
"Recita dell'attore Vecchiatto" comprende la risistemazione di larghe parti di due opere che celebrano la figura di Attilio Vecchiatto, grande attore shakespeariano, ma al contempo amara metafora della situazione attuale del nostro paese: "Recita dell'attore Vecchiatto nel teatro di Rio Saliceto" e "Sonetti del Badalucco nell'Italia odierna". L'intervento di Celati è molto profondo e riunifica autenticamente le due opere in un nuovo testo compatto e toccante. "Attilio Vecchiatto (1910-1993) è stato un attore italiano di fama internazionale, ammirato da Laurence Olivier, Jeanne Moreau e molti altri. Dopo trent'anni di tournée in Sud America, sbarcato nel 1965 a New York, aveva creato il suo piccolo teatro shakespeariano, in un quartiere italiano del Bronx. Invitato in Francia nel 1976, aveva portato in giro i suoi adattamenti shakespeariani in molti paesi europei, ottenendo notevoli successi. Nonostante la notorietà all'estero, in Italia, al suo ritorno assieme alla moglie Carlotta, nel 1988, non è riuscito a trovare lavoro da nessuna parte, tranne che nel piccolo teatro di Rio Saliceto." (Gianni Celati)
In Cimbelino Shakespeare compie un tentativo consapevole di unire la storia romana con l'inizio di quella inglese nei suoi primordi celtici. Quando, appoggiato se non spinto dalla regina e dal figlio di lei Cloten, Cimbelino rifiuta di pagare il tributo a Roma, il suo gesto afferma con forza una prima identità nazionale britannica. Per provarsi tale, essa ha bisogno di combattere e vincere la guerra contro la spedizione punitiva romana. La pace che segue ha però un esito sorprendente: Cimbelino decide autonomamente di riprendere a versare il tributo e di sottomettersi a Cesare Augusto, e soprattutto fa marciare assieme in trionfo, verso Londra, bandiere unite nel vento, le truppe britanniche e quelle romane, che ratificheranno l'unione nel tempio di Giove.
Il volume è in larga parte centrato sull'opera del cardinale Gabriele Paleotti, che con un suo celebre trattato pose con forza il problema dell'aderenza dell'arte alla nuova spiritualità tridentina. La Roma papale, già avviata agli splendori della propria autocelebrazione, respinse tuttavia la rigorosa precettistica di Paleotti. Due posizioni inconciliabili che nell'arte figurativa conducono da una parte alla quotidianità sofferta di Caravaggio e dall'altra all'esaltazione atemporale del divino e delle sue manifestazioni nel barocco trionfante.
Nella loro vita non breve Schönberg e Stravinsky si incontrarono una sola volta, nel 1912, alla Krolloper di Berlino: fu uno scambio cordiale e pieno di stima, perché da una parte c'era "Petruska" e dall'altra il "Pierrot lunaire", che qualche giorno dopo Igor avrebbe ascoltato alla Choralion Saal. Passarono gli anni e i due divennero, sia pure con caratteristiche diverse, celebrità, ma non si incontrarono mai più. Si sfiorarono spesso, si intravidero da lontano, ma i contatti si ridussero a qualche dichiarazione un po' maliziosa, amplificata dai giornali e trasformata in opposizione radicale da seguaci ed esegeti. Oggi la storia di questi due geniali musicisti, che in fondo si sono sempre apprezzati, merita di essere raccontata in maniera più oggettiva. Le loro vicende si svolsero prima a Vienna, San Pietroburgo, Berlino, Parigi, poi a New York, Los Angeles, nel mondo intero. Su questi scenari antichi e moderni risuonano, come voci di un coro, le testimonianze di Richard Strauss, Busoni, Hofmannsthal, Kandinskij, Zweig, Rilke, Werfel, Thomas Mann, Rimskij-Korsakov, Diaghilev, Debussy, Picasso, Gide, Valéry, Auden... Musica, pittura, architettura, poesia e meditazioni religiose si propagano fra queste pagine come echi profondi degli scenari dell'esilio, dell'impatto con nuove realtà sociali, delle persecuzioni razziali, della guerra.
L'Inghilterra del Settecento è un paese in cui si concentrano grandi trasformazioni sociali, economiche e culturali che si riflettono, in primo luogo, in campo artistico. Mentre una parte dell'aristocrazia continua a guardare a modelli culturali importati dal continente, emerge un ceto borghese che incoraggia, con maggiore determinazione rispetto alla committenza tradizionale, la crescita di un'iconografia propriamente britannica. Nel volume studiosi inglesi e italiani si confrontano intorno a tale argomento aprendo il dibattito critico al contributo offerto dall'Italia del Settecento. Agli inquadramenti storici e culturali dell'Inghilterra, e di Londra in particolare, si unisce la disamina dello sviluppo di un linguaggio figurativo autoctono in relazione alla tradizione continentale. Da tale confronto derivano le esigenze opposte di ripresa e declinazione della cultura classicista e di distacco da essa, un dibattito che ha condizionato la maturazione dei diversi generi artistici nei quali, dalla pittura di storia, al ritratto e al paesaggio, la scuola britannica ha espresso una propria identità artistica, riconosciuta nell'Ottocento, soprattutto nell'ambito delle ricerche sul paesaggio, immagine della modernità.
Pasolini e Roma. Un rapporto di grande amore, raccontato nel volume pubblicato in occasione della mostra che, dopo il successo ottenuto a Barcellona e a Parigi, approda anche in Italia. Per Pasolini Roma non fu semplicemente uno scenario cinematografico o un luogo in cui vivere. Con questa città egli ha avuto una relazione passionale, fatta di sentimenti misti di amore e odio, di fasi di attrazione e rifiuto, di voglia di allontanamento e di piacere del ritorno. Organizzato cronologicamente (dall'arrivo nella Capitale del poeta, sceneggiatore, regista e scrittore insieme alla madre nel 1950 fino alla notte della sua tragica morte ad Ostia nel novembre del 1975), "Pasolini Roma" traccia - lungo un quarto di secolo - il percorso della sua incredibile vitalità creativa: i luoghi in cui ha vissuto, in cui ha ambientato romanzi e film, la poesia, il cinema, gli amici, gli amori, le persecuzioni, le lotte e gli impegni nella città. Attraverso le testimonianze, i documenti, i disegni, gli scritti autografi, le fotografie, i film e le opere d'arte amate da Pasolini, la monografia ricostruisce quegli anni, mettendo in luce l'intenso fervore intellettuale dell'uomo e i suoi rapporti con i luoghi, le persone, i poeti e gli artisti della Capitale.
Il Casino Giustiniani Massimo al Laterano, a Roma, è una villa secentesca il cui parco, prima degli imponenti interventi urbanistici della seconda metà dell'Ottocento, si estendeva tra le attuali via Merulana, via Tasso, viale Manzoni e piazza San Giovanni. Oggi lontana dai grandi circuiti turistici della Capitale, quasi defilata dietro all'imponente cattedrale lateranense, la palazzina fu fatta erigere dal marchese Vincenzo Giustiniani tra il 1605 e il 1618 come "ritiro di campagna" dove cercare svago e riposo, oltre che per ospitare la ricca collezione di antichità di famiglia. Passata alla famiglia Massimo nel 1802, tra il 1817 e il 1829 le sale al pianterreno furono interamente decorate dai pittori Nazareni, dei quali costituiscono in assoluto una delle realizzazioni più importanti: essi diedero vita a una sintesi sublime della grande civiltà letteraria italiana attraverso rappresentazioni tratte dalle sue opere più emblematiche: la Commedia di Dante, l'Orlando Furioso di Ariosto e la Gerusalemme Liberata di Tasso. Il volume presenta per la prima volta al grande pubblico questi importanti cicli pittorici attraverso descrizioni e una nutrita galleria di immagini, che si affiancano a un'inedita storia della palazzina nel corso dei secoli, dall'origine nel XVII secolo fino al 1948, quando fu acquistata dalla Custodia di Terra Santa, della quale ospita oggi la Delegazione per l'Italia.
Un libro per esplorare alcuni capolavori della musica occidentale e avvicinarsi al senso profondo ed ultimo dell'esistenza: l'ascolto musicale si fa icona dell'ascolto del Logos, che diviene a sua volta accoglienza dell'Incarnazione. "Ascolta, Israele": il comando dello shema', dello spalancare le porte del proprio cuore tramite il senso dell'udito, prelude al comandamento dell'amore divino e dell'amore del prossimo. Dall'ascolto del Bello musicale può nascere una contemplazione assorta ed orante, che si traduce in charitas se trova un'adeguata disposizione dello spirito. Percorrere i sentieri di cui le musiche di Bach, Händel, Haydn, Beethoven e Mussorgskij sono intessute diventa quindi quasi un pellegrinaggio: la gioia che nasce dall'ammirazione per i paesaggi musicali scaturiti dalla penna dei compositori si assomma alla felicità dell'avvicinarsi alla Civitas Dei, tempio divino sfolgorante di bellezza. E se il Verbo di Dio fosse anche il canto di Dio? Quando la musica è al servizio dell'incontro con Cristo.
Il Cantico delle Creature di san Francesco d'Assisi è un ponte gettato fra un medioevo in cui la natura è, per il mistico, trasparenza di Dio, ed una modernità lacerata da intime scissioni, vuoti di senso, afasie artistiche. Eppure, molti fra i massimi compositori del "secolo breve" hanno trovato nel testo senza tempo di Francesco ben più di uno stimolo creativo: le versioni di Schnittke, Messiaen e Gubaidulina aprono ampi squarci su un orizzonte di fede ritrovata e di intensa serenità spirituale. Dallo studio di queste partiture emblematiche, il discorso si amplia fino a toccare le più profonde domande di senso: esse confluiscono in un'originalissima "postfazione corale", reinterpretazione contemporanea del Cantico da parte di personalità quali Massimo Cacciari, Khaled Fouad Allam, Irene Iarocci, Peter Hill, Giampiero Bof, Katarina Pajchel, Lubomir Zak, Margherita Coletta, Giuseppe Brondino, Davide Rondoni, in un mosaico interdisciplinare in cui la diversità diventa culla della pienezza. La fecondità del testo francescano continua a fare appello agli uomini di oggi, suscitando in ciascuno delle scintille personalissime e originali.
"In Sacra via. Giacomo Boni al Foro Romano. Gli scavi", curato da Patrizia Fortini e Miriam Taviani, documenta le indagini sulla via Sacra al Foro Romano condotte tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del secolo successivo da Giacomo Boni, vero pioniere dell'archeologia italiana.
Una pubblicazione che mette insieme l'analisi storica e le immagini fornite in esclusiva dall'Archivio Riccardi di Roma. Il volume, dopo aver chiarito il perché dell'espressione "Papa buono" con cui è stata definita la figura di Giovanni XXIII, inquadra storicamente e spiritualmente la sua personalità, dalle vicende biografiche alla carriera ecclesiastica, dalla "rivoluzione" del Concilio Vaticano II all'enciclica "Pacem in Terris". Un libro denso di storia e suggestioni che custodisce un importante pezzo di storia della Chiesa cattolica.
In occasione dell'imminente beatificazione di Giovanni Paolo II, la Libreria Editrice Vaticana, in collaborazione con la casa editrice polacca Michalineum, propone un coinvolgente percorso di immagini suggestive che rievocano i messaggi più importanti che il Santo Padre Giovani Paolo II ha rivolto al mondo intero. Nel libro sono presenti inoltre una biografia di Karol Wojtyla (tradotta in sette lingue) e le frasi più significative tratte dai messaggi pronunciati dal Santo Padre. In corrispondenza di ogni fotografia viene inoltre indicata la data è il luogo dell'evento.