
Uno dei più autorevoli studiosi di pittura antica affronta in questo volume l'eccezionale ciclo di affreschi proveniente dalla villa scoperta nell'Ottocento nei giardini della Farnesina sul lungotevere a Roma. Gli affreschi e gli stucchi delle antiche stanze, ricostruite oggi all'interno del Museo Nazionale Romano, costituiscono la più vasta e meglio conservata testimonianza delle tendenze della pittura d'età augustea che s'impone nel panorama artistico antico per raffinatezza, varietà cromatica e di soggetti, come le grandi e fedeli riproduzioni nel volume permettono finalmente di apprezzare.
La lunga e fortunata carriera di Henry Moore (1898-1986) esemplifica nella sua evoluzione alcune delle istanze che hanno caratterizzato il dibattito artistico del Novecento e, in particolare, la nascita e l'affermazione della scultura moderna. La ricerca di Moore prende avvio dalla scoperta dell'arte primitiva, per approdare ad una posizione artistica caratterizzata da un profondo umanesimo che si esprime soprattutto nella realizzazione di grandi sculture monumentali a destinazione pubblica.
Da quando ha iniziato a scrivere, Rick Moody si è sempre occupato di musica: questo libro raccoglie i suoi testi sul tema, da leggere come un'appassionata dichiarazione d'amore per il mondo delle note. Moody passa dal jazz degli anni '40, quando la parola cool evocava vibrazioni finalmente positive dopo la guerra, ai progetti dei Wilco o di Pete Townshend, passando in rassegna il meglio della musica: la delicatezza di Otis Redding, l'estasi dei Velvet Underground, le collaborazioni con Meredith Monk, fino alla sperimentazione estrema di Arvo Part. "Musica celestiale" è una guida all'ascolto che invita a immergersi nella musica come ha fatto il suo autore, per scoprire suoni nuovi e sorprendenti.
Autobiografia per immagini: raccontare Giovanni Battista Montini-Paolo VI attraverso fotografie commentate con le sue stesse parole, tratte da lettere, libri, discorsi. Il lettore vede scorrere la vita del giovane Giovanni Battista in famiglia, gli anni della formazione a Brescia e della scelta sacerdotale, l'esperienza a Roma con la FUCI e nella Segreteria di Stato, la chiamata a Milano sulla cattedra di sant'Ambrogio, dove diventa cardinale, l'elezione al soglio pontificio e gli anni del post-Concilio. A fianco le sue riflessioni, meditazioni, preghiere, in un intreccio di immagini e parole dove lo stile è la sobrietà, l'essenzialità. Una sobrietà che sembra essere la cifra della sua santità.
Nella presente pubblicazione si narra l'avventura figurativa e umana dei Macchiaioli, sullo sfondo del vivace panorama culturale della Toscana di metà Ottocento. I Macchiaioli sono l'unico gruppo artistico dell'Ottocento che opera in Italia una riforma pittorica di livello internazionale. Gli artisti si incontrano nel 1856 al Caffè Michelangelo di Firenze e i maggiori protagonisti di questo movimento artistico saranno Fattori, Lega e Signorini.
"Non al denaro non all'amore né al cielo" è sicuramente uno dei dischi più rappresentativi della carriera di Fabrizio De Andrè, oltre a essere stato un pilastro culturale per un'intera generazione, quella nata dai moti studenteschi del '68, e un valido riferimento a quella letteratura americana che in Italia era arrivata tardi a causa del proibizionismo fascista. Fabrizio De Andrè, infatti, creò uno dei migliori album degli anni Settanta proprio musicando alcune poesie di Edgar Lee Masters. In questo libro, con un'analisi compiuta brano per brano, l'autore cerca di sottolineare similitudini e divergenze tra le due opere.
Palestrina Iubilaeum è un progetto realizzato in occasione dei 500 anni dalla nascita di Giovanni Pierluigi da Palestrina (1525), in concomitanza con l'anno giubilare. Si tratta di una raccolta dei brani polifonici più noti e amati del celebre compositore, eseguiti insieme a un accompagnamento orchestrale. L'operazione editoriale di accompagnare la polifonia classica con organico strumentale è motivata dall'esigenza di riscoprire, attualizzare e divulgare il patrimonio musicale rinascimentale, che ha in Palestrina il suo massimo esponente, offrendo un mix delle diverse arti musicali che si armonizzano nel gusto artistico del M° Montepaone, capace di far risaltare in tutto il suo splendore la bellezza della musica sacra che rimane viva nei secoli. I brani sono eseguiti dal coro Polifonisti Romani e accompagnati dall'Orchestra Sinfonica Supernova, diretta dal M° Andrea Montepaone. Contenuto: 10 brani e booklet con i testi. Brani: Sicut cervus - Nunc dimittis - Jesu Rex admirabilis - Alma Redemptoris Mater (Collegium Romanum) - Adoramus te Christe - Pueri Hebraeorum - Tu es Petrus - Ave Maria (octo vocibus) - Laudate Dominum - Super flumina Babylonis
L'arte è bellezza, ma è, prima ancora, storia delle persone e del loro percorso di liberazione e di presa di coscienza del mondo e della società.
"Questo libro, come tutti i libri, è un'idea, una specie di sogno. Il sogno che l'arte possa ancora essere capace di liberarci. L'arte figurativa, il cinema, la letteratura, la musica liberano la mente e i cuori, e possono rompere l'assedio del pensiero unico. È un potere nascosto, perché secondo l'opinione dominante anche l'arte sarebbe solo una merce come le altre. Noi, invece, pensiamo che sia l'arte l'alleata forse più forte dell'umano: contro la morte".
Le opere d'arte non sono solo "pezzi da museo" o, peggio, oggetti di consumo di quella che viene chiamata industria culturale. Studiare l'arte e visitare le sue espressioni serve a diventare cittadine e cittadini. Amare l'arte non significa occuparsi dei gingilli dei ricchi, ma di un patrimonio culturale comune che appartiene anche a chi, apparentemente, non ha nulla. Un patrimonio grazie al quale scoprire che è esistito un passato diverso, e che dunque sarà possibile anche un futuro diverso. Da questa consapevolezza nasce il libro di Tomaso Montanari e Andrea Bigalli, una finestra su venti vere "grandi opere", note e meno note, del nostro Paese. Spaziando fra venticinque secoli e venti regioni, si va da Masaccio ai Murales di Orgosolo, dall'Abbazia di Novalesa a Giotto, dai Bronzi di Riace a Carlo Levi.
Gian Lorenzo Bernini non ha un posto nella genealogia dell'arte moderna: quella che parte dalla rivoluzione di Caravaggio, e attraverso Velázquez, Goya e Manet, conduce agli Impressionisti, e dunque alle avanguardie. L'artista più potente, ricco e realizzato dell'Italia secentesca, "il dittatore artistico di Roma", è sempre stato considerato troppo organico alla propaganda dei papi e dei gesuiti per poter aver parte in questa storia di libertà. Basandosi su oltre vent'anni di ricerca, e ribaltando la lettura corrente di opere, fonti e documenti, questo libro dimostra il contrario: a modo suo, Bernini ha seguito Caravaggio sulla via del conflitto, arrivando a sacrificare una parte del proprio successo pur di difendere la sovranità sulla propria arte. Ed è anche grazie a questa tensione che le opere di Gian Lorenzo ci appaiono ancora così terribilmente vive. Bernini seppe uscire dalle regole, pagandone tutte le conseguenze e facendo leva sul giudizio di un'embrionale opinione pubblica europea per affrancarsi dall'arbitrio dei principi. Le sue mani e la sua testa divennero l'unica misura che accettava, e il suo atelier fu insieme luogo della creazione e teatro della libertà. Ma come dimostrare questa tesi? Nelle sue biografie "ufficiali" affiorano cospicue smagliature, fra loro coerenti, che questo libro individua e allarga, una per una. Costruendo così per le opere di Bernini una nuova chiave di lettura.
C'è un'idea - di casa persino al ministero dei Beni culturali italiano in questi anni - secondo cui l'Italia potrebbe diventare una grande «Disneyland culturale»: ma è davvero a questo che serve il tessuto artistico e paesaggistico che abbiamo ereditato e che stiamo rovinando?
Per rispondere, si può partire dalla storia di un crocifisso attribuito a Michelangelo e acquistato dal governo Berlusconi per piú di tre milioni di euro: raccontarla significa parlare del potere del mercato, dell'inadeguatezza degli storici dell'arte, della cinica manipolazione dei politici e delle gerarchie ecclesiastiche, del perverso sistema delle mostre, del miope opportunismo dell'università e della complice superficialità dei mezzi di comunicazione.
Il degrado del ruolo della storia dell'arte nel discorso pubblico accompagna la metamorfosi del ruolo del patrimonio storico e artistico: da gratuito strumento di crescita culturale garantito dalla Costituzione, a parco dei divertimenti a pagamento.
Sono vent'anni che, in Italia, la politica del patrimonio culturale si avvita sulla diatriba pubblico-privato: brillantemente risolta socializzando le perdite (rappresentate da un patrimonio in rovina materiale e morale) e privatizzando gli utili, in un contesto in cui le fondazioni e i concessionari hanno finito per sostituire gli amministratori eletti, drenando denaro pubblico per costruire clientele e consenso privati. Ma cosa ha significato, in concreto, la "valorizzazione" (o meglio la privatizzazione) del patrimonio? Quali sono la storia e i numeri di questa economia parassitaria, che non crea lavoro dignitoso e cresce intrecciata ai poteri locali e all'accademia più disponibile? Ed è vero che questa è la strada seguita nei grandi paesi occidentali? Tomaso Montanari risponde a queste e altre domande spiegando perché non ci conviene distruggere il governo pubblico dei beni culturali basato sul sistema delle soprintendenze: un modello che va invece rafforzato e messo in condizione di funzionare, perché è l'unico che consente al patrimonio di svolgere la sua funzione costituzionale. Che è quella di renderci più umani, più liberi, più uguali.
«Principe Enrico: "Dio mi sia testimonio, sono estremamente stanco". Poins: "Siamo a questo? Credevo che la stanchezza non avrebbe osato attaccare uno di così alta nascita". Principe Enrico: "S'è davvero attaccata a me, sia pure che riconoscerlo scolori il volto della mia grandezza.» In questo brano dell'Enrico IV di Shakespeare lo stile sublime e quello realistico si mescolano: la pittura conquisterà questa libertà un poco più tardi, anche se più radicalmente. Ma è solo con i ritratti di Velázquez che vediamo davvero il volto dei principi scolorarsi per la stanchezza. All'inizio del Seicento, la rivoluzione di Caravaggio abbatte la separazione e la gerarchia dei generi, ma non è in Italia che essa produce i suoi massimi risultati: è con Velázquez e con Rembrandt che la verità della pittura attinge vette insuperabili. E questo accade soprattutto nei loro ritratti. Quelli di Velázquez riescono a conciliare un'obiettività da pittura di natura morta con un'inesorabile capacità di inchiodare alla tela l'anima delle persone. Francis Bacon ha scritto che «da tutti i suoi dipinti traspare quell'emozione che Velázquez deve aver provato, persino in quelle bellissime opere dove le figure hanno una meravigliosa struttura e al tempo stesso la colorazione di un Monet. Si avverte sempre il passaggio dell'ombra della vita». In modi misteriosi quest'ombra si proietta sull'arte europea, e nel cuore stesso del più sfarzoso, esteriore mendace ritratto barocco, si insinua come una lama la verità di Velázquez: questo libro ne racconta la storia.