Le preghiere di liberazione e di guarigione non possono essere considerate una pratica devozionale di qualche gruppo cristiano ma vanno praticata da ogni credente, famiglia o comunità cristiana. Il compito che ha la Chiesa di liberare gli uomini dalle potenze del male è un preciso comando del suo Signore.
Presentazione di mons. Enrico Dal Covolo.
Lateranum, di periodicità quadrimestrale, è la rivista della Facoltà di S. Teologia della Pontificia Università Lateranense. In essa i docenti della Facoltà propongono i frutti della loro attività di ricerca e di insegnamento nell’ottica del sapere interdisciplinare. Negli ultimi decenni la rivista ha contribuito in modo determinante al profilarsi delle linee di pensiero di quella che può a buon diritto definirsi “scuola lateranense”. I destinatari sono gli specialisti in teologia e in discipline affini, ma anche i formatori, gli studenti e tutti coloro che desiderano entrare in dialogo sui temi appartenenti all’ampio universo del credere cristiano e della sua attuazione storica.
In prima traduzione italiana dal latino, la Spiegazione della XIII Tesi disputata a Lipsia sul potere del papa, testo-chiave per comprendere le ragioni profonde della Riforma protestante, viene qui inquadrata nel contesto delle precedenti 12 Tesi contro Johannes Eck, uno dei maggiori teologi cattolici dell’epoca.
Discussa nel 1519, la Tesi affronta la questione dell’antichità e legittimità del primato della chiesa di Roma attraverso un’approfondita esegesi dei passi neotestamentari collegati, nonché l’esame delle testimonianze dei Padri della chiesa, presentando il papato non come un’istituzione di diritto divino, bensì umano.
Combattuto tra il pericolo del dissolversi dell’unità dei cristiani e la difesa della verità scritturale, e pur disposto a riconoscere al papa un primato d’onore, Lutero per la prima volta avanza in pubblico il sospetto che il papato abbia un carattere anticristico. Pochi mesi dopo riceverà da Leone X la bolla di scomunica.
Dal punto di vista cristiano, la storia ha un "senso". Non è un flusso casuale e un intreccio di eventi e accadimenti, ma si offre contemporaneamente all'uomo come possibilità per affermare il suo valore, per realizzare il suo destino. La divinizzazione quale unico fine e scopo dell'uomo nella storia, presuppone la presenza e l'azione non solo dell'uomo, ma anche di Dio, nella realtà storica. La storia, in un'ottica cristiana, è una continua teofania. Eternità e temporalità, trascendenza e materialità, sovrastoricità e storicità si uniscono nella persona di Gesù Cristo, in un'unione perfetta. "Colui che assolutamente nulla può contenere è contenuto in un grembo. Colui che è nel seno del Padre sta tra le braccia della Madre", auconfinandosi entro i limiti finiti di ciò che è storico e umano. Questo è il prodigio di tutte le ere, il prodigio "straordinario" e "unico" (unicum) di tutta la storia. La presenza di Dio nella storia rende possibile l'incontro tra Dio e uomo, un incontro che si compie come dialogo redentivo del Creatore con la sua creatura, che porta alla loro unione, all'evento, cioè, della salvezza quale realizzazione dell'uomo e attuazione dello scopo della storia».
Da buon 007, Tosatti ama le sfide, e con Stilum Curiae gioca a tutto campo. Che si tratti di un’enciclica o di una nomina vescovile, di un viaggio papale o di un pettegolezzo curiale, di uno scandalo da svelare o di una grande questione culturale da sviscerare, lui è lì, impavido, e fornisce al lettore, assetato di informazioni non asservite, tutte le chiavi di lettura di cui dispone. Mettendoci la faccia.
Una volta, in un’intervista, Marco ha detto: “Un vaticanista è prima di ogni altra cosa un giornalista. Vale a dire che il suo compito è quello di informare, nel modo più veritiero e corretto possibile”. Sembra quasi un’ovvietà, ma oggi non è mica tanto ovvio. Come nella politica, anche nella “vaticanistica” ormai ci si muove in bande e si ragiona in termini partitici: pro o conto il papa, pro o contro una certa linea. Sempre con l’attenzione rivolta al palazzo, al referente di turno. Cercare semplicemente di utilizzare il cervello, per mettersi al servizio del lettore, è diventata quasi una bizzarria.
Uno studio originale e rivoluzionario sull'identità controversa del cosiddetto "Pseudo-Dionigi". I quattro trattati e le dieci lettere che compongono il Corpus Dionysiacum devono la loro straordinaria fortuna a due fattori: l'eccezionale levatura speculativa dei contenuti e lo pseudonimo dietro il quale il loro autore nasconde la propria identità: il Corpus è infatti portatore di dottrine di grande impatto teoretico su temi come l'ordine scalare dell'universo angelico e dei gradi ecclesiastici disposti in gerarchia (termine coniato proprio in questi scritti), la teologia negativa, la deificazione al termine dell'ascesa dell'anima verso Dio; opera attribuita a Dionigi membro dell'Areopago di Atene, convertito da san Paolo al cristianesimo. Per ottocento anni nessuno mise seriamente in dubbio la paternità di questi scritti, e numerose leggende fiorirono sulla biografia del personaggio. Ernesto S. Mainoldi, esperto di fama internazionale delle tematiche teologiche di area latina carolingia e proto-bizantina, propone qui gli esiti di una ricerca filologico-storica riccamente documentata e persuasiva, orientata, per la prima volta, a una dettagliata e completa ricostruzione del contesto storico-dottrinale in cui sono stati concepiti e hanno visto la luce gli scritti del Corpus.
Il teologo gesuita Karl Rahner (1904-1984), perito del Concilio Ecumenico Vaticano II, nell'immediato postconcilio si procurò la fama di uno dei più grandi teologi cattolici e interpreti. Tuttavia la sua interpretazione del si pone in rottura e non in continuità rispetto alla Tradizione cattolica, e la sua visione si distacca dalla dottrina dogmaticamente definita: Rahner è infatti uno dei principali responsabili della riduzione della teologia ad antropologia, come conseguenza dell’assunzione della modernità come categoria filosofica di riferimento.
Prima assoluta traduzione italiana con testo armeno a fronte di alcuni scritti di Eliseo, accomunati dal tema cristologico. Sono meditazioni e omelie su episodi della vita di Gesù. L’interesse teologico è dovuto al fatto che questi testi ci tramandano uno dei pochi esempi della cristologia armena più antica, precedente allo scoppio delle polemiche post-calcedonesi del VI secolo. Questi scritti costituiscono, inoltre, una testimonianza evidente della ricca e profonda spiritualità armena. L’analisi stilistica e il confronto linguistico hanno permesso di restituire a Eliseo anche uno splendido testo Sulla risurrezione di Lazzaro, finora pubblicato tra le opere di Mambre.