Nella seconda metà del Novecento, Arturo Paoli è un protagonista della vita ecclesiale italiana. Vice assistente nazionale dell’Azione cattolica, lotta per una Chiesa più autentica e spirituale. In breve, è uno degli antesignani del Vaticano II. Tra il 1960 e il 1988, divenuto sacerdote dei Piccoli Fratelli di Charles de Foucauld e trasferitosi in America Latina, intrattiene una corrispondenza con Adele Toscano di Viareggio, sua confidente ed amica, da tempo gravemente ammalata.
Dopo i primi anni le lettere si fanno sempre più confidenziali; l’amicizia si rafforza e diventa un momento molto importante nella vita di fratel Arturo. È per questo che le lettere ne rivelano il volto più vero e consentono di cogliere le sue riflessioni religiose, i suoi giudizi sulla Chiesa e sul mondo.
Arturo Paoli nasce a Lucca il 30 novembre 1912. Entra in seminario nel 1937 e viene ordinato sacerdote nel giugno del 1940. Tra il 1943 e il 1944 partecipa alla Resistenza. Nel 1949 viene chiamato a Roma come vice assistente nazionale della Gioventù di Azione cattolica. Un mese prima dell’esplodere della «crisi Rossi», Arturo Paoli riceve l’ordine di lasciare Roma. Dopo alterne vicende matura così, alla fine del 1959, la decisione di approdare definitivamente in America Latina. Divenuto Piccolo Fratello, Arturo Paoli si impegna in prima persona a favore dei poveri e dei diseredati, sia attraverso il suo lavoro nelle diverse Fraternità sudamericane dei Piccoli Fratelli, sia con le sue numerose pubblicazioni. Nel 1987 decide di trasferirsi a Foz do Iguaçú, nel sud del Brasile, dove risiede tuttora. Il 29 novembre 1999 nell’ambasciata di Israele a Brasilia ad Arturo Paoli è stato conferito il titolo di «Giusto tra le nazioni», che il governo israeliano assegna a persone che si siano particolarmente distinte nella salvezza degli ebrei durante la Shoah. Paoli ha pubblicato una dozzina di libri tra i quali ricordiamo; Camminando s’apre cammino, Cittadella; Della mistica discorde, La Meridiana; La gioia di essere liberi, EMP; Quel che muore, quel che nasce, Sperling Paperback.
L’attenzione di Dio verso i più deboli e la radicalità dell’Onni potente verso coloro che li calpestano o li ignorano. Il volume, attingendo a piene mani dalla Scrittura, racconta la sollecitudine di Dio nei confronti di coloro che vivono ai margini della società e che sembrano non avere alcuna incidenza sul corso della storia: gli stranieri, i bambini, le donne, i malati, gli anziani, poveri.
Ne risulta un avvincente percorso che spinge a un amore più attento verso il prossimo, un amore che può cambiare la sua e la nostra vita.
Ambrogio Spreafico è Rettore della Pontificia Università Urbaniana e professore di Antico Te stamento presso la stessa. Dopo il dottorato al Pontificio Istituto Biblico, ove è stato docente per diversi anni, ha pubblicato numerosi articoli e libri sia nell’ambito della filologia che della teologia biblica, tra cui: Guida allo studio dell’ebraico biblico, Roma 19923; Sofonia, Genova 1991; Il libro dell’esodo, Roma 1992; La voce di Dio. Per capire i profeti, Bologna 20022; Marco. Il primo vangelo, Roma 2000; Il nome di Dio. Temi biblici dell’Antico Testamento, Milano 2002.
La solitudine accompagna ogni stagione della vita, anche se in alcuni momenti sembra più difficile gestirla. L'Autore indica nell'ascolto profondo di sé e nell'impegno quotidiano di dare senso alle piccole e grandi occasioni della vita la strategia vincente e, di conseguenza, la possibilità di godere la serenità e la gioia.
Il testo consiste in due diari spirituali del card. Giovanni Colombo, uno del periodo della giovinezza e l'altro redatto alla vigilia della chiamata all'episcopato ambrosiano.
"La luce del mondo non viene dal mondo: viene dall'avvampare dei cuori puri, invaghiti, più che di sé, della radicale semplicità del cielo azzurro, di un gesto generoso, di una parola fresca." Il poeta e scrittore francese in questo libro veglia intensamente sul tesoro delle parole.
Di origini nobili, ma povera per scelta, Elena da Persico si è sempre schierata dalla parte degli ultimi. Giornalista, scrittrice, conferenziera, collaborò con Giuseppe Toniolo per l'organizzazione delle Settimane sociali dei cattolici. Moderna donna d'azione, maestra spirituale, Christifidelis laica, può essere tuttora punto di riferimento per chi intende agire nella storia con sguardo contemplativo. Nel 1969, a chiusura del processo diocesano per la sua causa di beatificazione è stata proclamata "Serva di Dio".
La Pasqua è la vita eterna,
nella quale noi siamo guidati da Dio
e siamo in comunione con lui
“Cosa significa per noi resurrezione del corpo?
È il rinnovamento della vita
come comunione,
è il corpo spirituale
maturato nella nostra vita
grazie all’amore”.
Alexander Schmemann affronta il tema della morte con parresia, evitando discorsi banalmente consolatori e fughe in avanti, fondando invece la comprensione spirituale e la prassi del morire e dell’accompagnare i morenti su una robusta fede nel Signore risorto, primizia di ogni vivente.
La sapienza che l’autore ci comunica in queste pagine ha la forza di condurci per mano attraverso le ombre della morte per discernere già in esse le energie di luce e di vita: è un percorso battesimale nel senso profondo del termine, perché immerge il nostro vivere e il nostro morire nell’umanità di Gesù, nel suo essere mortale e, così facendo, inscrive nello spazio della resurrezione ogni attimo della nostra esistenza. Sì, la vita che si è sprigionata da un sepolcro vuoto e che abita ogni battezzato non teme di affrontare faccia a faccia il nemico per eccellenza dell’umanità intera: la morte.
Alexander Schmemann (1921-1983), teologo ortodosso, è stato docente di Storia della chiesa all’Institut Saint-Serge di Parigi e poi di Liturgia al seminario teologico Saint Vladimir di New York di cui divenne anche decano. Presso le nostre edizioni ha pubblicato L’eucaristia. Sacramento del Regno.
Secondo la tradizione la risurrezione è un "miracolo". Tra quelli compiuti da Gesù è il più spettacolare. Egli è risorto come, nel mondo mitico, Osiride o Tammuz morivano e risuscitavano a ogni ciclo annuale. La teologia più seria ha ormai accantonato l'idea della presenza attiva di Dio come irruzione fisica nella trama del mondo. Reintrerpretarne una profonda e delicata tradizione di secoli è compito non facile ma possibile se si radica lo sguardo in un'idea profondamente biblica, come fanno queste pagine.
Nella nostra cultura il ‘timore’ non gode di buona fama: è visto come sintomo di disagio o come segno di inferiorità da superare. Anche il linguaggio della spiritualità cristiana tende a fare a meno di questa parola antica, che sembra collegata a un’immagine di Dio ‘fredda’, segnata da una trascendenza arcigna, distante dal Dio d’amore che ci salva in Gesù Cristo.
In questo libro, Benoît Standaert non solo restituisce al timore il posto che la tradizione sapienziale gli ha assegnato, ma va ancor più in profondità. Il timore, sottolinea, è una realtà preziosissima: come recita il titolo, che riprende un versetto del libro di Isaia, «il timore di Dio è il suo tesoro», esperienza di rara ricchezza per il credente.
Lontano da quella paura che non appartiene alla fede cristiana, il timore è la disposizione dello spirito che non si ritiene il principio ordinatore di ogni cosa, ma riconosce nell’Alterità di Dio la fonte inesauribile di una vita sempre nuova, diversa dagli schemi in cui fatalmente si tende a rinchiuderla. Il timore è lo spazio rispettoso tra i due termini dell’Alleanza: l’uomo e Dio. È la caratteristica di uno spirito sveglio, teso alla sapienza del vivere mai completamente posseduta.
Questo tema possente e ‘inattuale’ è affrontato da Standaert nella forma di una raccolta epistolare. Ventuno lettere, di diversa lunghezza, indirizzate a una giovane interlocutrice, l’adolescente Nathalie, che nel suo cammino di preparazione alla cresima diventa icona e simbolo di tutti coloro che si accostano all’iniziazione cristiana. Il tono colloquiale, sostenuto dalla forza di una scrittura appassionata, rende pienamente godibile questa «passeggiata attraverso trenta secoli di letteratura». Ogni lettera è l’occasione per un incontro nuovo sul tema del timore di Dio, non solo nel solco della Scrittura (dai Salmi a Isaia, dal Siracide al Deuteronomio, dal vangelo di Marco alla prima lettera di Giovanni), ma anche nell’esperienza di uomini e donne che hanno «distillato l’altissima qualità» del timore (da san Benedetto ai padri del deserto, dagli eremiti di Gaza alla mistica Giuliana di Norwich, da san Francesco ai dodici patriarchi), senza tralasciare gli stimoli che provengono dalla tradizione giudaica, dalla pratica musulmana, e perfino dalla dottrina zen.
Ogni pagina di questo libro è concepita come un ‘esercizio’, e l’opera intera come un‘allenamento’ da praticare su quel «cammino di felicità che si apre per colui che si applica al timore di Dio».
Benoît Standaert (1945), monaco benedettino dell’abbazia belga di Zevenkerken (Brugge), è uno tra i più innovativi e pensosi esperti di spiritualità biblica. È autore di diversi volumi tradotti in italiano, tra cui: Il Vangelo di Marco (Roma 1984); Pregare il padre nostro (con O. Clement, Magnano Vercellese 1988); Le tre colonne del mondo. Vademecum per il pellegrino del XXI secolo (Magnano Vercellese 1999); Lo spirito dell’apostolo. Quando il mistero ha un’anima (con C.M. Martini e G. Danneels, Milano 2002); Come si fa a pregare? Alla scuola dei salmi, con parole e oltre ogni parola (Vita e Pensiero, Milano 2002).
Don Umberto scrive al suo amico Marco chiedendogli la conferma di una notizia di astronomia letta sui giornali; Marco gli risponde, esprimendo il suo desiderio di parlare, da ateo, di fede. La proposta è troppo accattivante per cadere nel vuoto… Così inizia lo scambio di e-mail tra l’ateo Marco Cagnotti e il credente Umberto De Vanna, realmente avvenuto nel corso di alcuni mesi. Marco è un giovane professore di materie scientifiche in una scuola, don Umberto è un prete salesiano. Il libro è il resoconto fedele dello scambio epistolare fatto via mail tra i due protagonisti . Uomini che partono da posizioni differenti su argomenti fondamentali della vita e che si incontrano sul terreno del confronto leale e personale. Anche graficamente il libro riprodurrà, in una sorta di diario telematico, la grafica della posta elettronica.
In questo libro Antonio Gentili affronta il tema del digiuno visto come ricerca di una salute per il corpo e per l’anima. Seguendo il detto evangelico "Non di solo pane vive l’uomo…", l’autore tratta dell’astinenza dal cibo (o dell’alimentazione comunque sobria e regolata per un determinato periodo), sia dal punto di vista fisiologico, come vero riposo per il corpo provato da ansia e stress; sia dal punto di vista spirituale, come un prezioso strumento di consapevolezza e di ascesi. Scritto in modo semplice e scorrevole, il libro è ricco di suggerimenti pratici, tabelle alimentari, box di approfondimento e consigli.
Non mancano citazioni d’autore, aforismi e riflessioni da meditare.
Nel Libro della giungla di Kipling, il cucciolo d'uomo Mowgli riesce a vincere l'arrogante tigre Shere Khan con il fiore rosso, il fuoco, un tizzone ardente. Il fuoco non brucia Shere Khan, lo allontana per sempre. Prendendo lo spunto da questo episodio e, soprattutto da questa simbologia, l'Autore, P. Giuntella, esprime una convinzione: il passaggio, di generazione in generazione, del tizzone ardente, del fuoco della fede, del fuoco interiore, è la strada e il cammino del popolo di Dio, da Abramo a oggi. Non è, dunque, la potenza delle pietre dei templi o la forza delle istituzioni umane ad assicurarci l'avvenire, ma il passaggio da persona a persona di questo tizzone ardente, del fiore rosso della testimonianza, fino all'unità del genere umano, fino alla pienezza dei tempi.