Una raccolta di dialoghi "immaginari" ma anche molto reali tra l'autore e 33 testimoni per raccontare le loro esistenze dedicate a Dio e al prossimo, leggendo nella loro testimonianza l'urgenza dell'annuncio cristiano per l'oggi. Si va da San Paolo a Charles de Foucauld, da Martino di Porres a Edith Stein, da Cirillo e Metodio fino a mons. Romero.
Dalla natìa Val Badia alla Cina lontana; da un'iniziale diffidenza verso una cultura "altra" - i cinesi da lui definiti "poveri pagani" - all'adesione totale al popolo cui Dio lo aveva inviato: "Desidero essere cinese anche in paradiso". San Giuseppe Freinademetz (1852-1908), prete verbita che affascinò anche Divo Barsotti, è stato un uomo afferrato dal compito di portare Cristo a tutti. Quando nel 1882 arrivò nello Shandong, i battezzati erano 158; alla sua morte, 26 anni dopo, oltre 40mila. Da queste pagine emerge un cristiano "normale" e a contempo eroico. Un missionario che per annunciare Gesù si è immerso in un mondo totalmente altro, protagonista di un'esistenza avventurosa (viaggi, pericoli, fame, persecuzioni...) in nome del Vangelo. Questo libro permette di scoprire un cristiano dalla fede bella e rocciosa come le sue Dolomiti. È l'occasione per conoscere 'un santo di grandissima attualità'. (Benedetto XVI)
"Carissimi genitori, vi racconto una storia succeduta ad un missionario qui. Un nuovo cristiano fu battutto terribilmente dal mandarino per nessun'altra colpa che per essere cristiano. Il missionario andò subito dal mandarino per liberare il cristiano. Il mandarino mandò dei manigoldi che con grandi bastoni hanno battuto quel missionario, l'hanno tirato fuori di casa, gettato a terra, gli hanno lordato la faccia con sporchezze schifosissime e l'hanno strascinato per la città, beffeggiato da una folla grandissima; minacciarono di gettarlo nell'acqua, di ucciderlo e così via. Arrivati fuori città l'hanno gettato legato per terra. Là sdraiato predicò loro per mezz'ora, poi l'hanno lasciato andar via. Non aveva scarpe né cappello, gli fu rubato tutto, il carro fatto in pezzi. Il poveretto se ne andò, camminò qua e là tutta la notte, non sapeva dove andare, la mattina arrivò mezzo morto in un luogo ove erano dei cristiani. Adesso quel missionario è guarito e sta allegro e ringrazia il Signore di averlo degnato di poter patire un po' per amor di Dio e dei cinesi. Questo missionario, che vi saluta di cuore e vi prega delle vostre orazioni, non è nessun altro che Vostro figlio Giuseppe." (Cina, 27 giugno 1889)
"La spiritualità di Freinademetz ha come fulcro i dogmi basilari del cristianesimo; per questo ha la semplicità delle cose veramente essenziali." (Divo Barsotti)
Dopo il primo libro "La luce oltre il buio", Giacomo Celentano declina il delicato tema della paternità, raccontando la sua toccante avventura di figlio di un grande artista, di genitore del piccolo Samuele e di credente che coltiva nel quotidiano un forte legame di fede con Dio Padre. È stato un "percorso interiore" complesso che lo ha portato ad affrontare e superare momenti duri di ansia, di depressione e di ricerca della propria strada nella vita. Oggi Giacomo ha raggiunto il suo equilibrio. "Un equilibrio sereno e fragile - ammette l'autore - che si regge sulla convinzione che la vita è uno sforzo continuo di conversione in compagnia di Dio. Ogni giorno si può fare un passo per diventare una persona migliore del giorno prima". La serenità non è un dono del Cielo, è una conquista quotidiana. E chi firma questa testimonianza non ha paura di affermare che, se si procede sul sentiero della fiducia, Dio viene subito in nostro aiuto sostenendoci nel cammino per diventare figli, genitori e cristiani felici.
Quando stai tanto male, quando ti capita spesso di sentirti come un pesce che boccheggia sulla spiaggia, a volte avresti voglia di mollare, di alzare le mani e dire: "Okay, mi arrendo". Troppa fatica, troppo dolore. Che se una cosa ce l'hai, tipo la vita, devi poterla usare, altrimenti che senso ha? E quando sei malata, malata per davvero, sei come i bambini poveri davanti alla pasticceria. Tanto vale che rinunci, che smetti di alitare sui vetri. Di sognare una vita che non afferrerai mai davvero. Poi, però, basta una parola, uno sguardo, una carezza. Un messaggio su Facebook o un sms hanno il potere di ribaltare il mondo. Ti rimettono al tuo posto, ti ricollocano sullo sfondo. Capisci che non sei sola, che sei come una tesserina del domino e la tua vita condiziona quella degli altri. Che se cadi tu lo fanno anche loro. La tua famiglia, i tuoi amici, il tuo fidanzato. Tutte le persone che ti hanno voluto bene o si sono prese cura di te. E non vuoi farlo, non puoi farglielo. E poi ci sei tu. Va bene che stai male e sei stanca e tutto il resto, ma come la metti con la vita? Voglio dire, come fai? Ti siedi sul ciglio della strada e ci rinunci? Io, Caterina Simonsen? Impossibile. Amo troppo la vita e tutto ciò che mi ha dato. [...] Con il tempo sono arrivata persino ad amare le cicatrici che punteggiano il mio corpo, a trovarne un significato. Molti pensano che la malattia, una come la mia specialmente, sia sintomo di tristezza e rassegnazione. Una sorta di attesa. Invece è tutto il contrario.
Uomo dalle virtù eroiche e sacerdote fedele al suo ministero, che svolse con amore, umiltà e personalità ricca di vita interiore (1875-1960).
La sua vocazione fu: "preghiera e poveri". Teresa Grillo (1855-1944) dedicò la sua vita religiosa assistendo chiunque fosse in difficoltà, i piccoli, gli ultimi.
Napoletana (1888-1983), durante la Prima Guerra Mondiale si dedicò alla riabilitazione dei mutilati di guerra, e successivamente all'assistenza dei poveri ammalati.
La spiritualità, la devozione a Maria, la "sequela Christi", la pratica dell'umiltà e delle virtù hanno reso fecondo il ministero di questo vescovo (1904-1955), punto di riferimento per tante anime desiderose di scoprire Dio.
Giovane piemontese impegnata nell'Azione Cattolica, Michelina scopre l'Opera dell'Amore Infinito: nel 1948, con altre sette compagne, inizia l'avventura dell'Istituto Secolare a essa ispirato.
"Il 25 novembre (1973) in Trento mons. Giuseppe Placido Nicolini compiva il suo Natale nell'eternità (...). Era sempre amabile e sorridente. Nulla mai per sé, tutto per gli altri. Nella sua casa ad ogni povero dava quanto aveva. Durante la seconda guerra mondiale il vescovado divenne l'asilo dei profughi e specialmente degli ebrei. Aveva la nobiltà dell'autentico benedettino e la povertà di un vero francescano. Tutti i giorni lasciava il vescovado per camminare col suo passo svelto e leggero per le vie della città: ai bimbi donava un dolce e a tutti un affettuoso saluto. Fu lui che ottenne che S. Francesco fosse proclamato Patrono d'Italia. Assisi la portava nel cuore e cercò ogni mezzo per innalzarla al più grande prestigio (...)." (Don Giovanni Rossi, in "Rocca", dicembre 1973)