Il libro costituisce uno studio al crocevia tra filosofia della natura, filosofia della religione e filosofia del linguaggio, in vista di una possibile spiegazione del problematico - ma affascinante e attuale - rapporto fra l'esistenza di Dio e la natura misteriosa del tempo.
"Se tutto un infinito ha potuto raccogliersi in un Corpo come da un corpo disprigionare non si può l'Immenso?" La possibilità di dire Dio anche dentro le contraddizioni e gli ossimori più stringenti dell'esistenza; il tentativo coraggioso di dare voce dignitosa e ospitale anche alle espressioni più liminari dell'umano: zone di confine che il Verbo ha già abitato e che la teologia - Sua eco fedele - non può esimersi dal frequentare, affinché quel Verbo non resti disarticolato. Questa è la provocazione della poesia - e di quella di Alda Merini in particolare - alla teologia, perché continui ad essere fidata e affidabile compagna di strada. "Un testo che invita con forza la teologia a osare (...) nuove lunghezze d'onda di espressione e di comunicazione. Come potremmo altrimenti rendere giustizia al dramma e alla poesia del Vangelo?." (dalla Prefazione di Michael Paul Gallagher)
A partire dall'obiettivo teologico che si propone, questa Introduzione - un'opera maggiore degli studi biblici in campo internazionale - cerca anche il dialogo con le altre discipline della teologia.
Preghiera fondamentale dei cristiani, il Padre nostro ci indica che cosa significa essere e diventare cristiani. Ci ricorda che cosa sollecita e anima i seguaci di Cristo. Ci dice quale è la speranza visionaria che ricolma il loro animo e, mettendoli in cammino, li spinge a “investire” se stessi in quel progetto.
Spiegando le parole e le domande del Padre nostro, senza evitare le sfide che esse pongono oggi come ieri a chi le fa proprie, Jürgen Werbick introduce alla preghiera e alla fede cristiana: dischiude la realtà personale-sovrapersonale di Dio, la cui volontà buona può diventare sperimentabile per gli esseri umani come compito e promessa della loro vita.
Il Padre nostro ci introduce infatti nel desiderio della salvezza, nella speranza orante, e ci insegna a vivere “in Dio” con uno stile corrispondente a tale speranza. I figli adottivi di quel Padre celeste si sanno davvero al sicuro nella potenza vitale e amorosa, creativa e inesauribile, di Dio.
Sul concilio Vaticano II esiste un’abbondante bibliografia “dotta”, per addetti ai lavori. Ma è difficile trovare una guida facile e divulgativa, destinata a chi voglia rendersi conto di che cosa è successo al Vaticano II, di quello che eravamo prima e dei cambiamenti avvenuti – insomma delle conseguenze delle principali decisioni prese, dell’influsso avuto dal concilio sul presente.
Questo libro, invece, redatto in forma sintetica e comprensibile a tutti, vuol essere una prima, semplice introduzione al Vaticano II: per chi non l’ha vissuto e per chi – nelle nuove generazioni, ma non solo – desidera avere una informazione essenziale. Queste pagine partono dal presupposto che tante cose spesso date per scontate, per molti non sono né ovvie né conosciute a motivo della distanza culturale esistente fra il tempo del concilio e il nostro tempo: ecco perché capita di sentirsi estranei ai dibattiti in corso sull’evento del Vaticano II, sulla sua interpretazione, sulla sua applicazione.
L’autore accompagna allora in questa scoperta, senza la presunzione di raggiungere l’obiettività assoluta, ma nella certezza di cercarla. Per comprendere meglio il presente alla luce di quell’evento ecclesiale straordinario di mezzo secolo fa. E per ritrovare l’umile fierezza e la gioia unica di essere cristiani anche in questo nostro tempo.
E' il quinto libro di una serie. Anche questo propone una meditazione a due voci, a partire dalla Parola di Dio e da altre quattro icone tratte dalla Collezione Intesa Sanpaolo di Palazzo Leoni Montanari in Vicenza.
Parte dall’immagine del Duomo, «emblema della nuova Milano e casa degli antichi e nuovi milanesi» e alla necessità, come per la Cattedrale, di «rimettere mano continuamente» alla costruzione delle «nostre amate città», la lettera pastorale del cardinale Angelo Scola, Il campo è il mondo. Vie da percorrere incontro all’umano, articolata in sette capitoli e in una appendice.
Nel primo capitolo “Preziose conferme”, il Cardinale ripercorre il cammino dell’anno pastorale concluso, la chiusura dei “cantieri” e il passaggio a linee pastorali comuni. Ricorda anche le dimissioni di Benedetto XVI - «un gesto umile di profonda fede» - e l’elezione di Papa Francesco, attraverso i cui gesti e parole «lo Spirito del Risorto ha voluto toccare in modo singolare il cuore non solo dei cristiani, ma di tutti gli uomini». Concentrando lo sguardo sulla Diocesi, l’Arcivescovo ne sottolinea la realtà popolare e i segni di vitalità, ma nota anche come il cattolicesimo ambrosiano sia «chiamato a rinnovarsi». E poi uno sguardo all’Expo 2015, occasione «perché la Milano del futuro trovi la sua anima».
Nel secondo capitolo “Il ‘buon seme’ del Vangelo”, viene presentato il Vangelo del buon seme e della zizzania (Mt 13, 24 - 30, 36-43), evidenziandone alcuni insegnamenti. Il mondo è il luogo in cui Dio si manifesta gratuitamente agli uomini. Gesù «ama la nostra libertà e la pro-voca chiamandola a decidersi per Lui» e «la risposta personale della libertà che permette al buon seme di diventare grano maturo ha bisogno di tempo». «Non tocca a noi giudicare in modo definitivo, condannare senza appello»: serve quello «sguardo nuovo sul mondo» che dona Gesù per essere capace di non inoltrarsi «sui sentieri della condanna, del lamento e del risentimento».
Il terzo capitolo “Il campo è il mondo” pone in evidenza alcuni punti centrali: è Dio che viene al nostro incontro, «la fede è riconoscerLo»; l’entrata di Dio nella storia ha cambiato la vita degli uomini attraverso «una trama di relazioni nata dall’incontro con Lui»; il mondo «che Gesù chiama “il campo”» è costituito da tutti gli ambiti dell’esistenza quotidiana (famiglie, quartieri, scuole, università, lavoro, modalità di riposo e di festa, luoghi di sofferenza, di fragilità, di emarginazione, luoghi di condivisione, ambiti di edificazione culturale, economica e politica...). Si individuano poi i “cardini” dell’esistenza umana - affetti, lavoro, riposo - e importanti implicazioni come fragilità, tradizione e giustizia.
Nel quarto capitolo “Gesù Cristo Evangelo dell’umano”, partendo dal presupposto che nulla e nessuno è estraneo ai seguaci di Cristo, si afferma che «non dobbiamo costruirci recinti separati in cui essere cristiani». Si ribadisce che il mondo è il campo in cui è offerto l’incontro con Gesù e che l’attenzione non va posta sul “fare”, «ma sul seme buono che il seminatore, Gesù, vi ha gettato». Dio, entrando nella storia, vuole fecondare la realtà «con la sua presenza rinnovatrice». Ogni fedele e ogni realtà ecclesiale della Diocesi sono quindi chiamati a rileggere il senso dell’esistenza cristiana alla luce dell’urgenza «a uscire da se stessi per entrare in campo aperto» attraverso la testimonianza, «esponendo se stessi». E il testimone, quando è autentico, «fa sempre spazio all’interlocutore e a tutte le sue domande», in un confronto leale, a 360 gradi, «con tutti e in tutti gli ambienti dell’umana esistenza». Il cattolicesimo popolare ambrosiano deve radicarsi «più profondamente nella vita degli uomini attraverso l’annuncio esplicito della bellezza, della bontà e della verità di Gesù Cristo all’opera nel mondo». Non in modo egemonico, però, perché i cristiani non cercano la vittoria: ciò a cui sono chiamati «è solo l’essere presi a servizio del disegno buono con cui Dio accompagna la libertà degli uomini». Ecco dunque il senso di una verifica «non più rinviabile» sulla propria testimonianza nelle «tre dimensioni della comune e elementare esperienza umana» - affetti, lavoro, riposo -, a cui l’Arcivescovo dedica specifici interrogativi.
Il quinto capitolo “Uno strumento offerto a tutti” rimarca come la Lettera pastorale sia offerta a tutti come strumento di riflessione sul senso, il significato e la direzione della vita. «Mi permetto di chiedere una lettura attenta attraversata da autentica simpatia», scrive il Cardinale. E, rivolto in particolare ai fedeli ambrosiani, «la Lettera pastorale deve mettere in moto un confronto che aiuti ciascun fedele e ciascuna comunità a rivisitare la vita ordinaria, la prassi abituale, le iniziative e i calendari».
Per questo, nel sesto capitolo, sono indicati “Tre criteri”: valorizzare l’esistente, attraverso la “grammatica comune” fornita dalla Lettera pastorale; assumere «con decisione» il criterio della «pluriformità nell’unità», nell’accoglienza e nel coinvolgimento dei diversi carismi presenti nelle parrocchie e comunità pastorali, negli istituti religiosi, nelle associazioni, nei movimenti a livello diocesano; ripensare l’attività della Curia e degli uffici diocesani.
Il settimo e ultimo capitolo “Una metropoli europea, una Chiesa presa a servizio”, parte dalla “ambrosianità” di Milano, nelle sue dimensioni civile e religiosa impossibili da separare. Nella metropoli anche le contraddizioni e le fragilità, i conflitti e le manifestazioni del male fisico e morale chiedono di essere affrontati con «amicizia civica resa possibile da un incessante dialogo, teso al riconoscimento reciproco». Poi lo sguardo si allarga all’Europa, dove «si riconosce in una fede religiosa ancora il 71% della popolazione», anche se l’esperienza religiosa «tende a caratterizzarsi in modo spiccatamente individuale». Un altro dato significativo è la permanenza di «una spinta inequivocabile a fare famiglia». In questo quadro, i nuovi orientamenti della società plurale vanno considerati «più che una minaccia, una opportunità per annunciare il Vangelo dell’umano». Così intende guardarli la Chiesa ambrosiana, perché i cristiani «sono presi a servizio dal Seminatore e cercano, al di là dei loro limiti e peccati, di favorire la crescita del buon grano».
Nell’appendice, infine, sono elencati alcuni appuntamenti e impegni comuni: non un programma vero e proprio, quanto lo stimolo a maturare uno stile missionario rinnovato.
L’itinerario proposto ai Gruppi di Ascolto della Parola si inserisce nel cammino della Chiesa ambrosiana, che ha come obiettivo l’annuncio del Vangelo nella città.
La Parola di Dio va innanzitutto creduta e accolta, poi non può essere trattenuta, ma va annunciata, portata dappertutto, seminata con generosità nel campo del mondo. E ciò può avvenire quando la vita si lascia animare da essa. Ecco dunque la tensione missionaria, che quest’anno accompagna la lettura continuativa della Scrittura nei Gruppi di Ascolto: incontrare la Parola, condividerla, avvertirne la forza che spinge nella realtà della vita quotidiana, nel contesto concreto della propria città e del proprio quartiere, per diventarne annunciatori e testimoni.
I testi biblici sono tratti dal «Secondo Isaia» (che corrisponde ai capitoli 40-55 del libro del profeta Isaia). È una scelta di altissimo profilo e di grande fascino per la ricchezza dei contenuti, per la bellezza dei brani, per i moltissimi stimoli che vengono offerti.
La Parola di Dio è nutrimento indispensabile della preghiera, attraverso la quale ogni credente trae la forza necessaria per testimoniare quotidianamente la propria fede nel Signore Gesù. In particolare la progressiva familiarità con la Sacra Scrittura consente al giovane di conoscere più da vicino la persona di Gesù e di comprendere meglio il mistero, conformando il proprio stile di vita a quello del Signore. Quest'anno la Pastorale giovanile diocesana offre un percorso sul libro del Deuteronomio, che presenta le parole di Mosè, pronunciate come testamento prima della morte, proprio sulla soglia della terra promessa. Il Deuteronomio traccia le linee fondamentali di una società nella quale tutti gli ambiti della vita sono inseriti nel rapporto con Dio; un Dio appassionato dell'uomo, un Dio che Israele conosce nel suo agire, nel suo intervenire con forza nella storia.
A los diecisiete años, Hyeonseo Lee sabía poco del mundo que había más allá de las fronteras de Corea del Norte. Aunque algo intuía. A diferencia de sus conciudadanos, atrapados, como ella, bajo una dictadura feroz, su hogar, situado junto a la frontera china, le permitía tener algún atisbo de lo que había más allá. De modo que cuando, a mediados de los noventa, la hambruna asoló el país Hyeonseo empezó a hacerse preguntas. Vivía rodeada de represión, pobreza y hambre: sin duda su país no podía ser, como le habían dicho siempre, «el mejor del planeta», ¿verdad?
Lo que se cuenta en este libro es la historia no sólo de la huida de Hyeonseo y sus largos años de vida en la clandestinidad, sino también de su paso de la infancia a la edad adulta, de su reeducación, de su habilidad para reconstruir con éxito su vida, no una vez, sino dos, primero en China y luego en Corea del Sur.
Fuerte, valiente y elocuente, su voz es también buena prueba del triunfo del espíritu humano frente a la arbitrariedad de uno de los regímenes más brutales del mundo.
Hyeonseo Lee (Corea del Norte, 1980) abandonó su ciudad natal, Hyesan, en 1997. Vivió de forma clandestina en varias ciudades de China hasta llegar, en 2008, a Seúl, donde vive actualmente. Acaba de completar sus estudios universitarios, durante los que ha participado en el programa de liderazgo joven del Centro de Estudios Internacionales y Estratégicos de Estados Unidos y ha trabajado como periodista en el Ministerio de Unificación de Corea del Sur. Su principal dedicación es la lucha por los derechos humanos en Corea del Norte y por los refugiados, una causa que la ha llevado a impartir conferencias en la ONU, el Oslo Freedom Forum y muchos otros lugares del mundo. Más de cuatro millones de personas han visto la charla TED que pronunció en 2013 y que ha merecido las alabanzas entusiastas de personalidades como Oprah Winfrey. En este libro ofrece por primera vez una visión desde dentro de la vida cotidiana en Corea del Norte.
In oltre duemila anni di cristianesimo, pittori, scultori, orafi e incisori hanno contribuito con la loro arte e sensibilità religiosa a tenere viva nella memoria dei contemporanei l'immagine del crocifisso e della crocifissione. Tra le tante "prove d'autore- che il tempo ha conservato e i restauri hanno restituito al loro primitivo splendore abbiamo scelto oltre duecento opere, confrontandole e catalogandole poi dal punto di vista iconografico come teologico in quattro grandi suddivisioni tematiche: la storia dell'iconografia del crocifisso, il popolo del Golgota, il rapporto mistico dei santi con Gesù crocifisso, il simbolismo della croce. Il volume rappresenta per il lettore un'esperienza non solo estetica ma anche emotiva poiché viene accompagnato a scoprire nuovi significativi nelle opere presentate. Ogni soggetto artistico è messo in parallelo con testi di teologia, poesia e liturgia che ne aiutano la lettura. Le quattro parti del volume: Parte prima: La storia del Crocifisso; Parte seconda: L'umanità ai piedi del Golgota; Parte terza: L'abbraccio della Croce; Parte quarta: Il simbolo della Croce. "Il volume di Tradigo lascia parlare l'arte e la spiritualità dei credenti dei vari tempi, mostrando come la Croce abbia plasmato non solo la fede cristiana ma l'intera cultura occidentale." (S. E. Card. Gianfranco Ravasi)
Trasportata d’urgenza all’ospedale di Strasburgo per un malore, Angèle Lieby inizia ad avere difficoltà a esprimersi, poi perde conoscenza. Viene posta in coma farmacologico allo scopo di intubarla. Dopo quattro giorni, non si sveglia. Ma Angèle è cosciente e soffre senza poter reagire. Per il personale medico, viene presto considerata morta. Ma ecco che accade un miracolo: una lacrima. Il 25 luglio, giorno dell’anniversario di matrimonio, sua figlia s’accorge che una lacrima le scende dagli occhi. Avverte il personale medico, che le risponde che è impossibile. Poi Angèle muove leggermente il mignolo. Inizia allora un lungo periodo di riabilitazione, che dura quasi un anno. Si tratta di un caso eccezionale per la scienza: la sua malattia è la sindrome di Bickerstaff. Può scatenarsi dopo una comunissima infezione, come ad es. una rinofaringite. Il caso, come già detto eccezionale per la scienza, è stato oggetto di presentazioni in diversi congressi di medicina.
GLI AUTORI
Angèle Lieby, considerata cerebralmente morta a causa di una malattia misteriosa, ha rischiato di vedersi negate le cure che la tenevano in vita mentre, in uno stato di coma apparente, era del tutto consapevole di quanto le stava accadendo.
Hervé de Chalendar tra i suoi libri, oltre a Una lacrima mi ha salvato, ricordiamo Memento mori (Les Soleils bleus éditions, 2010).