I fatti straordinari e inusuali citati in questo libro-intervista non sono racconti, ma vita vera, vissuta e trascritta da un esorcista, sacerdote missionario, che ha svolto il suo ministero in Congo per 40 anni. Non è sufficiente dire: «Io non ci credo». Se non ci si vuol credere, occorre sapere che, proprio poiché non ci si crede, tante persone finiscono da maghi, stregoni e gente senza scrupoli.
Autobiografia di suor Azezet Kidane, missionaria comboniana eritrea che ha vissuto in diverse zone «calde» del mondo - Sudan, Etiopia, Eritrea, Israele e Palestina. Particolarmente importante la sua esperienza missionaria in Medioriente dove ha vissuto insieme alle popolazioni dei beduini e si è presa a cuore le vittime della tratta di esseri umani. Una vita avventurosa e piena di rischi, tra guerre e violenze, espulsioni, attentati scampati per un soffio e una carità vibrante a fianco delle persone più dimenticate e sofferenti.
Nei Mongoli di oggi è impossibile non scorgere il profilo del mondo dei Mongoli di ieri. Anche oggi abitano nella parte centrale del continente asiatico, come ieri non sono confondibili con altri popoli, sia per la loro identità che per la loro storia. Del resto, la specificità del loro ingresso e protagonismo nella storia comune degli uomini non mancò di impressionare nel XIII secolo Guglielmo di Rubruk, il quale, appena entrato nella steppa e incontrati i Mongoli, ebbe la netta sensazione di trovarsi in un altro mondo: «Inter quos cum intraui, uisum fuit michi recte quod ingrederer quoddam aliud seculum».
L’autore contribuisce al dialogo della fede nella “casa” fisica e spirituale dei Mongoli, ricostruendone la storia e la cultura, e verificando puntualmente la fecondità profetica dell’annuncio “sussurrato” del Vangelo.
La missione è compito di ciascun cristiano. Ma non perché costituisca un dovere, bensì in quanto è naturale riespressione della bellezza sperimentata nell'aderire al Vangelo. "Abbiamo ricevuto un bene che non vogliamo né possiamo conservare solo nel nostro intimo" scrive Victor Manuel Fernàndez, il "braccio destro" di papa Francesco in campo teologico. L'annuncio missionario nasce dalla frequentazione con Gesù e si esplicita nella ricerca del regno di Dio. Si è realmente discepoli del Maestro che incontrava tutti e a tutti offriva speranza quando si vive l'impellenza di "uscire" davvero dal proprio guscio per testimoniare a ciascuno la "gioia del Vangelo".
Un medico, un missionario, un uomo coraggioso e mite, sostenuto da una fede incrollabile. Padre Giuseppe Ambrosoli aveva deciso da ragazzo che avrebbe vissuto da comboniano al servizio dei poveri e che per questo avrebbe lasciato il suo paese, Ronago (CO), gli affetti e l'azienda familiare. Destinazione: Uganda. Partito nel 1956 con la nave Africa, dopo un avventuroso percorso su una jeep in mezzo alla savana, trovò a Kalongo, ai piedi di quella che è chiamata la Montagna del Vento, un dispensario per la maternità, una piccola capanna con il tetto di paglia. Nel giro di pochi anni, grazie alla sua caparbietà, alla grande capacità di medico e sacerdote, allo spirito manageriale ereditato dalla famiglia, quel piccolo centro divenne un grande ospedale. Ma la guerra civile irrompe nella vita dell'ospedale, stravolgendola. L'ordine di evacuazione è perentorio e padre Giuseppe, costretto in sole 24 ore ad organizzare la carovana di pazienti, medici e infermieri, lascia Kalongo senza tornarvi mai più. Lui, medico al servizio dei più poveri, muore a Lira, isolata dalla guerra, senza la possibilità di essere curato. Tutto finito? No. L'ospedale di Kalongo, protetto dai suoi abitanti, dopo tre anni rinasce e prosegue la sua opera di cura dei più vulnerabili. Quella storia di dedizione al prossimo e caparbietà umana continua ancora oggi con la Fondazione voluta dalla famiglia Ambrosoli e dai missionari comboniani, che hanno raccolto l'eredità di padre Giuseppe per dare sostegno e continuità ad un miracolo d'amore. Como, Milano, Kalongo. Migliaia di chilometri di distanza, rumori e odori diversi, ricchezza e povertà. Ma padre Giuseppe e la sua opera hanno ridotto le distanze, unito l'Ospedale e la Fondazione, i medici ugandesi e i volontari italiani, il bisogno di ricevere e la voglia di dare. Premessa di Mario Calabresi. Prefazione del card. Gianfranco Ravasi.
Reso famoso dalla trasmissione televisiva Non è mai troppo tardi, che aiutò moltissimi italiani a prendere il diploma di scuola elementare, il maestro Alberto Manzi (1924-1997) ha sfidato l'analfabetismo anche dall'altra parte dell'oceano. Partito alla metà degli anni Cinquanta per studiare le formiche della foresta amazzonica, l'autore di Orzowei e di molti altri libri per ragazzi era rimasto colpito dalle condizioni di vita dei nativos e per oltre due decenni si era recato in Sudamerica, dove, con l'aiuto dei missionari salesiani aveva insegnato agli indios e li aveva aiutati a costituire cooperative agricole e piccole attività imprenditoriali. Accusato dalle autorità di essere un «guevarista» collegato ai ribelli, era stato imprigionato, torturato e dichiarato «non gradito». Aveva tuttavia continuato a recarsi clandestinamente in America Latina sino al 1984. Tre anni dopo venne invitato a collaborare al Piano nazionale di alfabetizzazione dell'Argentina, in seguito adottato in tutto il Sudamerica e premiato dall'Unesco.
Il contributo delle Famiglie Missionarie a Km zero si gioca innanzitutto sulla testimonianza della vita cristiana, nelle scelte di essenzialità e sobrietà, nell'accoglienza, nella capacità di farsi prossimo a ognuno, nel coltivare il rapporto con Dio e con la Chiesa. Una presenza che rende il volto della parrocchia più plurale e «formato famiglia». Nel libro si alternano capitoli narrativi che raccontano l'esperienza delle famiglie coinvolte e approfondimenti teologico-pastorali, per alimentare la riflessione sul tema. Chiudono il volume appendici con indicazioni pratiche e con panoramiche di altre esperienze significative in Italia.
Il credente sa che Dio salva, per questo deve essere missionario: per annunciare tale verità a tutti. Un'affermazione che pare assodata e semplice nella sua ovvietà Ma è davvero così? La natura profonda della missione della Chiesa sta tutta lì?
In queste pagine Jean - Marc Aveline, che prima di essere cardinale e pastore d'anime è (stato) teologo, scandaglia con finezza il rapporto fra dialogo, salvezza e missione. Con parole semplici, intessute di riferimenti a pensatori come Henri de Lubac e Michel de Certeau, appoggiandosi sugli scritti di Joseph Ratzinger e Paolo V. Aveline traccia una prospettiva illuminante di quale sia il compito della Chiesa nella storia: "La missione si ridurrebbe a semplice propaganda se non imparasse. operando umilmente con lo Spirito Santo, a riconoscere che è Lui che la precede sempre e così prepara il dialogo della salvezza".
Vescovo di una città multietnica come Marsiglia, Aveline conosce bene la ricchezza dell'incontro con l'altro. Per la fede questo confronto non è mero esercizio sociale, bensì qualcosa di più radicale: "Quando è in mezzo ai poveri la Chiesa e più pienamente cattolica, perché è lì che apprende dal suo Signore tutta la grandezza, l'ampiezza e la profondità della compassione di Dio per il mondo" Queste pagine lo dimostrano con grazia e bellezza.
"Il 7 dicembre del 1990, il papa Giovanni Paolo II, oggi santo, ricorrendo il 25° anniversario del decreto conciliare Ad gentes, pubblicava la Redemptoris missio. Sono passati più di 30 anni da allora e la Chiesa Cattolica ha attraversato il secondo millennio dalla nascita di Cristo confrontandosi con vicende ecclesiali e mondiali che davvero hanno segnato e ancora stanno segnando e trasformando i nostri modi di agire, relazionarci, pensare ed essere. Questi cambiamenti riguardano tutti, come uomini e donne, e come discepoli e discepole di quel Gesù di Nazaret che ha segnato la storia del mondo intrecciandosi con altre storie umane, culturali e religiose" (dall'Introduzione di Luca Pandolfi). Dopo il saggio teologico di Stephen Bevans, quasi una lectio magistralis introduttiva all'intero volume, si incontrano gli otto contributi, che partendo da una fondazione biblica, attraversano la riflessione teologica e si aprono alle questioni relative all'evangelizzazione, alla catechesi missionaria, alla spiritualità incarnata e contestualizzata e al dialogo con altre culture e religioni. Autori: Bevans Stephen, Ciriello Caterina, Longhitano Tiziana, Lupo Angela Maria, Mboshu Kongo Rita, Mobeen Shahid, Placida Flavio, Tedeschi Francesco, Valero Cárdenas Yolanda
Questo libro è frutto di esperienza personale e ricerca antropologica, al centro c'è il tema dell'incontro tra culture, un dialogo tra occidente e altri contesti umani per offrire uno sguardo su incontri possibili, improbabili, auspicabili per il bene di tutti. La scuola, all'interno di una missione in Africa, è il punto di osservazione privilegiato attraverso il quale l'autore si interroga. Il libro vuole stimolare la ricerca di un cammino di comprensione e ascolto nei confronti del mondo missionario, della cooperazione, dell'integrazione e del cammino interculturale. Un libro che ha a cuore la diversità, quella "biodiversità umana", culturale e sociale senza la quale è arduo trovare l'uscita dalla crisi che il mondo globalizzato deve affrontare, con la convinzione che nessuna risposta o soluzione ai problemi delle società umane possa emergere dall'omologazione, dalla perdita di radici e identità, dall'erosione della stima di sé e della ricchezza umana contenuta nell'altro.
Pagine brevi. Testi agili r pronti all’uso, per una rinnovata azione pastorale nel mondo dell’umana sofferenza: ogni persona è soggetto attivo e responsabile.
Una collana che le edizioni CVS offrono a tutti coloro che ricercano: meditazioni bibliche, celebrazioni, schede per incontri, brevi saggi. Strumenti utili, che accompagnano la creatività necessaria ad ogni comunità cristiana per pregare e crescere nella fede.
Primo di 8 volumetti che andranno a costituire la Collana "Creature", ognuno dedicato ad approfondire una parola del Cantico delle Creature di san Francesco, ci conduce in viaggio con Albanese tra le creature, con una visione affettuosa ma disincantata, sempre in relazione col Creatore. «Di questi tempi, segnati dal Covid-19 - scrive ?, questa poesia orante infiamma i cuori, ossigena i polmoni dell'anima. E sì perché San Francesco è stato ispirato nel concepire un simile canto. E la sua spiritualità serafica e disarmante, per dirla con le parole di papa Bergoglio, è ancora oggi espressione eloquente di quell'"ecologia integrale" di cui c'è davvero tanto bisogno nel cosiddetto mondo "villaggio globale". Il Cantico delle Creature trova il suo incipit in Dio, che viene lodato in base a ciò che ha creato. Tutto ciò che ci circonda è considerato in sé, come anche in relazione con il Dio vivente».