Un luogo comune vuole che in Calabria la Storia sia sempre di passaggio. L'idea dell'antologia storica è nata per smentire questo luogo comune. Annibale e Spartaco erano andati in Calabria non di passaggio ma per reclutare ribelli e organizzarsi. Giulia la figlia di Augusto, che può essere considerata la Lady Diana di 2.000 anni fa, fu confinata a Reggio Calabria e là morì a causa dell'Imperatore Tiberio suo ex-marito. Felice Vinci, ribelle alle tesi ortodosse, ci fa conoscere suo nonno, calabrese, che dovette andarsene a causa del terremoto, mentre il brano seguente ci fa incontrare Alarico il Re-Guerriero che saccheggiò Roma dopo 800 anni. Con Gioacchino da Fiore incontreremo un Monaco pensatore, profeta e ribelle e perciò condannato dal Concilio del 1215. Parleremo inoltre di Dan Brown, il Priorato di Sion, il brigante "Re Marcone", Tommaso Campanella, Alexandre Dumas, Re Gioacchino Murat, Mussolini ed infine il campo di concentramento di Ferramonti di Tarsia, do ve nessun prigioniero morì di morte violenta.
Il 18 maggio del 1291, dopo un drammatico assedio, Acri, l'opulenta capitale del regno crociato di Gerusalemme, cadeva sotto i colpi d'un giovane ma ambizioso sultano mamelucco, seguita dieci giorni dopo dal castelletto templare, teatro dell'estrema difesa cittadina. Cessava così, dopo quasi due secoli, la presenza crociata in Terrasanta. L'Occidente metabolizzò il fatto con un gran vociare e molte recriminazioni, ma senza impegnarsi attivamente per recuperare quanto perduto. In questo libro, la fine degli stati crociati è letta nel contesto più generale dei sommovimenti che interessarono il territorio siro-palestinese nel corso del XIII secolo: un'area contesa a vario titolo fra Mongoli e Mamelucchi, Genovesi, Pisani e Veneziani, papi e imperatori, Templari e Ospitalieri, re, regine e reggenti, e difesa da nugoli di crociati sovente indisciplinati che finiranno per decretarne la rovina.
All'inizio del 2013 si sono verificati due eventi inediti: la rielezione a capo dello Stato di Giorgio Napolitano e il successo elettorale del Movimento 5 Stelle. Questi due fatti hanno segnato una cesura che ha concluso il Novecento politico degli italiani. A partire da questa novità interpretativa, l'autore ripercorre l'intera storia repubblicana. Ricostruisce, tra l'altro, i modi con cui le famiglie politiche hanno concorso all'organizzazione del potere e alla vita collettiva, realizzando una prima socializzazione politica di massa. E come, pur essendo i soggetti fondatori della democrazia e della sua stabilità, siano pressoché scomparse.
Il Giappone è una realtà culturalmente distante che sfida la nostra conoscenza e le nostre categorie interpretative. Convinzioni e pregiudizi alimentano spesso una visione distorta, dimostrando come la sua percezione in termini di 'Estremo Oriente' continui ad agire a molti livelli della nostra comprensione. Con una metodologia storiografica innovativa, questo libro riduce le distanze narrando la storia del Giappone nei suoi aspetti economici, sociali, politici e culturali, dalle origini sino ai giorni nostri. La parte finale si concentra sulle recenti trasformazioni che hanno peraltro contribuito a ridisegnare la fisionomia della società giapponese nel nuovo millennio: dalle nuove strategie in politica interna ed estera al disastro della centrale nucleare di Fukushima, dai mutamenti nel mondo del lavoro a quelli nella struttura familiare e negli stili di vita.
Bruno Caccia fu ucciso dalla 'ndrangheta, senza alcun dubbio. Ma nell'anomala vicenda dell'unico omicidio di un magistrato commesso da un'associazione mafiosa nel Nord Italia rimangono molte ombre. Come sancì la seconda sentenza di appello per il delitto, infatti, e come confermò la Cassazione, il Procuratore fu ucciso in quanto «ostacolava la disponibilità altrui», cioè la disponibilità di altri magistrati verso i malavitosi. Esistono dunque, al di là degli esiti processuali, ben più ampie responsabilità che spiegano anche l'oblio a cui la vicenda è stata destinata. Il libro passa in rassegna le inchieste aperte da Caccia e prende in esame documenti inediti e nuove testimonianze. Quello che emerge è una fitta trama di relazioni pericolose tra alcuni magistrati, alcuni esponenti della criminalità organizzata e gli indagati nelle inchieste 'scandalo', che in quel terribile 1983 coinvolgevano esponenti delle istituzioni, Guardia di Finanza, massoni. La magistratura nel suo insieme ha avuto in questa vicenda - secondo l'autrice - responsabilità gravissime. E arrivato il momento di riconoscerle.
Col Trattato di Versailles, al termine della Grande guerra, la Germania è condannata a pagare in trent'anni 132 miliardi di marchi d'oro. Le conseguenze della miopia dei vincitori emergono presto: una Germania frustrata e indignata diventa il vivaio ideale per la nascita del nazismo. Dopo la Seconda guerra mondiale tutto cambia: il Piano Marshall finanzia la ricostruzione europea e, più tardi, nella conferenza di Londra del '53, i Paesi creditori decidono di cancellare metà del debito tedesco. Ma non esistono solo i debiti di guerra, ci sono anche quelli contratti in tempo di pace. L'Europa degli anni più recenti ha affrontato la questione senza riuscire a dimostrare unità. Il caso del debito greco esplode nel 2009, seguito da una crisi di rapporti greco-tedeschi: la Grecia accusa la Germania di non aver onorato i debiti contratti con la guerra, mentre i tedeschi accusano la Grecia di aver truccato i conti. L'Unione vacilla sotto il peso della crisi. Oggi, per capire le polarizzazioni e i contrasti sulle politiche dell'austerità è fondamentale isolare gli snodi storici che hanno definito i rapporti tra creditori e debitori in Europa. È quello che fa Sergio Romano attraverso gli ultimi centocinquant'anni, sottolineando come la fiducia reciproca tra i popoli abbia svolto una funzione fondamentale per superare i momenti di difficoltà e avviare la ripresa.
Dal colonialismo al moderno populismo, dai fallimenti del liberalismo ottocentesco ai limiti di quello contemporaneo, dal caudillismo all'autoritarismo, dall'indipendenza ai giorni nostri. Loris Zanatta ricostruisce la storia complessa e affascinante dell'America Latina.
Moretto a Roma se lo ricordano ancora. Il suo vero nome è Pacifico di Consiglio e nel 1943 è Punico ebreo romano che durante l'occupazione nazista resta in città per dare la caccia ai suoi persecutori. Pugile dilettante, la vita di Moretto, come quella di tanti ebrei romani, cambia dopo il 19.38. Ma a differenza di altri, Moretto trova il modo per ribellarsi. Fa innamorare la nipote di Luigi Roselli, uno dei più spietati e pericolosi collaboratori italiani dei nazisti, e, grazie alle informazioni della giovane, lancia una sfida alle bande comandate dal colonnello Kappler, capo della polizia tedesca di Roma. Arrestato due volte, riesce sempre a fuggire mettendo in atto stratagemmi e altri intrighi, continuando a combattere contro centinaia di spie, delatori e poliziotti fascisti. Il Duello nel ghetto di Roma fra Moretto e Roselli si gioca tutto nel quartiere a ridosso del Tevere. Una manciata di strade fino a pochi anni prima orgoglio di convivenza e poi diventate teatro di un mondo braccato: famiglie numerose nascoste nel timore della cattura, uomini obbligati a pagare affitti da capogiro a protettori-sfruttatori, donne e bambini rifugiati in conventi dove spesso tentano di convertirli, sopravvissuti per caso o fortuna al 16 ottobre tornati a risiedere nel Ghetto sfidando la sorte. Per costoro scarseggia il cibo, la morte è in agguato, non possono fidarsi di nessuno ma le voci che si rincorrono su Moretto dimostrano che si può continuare a resistere.
Perché ancora oggi in Italia stenta ad affermarsi una cultura politica riformista? Per quale motivo persistono, tanto a destra quanto a sinistra, consistenti tracce di populismo e di estremismo? Perché abbiamo avuto il più grande Partito comunista dell'Occidente e non è riuscita a mettere radici una solida socialdemocrazia di tipo europeo? E su quale terreno affonda le radici il terrorismo, da noi così virulento? Il tentativo di rispondere a queste domande, più che mai attuali, non può prescindere da un'analisi della storia del nostro Paese che ponga al centro il mito della rivoluzione. Un mito non soltanto italiano, ma che in Italia si è dimostrato particolarmente vitale e incisivo. Un'idea potente e trasversale, fonte allo stesso tempo di grandi speranze e di luttuose tragedie: la patologia di un secolo, il Novecento, segnato da guerre e totalitarismi. In questo libro Paolo Buchignani traccia un percorso che, dal Risorgimento agli anni di piombo, mostra la fortuna e la longevità della rivoluzione: «tradita», «incompiuta», via via corredata da varie denominazioni, così seducente e popolare da essere stata per tanto tempo, più o meno consapevolmente e strumentalmente, abbracciata anche da coloro che rivoluzionari non erano. Emerge con forza come, al di là della volontà di uomini, partiti, élite intellettuali, spesso mossi da sincere intenzioni di rinnovamento e di giustizia sociale, il richiamo alla rivoluzione abbia avuto esiti deleteri e abbia costituito un ostacolo rispetto all'affermazione di una cultura politica autenticamente democratica e riformista. Una cultura di cui, specialmente in questa fase storica, si avverte la necessità, per affrontare con efficacia le drammatiche sfide del nostro tempo.
Tratto dalla Storia della letteratura italiana – considerata da René Wellek “la più bella storia letteraria che sia mai stata scritta” – il capitolo che descrive l’opera e il pensiero di Machiavelli mostra tutta l’arte di De Sanctis: alla ineguagliabile capacità interpretativa, fondata sull’analisi dei testi e sulla vasta conoscenza del contesto storico, il grande studioso irpino univa il suo stile inimitabile, fatto di folgoranti definizioni. Lo scrittore e giornalista Federigo Verdinois scrisse di lui in un suggestivo profilo (pubblicato all’interno di questo volume): “scolpisce più che non descriva”. Una forza “plastica” che fa sì che i testi di De Sanctis resistano al passare del tempo e siano ancora tra le vette più alte della nostra critica.
“Il Dio di Machiavelli è l’intelletto, l’intelligenza e la regola delle forze mondane: il risultato è scienza”.
Il 3 gennaio 1947 il presidente del Consiglio De Gasperi partiva per lo storico viaggio negli Stati Uniti in cui furono poste le basi dello schieramento ?occidentale? dell?Italia. Da parte americana il nostro era considerato solo un Paese sconfitto nella recente guerra, non certo un possibile protagonista della politica internazionale, ma De Gasperi riuscì ugualmente, vincendo molte resistenze da entrambe le parti, a fare accettare il suo disegno. Nel rapido evolversi della situazione mondiale, questa scelta rimarrà l?asse portante della politica estera italiana nel dopoguerra. Due anni dopo, De Gasperi volle e riuscì a portare nell?Alleanza Atlantica l?Italia, esclusa nell?iniziale impostazione del presidente degli Stati Uniti Truman; mancò però di valutare la posizione necessariamente subordinata cui il nostro Paese sarebbe stato destinato nel patto. Queste cruciali vicende vengono ricostruite sulla base di una scrupolosa e ampiamente citata documentazione, in parte inedita, come le carte personali di Eisenhower e Truman scoperte dall?autore ad Abilene (Kansas) e Independence (Missouri), e dei fascicoli custoditi negli archivi britannici e italiani.