambi ignari di avere di fronte un nemico. Tragedia dell'amor giovane, Romeo e Giulietta è considerata la storia d'amore per eccellenza proprio perché è molto di più. Un grande e ricco dramma di passioni umane, qualunque esse siano: oltre a celebrare un sentimento divorante e assoluto, Shakespeare ci racconta anche, e soprattutto, le scelte estreme a cui conducono odio, rivalità, rancore e vendetta. L'edizione viene presentata con testo a fronte nella nuova traduzione e con il puntuale corredo di note a cura di Silvia Bigliazzi.
"L'uomo da solo può resistere al potere? Perché possiamo tradire ogni valore e affetto? L'intelligenza è una barriera contro l'ideologia? Lo sono forse la fede, l'amore, l'amicizia?" Due pièce teatrali, due diverse ambientazioni, una sola tragica dinamica, quella dell'ideologia e del potere di fronte alla libertà del singolo uomo.
Questo volume, che si inserisce nella ricca collana della Libreria Editrice Vaticana dedicata al rapporto tra arte e religione, prende in esame l'arte di Raffaello Sanzio, focalizzandosi in modo specifico sulle sue Madonne, soggetto particolarmente amato e raffigurato nel corso di tutta la sua vita. In particolare l'autore, stimato critico d'arte e di cinema, analizza le Madonne del Santi, rivelandone fondamentali informazioni, quali la committenza, il contesto storico-artistico, il profondo significato religioso, senza tuttavia appesantire la lettura. Il volume, arricchito inoltre da diverse riproduzioni a colori delle opere raffaellesche, risulta di particolare interesse sia per gli storici e critici d'arte, sia per i non specialisti che, grazie a queste pagine, possono entrare nel mondo di uno dei più grandi maestri del Rinascimento italiano.