In un contesto di prassi medica altamente tecnologica è molto viva la discussione sull'opportunità e il senso delle Dichiarazioni Anticipate di Trattamento, impropriamente dette Testamento biologico. Tali Dichiarazioni mettono in rilievo l'importanza dell'autonomia del paziente, anche in condizione di presunta irreversibile incapacità decisionale. Sotto quale profilo questa autonomia può essere un diritto insindacabile? Il dibattito rimanda ad alcune delle grandi questioni della bioetica - "che cosa significa parlare di proporzione delle cure?", "quale è il significato della alimentazione e idratazione artificiale?" , le quali sollecitano un chiarimento di carattere epistemologico "quale è il senso della tecnica nella pratica della medicina?", "quali sono i rapporti e le differenze tra etica e diritto?". L'impegno a rispondere a tali interrogativi sollecita il confronto con la riflessione antropologica fondamentale, la quale è chiamata ad affrontare la questione radicale del rapporto fra salute e salvezza.
Ancora un libro sul corpo: perché? Perché al corpo oggi è assegnato un ruolo di primo piano nella scena della cultura, della politica, dei vissuti individuali. Ma questo protagonismo non lo ha reso più trasparente, ossia più comprensibile nel suo significato, anzi. Come accade con le realtà che si osservano da una distanza troppo ravvicinata, il corpo sembra perdere le giuste proporzioni sotto la lente della medicina, che rischia di considerarlo come semplice organismo - corpo fisico - e dell'estetica, che lo guarda come immagine, pura apparenza. Nell'uno e nell'altro caso, il corpo diventa un qualcosa da sottoporre a controllo e da modificare, nel tentativo di sottrarsi ai limiti del corpo paziente, in modo da dilatare infinitamente il desiderio individuale, di salute, di giovinezza, di bellezza, di vita o di morte. Ma la radicale concentrazione sul corpo porta inevitabilmente alla riduzione del mondo, che finisce per circoscriversi alle esigenze e ai vissuti soggettivi del solo corpo: da qui l'impoverimento delle relazioni personali. Occorre pertanto un'etica del corpo per saper accettare quella sua passività non evitabile o, meglio detto, per saper trasformare la passività in pazienza. Solo attraverso la pazienza, si riesce a decifrare il senso della vulnerabilità e addirittura a imparare da essa. Un'etica del corpo diventa pertanto anche una pedagogia del corpo, guida a quella realizzazione di sé inseparabile dalla crescita nella libertà responsabile.
La dolorosa vicenda di Eluana Englaro pone interrogativi inquietanti non solo ai giudici e ai parlamentari, ma anche a tutti noi. Il libro intende offrire risposte facilmente comprensibili e rigorosamente motivate in modo da aiutare la riflessione di tutti, sia a livello politico e giudiziario dove si decide, sia a livello popolare dove si discute e si medita anche personalmente sul senso della vita e della morte. Nel ricostruire la vicenda di Eluana, nell'esaminare i vari progetti di legge sul "testamento biologico", nel proporre le sfide della libertà, della salute, dell'uguaglianza, della coscienza, il saggio si lascia guidare dalla bussola della dignità umana e dal conseguente principio della indisponibilità della vita.
Immobilizzato da anni nel suo letto, incapace di respirare se non grazie a una macchina, nell'autunno 2006 Piergiorgio Welby - malato di distrofia muscolare progressiva - rende pubblica con un appello diretto al presidente della Repubblica la sua richiesta di essere lasciato morire. Il dottor Mario Riccio, anestesista di Cremona, si assume la responsabilità di fare come Welby chiede: dopo averlo sedato, lo distacca dal respiratore artificiale che lo tiene in vita. Questo è il diario che Riccio ha tenuto durante i giorni della morte di Welby, nel dicembre 2006, e poi nei mesi successivi; è il suo punto di vista non solo sulla vicenda strettamente "medica", ma anche sull'aspro confronto che si è sviluppato in Italia fin dall'appello di Welby; ed è il resoconto dell'iter processuale cui Riccio è stato sottoposto, fino alla sentenza di proscioglimento. La giornalista Gianna Milano, dialogando con l'esperienza umana e professionale narrata da Riccio, ha realizzato un ricchissimo commentario al testo, un contrappunto che restituisce lo sfondo degli eventi in un percorso parallelo: la cronaca, il dibattito politico, bioetico e culturale, i documenti giudiziari che hanno contribuito a una maggior chiarezza su accanimento terapeutico, consenso o rifiuto delle terapie, diritto al morire, cure palliative, testamento biologico ed eutanasia.
L'embrione è persona o no? Come stabilirlo? C'è il dovere di rispettare il naturale processo riproduttivo? E quanto vale questo dovere? A queste domande risponde il libro di Maurizio Mori che in primo luogo ripercorre la storia della moralità dell'aborto in Occidente. Mette poi in chiaro le posizioni in campo a proposito dell'aborto oggi e si interroga sulla giustificazione razionale del divieto di aborto. Il libro si conclude sostenendo che quello dell'aborto è un diritto. Una voce che, utilizzando il ragionamento filosofico, può opporsi, senza urlare, alle posizioni anti-abortiste così enfatiche in questo periodo. Il volume è corredato da un glossario e una bibliografia ragionata.
Le questioni bioetiche affondano le loro radici nella sofferenza, rendendo tormentata la risposta dell'etica. Una sofferenza che deriva dalle forme diverse che nell'età della tecnica assume la vulnerabilità, intesa come la continua esposizione al dolore, alla malattia e alla morte che segna la condizione umana e ci affida alla "cura". Fare della vulnerabilità un principio bioetico fondamentale, come nella Dichiarazione di Barcellona del 1998, significa indicare una "via" per dar voce al dolore dell'esperienza del limite che rimane dietro il "caso bioetico". Ripensando l'autonomia alla luce della vulnerabilità, integrando l'approccio dell'etica dei principi con quello dell'etica della cura, il testo propone una rilettura di alcuni temi della bioetica: la responsabilità verso il futuro, il rispetto per la persona, i modelli di relazione paziente-medico, le scelte dell'etica del morire, la rinuncia alle cure. Ne emerge la proposta di una "bioetica della cura" che, pur tra difficoltà teoriche, mostra le potenzialità di una "bioetica della solidarietà".
A una donna che annuncia di essere incinta si è soliti esprimere le proprie felicitazioni, ma attenzione, prima di rallegrarvi accertatevi che non si tratti di una gravidanza indesiderata, perché in tal caso da evento del tutto normale e fisiologico, la gravidanza diventa una vera e propria patologia, da "curare" con l'aborto, o, se non si vuole ricorrere ad esso, da prevenire con la contraccezione e la pillola del giorno dopo. Questa è, in sintesi, la filosofia della cosiddetta "salute riproduttiva", elevata al rango di diritto umano e come tale sostenuta da una vasta e variegata lobby a cui appartengono organizzazioni sovranazionali, professionali e movimenti politici. L'autore ha sottoposto tale teoria alla verifica del ragionamento logico-deduttivo e, supportato da un'impressionante documentazione medica, ne indica l'inconsistenza scientifica ed etica.
"La liceità dell'eutanasia nella maggior parte dei casi è sostenuta da pensatori che hanno una visione dell'Uomo immanente e si riferiscono ad un'etica di stampo relativista; l'illiceità dell'eutanasia è invece propugnata da pensatori che sostengono una visione della vita umana trascendente e un'etica forte che prevede l'esistenza di principi morali assoluti. Il libro che introduco non vuole, di fronte a questo panorama, ribadire o sostenere una di queste posizioni o criticarle o rassegnarle, e la ragione è semplice: gli autori non vogliono trattare il problema della liceità o della illiceità dell'eutanasia, ma proporre e sviluppare in modo nuovo l'argomento affrontando il tema di come dovrebbe e potrebbe essere l'approccio specifico della Medicina rispetto alla richiesta eutanasica: il trattamento medico della richiesta eutanasica. È significativo che le conclusioni siano in realtà un "call for work": le opinioni presentate sono intese come una proposta per sviluppare interventi di prevenzione della richiesta eutanasica per la quale è necessario un lavoro interdisciplinare molto aperto e molto caratteristico dello spirito universitario." (dalla Introduzione di Joaquin Navarro-Valls)
Descrizione dell'opera
I recenti casi di eutanasia verificatisi in Italia hanno avuto larga risonanza e sollevato un acceso dibattito pubblico. L’argomento suscita infatti profondi echi emotivi nell’animo di ciascuno, ma la conoscenza della problematica e dei temi a essa connessi è spesso scarsa.
Il volume tratta, dal punto di vista etico, due questioni inevitabilmente collegate: le Dichiarazioni anticipate di trattamento (o Testamento biologico) e l’eutanasia. Esamina la letteratura medico-giuridica internazionale per evidenziare le linee fondamentali che si sono sviluppate in questi ultimi decenni, con particolare attenzione all’area italiana. Commenti e riserve dell’autore arricchiscono la descrizione delle diverse posizioni.
L’ampia analisi riguarda sei tematiche: il problema della partecipazione del malato alle strategie terapeutiche e l’intervento umano nella cessazione della vita; le Dichiarazioni anticipate di trattamento (o Testamento biologico); la precisazione su alcuni concetti medico-assistenziali (malattia terminale, nutrizione e idratazione artificiali, accanimento terapeutico); i provvedimenti di fine vita (eutanasia; situazioni che provocano indirettamente la fine della vita; trattamenti di sedazione terminale no stop); gli aspetti di una corretta assistenza del morente; il mutato rapporto medico-paziente; la medicina e l’accompagnamento del morente.
L’impegnata monografia conduce infine un’approfondita riflessione sul problema della cosiddetta strategia alternativa all’eutanasia, quale sfida del nostro tempo per garantire l’umanizzazione del morire e quale ineludibile punto di incontro tra bioetica laica e religiosa.
L’esposizione è chiara e accessibile anche a un pubblico non particolarmente specializzato in medicina ed etica.
Sommario
Premessa. I. Qualche richiamo all’emergere del problema della partecipazione personale del malato alle strategie terapeutiche e dell’intervento umano nella cessazione della vita. II. Testamenti di vita e dichiarazioni anticipate di trattamento. III. Qualche precisazione su concetti medico-assistenziali. IV. Provvedimenti di fine vita. 1. Eutanasia e suicidio assistito: azioni dirette e intenzionali atte a provocare la “morte pietosa”. 2. Situazioni e prassi che provocano indirettamente la fine della vita. 3. Fase preagonica e agonica; trattamenti di “sedazione terminale no stop”. 4. Conclusioni: diffusione dell’eutanasia, del suicidio assistito e dei provvedimenti di fine vita nella società contemporanea. V. Aspetti di una corretta assistenza del morente. VI. Epilogo. Bibliografia.
Note sull'autore
Adriano Bompiani ha al suo attivo una lunga docenza all’Università Cattolica di Milano; è stato presidente del Comitato nazionale per la bioetica dalla sua fondazione (1990); presidente dell’Ospedale pediatrico “Bambino Gesù”, Istituto di ricerca e di ricovero; direttore dell’Istituto scientifico internazionale “Paolo VI” di ricerca sulla fertilità e infertilità umana per una procreazione responsabile. Sotto il governo Amato (1992-1993) è stato Ministro per gli Affari sociali. È membro del Comitato di bioetica del Consiglio d’Europa e del Comitato dei rappresentanti governativi per la bioetica dell’Unesco. Presso le EDB ha pubblicato Bioetica in Italia. Lineamenti e tendenze (1992) e Bioetica dalla parte dei deboli (1995).
Gli atti della XIII assemblea generale della Pontificia Accademia per la vita (23-25 febbraio 2007) che ha coinvolto studiosi di fama internazionale provenienti da diversi Paesi ed un pubblico specialistico (420 presenze) dai cinque continenti. Tra le conclusioni redatte al termine del Congresso Internazionale indetto dalla Pontificia Accademia per la Vita nel 2007, era emersa la sollecitazione ad una mobilitazione di tutti coloro che hanno a cuore la tutela della vita umana affinché essa sia alla base delle azioni sociali. Ad un anno di distanza da quell'assemblea è quanto mai presente nel dibattito internazionale quell'urgenza di far sentire la voce cristiana in sostegno del diritto alla vita.
Le questioni emergenti dall'ambito della vita sono al centro della riflessione etica recente; non solo quelle che riguardano la vita umana e le possibilità di manipolarne l'origine e spostarne i confini, ma anche quelle che concernono il nostro rapporto con gli animali non umani e quello con l'ambiente e la vita vegetale. Le provocazioni sollevate dalle scienze negli ambiti della biomedicina, dell'etologia, della teoria evoluzionista e dell'ecologia portano, secondo molti, alla necessità di una revisione critica dei nostri modi di pensare sull'etica. Il settore dell'etica della vita è stato, più di ogni altro, al centro degli sforzi per trovare nuovi paradigmi morali, nella consapevolezza dei limiti della tradizione morale occidentale, che le nuove questioni rendono evidenti.