Per vent’anni il Tenente Colonnello dei Carabinieri Antonio Varisco fu il Comandante dei Tribunali di Roma nel periodo dominato dalla “strategia della tensione”, dai tentativi di colpo di Stato, dal terrorismo di Destra e di Sinistra, dalle vecchie e nuove organizzazioni criminali, dalle massonerie, dai Servizi deviati, dallo spionaggio e da una classe politica che ebbe in mano un potere spesso esercitato in maniera capziosa. Se la magistratura resse le fila delle maggiori inchieste e dei grandi processi sugli scandali di larga risonanza, sui rapimenti e sulle morti eccellenti, Varisco fu definito “Magistrato aggiunto” ed “Eminenza grigia” del Tribunale di Roma. Antonio Varisco cadde vittima di un agguato due giorni dopo l’uccisione dell’avvocato milanese Giorgio Ambrosoli, liquidatore delle banche del mafioso Michele Sindona, e otto giorni prima di quella del Capo della Mobile Boris Giuliano. Nel giro di dieci giorni furono abbattuti tre servitori dello Stato in tre città cardine della Penisola, Milano, Roma, Palermo. Avevano combattuto contro un nemico incommensurabilmente potente, un fronte unico e compatto formato da poteri criminali, uomini di governo collusi, Servizi segreti deviati, Massoneria deviata. L’ultima missione di Varisco si era saldata con quella delle altre due vittime, solo che era lui ad avere in mano le carte vincenti della denuncia contro i principali nemici dello Stato. Era dunque il più esposto e il martire per il quale doveva essere montata una grande messinscena, dietro cui si potessero nascondere carnefici e burattinai.
Note sull'autore
Anna Maria Turi, laureata in Filosofia con la lode accademica presso l’università La Sapienza di Roma, iniziava giovanissima la collaborazione con le testate nazionali, firmando più frequentemente per il quotidiano Il Tempo e i periodici della Casa editrice Rizzoli. Autrice di più di trenta libri, tradotti in varie lingue, le sue tematiche sono storico-sociali, psico-antropologiche e religiose. Ha viaggiato e viaggia molto, prima nell’Est europeo, poi in Sudamerica, oggi nel Nordafrica, realizzando servizi anche per riviste di geopolitica. Ha lavorato per reti televisive pubbliche e private.
Noto per i suoi prodigiosi talenti, la personalità magnetica e la raffinatezza politica, Lorenzo de’ Medici fu al tempo stesso un grande statista, un poeta rinomato e un leggendario mecenate. Seppe circondarsi dei più grandi artisti a lui contemporanei, tra cui Leonardo, Botticelli, Poliziano e Michelangelo. Riuscì a trasformare Firenze nella capitale della cultura d’Europa, ma anche al culmine del suo trionfo non mancarono le contraddizioni: le ineguagliabili vette artistiche e lo squallore dei palazzi affollati; gli eccessi pagani e le prediche di Savonarola; la perfezione ultraterrena della Primavera di Botticelli e il realismo grintoso di Machiavelli nel suo Principe. Incoerenze esemplari sono tramandate anche nella sua vita e nel suo carattere. Un ritratto vivido, colorato e appassionante di un’era caratterizzata da intrighi, fervore religioso e artistico, legata indissolubilmente al nome del Magnifico.
Quando i motori del razzo si accendono, si realizza il grande sogno della mia vita: andare nello spazio. Per sette mesi, sulla Stazione Spaziale Internazionale. Dalla scienza alla riparazione della toilette, dall'arrivo di astronavi cargo alle passeggiate spaziali dei colleghi, dagli allarmi alla routine, dai grandi avvenimenti alle piccole scoperte, dai rituali al taglio dei capelli: l'intensa vita di bordo è raccontata con gli occhi meravigliati di chi diviene, giorno dopo giorno, un essere umano spaziale. Per arrivare fino a lì il viaggio è (stato) lungo. Anni di dedizione assoluta, passati con le valigie in mano, a cavallo fra tre continenti, tra circostanze fortuite e altre ostinatamente cercate, tra incontri, lingue e culture, tra natura e tecnologia, tra fatiche e attese, gioie e delusioni, tutto per imparare a essere un'astronauta. Questo è il diario della lunga strada che mi ha portato verso la rampa di lancio e dei giorni a bordo delle Stazione Spaziale, accompagnati dalla prepotente bellezza della Terra e dalla profonda meraviglia suscitata dal firmamento.
L'infanzia in via Vetulonia, i primi calci al pallone, la timidezza e la paura del buio, la vita di quartiere in una Roma che forse non esiste più. Gli amici che resteranno gli stessi per tutta la vita. Gli allenamenti a cui la mamma lo accompagnava in 126, asciugandogli i capelli con i bocchettoni in inverno. L'esordio in Serie A a 16 anni in un pomeriggio di marzo del 1993 a Brescia, con i pantaloni della tuta che al momento di entrare in campo si impigliano nei tacchetti; il primo derby, il primo gol, il rischio di essere ceduto alla Sampdoria prima ancora che la sua favola in giallorosso possa cominciare. E poi la gloria: caso più unico che raro di profeta in patria, venticinque anni con la stessa maglia, capitano per sempre, un palmares che annovera un epico Scudetto, due Coppe Italia e due Supercoppe Italiane, oltre ovviamente al Mondiale 2006 conquistato da protagonista con la Nazionale. E ancora il matrimonio da sogno con Ilary Blasi, la vita mondana attraversata sempre con leggerezza, con autoironia, con il sorriso grato di chi ha ricevuto in dono un talento straordinario e la possibilità di divertirsi facendo ciò che più ama: giocare a pallone. Con l'espressione eternamente stupita del ragazzo che una città ha eletto a simbolo e condottiero, oggetto di un amore senza uguali. Fino al giorno del ritiro dal calcio giocato, e di un addio che ha emozionato non solo i tifosi romanisti ma gli sportivi italiani tutti. Perché Totti è la Roma, ma è anche un pezzo della vita di ognuno di noi.
Poche figure nella storia della scienza moderna hanno il carisma di Enrico Fermi. E poche sono state altrettanto determinanti per gli sviluppi successivi della loro disciplina. Tuttavia, molti aspetti della sua biografia sono ancora poco indagati. Il libro di David N. Schwartz colma questo vuoto, anche grazie a fonti inedite ed esclusive, ricostruendo una vita che fu investita in pieno - e in una posizione di primo piano - dalle drammatiche turbolenze della storia del Novecento. La sua biografia si snoda attraverso due guerre mondiali in una parabola che va da Roma agli Stati Uniti passando per Stoccolma: il conferimento del Nobel nel 1938 fornisce a Fermi l'occasione per sfuggire alle leggi razziali, che avrebbero colpito la moglie Laura, ebrea. Tre anni dopo, un team dell'università di Chicago ottiene per la prima volta nella storia una reazione a catena: alla guida dell'esperimento c'è lui, che legherà per sempre il suo nome al famigerato «Progetto Manhattan». Una genialità precocissima, una carriera accademica folgorante, una lista di scoperte che hanno rivoluzionato la fisica moderna corrispondono a una figura privata, di marito e di padre, assai più controversa. Una biografia, la sua, fatta di luci e di ombre, che vanno dall'ambiguo rapporto con il fascismo all'altrettanto discussa adesione al progetto della bomba atomica. Senza cedere alle opposte tentazioni dell'apologia e dell'ipercritica, Schwartz delinea un personaggio enigmatico dai sensazionali meriti scientifici, che più di ogni altro riflette le complessità del suo tempo.
Sembra incredibile: solo un secolo fa l'America attraversava un periodo di segregazione. Tutto dipendeva dal colore della pelle: scuole, ristoranti, perfino autobus, parchi e servizi pubblici. Figlio di un predicatore, King imparò fin da giovanissimo il valore dell'uguaglianza e del rispetto dei popoli. Crescendo imparò a inseguire un sogno, quello di un'America futura in cui tutti avessero gli stessi diritti. Ci credette così tanto che il sogno divenne realtà. Questo fumetto a colori è la sua storia.
Questo libro ricostruisce la vita don Francis Xavier Morgan (1857-1935), sacerdote cattolico nato a El Puerto de Santa María (nel sud della Spagna) in un'importante famiglia di origine inglese, che divenne tutore e "secondo padre" di J.R.R. Tolkien. Un'opera che è il risultato di un'approfondita indagine condotta tra Spagna e Inghilterra, resa possibile anche grazie all'aiuto di Priscilla Tolkien, figlia del famoso scrittore, la cui testimonianza ha fornito dettagli finora inediti sul legame tra suo padre e la Spagna. Un'autentica saga familiare che, dal mondo dell'imprenditoria vinicola britannica sviluppatasi in Andalusia sin dal XVII secolo, attraverso gli anni del "risveglio cattolico" in Inghilterra nel XIX secolo giunge fino al Novecento, facendo luce su aspetti della vita e dell'opera di Tolkien che, senza la figura di questo prete anglo spagnolo (spesso, a torto, aspramente criticato), non si potrebbero cogliere a pieno. Un libro inedito e indispensabile per un viaggio alle origini del mondo de Il Signore degli Anelli e Lo Hobbit, dedicato a tutti gli appassionati del grande autore inglese.
Marco Scolastici era un ragazzo come tanti, iscritto alla facoltà di Economia a Roma, pieno di incertezze sul futuro. Poi un giorno, in un bar, si è imbattuto in una foto su un calendario: ritraeva il vecchio acero di Macereto, il Monte Bove, i pascoli in cui suo bisnonno Venanzio era cresciuto: curandoli, desiderandoli e infine comprandoli. Meno di una settimana dopo Marco ha lasciato la capitale. Il suo è stato un viaggio di ritorno verso casa difficile, talvolta doloroso, e quando pareva concluso la terra ha cominciato a tremare: era il 2016. Il buon senso gli suggeriva di scappare, ma quello sconosciuto altopiano delle Marche per lui era la vita. Non poteva abbandonare le sue pecore, i suoi asini, i maremmani. Così ha montato una yurta mongola accanto alla propria casa inagibile e ci ha trascorso l'inverno. Il sisma non sarebbe stato la fine di tutto, ma l'occasione per un nuovo inizio.
"La storia spesso trascura di raccontare in modo adeguato la vita di uomini illustri che restano singolarmente sullo sfondo degli avvenimenti, e questo è il caso di Ezio, l'ultimo grande generale di Roma, la cui biografia può essere si ricostruita ma con forti lacune che ne lasciano spesso intravvedere soltanto un'arida successione di avvenimenti. Non esistono infatti per la sua epoca opere di ampio respiro, come ci saranno per il secolo successivo, e la maggior parte delle notizie è affidata a scarne cronache, che non ci consentono di conoscere più di tanto il personaggio. Ezio fu il generale più eminente della sua epoca travagliata e può sicuramente essere definito l'ultimo dei Romani, un «antico romano», come comunemente si dice, vissuto quando l'impero era ormai ridotto a una pallida ombra di ciò che era stato. Edward Gibbon scrisse di lui che era 'l'uomo celebrato universalmente come terrore dei barbari e baluardo della repubblica di Roma' e gli stessi giudizi elogiativi si colgono negli storici dell'antichità..." (Dalla prefazione)
Chi l'avrebbe mai detto, alla fine degli anni Cinquanta, che quell'adolescente taciturno e magro come un chiodo, abituato a rintanarsi in biblioteca dopo aver sgobbato tutto il giorno per dare una mano alla famiglia, sarebbe diventato firma di punta dei più prestigiosi quotidiani nazionali, arrivando persino a dirigerne alcuni? Probabilmente nessuno, e forse nemmeno lui, che pure non ha mai smesso di inseguire con passione, tenacia e un pizzico d'incoscienza il sogno di entrare nel mondo della carta stampata, un mondo che fin da piccolo, quando riusciva a malapena a compitare qualche parola, lo aveva incuriosito. Dagli esordi, giovanissimo, all'«Eco di Bergamo», dove si occupava di cinema, sport e cronaca, alla fondazione di «Libero», la creatura che ha fortemente voluto a dispetto dello scetticismo saccente di molti colleghi, Vittorio Feltri ha attraversato oltre cinquant'anni di storia italiana, sempre commentandone gli snodi cruciali dal suo punto di vista di cronista scapigliato, originalissimo e irriverente. Quella che qui racconta è una vita costellata di innumerevoli soddisfazioni professionali ma anche di memorabili incontri con grandi nomi del giornalismo e protagonisti del panorama politico, di ciascuno dei quali ricorda pregi e difetti, schizzandone ritratti ricchi di aneddoti gustosi. Le incursioni di Oriana Fallaci, «dea e tiranna» capace di mettere a soqquadro la redazione di via Solferino, le bizzarre esibizioni canore di Eugenio Montale («era come un usignolo, se aveva voglia di cantare se ne infischiava di tutto e tutti»), le passioni culinarie di Enzo Biagi («mangiava come un assassino di pasta asciutta») o di Amintore Fanfani («cucinava meglio di uno chef stellato») vengono descritte con il tono familiare di una chiacchierata fra amici. Ma poiché, come sostiene il direttore, chi possiede personalità di solito ce l'ha pessima, non sono mancati i rapporti burrascosi: con Indro Montanelli, per esempio, o con Giorgio Bocca, che al momento della morte salutò, lasciando trapelare un po' di malinconia, come «il mio miglior nemico».
Attraverso la storia, il racconto della quotidianità e le riflessioni di una donna che ha fatto della sua professione la sua vita, il libro illustra il ruolo del giudice nella sua realtà: una persona che ogni giorno mette in campo competenza e nello stesso tempo qualità umane e relazionali. Scopriamo così che il giudice affronta travagli personali ed emotivi, che non sono lontani dai casi concreti che tratta, espressione di fenomeni sociali appartenenti a un'intera collettività. Un peso emotivo che, dall'esterno, non si vede o si vede poco. Indossare una "toga" non significa solo applicare leggi e norme, dietro di essa ci sono anche passione e coinvolgimento e il coraggio di affrontare le proprie emozioni e le proprie risonanze emotive, senza negarle. «Il giudice "maturo" non è quello che non ha dubbi, ma è quello che ha capacità empatiche, di accoglienza e di ascolto, e che cerca di arrivare a un equilibrio tra umanità e razionalità normativa che possa garantire alle persone la migliore decisione possibile».
In questa autobiografia - scritta nel 1993, quando sciolse la DC e fondò il nuovo Partito Popolare - Mino Martinazzoli, uno dei protagonisti della storia italiana degli ultimi decenni, si racconta con la sobrietà che ne ha sempre caratterizzato lo stile. Il romanzo di formazione, intimo e non svelato, si intreccia con la riflessione "inattuale" sulle ragioni possibili della politica, che «se vuol pretendere di governare con giustizia, equilibrio ed efficienza, deve fare i conti con i propri limiti, con la propria modestia: deve evitare il troppo di politica».