
La storia e l'eredità della scuola fondata nel 1919 da Walter Gropius sono inseparabili dalla vicenda della Repubblica di Weimar. "Ma il Bauhaus non si limitò a riflettere gli alti e bassi della realtà: cercò anche di mutarla. Quando si voleva eternare il caos, il Bauhaus rivendicò, con Gropius, l'ordine. Quando più tardi si cercò di eternare l'ordine vacillante e oppressivo della razionalizzazione industriale, il Bauhaus, con Meyer, si adoperò per dare a questa razionalizzazione un contenuto sociale". Nel dopoguerra Tomás Maldonado dovette fare i conti con l'esperienza del Bauhaus quando, con altri, avviò a Ulm la Hochschule für Gestaltung, la nuova scuola di progettazione che ha segnato in modo indelebile la storia del design nel secondo Novecento. E in diverse circostanze prese posizione nei confronti della "tradizione Bauhaus", con un atteggiamento critico e controcorrente che voleva riportarne il lascito culturale dal piano del mito a quello della realtà. La collezione di scritti, lettere e interventi risalenti al lungo periodo tra il 1955 e il 2009 si confronta con uno snodo storiografico decisivo per il design e solleva una serie di questioni ancora attuali: il rapporto tra arte e design, la formazione dei progettisti, l'importanza della scienza per l'attività progettuale e, non per ultimo, il ruolo politico e la responsabilità del designer nei confronti dei grandi problemi sociali e ambientali del nostro tempo. Ogni critica al Bauhaus è in realtà per Maldonado un'occasione per discutere questioni contemporanee e questa raccolta, esplorando la discontinuità fra il passato e la nuova visione pedagogica e sociale di Ulm, ne rivela la straordinaria modernità.
n breve
Un’intervista iniziata nel marzo 2006 e conclusa nel 2009. Maldonado e Obrist, con approccio transdisciplinare, parlano di arte e cultura, di nuove avanguardie e nuove tecnologie, di architettura e politica, di futuro e speranza.
Il libro
“La ricerca della trasversalità è stata sicuramente una costante in tutto il mio ormai lungo percorso intellettuale. Ogni volta che sono stato impegnato (praticamente o teoricamente) in un determinato campo di attività, mi sono sempre chiesto quali siano (o potrebbero essere) le possibili convergenze di questo campo con altri vicini o lontani. Il che mi ha portato spesso, nella mia riflessione, ad andare oltre l’attività che stavo svolgendo. Benché la mia formazione sia stata prevalentemente artistica, devo dire che fin dagli inizi i miei interessi sono andati ben oltre il campo specifico dell’arte. Quanto più forte era il mio impegno nella pratica artistica, tanto più si allargavano i miei interessi verso temi che avevano implicazioni filosofiche, scientifiche e sociologiche. E anche, e non per ultimo, politiche. Infatti, già da molto giovane, la mia preoccupazione (io direi quasi la mia ossessione) era quella di poter contribuire a una visione totale della cultura.”
Tomás Maldonado
In questa intervista Hans Ulrich Obrist, noto critico d’arte e curatore di mostre internazionali, discute con Tomás Maldonado di alcuni aspetti della sua poliedrica attività culturale. Maldonado esamina retrospettivamente e per certi versi in modo autocritico le questioni relative all’arte, al disegno industriale e all’architettura.
Il fascino del cinema per imparare a vivere: tra realtà e finzione, l’avventura di educare esige la formazione dello sguardo. Infatti, quel che è sullo schermo è già morto, e solo lo sguardo dello spettatore gli comunica la vita. Le immagini cinematografiche sono, così, l’occasione per mettere in gioco esperienze e valori, perché la visione di un film è capace di sollecitare la ricerca di sé e della relazione con l’altro.
I saggi che compongono il volume – nato da una ricerca promossa dal Dipartimento di Pedagogia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore – documentano percorsi teorici originali: le immagini cinematografiche sono fonte per la memoria storico-educativa (S. Polenghi), orizzonte ermeneutico di fascinazione culturale e provocazione per la filosofia dell’educazione (P. Malavasi), spazi di progettazione e intervento didattico tra scuola ed extra-scuola (P.C. Rivoltella), strumenti per la ‘clinica della formazione’ e suggestioni per la ‘pedagogia immaginale’ (P. Mottana).
Integrano i contributi teorici alcuni interventi sulle implicazioni pratico-operative dell’impiego del cinema nell’ordinaria progettualità formativa e scolastica (A. Agosti, C. Baruffi, E. Mosconi, E. Pasetti, A. Vigo).
Ne emerge un omogeneo e ricco quadro culturale e interpretativo, che lascia intendere la complessità comunicativa dell’oggetto filmico e la fecondità dell’analisi pedagogica nei vari ambiti educativi e formativi.
Pierluigi Malavasi insegna Pedagogia generale nella sede bresciana dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Tra le sue principali pubblicazioni: Tra ermeneutica e pedagogia (Firenze 1992); Etica e interpretazione pedagogica (Brescia 1995); L’impegno ontologico della pedagogia. In dialogo con Paul Ricœur (Brescia 1998); Discorso pedagogico e dimensione religiosa (Vita e Pensiero, Milano 2002); Pedagogia e formazione delle risorse umane (Vita e Pensiero, Milano 2003).
Simonetta Polenghi insegna Storia dell’educazione nell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Tra le sue pubblicazioni: La politica universitaria italiana nell’età della Destra storica (1848-1876) (Brescia 1993); Fanciulli soldati. La militarizzazione dell’infanzia abbandonata in età moderna (Roma 2003).
Pier Cesare Rivoltella insegna Tecnologie dell’istruzione e dell’apprendimento nell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e Brescia. Tra le sue pubblicazioni: Teoria della comunicazione (Brescia 1998); L’audiovisivo e la formazione (Padova 1998); Media Education. Modelli, esperienze, profilo disciplinare (Roma 2001); Costruttivismo e pragmatica della comunicazione on line. Socialità e didattica in Internet (Trento 2003); Media Education. Fondamenti didattici e prospettive di ricerca (Brescia 2005).
Quando i nazisti invadono la Russia molti americani chiedono agli alleati di aprire un secondo fronte in occidente contro le potenze dell’Asse. Anche Charlie Chaplin, già noto per i suoi capolavori cinematografici, si impegna attivamente a favore dell’unità degli alleati. Quando, dopo la fine della guerra, l’opinione generale cambia e agli occhi degli Stati Uniti la Russia si sostituisce ai nazisti nel ruolo di avversario, il regista britannico diventa il bersaglio di un’inchiesta dell’FBI sulla sicurezza interna. Oltre a fornire una vivace testimonianza sul clima della guerra fredda, il colloquio riportato in queste pagine chiarisce gli orientamenti politici di Chaplin: un progressista ben deciso a non ripudiare la sua partecipazione alle manifestazioni sul secondo fronte negli anni 1942 e 1943 e a non unirsi poi ai giudizi di condanna sull’Unione Sovietica.
Sommario
Chaplin e la caccia alle streghe di Goffredo Fofi. 1. Charlot sotto inchiesta
Note sull'autore
Charlie Chaplin (1889-1977), autore di oltre novanta film, è stato tra i maggiori registi del Novecento. La sua creazione più originale è la maschera di Charlot, protagonista di molti dei suoi capolavori, dal Monello alla Febbre dell’oro, da Luci della città a Tempi moderni.
Charles J. Maland è professore di Inglese e Cinema all’Università del Tennessee. Tra i suoi libri: Chaplin and American Culture: The Evolution of a Star Image (1989) and American Visions: The Films of Chaplin, Ford, Capra, and Welles (1977).
Goffredo Fofi è saggista, critico cinematografico e letterario. Dirige la rivista Gli Asini e collabora con Avvenire, Internazionale e Il Sole 24 Ore.
L'indagine prende spunto dalla opere pittoriche di tutti i tempi, includendo anche civiltà extraeuropee, per approfondire il ruolo che ebbero nell'arte le gemme, i gioielli e i materiali preziosi in genere: talvolta mero accessorio di ornamento; nella ritrattistica ufficiale, attributo di rappresentanza e status symbol; ma spesso anche oggetto carico di significati simbolici come nel caso delle scene allegoriche. Molto interessanti sono i due capitoli dedicati ai materiali (metalli, gemme preziose e semipreziose, pietre dure, perle) e alle tipologie di gioielli e oggetti di pregio, in cui alle rappresentazioni pittoriche dei pezzi si alternano anche gli oggetti reali.
Eccelsa testimonianza di fede, il cui altissimo significato spirituale si lega alla vicenda e all'insegnamento del Santo Patrono d'Italia, la Basilica di San Francesco ad Assisi è anche uno dei monumenti più insigni del nostro Paese, uno scrigno di capolavori che hanno segnato un profondo rinnovamento nello sviluppo dell'arte occidentale. Questo volume prende in esame, con un percorso fotografico rapido ma esauriente, l'intero patrimonio artistico della Basilica, illustrando sia i tesori pittorici della Chiesa inferiore, opera somma di Giotto, Simone Martini e Pietro Lorenzetti, sia la decorazione della Chiesa superiore, capolavoro di Cimabue e di Giotto e delle rispettive botteghe.
Scandito da riprese di eccezionale efficacia visiva, capaci di rivelare aspetti sovente inediti dei vasti cicli pittorici della Basilica, il percorso fotografico si snoda come un incalzante reportage attraverso alcuni tra i momenti più alti, toccanti e suggestivi dell'arte dell'affresco, mostrando al lettore, oltre alle scene d'assieme dei vari cicli pittorici, tutta una serie di dettagli in grado di restituire con flagrante immediatezza non solo il ductus politico dei vari maestri, ma la loro stessa personalità.
I milanesi amano il loro Duomo e ne vanno fieri, per questo ne hanno fatto il simbolo e l'emblema della loro città. La guida si propone di far conoscere la storia secolare, i molteplici aspetti artistici, il significato religioso, genuino e profondo, di questo grande monumento cristiano. Il percorso ha inizio dalla piazza del Duomo al di sotto della quale si conservano le memorie archeologiche della Milano cristiana. Il visitatore è poi condotto a fare il giro dell'esterno per ammirare la struttura architettonica. Viene in seguito accompagnato nella scoperta delle numerose opere d'arte con le quali, nel corso dei secoli, la cattedrale è stata arricchita. La visita si conclude sui terrazzi del Duomo dove lo sguardo può spaziare sulla foresta delle guglie e sulla città sottostante. La guida offre infine informazioni sulle devozioni dei milanesi e sui grandi santi della tradizione ambrosiana.
Piazze, campi, palazzi pubblici, fontane, chiese: alla scoperta dello splendore e della magnificenza delle nostre città. Tra l'XI secolo e la fine del Medioevo, le città italiane vivono una fase di straordinaria rinascita, soprattutto nell'Italia settentrionale e centrale, grazie alla crescita economica e all'affermarsi di un sistema politico, il comune, indipendente da qualsiasi autorità superiore. Nuovi palazzi pubblici, nuove chiese, cinte murarie, strade, ponti, piazze e fontane: ovunque l'utilità trova il proprio complemento nell'estetica. Il volto delle città ne emerge ridisegnato, secondo criteri architettonici e ornamentali tesi alla ricerca della bellezza, ormai individuata come strumento tra i più efficaci della propaganda del nuovo potere. Da Milano a Roma, da Venezia a Firenze, Pisa e Siena, da Spoleto a Perugia, da Parma a Ferrara e Modena, un itinerario storico denso, personale e a tratti affettivo, ci porta al cospetto dell'incredibile ricchezza dei centri comunali italiani, raccontando i circuiti politici, economici, religiosi, culturali da cui è scaturita un'esperienza unica nel panorama europeo.
Da secoli si discute sul rapporto tra musica ed emozioni. Già Platone sosteneva che la musica ha la capacità di eccitare nell’essere umano quei sensi che scatenano emozioni. I recenti studi di neuroscienze hanno ampliato i contorni del dibattito, che ancora non ha una posizione finale con- divisa, tuttavia molti sostengono la capacità della musica di evocare emozioni, e in modo molto articolato, potendo determinare contemporaneamente l’emergere di più emozioni (si pensi a musiche “piacevolmente tristi”).
Tali emozioni possono essere legate sia all’ascolto, sia all’esecuzione, sia alla composizione, e vanno dall’emozione provata individualmente a quella empaticamente percepita da più persone contemporaneamente.
Questo testo vuole dare un contributo al dibattito o anche, più semplicemente e modestamente, fornire degli spunti di riflessione utili all’ascoltatore, dare degli schemi interpretativi utili agli esecutori, e comunque aggiungere materiale di ricerca al tema.
"Mi si rimprovera di presentare nei miei quadri oggetti situati in posizioni in cui non li vediamo mai. Si tratta nondimeno della realizzazione di un desiderio reale, se non propriamente cosciente, per la maggior parte degli uomini. In effetti già il pittore banale cerca, nei limiti prefissati, di modificare l'ordine in cui vede gli oggetti. Si permetterà timide audacie, vaghe allusioni. In considerazione della mia volontà di far urlare il più possibile gli oggetti più familiari, l'ordine nel quale gli oggetti solitamente si collocano doveva essere evidentemente sconvolto; le crepe che noi vediamo nelle nostre case e sul nostro volto, mi sembravano più eloquenti in cielo; le gambe di un tavolo in legno tornito perdevano l'innocente esistenza che si attribuisce loro se apparivano dominare d'improvviso una foresta; un corpo di donna librantesi al di sopra di una città sostituiva gli angeli che non mi apparvero mai; trovavo molto utile vedere il di sotto della Vergine Maria e la mostrai in questa nuova luce; i sonagli di ferro appesi al collo dei nostri mirabili cavalli preferivo credere che spuntassero come piante pericolose al bordo di abissi... Quanto al mistero, all'enigma rappresentato dai miei quadri, dirò che era questa la prova più convincente della mia rottura con l'insieme delle assurde abitudini mentali che generalmente sostituiscono il sentimento autentico dell'esistenza". (René Magritte)
La fragranza delicata dei fiori di ciliegio, il sole infuocato che finalmente si placa quando incontra il mare, un frutto di melograno abbandonato a terra tra le foglie gialle e scricchiolanti, il silenzio frastornante della prima neve che luccica sotto un raggio di pallida luna. Cento haiku per quattro stagioni più una, per accompagnarci attraverso lo scorrere di un anno che appare interminabile, e invece basta distrarsi ad ascoltare il passettio di un pettirosso sul tatami per accorgersi che se ne è già andato. Lasciandosi ispirare da una delle forme d'arte più affascinanti di sempre, Nicola Magrin interpreta e immagina con la sensibilità e il tratto inconfondibile che lo contraddistinguono il susseguirsi delle stagioni in un Giappone senza tempo, dando vita a un indimenticabile ritratto del Paese del Sol Levante. Un'armonia perfetta tra testo e immagini, che ci avvolge leggera come il profumo delle prime gocce di pioggia e decisa come il sapore dolce del sake.