L'irregolarità del processo intentato a Galileo è un fatto. Nonostante l'Inquisizione si attenesse a una procedura codificata, sulle inesattezze formali del processo la storiografia moderna tedesca ha versato fiumi d'inchiostro. Ma lo sguardo dello storico passa qui dalle inesattezze formali, dalla falsificazione di documenti e dalle lacune del procedimento giudiziario, all'analisi delle stesse basi canoniche di cui si sarebbe avvalsa la sentenza di condanna. Non sono in gioco solo la violazione del diritto e la falsificazione di documenti, ma gli stessi argomenti teologici. Non è mai esistito, in realtà, un decreto di condanna dell'astronomia copernicana come dottrina eretica né un decreto di censura teologica dell'eliocentrismo - per il quale Galileo di fatto fu condannato. Così, si annoda ancora di più l'intreccio di quel processo, ove - commenta l'autore "il falsario è rimasto vittima del falso da lui stesso prodotto". A sfumare sono i contorni fra un'autorità ecclesiastica regista del processo ingannevole contro uno dei fondatori della scienza moderna, e una istituzione vittima dell'aver prestato fede per secoli a questa grande menzogna fondata su presupposti inesistenti. Il seguito della storia è ancora da scrivere, perché nell'imponderabile oscillano conseguenze e giudizi ideologici. I documenti conducono fin qui, ma la ricostruzione di questo grande equivoco spalanca nuove piste di ricerca.
Subito dopo la morte in croce di Gesù di Nazareth, i suoi seguaci iniziarono a essere perseguitati. Fino al IV secolo il cristianesimo rimase una religione a rischio di estinzione, esposta non solo agli attacchi di intellettuali romani e greci, ma anche alla brutale persecuzione delle autorità: Pietro e Paolo sarebbero stati giustiziati a Roma, e l'imperatore Nerone avrebbe usato i cristiani come torce viventi per illuminare i suoi giardini. Altri cristiani furono condannati a finire sbranati dai leoni nel circo o altrettanto crudelmente puniti per la loro fede. Il volume spiega le ragioni di questa antica fase di persecuzione, illustra martiri e apostati, persecutori e perseguitati, e offre un panorama di un mondo di fede che oggi ancora, dopo duemila anni, è parte costituiva dell'immagine di sé della Chiesa.
Dopo aver conseguito la laurea in Medicina, Erminio Filippo Pampuri (1897-1930) diventa medico condotto a Morimondo (MI), dove rimarrà per sei anni. Emerge per la straordinaria carità cristiana. Intanto matura nel suo cuore la vocazione di consacrarsi al Signore e nel 1927 entra nell'Ordine di San Giovanni di Dio (Fatebenefratelli) prendendo il nome di Fra Riccardo. Sarà proclamato santo nel 1989.
Il laicato cattolico vive tra la seconda metà dell'Ottocento e la prima del Novecento una stagione ricca e vivace, mentre l'ambito ecclesiale è animato da fermenti di rinnovamento. Richiamandosi a tale cornice questo saggio storico considera la figura di Chiara Lubich, donna laica, declinandola, sulla base di un ricco apparato documentario, alla luce della formazione ricevuta e del ruolo svolto in Azione Cattolica. Il focus si sposta poi agli albori del Movimento dei Focolari che, nato in piena temperie bellica, mostra tratti esperienziali e linee spirituali che disegnano sul piano personale e comunitario una fisionomia laicale spiccata e originale. Negli anni Cinquanta prendono forma i tratti dell'Opera di Maria, plasmati sul modello della giovane di Nazareth. Nel periodo che precede il Concilio Vaticano II Chiara Lubich si colloca tra coloro che nel contesto ecclesiale hanno a vario titolo aperto nuove prospettive di vita laicale.
Oggi per la Chiesa la situazione è molto difficile. Si tratta di una delle tante crisi che il cristianesimo ha vissuto o di un definitivo declino? È un interrogativo che inquieta anche chi guarda al cristianesimo dall'esterno. Ma crisi non vuol dire necessariamente fine. Può essere un'opportunità per aprirsi al futuro, sapendo che il grande rischio è accontentarsi di sopravvivere, rimpiangendo un passato migliore. La soluzione è vivere nella crisi. La Chiesa oggi è chiamata a una condizione di lotta, questa volta non contro nemici esterni ma contro l'indifferenza e il discredito.
Gli Ordini religiosi esistono da secoli: qual è il segreto della loro longevità e della loro sorprendente vitalità? Sono frutto di una rigida pianificazione stabilita dalle gerarchie o, piuttosto, dell'iniziativa individuale? Scopo principale di questo libro è quello di cogliere, per quanto possibile, il segreto della giovinezza, dell'adattamento costante e del perpetuo rinnovamento delle più antiche istituzioni politiche dell'Europa, di cercare di comprendere attraverso quali meccanismi costituzionali, operanti sul solo piano naturale, tanti Ordini sono potuti nascere, vivere e proliferare nel corso dei secoli, nonostante le guerre, le invasioni, le scorrerie, le epidemie e le persecuzioni che in tutte le epoche sono state il loro inalienabile destino; nonostante l'enorme diversità delle situazioni economiche e politiche alle quali si sono dovuti adattare; nonostante le rivoluzioni devastatrici e le corruzioni del mondo che, ancor più rovinosamente, s'insinuavano nei loro ambienti; nonostante le crisi interne che così spesso hanno subito; nonostante le fratture, gli smembramenti, le scissioni di cui e costellata la storia di molti tra essi.
«In un tempo in cui il senso del peccato è praticamente smarrito e di conseguenza il desiderio del perdono con il sacramento della Riconciliazione, don Gianni Asti ci offre la nuova edizione di "Don Bosco confessa i suoi ragazzi". Questo semplice volumetto contiene gli insegnamenti più preziosi che Don Bosco offriva ai suoi ragazzi circa il Sacramento della Riconciliazione, del Perdono, che noi familiarmente continuiamo a chiamare Confessione... La grande stima che aveva del Sacramento della Confessione l'ha manifestata servendosene come una colonna del suo sistema educativo...» (dall'Introduzione dell'Autore). Presentazione a cura di don Pascual Chávez, IX successore di Don Bosco. Pagine di storia che attingono dai testi delle Memorie biografiche dello stesso Don Bosco e dalle testimonianze dei protagonisti, e offrono un quadro di saggezza pastorale. A conclusione di ogni capitolo, suggerimenti tematici e spunti di riflessione.
È il 23 dicembre 1834 quando due gesuiti bussano a una porta di via di Sant'Anna. Sono stati chiamati al capezzale di una giovane donna «ritenuta ossessa», Veronica Hamerani, per liberarla dagli assalti del demonio. Inizia così questa vicenda inquietante, di cui la storica Fernanda Alfieri compie un'accuratissima ricostruzione partendo dal ritrovamento di un manoscritto nell'Archivio generale della Compagnia di Gesù. È il diario che gli esorcisti hanno tenuto durante i mesi in cui si è protratto il rito: non solo è un racconto disturbante, in cui "il diavolo", tra violenti improperi e battute in romanesco, prende direttamente la parola, ma è anche la testimonianza straordinariamente viva delle tensioni di un'epoca. Da una parte lo sguardo della Chiesa, la convinzione che il Maligno abbia preso possesso del corpo della ragazza e la volontà di riportarlo, quel corpo, sotto il proprio controllo; dall'altra quello della medicina che vede le convulsioni di Veronica come una malattia curabile, l'isteria. Dall'anziano padre Kohlmann, che aveva attraversato i continenti, fuggendo dalla Francia in Rivoluzione e approdando, attraverso l'Impero russo, negli Stati Uniti, e ogni volta vedendo il mondo, il suo mondo di antico regime, distrutto da un tempo presente ingovernabile; al giovane malinconico padre Manera, il più colto e dubbioso (e se la ragazza stesse solo fingendo?) E poi i medici, la famiglia, il Vaticano, la Roma papalina, tesa tra la superstizione e la modernità, fra la chiusura e il cosmopolitismo. Tutti sguardi e volontà di controllo che si stringono intorno al corpo di Veronica. Lo scrutano, lo misurano, lo interpretano. Lo zittiscono. A questo corpo conteso, a questo nome cancellato, a questa parola sottratta, Fernanda Alfieri restituisce la dignità di una storia. "Veronica e il diavolo" è uno spaccato affascinante e perturbante della nostra storia, del nostro rapporto con la scienza e col soprannaturale, dell'intreccio violento fra saperi e poteri.
Il volume, a cura di Giorgio Vecchio, ordinario di storia contemporanea presso l'Università di Parma, narra la storia dell'Azione cattolica negli anni Sessanta e Settanta, nel periodo in cui si svolse il Concilio Vaticano II, e ne fa una ricostruzione a partire dalla laicità, uno dei concetti chiave emersi dalla riflessione conciliare. In particolare, i contributi di Giorgio Vecchio e Paolo Trionfini affrontano il rapporto dell'Azione cattolica con la politica, mentre Elisabetta Salvini ci parla del tormentato processo di promozione ed emancipazione delle donne nella fase di emersione del femminismo. Infine, il saggio di Andrea Villa si occupa dell'acquisizione della laicità da parte dell'associazione nel campo della scienza e della tecnologia.
Le storie raccontate in questo volume si inseriscono nel contesto del ’500 friulano, legandosi non solo al fenomeno dell’eresia e dell’Inquisizione, ma anche ai più ampi cambiamenti culturali dell’epoca. Sono tutte realmente accadute e documentate, sebbene su ognuna l’Autore sia intervenuto colmando con l’immaginazione i vuoti delle testimonianze storiche disponbili, aggiunendo particolari utili a renderle più vive e complete nella loro dimensione umana. La narrazione resta comunque sempre fedele alla realtà, senza alterare in alcun modo lo svolgimento dei fatti, che trovano riscontro nei documenti accuratamente citati in appendice.
Note sull'autore
Roberto Iacovissi, nato a Gemona del Friuli nel 1945, giornalista pubblicista e critico d’arte, ha scritto recensioni e saggi – in lingua italiana e friulana – su diversi giornali e riviste locali con le quali collabora. Si è occupato soprattutto degli aspetti culturali della realtà linguistica friulana, in particolare di cinema, di critica letteraria e storia locale, pubblicando diversi libri su questi argomenti.
L’«animazione cristiana delle realtà temporali», compito specifico del fedele laico, ha proprio sul versante politico un ambito ineludibile. Riflessioni autorevoli ed attualissime.
Per Giuseppe Lazzati la distinzione fra azione politica e attività apostolico-pastorale si pose con forza negli anni della militanza partitica e parlamentare (1946-53). Fondamentali in tal senso le riflessioni del 1947-48 in «Cronache sociali». Da allora egli non smise di approfondire il tema, a maggior ragione dopo il Concilio Vaticano II, che legittimava la sua posizione. Affermare, contro ogni commistione indebita, la specificità della politica significava riconoscerne la “giusta” autonomia. Sino alla fine, il cruccio di Lazzati era quello
di constatare in troppi cattolici un’inadeguata capacità di «pensare politicamente». Limite grave, perché l’«animazione cristiana delle realtà temporali», compito specifico del fedele laico, ha proprio sul versante politico, inteso come impegno per «costruire la città dell’uomo», un ambito ineludibile.
Il testo raccoglie i principali interventi del professore – oggi venerabile – sull’argomento, che resta di palpitante attualità.
Quella di ellenizzazione è una categoria capitale della storia antica, in particolare della storia religiosa del giudaismo e del cristianesimo antichi, e di conseguenza anche della storia del cristianesimo, della chiesa e della teologia. Questa categoria funge al tempo stesso da paradigma di ricerca, sulla base del quale si narra la storia dei tempi passati. Ma la nozione di ellenizzazione è altamente problematica e il modello di ricerca che vi corrisponde è assai complesso. Nel suo breve saggio Christoph Markschies ripercorre la storia della nozione di ellenizzazione dagli inizi fino a tutto il XIX secolo, facendone emergere ed enucleandone le criticità e le aporie lasciate in eredità al XX e XXI secolo, e al tempo stesso mostrando come si sia davanti a una categoria e a un modello tutt'oggi irrinunciabili.