La rivoluzione digitale ha sconvolto i tradizionali punti di riferimento, e il pluriverso dell’infosfera sfida su più fronti la riflessione credente: come pensare l’impatto del digitale sulla natura umana? Quale rapporto esiste tra lo sviluppo dei media e l’attuale fase del capitalismo? Quali margini di libertà restano all’iniziativa umana e quali vie può percorrere la comunità cristiana? Un breve itinerario per orientarsi nel tempo della complessità. Testo agile e contenuto; in quanto non accademico né specialistico, si offre alla lettura di chiunque sia interessato all’argomento. Un linguaggio piano e accessibile ricostruisce il quadro complessivo della problematica toccando tanto l’ambito antropologico che quello sociologico e teologico.
Le nostre vite sono fatte di relazioni con gli altri: in famiglia, al lavoro, al bar, in palestra. E quindi essenziale comunicare bene con chi ci sta attorno per capire e farsi capire. Ma come migliorare la qualità dei nostri rapporti con gli altri? Quali sono le trappole e i segreti della comunicazione nella vita di ogni giorno? Esistono delle ricette per instaurare dei buoni rapporti umani? Giuseppe Falco risponde a questi interrogativi e fornisce degli strumenti semplici e immediatamente applicabili nella vita quotidiana per migliorare la qualità delle relazioni.
La comunicazione è un'arte che assume anche le caratteristiche dell'artigianato. Non bastano il guizzo del genio o il talento per veicolare messaggi ed entrare in relazione. Occorrono la pazienza del cesello, la cura e la precisione dell'artigiano per smussare e limare, plasmare e incollare, modellare e rimontare. Nel suo Messaggio per la 48° Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, papa Francesco cita la celebre parabola del buon samaritano: Chi comunica si fa prossimo. E il buon samaritano non solo si fa prossimo, ma si fa carico di quell'uomo che vede mezzo morto sul ciglio della strada. Gesù inverte la prospettiva: non si tratta di riconoscere l'altro come un mio simile, ma della mia capacità di farmi simile all'altro. Comunicare significa quindi prendere consapevolezza di essere umani, figli di Dio. Mi piace definire questo potere della comunicazione come "prossimità".
Le nuove tecnologie, la rivoluzione digitale, l'intelligenza artificiale hanno portato grandi cambiamenti, riducendo la penosità del lavoro, ma alimentando anche nuove e più sofisticate forme di discriminazione tra lavoratori. Di fronte a ciò, la dignità del lavoro e il rispetto dei diritti dei lavoratori richiedono nuovi strumenti di tutela. Anche la Chiesa, coerente con la sua dottrina sociale, sollecita gli imprenditori a fare impresa in modo etico.
Domenico Marino, economista, insegna Politica economica all'Universita Mediterranea di Reggio Calabria, dove dirige il Centro Studi per le Politiche economiche e territoriali.
E' stato consulente della Presidenza del Consiglio per il lavoro sommerso e ha fatto parte della task force per le applicazioni dell'intelligenza artificiale alla P.A. dell'AGID.
Dal 2016 è presidente dell'Organismo indipendente di valutazione del Consiglio regionale della Calabria.
Tommaso Marino, docente di Matematica e Fisica al liceo scientifico, è autore di testi di informatica per la scuola secondaria di secondo grado. In collaborazione con l'Università degli studi di Torino, si occupa di Didattica della fisica e di divulgazione scientifica. Ha ricoperto il ruolo di Presidente dell’Azione Cattolica di Torino e, dal 1997, è segretario nazionale del Movimento Lavoratori di Azione Cattolica.
Perché la foto di un uovo su Instagram è arrivata a totalizzare cinquantacinque milioni di "like"? E perché le cavallette sembrano più buone se siamo costretti a pagare per mangiarle? Utilizzando gli strumenti delle scienze comportamentali l'autore ci guida alla scoperta dei meccanismi più sottili che influenzano la comunicazione pubblica, le nostre percezioni, le nostre credenze e, quindi, le nostre azioni. Conoscere questi meccanismi è il primo passo per imparare a riconoscere il senso dentro la storia, il messaggio dentro la notizia e, così, riuscire a farci un'idea più precisa di quanto ci dicono le parole e, magari, a scegliere in maniera più consapevole. Prefazione di Annamaria Testa.
Se ogni identità è data e realizzata dalla qualità e dalla quantità di relazioni diventa evidente che i fattori della comunicazione, veicolati dai nuovi media e dalle relazioni che questi intessono, rappresentano un elemento fondante e determinante per la costruzione identitaria personale e sociale. Il volume intende analizzare, in una prima parte, le caratteristiche di queste tecnologie e le loro applicazioni nella quotidianità. Di fronte all'homo digitalis, assistiamo ad una trasformazione non solo tecnologica, ma anche culturale, psicologica e perfino filosofica. Cresce il rischio di subordinare la nostra identità al consenso "social": esistiamo solo nella misura in cui mostriamo la nostra privacy sulle piattaforme di condivisione. Esistiamo se condividiamo? Sì, ma è vera condivisione? Il volume, poi, propone una parte finale dove indagare la produzione e le conservazioni di immagini e ricordi in un mondo digitale, tanto più sapendo che a governare e gestire la nostra vita e quella della società ci sono gli algoritmi, padroni incontrastati della nostra privacy, capaci anche di anticipare i nostri desideri, perché ci conoscono più e meglio di quanto noi pensiamo e immaginiamo. Una volta indagato, con competenza e senza sconti, la costruzione identitaria ai tempi dei social media, l'autore è convinto che occorra ribadire con forza l'hic et nunc, il qui e ora, l'unicità della nostra identità primaria, contro ogni facile individualismo o nazionalismo, etnicismo, o una qualsiasi altra comoda etichetta identitaria, ma anche contro la sempre più forte tentazione di esistere grazie alla certificazione di un consenso misurato su like e follower.
La partecipazione politica è essenziale per la democrazia, eppure sono molti gli equivoci creati dalle retoriche "partecipazioniste" e dall'uso strumentale e ideologico di processi partecipativi depoliticizzati. In questo scenario si collocano anche gli ecosistemi comunicativi digitali, che possono favorire lo sviluppo di culture e posizioni alternative ma che, al tempo stesso, sono situati dentro fenomeni sociali ed economici che ne limitano le potenzialità. Il volume analizza la partecipazione considerando l'esistenza di un doppio binario: da una parte, le lotte e l'impegno di associazioni, movimenti, gruppi sociali più o meno organizzati come pratiche di resistenza e difesa della democrazia; dall'altra, le procedure non inclusive, che finiscono per essere funzionali solo alla razionalità neoliberista. Emergono quindi forme di partecipazione "disconnesse" dalle cittadine e dai cittadini reali, esercizi a uso della nuova tecnocrazia dei processi di partecipazione, e funzionali solo alla legittimazione popolare di decisioni già prese. L'unica possibilità di "riconnessione" proviene dalla partecipazione come eguaglianza sostanziale nel prendere parte alla vita della comunità, dove si collocano le esperienze più innovative di partecipazione creativa che trovano nell'idea di "cura" non solo una risposta tattica all'interno della crisi ma anche un'inedita modalità strategica di azione politica.
I manifesti sono stati, assieme ai comizi, il principale strumento della comunicazione politica della seconda metà del Novecento. Attingendo ai diversi repertori simbolici della politica, alle avanguardie artistiche, alla propaganda bellica, alla pubblicità, al fumetto e ai linguaggi della protesta, hanno raccontato le stagioni e gli avvenimenti salienti dell'Italia repubblicana, dal ritorno alla democrazia all'avvento della seconda Repubblica, sino a oggi. Intrecciando il piano storico all'analisi del linguaggio iconografico di più di cento manifesti, realizzati dal 1945 al 2018 da alcune delle firme più importanti dell'illustrazione, della grafica e della pubblicità italiana - tra cui Dudovich, Steiner, Jacovitti, Crepax - ma anche da ignoti militanti, il volume ricostruisce l'evoluzione della grafica e della comunicazione politica seguendo il filo di parole, simboli, personaggi e slogan che hanno alimentato i sogni e le paure di milioni di italiani, rivelandone origini e significati, plagi e trasformazioni.
La cultura e il pensiero di Internet come insegnamento teologico: prospettiva esperienziale. Rispetto alle consolidate discipline strutturanti il ciclo di studi teologici, il digitale ha una storia molto recente, ma i suoi effetti incisivi sono visibili a tutti e ciascuno ne avverte effetti e difetti. Le conseguenze che derivano dalla pervasività del digitale nella persona non solo sono evidenti, ma richiedono di essere prese in carico non tanto come una problematica da risolvere, ma come una inedita teologia che si sta strutturando nell’abitare la Rete di Internet 7/24 e nelle relazioni che in essa maturano. La teologia è il luogo per abitare il digitale come possibilità necessaria per evitare che la stessa teologia finisca per parlare solo a se stessa. Una teologia digitale che accompagni le mutazioni e le sappia valorizzare.
Perché la «questione della verità» è tornata così prepotentemente proprio nell'epoca della massima disponibilità delle informazioni? E perché servono nuove regole sul rapporto tra disinformazione e democrazia o, se si vuole, tra libertà e verità? Il dramma della pandemia e le elezioni americane del 2020 ci hanno consegnato il trionfo della disinformazione. Notizie false, distorte, emozionali si presentano a noi in modo sempre più credibile. Non siamo dunque immersi in un libero e aperto «mercato delle idee», dove la concorrenza tra le informazioni genera nuove possibilità di conoscenza e di scelta, ma precipitiamo in un paradossale «mercato delle verità», dove compriamo e vendiamo fatti verosimili, spinti da una manipolazione fondata sulle nostre preferenze. Questo libro ci propone un'analisi provocatoria e pungente, da cui emerge con urgenza il bisogno di nuove regole per riconciliare libertà d'espressione e buon funzionamento della democrazia.
Chiunque acquisti su Amazon, interroghi Alexa, ricorra a Siri, condivida sul cloud, navighi su Google, interagisce con l'IA: non un raffinato software immateriale bensì una megamachine che saccheggia risorse naturali, lavoro umano, privacy e compromette l'eguaglianza e la libertà. La immaginiamo come qualcosa di astratto, un asettico amalgama di algoritmi, hardware, dati mentre essa implica una materialità, per lo più ancora opaca, che richiede gigantesche infrastrutture produttive: dai cavi sottomarini che congiungono i continenti ai dispositivi personali e loro componenti, dalla trasmissione di segnali che passano nell'aria all'approvvigionamento di dati estratti da ogni piattaforma e dispositivo che utilizziamo ogni giorno. Per renderla tangibile questo libro ci accompagna in un viaggio attraverso siti minerari, fabbriche, centri logistici e data center necessari a farla «funzionare», mostrando quanto essa comporti lo sfruttamento di enormi quantità di risorse naturali e di lavoro umano e come essa influenzi la vita di miliardi di persone spesso al di fuori di una regolamentazione e di un controllo democratico. La sua fattibilità e sostenibilità dipendono quindi dai limiti che sapremo porre al suo potere.
«A Martha Gellhorn», recita la dedica della prima edizione di "Per chi suona la campana", il capolavoro di Ernest Hemingway. Tutto qui, un nome e un cognome: quelli della più grande corrispondente di guerra del Novecento. La donna che con Hemingway ha mosso i primi passi da giornalista sul campo, nel 1937, a Madrid sotto le bombe. Che presto è diventata più brava di lui nel mestiere di raccontare i fatti. Che lo ha amato, sposato, lasciato, in un'appassionata storia d'amore tinta di rivalità. E che per tutta la vita ha avuto una sola missione: «Andare a vedere». I reportage rigorosi e avvincenti di Gellhorn coprono i fronti più caldi del secolo breve: è stata sul confine della Finlandia durante l'invasione russa (trovando il tempo per una cena con Montanelli) e accanto alle truppe alleate a Montecassino; è stata la prima reporter donna a sbarcare sulle spiagge della Normandia e poi a entrare a Dachau liberata dagli americani. È andata in Vietnam, decisa a smascherare le menzogne della propaganda ufficiale Usa. Una carriera attraversata dalla gloria e dalla tragedia, segnata dalla solitudine delle donne indipendenti e controcorrente. Oggi le guerre sono cambiate, l'ingiustizia ha preso altre forme, ma nessuno dei problemi contro cui Martha ha passato la vita a battersi è stato risolto. Sono sempre i più poveri, a cui lei ha saputo dar voce, a pagare i conflitti militari ed economici. Sono ancora le donne, come è successo a lei, a dover faticare di più per farsi strada, in guerra come in pace. In queste pagine, che illuminano gli anni più folgoranti di Gellhorn, la sua voce si intreccia con quella di Lilli Gruber, che interpella anche altri grandi corrispondenti. Raccontando, di battaglia in battaglia, la bellezza e la responsabilità del giornalismo in un tempo che ha più che mai bisogno di verità.