Il volume si compone di tre parti o sezioni. La prima: un'introduzione al Pentateuco (Tôrâh oppure ?ûmâs) e a tutta la problematica interpretativa, che si è venuta delineando soprattutto dal XVII secolo in avanti. In essa si evidenzia come il commentario costituisca una "nuova lettura" di Genesi e si esplicita il metodo di lavoro utilizzato nella seconda sezione - più ampia e analitica -, suddivisa a sua volta in ulteriori due grandi parti: L'eziologia metastorica (1,1 - 11,26) e I racconti patriarcali (11,27 - 50,26). La sezione terza sintetizza le conclusioni generali del commentario, sottolineando anzitutto il guadagno interpretativo del metodo di lavoro adottato. Essa non si prefigge quindi di sviluppare le singole voci di teologia biblica, già offerte alla conclusione di (quasi) ogni pericope, bensì di mettere a fuoco due considerazioni conclusive, ovvero: 1) la teologia del Libro di Genesi qua talis; e 2) Genesi nella cornice del Pentateuco. Nuova versione, introduzione e commento di Gianantonio Borgonovo.
Un ricchissimo e intenso commento spirituale ai Salmi, che intreccia sapientemente la ricchezza della tradizione biblica, la saggezza monastica e l'esperienza personale dell'autore, per rendere questi testi fonte viva per la meditazione e la preghiera contemporanea.Il Salterio ritma da sempre la preghiera del popolo biblico: ne conosciamo a memoria molti versetti, anche se non ne abbiamo sempre coscienza. È parola di Dio ma è anche il più "umano" tra i libri biblici perché, nei centocinquanta poemi che lo compongono, troviamo tutte le preghiere possibili e tutte le dimensioni dell'esperienza umana, individuale e collettiva, anche quelle più oscure.Gioia e disperazione, speranza e lamento, trionfo e vendetta, fiducia in Dio e disillusione: il Salterio è il libro in cui dare voce a ogni situazione esistenziale, senza paura e senza vergogna.L'otre di Dio raccoglie tutte le lacrime (cf. Sal 56,9) e l'orizzonte del credente è avvolto di benedizione, nonostante tutto. Uno a uno, l'Autore commenta tutti i centocinquanta salmi con indicazioni testuali, riferimenti alla tradizione rabbinica e a quella dei Padri della Chiesa, spunti di esegesi, collegamenti alla liturgia della Chiesa e riferimenti alla vita spirituale.La preghiera dei salmi è portata avanti da un ambiente fatto di fedeli e di poveri che, come pellegrini, camminano spalla a spalla verso un futuro che essi attendono dal Signore, dalla sua benevolenza. Solo un popolo di poveri può aver tramandato il Salterio di generazione in generazione.
"Dio vide la terra, ed ecco: era corrotta, perché ogni mortale aveva corrotto la sua condotta sulla terra. Allora Dio disse a Noè: "Per me è giunta la fine di tutti i mortali, perché per loro causa la terra si è riempita di violenza: ecco, sto per distruggerli assieme alla terra!". Genesi 6,12-13. Narrato nei testi sumerici e accadici della Mesopotamia del II millennio a.C., il mito del diluvio si è trasmesso nei secoli fino al racconto biblico di Noè, lasciando tracce profonde anche nella letteratura greca e latina. Per la prima volta, questo volume ricostruisce l'intera storia del mito con un costante e sapiente richiamo ai testi antichi pervenuti. Lungi dall'essere soltanto narrazione di rovina, il diluvio è racconto paradossale di rigenerazione: in mezzo alle acque che travolgono, l'arca custodisce la promessa di nuovi inizi. In un'epoca come la nostra, segnata da stravolgimenti ambientali e conflitti, l'archetipo plurimillenario del diluvio continua a parlare con forza. Anche nella notte più fonda della storia e in mezzo alle rovine della distruzione, l'umanità può scorgere le tracce di una salvezza possibile.
Questo libro offre un commento ai quindici salmi cosiddetti "delle salite", dal 120 al 134, che hanno in comune il tema del pellegrinaggio a Gerusalemme, una salita verso la città santa che è metafora dell’intero cammino della vita: in questo viaggio spesso difficile e comunque faticoso, il pellegrino sa di non essere solo e che la meta non è tanto un luogo quanto una presenza, quella del Signore. Per ogni salmo viene proposta una chiave di lettura che aiuta a fare di ciascuno una preghiera per accompagnare i nostri passi. Preghiere, quasi poesie, che intendono smuoverci e provocarci a cambiare, suggerendoci al contempo parole autentiche e vere con le quali rivolgerci al Signore.
Poco meno di tremila parole ebraiche, duecentoventidue versetti distribuiti in dodici capitoletti costituiscono Qohelet, l'Ecclesiaste, il «Presidente d'assemblea», forse il libro più originale e «scandaloso» dell'Antico Testamento. Un libro segnato da quella celebre sigla Havel Havalîm... «vanitas vanitatum», «un immenso vuoto, tutto è vuoto!» (1,2; 12,8). Come scriveva un esegeta, da questo canto del silenzio e del non-senso, della vecchiaia e dell'oscurità, qua e là chiazzato da strani bagliori di un'allegria rassegnata, «non si esce indenni ma adulti o pronti a diventarlo». Questo commento si articola in tre tappe. La prima, sotto il titolo tipicamente qoheletico "Un immenso vuoto, tutto è vuoto!" offre gli strumenti essenziali per sciogliere i primi enigmi dell'opera, quelli dell'autore, del testo, dell'interpretazione, del messaggio. La seconda tappa è la più ampia e fondamentale, tutta consacrata a seguire col commento il filo poetico e spirituale delle Parole di Qohelet figlio di Davide re di Gerusalemme (1,1). Un'ultima tappa percorre le terre del nostro pianeta e i millenni della nostra storia alla ricerca dei Mille Qohelet, cioè di tutti coloro che si sono specchiati in questo sapiente biblico del III secolo a.C.
Lo studio dei testi profetici è stato spesso caratterizzato da una certa frammentazione. Poco interesse è stato infatti dedicato dagli specialisti ai fenomeni di composizione presenti all’interno dei singoli libri, e ancora meno alle relazioni che possono intercorrere tra diversi libri profetici o addirittura tra i cosiddetti Profeti Maggiori e i Dodici Profeti Minori, con attenzione allo stadio finale dei testi, e riservando anche poco spazio a questioni di carattere ermeneutico e teologico. È stata spesso seguita una metodologia diacronica, genetica, attenta all’origine e alla storia della formazione dei singoli libri profetici e dell’insieme dei corpora, più che una metodologia sincronica, canonica e orientata all’elaborazione della teologia dei testi. Queste osservazioni possono costituire lo sfondo a partire dal quale riprendere la riflessione e farla ulteriormente avanzare e progredire, anche grazie alla presente pubblicazione.
The study of prophetic texts has often been characterized by a certain fragmentation. In fact, little attention has been dedicated by scholars to the phenomena of composition that is present in the individual books, and even less to the relationships present between the prophetic books, or even among the so-called Major Prophets, and the Twelve Minor Prophets, with particular attention to the final stage of the texts. In addition, little space has been dedicated to questions of a hermeneutical and theological character; moreover, a diachronic, genetic methodology has often been followed, attentive to the origin and history of the formation of individual prophetic books and of all corpora, rather than a synchronic, canonical methodology oriented to the elaboration of the theology of the texts. It seems to us that these observations can be the foundation from which to resume the reflection and make it progress further, as the authors intend with the present volume.
Knohl spiega la sua comprensione di come la Torah sia stata redatta nella sua forma finale, gettando un ponte tra l'antico Israele (circa 1400-586 a.C.) e l'epoca del Secondo Tempio (circa 536 a.C.-70 d.C.), mostrando la continuità tra queste epoche e la graduale evoluzione della visione del mondo biblico. Interpretando le prove testuali, in particolare le contraddizioni e le ridondanze nel testo, vuole dimostrare che l'idea di una comprensione pluralistica della rivelazione può essere ricondotta alla stessa redazione della Torah. L'interpretazione della composizione biblica da parte dell'autore sfida una diffusa convinzione nella biblistica contemporanea: l'idea che l'antico Israele non sia mai esistito come realtà storica, ma sia stato inventato e «retroiettato» indietro nel tempo dai successivi sacerdoti israeliti come parte del loro mito nazionale.
Fra le grandi narrazioni che hanno accompagnato la storia dell'uomo, quella dell'Esodo dall'Egitto è senza dubbio una delle più dense di significato, e il testo biblico che l'ha tramandata fino a noi ne è la vivida testimonianza letteraria. La potenza evocativa delle descrizioni - dalle dieci piaghe d'Egitto al prodigio del Mare dei giunchi - rischia tuttavia di lasciare in ombra gli sviluppi sotterranei del mito. In questo saggio Jan Assmann, con profondità e vastità di sguardo, interroga il libro dell'Esodo dal punto di vista dell'«egittologo che opera nel campo delle scienze culturali», risalendo alle origini dei suoi nuclei mitici e indagandone gli effetti e i riverberi nel tempo. Sarà così possibile vedere da una nuova prospettiva la cruciale rivelazione nel roveto ardente, allorché Yahweh manifesta la propria volontà e stabilisce un patto con il popolo eletto: «Con l'idea del patto viene al mondo la "fede", che rappresenta l'autentica, rivoluzionaria novità del monoteismo biblico, sia esso veterotestamentario, neotestamentario o islamico». Nell'Antico Testamento, infatti, «"fede" ha lo stesso significato di "fedeltà", ovvero fiducia nel patto». E il «monoteismo della fedeltà» porterà a una nuova idea di religione, in grado di gettare «le basi per un rapporto totalmente nuovo con il mondo, con Dio e con il tempo» - un rapporto destinato a perdurare fino alla modernità.
Il libro di Daniele è sorprendente per vari motivi: è scritto in tre lingue, è considerato un profeta, oppure annoverato tra gli Scritti (nel mondo ebraico), contiene racconti famosissimi, come quello di Daniele nella fossa dei leoni, o come la storia di Susanna, ecc. Il libro presenta anche visioni sconcertanti e misteriose, come quella del Figlio dell'uomo che viene con le nubi del cielo, che assumerà in seguito un significato cristologico importante. Un libro eccentrico, che pure invita il lettore a riflettere su temi importanti e attuali, come quello del potere, della testimonianza del credente perseguitato, ecc. Daniele inoltre continuamente cita altri testi biblici con i quali dialoga, con i quali si confronta che in parte anche commenta e attualizza. Nonostante le sue "stranezze", dunque, Daniele parla al credente di ieri e di oggi e ci invita ad entrare nel suo mondo misterioso e affascinante.
Il frutto del melograno si caratterizza per i suoi numerosi chicchi e se ne può apprezzare appieno il gusto solo se mangiati insieme. Per la sua conformazione esso ha colpito la fantasia umana e subito si è trasformato in un potente simbolo di pluralità e ricchezza ermeneutica per culture e religioni. Alla sua carica evocativa si ispira la presente serie di volumi che si articolano secondo una struttura costante: dopo aver inquadrato il personaggio in una dimensione teologica, si fornisce una descrizione generale del modo in cui esso è stato recepito nella letteratura esegetica ebraica e in quella cristiana, e si offre un'antologia commentata di testi scelti per la loro bellezza e la loro dimensione dialogica. La serie ha un duplice scopo: da un lato quello di offrire un'idea della ricchezza ermeneutica delle due tradizioni interpretative, mostrandone aspetti poco noti ma suggestivi; dall'altro far comprendere come tra di esse vi sia stato un lungo e fecondo rapporto osmotico più che una precoce e netta divisione.
In questo commento discorsivo e scorrevole, Blenkinsopp esplora la storia biblica di Abramo, facendoci dono di un ritratto nuovo e creativo di questo intrigante antesignano per giudaismo, cristianesimo e islam. Mentre decifra i testi di Genesi 11-25, Blenkinsopp si concentra sull'arte letteraria e teologica della narrazione nel suo insieme. Egli discute inoltre una serie di questioni sollevata dalla saga di Abramo, tra cui la conferma delle promesse di Dio, il cosiddetto sacrificio di Isacco (anche in rapporto alla morte di Gesù) e il ruolo dell'altro figlio di Abramo, Ismaele. Ogni capitolo comprende poi una sezione intitolata «Colmare le lacune», che analizza con occhio critico una quantità di commenti ebraici, cristiani e islamici suscitati dal testo-base di Genesi nel corso dei secoli. Abramo ne esce illuminato di una luce nuova. Da storico esperto qual è, Blenkinsopp ci restituisce un riassunto solido ed essenziale del testo, delle sue affermazioni e delle sue ricche risorse per la fede. Concentrandosi infine sul ruolo e la funzione che la tradizione abramitica seguita a svolgere, al lettore e alla lettrice si spiega che cosa può significare il patriarca per i cristiani di oggi.
In questo volume Luis Alonso Schökel - noto per la grande capacità che dimostra nell'esposizione letteraria e poetica del testo biblico - illustra i capitoli della Genesi che trattano dell'incontro fra persone raggruppandoli sotto tre figure salienti: Abramo, Giacobbe e Giuseppe. Di ciascuna pericope si fornisce una breve presentazione, una traduzione peculiare e integrale, brevi note di commento alla traduzione e riflessioni sulle risonanze del tema. Opera di un grande specialista e sperimentato comunicatore, il volume è accessibile a chiunque sia interessato alla pregnanza della letteratura biblica.