
"Etnografa, allieva o vicina ai grandi nomi della moderna etnografia e antropologia (quelli del Musée de l'Homme parigino), Germaine Tillion ha studiato in gioventù l'Algeria scoprendo la persistenza dei costumi e l'intreccio tra economia e società, tra credenze e pratiche, e ponendosi istintivamente, e verrebbe da dire cristianamente, dalla parte dei deboli è però chiara e profonda nell'analisi di un assetto sociale, di come esso si è formato e si regge... Militante, e segnata da una tradizione che possiamo dire socialista, ha reagito all'invasione tedesca della Francia in modo combattivo, e lo ha scontato venendo spedita nel lager di Ravensbruck dove sua madre è morta e dove ha contribuito alle azioni di resistenza continuando ad analizzare la realtà, anche la più atroce, con le lenti della sua scienza, per capire spiegare combattere anche quel nuovo tipo di dominio e di massacro... Mi viene da accostare la Tillion a certe figure femminili del dopoguerra italiano che ho avuto modo di frequentare e dalle quali ho avuto modo di imparare, in particolare quelle che, venendo dalla Resistenza, sono state vicine alla politica ma facendo politica a modo loro. Educando, con le parole e con i fatti. Penso ad Ada Gobetti, a Margherita Zoebeli, o ad Angela Zucconi".
Questo libro propone una galleria di storie vere e insieme esemplari: troveremo i casi di Remo e Katia, vittime di una madre anaffettiva e incurante; di Lira, che a otto anni comprende e accetta l'amore omosessuale del padre; di Lina, madre adottiva alla ricerca disperata dei genitori naturali del figlio diciottenne; di zia Flora e zia Rosa, due anziane signore che si prendono cura di una bambina appena nata; di Lucia, vittima di abusi da parte del compagno della madre; e poi di Luca, figlio felice di una coppia omogenitoriale... Queste e altre testimonianze ci fanno entrare nel vivo delle vite di bambini e famiglie che si affacciano ogni giorno nelle aule del Tribunale per i minorenni, in cui l'autrice ha operato per oltre trent'anni. L'obiettivo è non solo quello di far luce sui cambiamenti profondi della famiglia, ma anche di sollecitare scelte efficaci in tutti coloro che hanno un ruolo educativo verso bambini e ragazzi.
La donna che mette al mondo un figlio non è mai sola. II primo a essere coinvolto è il suo compagno: coinvolto da lei e per lei, ma anche coinvolto in prima persona. Quando nasce un bambino, "nascono" anche una madre, un padre, dei nonni. Per lasciare spazio al neonato, sulla scacchiera della famiglia ognuno si ritrova collocato in una casella diversa, a interpretare un ruolo a cui non è preparato e nel quale talvolta deve improvvisare. Con la sua presenza, quel bambino che sconvolge i ruoli genera scompiglio. E lo sconvolgimento dei ruoli, a sua volta, produce sul bambino degli effetti che spesso non sono riconoscibili da chi gli è più vicino. Basandosi su una lunga attività clinica di pediatra e sulla propria consapevole esperienza di figlio, padre e nonno, Franck Dugravier descrive la catena di cambiamenti che la nascita di un bambino provoca. Rovesciando la prospettiva usuale, l'autore guarda il bambino e partendo da lui ricostruisce le relazioni che un figlio "mette al mondo": senza sentimentalismi ma con uno stile di grande dolcezza Dugravier racconta così - da quelli iù prevedibili ai più sorprendenti - i diversi modi di diventare genitori.
Il libro rappresenta la prima ricognizione, in ambito italiano, dell'antropologia simbolica o religiosa. Oltre a fornire una dettagliata ricostruzione di alcuni cardini fondamentali delle prospettive filosofico-antropologiche dei tre autori di riferimento (Mircea Eliade, Gilbert Durand e Julien Ries), il volume propone una visione sintetica della disciplina, ponendosi sia come introduzione alla stessa sia come originale riflessione sul suo statuto. "Introduzione all'antropologia simbolica. Eliade, Durand, Ries" è dunque rivolto al lettore che si avvicina per la prima volta all'oggetto, così come allo specialista (antropologo, storico, filosofo o sociologo delle religioni) interessato a considerare e approfondire un punto di vista inedito e ulteriore in relazione alla propria disciplina.
In una prospettiva antropologica, il libro smonta stereotipi e luoghi comuni sul Medio Oriente e sulla vita delle sue popolazioni, per cogliere quanto di più specifico vi è nei sistemi culturali di quest'area. In che senso si può parlare di identità islamica? Esiste un nesso tra politica e religione? Quali sono le dinamiche sociali prevalenti? A quali cambiamenti la regione è andata incontro con la creazione degli stati nazionali e, a partire dal secondo dopoguerra, con l'egemonia acquisita da alcuni paesi rispetto ad altri? E qual è, oggi, il ruolo dell'Arabia Saudita nel successo del fondamentalismo islamico? A partire anche dall'esperienza personale, Ugo Fabietti evidenzia le profonde tensioni che percorrono il Medio Oriente, in bilico tra passato e presente, autoritarismo e democrazia, tradizione e modernità, introducendo il lettore alla realtà complessa di questa regione, dai confini fluidi e incerti, politicamente instabile e tuttavia più che mai presente sulla scena del mondo contemporaneo.
"Gli uomini hanno i viaggi, le donne hanno gli amanti." Se André Malraux avesse conosciuto meglio alcune delle protagoniste di queste pagine, forse non si sarebbe azzardato a liquidare così le passioni femminili. Perché spesso quelle storie d'amore sono il motore nascosto di grandi eventi storici. Soprattutto se a innamorarsi sono donne che hanno avuto un ruolo importante nello spionaggio del Novecento. Alcune hanno iniziato a collaborare con i servizi segreti per spirito d'avventura e patriottismo, altre perché non avrebbero potuto fare diversamente, e sono partite contro tutto e tutti gettandosi con un paracadute come Krystina Skarbek o resistendo alle più atroci torture come Odette Brailly. La più famosa è Mata Hari, la più insospettabile Joséphine Baker, mogli infelici e collezioniste di amanti, l'una giustiziata come doppiogiochista, l'altra convinta collaboratrice della sua patria d'elezione, la Francia. E come loro Gertrude Bell, archeologa, scrittrice e agente segreto in Medio Oriente durante lo Grande Guerra. E ancora Violette Morris, campionessa sportiva francese, bisessuale, che lavorò per la Germania, o la bellissima attrice austriaca Hedy Lamarr, che fuggendo a un marito dispotico che collaborava con i tedeschi, ne portò con sé i segreti militari. Cinzia Toni ha restituito a queste Donne pericolose il loro posto nella storia. Sono ritratti indimenticabili di avventuriere affascinanti e ambigue, passionali e generose, potenti ed emozionanti.
In questo momento "genere" è divenuta parola pericolosa, attorno alla quale si agitano diversi conflitti. Queste pagine si addentrano nel discorso allo scopo di fare chiarezza là dove la polemica impedisce la lucidità, mostrando da dove proviene questa categoria, a quali domande intende rispondere, quali intenzioni essa racchiuda e, soprattutto, che cosa accade quando la si adopera nelle diverse discipline o contesti. Si scopre così che i pensieri "di genere" non possono essere facilmente scambiati per un invito a dimenticarsi dei corpi, e che sono portatori di una domanda essenziale: quali modelli di maschilità e di femminilità abitano la nostra cultura?
Il tratto peculiare di questa raccolta di saggi è dato dal riconoscimento da parte di tutti gli autori che il valore dell'uomo risiede nella sua dignità. E' con questo termine infatti che si può indicare il cuore della vita e la chiave logica dell'esistenza umana. Da un punto di vista teoretico, sul terreno della dignità si incontrano i pensatori di ogni epoca e si crea uno spazio di contatto e interazione tra pensiero giuridico, pensiero filosofico e ragione etica.
La dignità assurge, così, a chiave di lettura della vita e strumento di dialogo tra l'esperienza, il senso comune e la ricerca speculativa.
Sono ormai diversi anni che ci si interroga sul nesso tra cristianesimo e violenza contro le donne. Se nella Bibbia si trovano brani ed episodi di terribile violenza contro le donne, la millenaria storia della chiesa ne mostra la reiterata connivenza con un sistema sociopolitico e simbolico che consente, quando non istiga, la violenza di cui esse sono oggetto. In questa pagine Elizabeth E. Green propone un'analisi delle Scritture e della dottrina delle chiese per comprendere come e quanto il cristianesimo abbia contribuito all'affermarsi di tale cultura violenta per affrontare la questione nell'ottica di un radicale e concreto percorso di cambiamento che veda impegnate in prima linea - insieme a donne, uomini, famiglie e comunità - le stesse chiese. "Lo stesso cristianesimo è stato terreno fertile per la cattiva pianta di leggi e tradizioni che opprimono e discriminano le donne. Alcune sue espressioni e modalità d'agire continuano a veicolare una cultura connivente con la violenza maschile contro di loro." (Elizabeth E. Green).
Uno sguardo ricognitivo sul mondo rivela come, accanto a condizioni economiche diversificate alla radice dell'identità dei vari paesi, della loro cultura e della loro politica, ha un posto importante il modo in cui si concepisce, si valuta e si vive la relazione tra uomo e donna, con i conseguenti legami e le implicazioni sociali che da essa derivano. I repentini cambiamenti sociali e l'evolversi delle forme di interazione umana, hanno portato alla odierna emergenza antropologica: conoscere l'uomo comporta oggi una ricerca più ampia di quella intrapresa da Diogene. Uomo e donna sono in cerca di identità, e la conoscenza della loro relazione è la via per affrontare una prospettiva esistenziale la cui valenza è vitale e attende ancora di essere dispiegata. Se il messaggio, nonché il senso, di tutta la rivelazione cristiana è l'amore che Dio infonde in ogni cosa creata, in una prospettiva realistica e non virtuale è necessario riconoscere alla relazione uomo-donna una centralità strutturale rispetto a tutto il creato.
"L'intento di questo libro è quello di raccontare la realtà della storia del bambino: metteremo a confronto le analogie e le differenze tra i costumi e i comportamenti dei vari popoli che nei tempi passati coinvolgevano, a ancora oggi coinvolgono, la vita dei bambini, il 'valore' religioso, sociale, economico che è stato loro attribuito e da cui è dipeso il più delle volte il loro destino." In un saggio che ribalta convinzioni e stereotipi sul mondo dell'infanzia, l'antropologa Ida Magli passa in rassegna i modi in cui i bambini sono stati trattati nel corso della storia per mostrare perché i nostri "cuccioli" non sono sempre stati considerati esseri innocenti e indifesi di cui occuparsi. Per molto tempo, e spesso ancora oggi, i figli sono stati trattati come una proprietà, sacrificabile e sacrificata. Un viaggio sconcertante di scoperta, nel quale impariamo che l'infanzia non è (quasi) mai stata un momento magico per gli uomini.
"L'Alcibiade I è uno dei dialoghi in cui Platone sostiene compiutamente la tesi di Socrate della coincidenza dell'uomo con la sua anima. Inoltre, è l'unica opera platonica, oltre al Fedro, in cui l'interlocutore di Socrate il giovane Alcibiade, alla vigilia del suo ingresso nella vita politica passa da un atteggiamento spirituale a un altro: infatti, all'iniziale presunzione e superbia, fanno seguito l'umiltà richiesta dalla ricerca della verità e il bisogno dell'aiuto del maestro. Giovanni Reale ritiene così, in sintonia con Friedländer, che l'Alcibiade I sia il momento di transizione tra i dialoghi aporetici giovanili e la prima fase del pensiero maturo di Platone inaugurata dal Gorgia".

