Società intelligente o stupidità di massa? Che forma prenderà il mondo che ci aspetta? Davanti a noi una scelta di civiltà. Dopo la pandemia, la guerra in Europa. I due ultimi shock globali dovrebbero convincerci che la stagione della globalizzazione sta definitivamente tramontando. Siamo ormai oltre la modernità liquida, costretti ad affrontare gli esiti di un virus che non si lascia debellare e allo stesso tempo spinti a ripensare il futuro, nel quadro del paradigma tecnico-scientifico e del delicato processo di costruzione di un nuovo ordine mondiale. L'epoca nuova - quella della supersocietà - è caratterizzata da una vita individuale e collettiva sempre più dipendente dalla tecnologia, dall'intreccio inestricabile tra azione umana ed ecosistema, e dal rapporto sempre più stretto tra soggettività - nelle sue componenti anche psichiche e biologiche - e organizzazione sociale. E domani? Dove ci condurranno sostenibilità e digitalizzazione, i due grandi protagonisti della nostra quotidianità? Verso un mondo distopico, centralizzato e burocratizzato, o verso la società dell'intelligenza diffusa dove la libertà potrà ancora essere l'elemento cardine per tenere insieme sviluppo economico e democrazia?
«Perché vi siete allontanati dalla Chiesa?». Da questa domanda, posta a cento giovani tra i 18 e i 29 anni, ha preso le mosse l'indagine, condotta dall'Osservatorio Giovani dell'Istituto Toniolo, di cui in questo volume vengono presentati i risultati. A questi giovani è stato chiesto di raccontare la propria personale storia religiosa e la propria idea di spiritualità, il pensiero sulla Chiesa, la posizione rispetto alla fede. Ad altri giovani che, invece, sono attualmente impegnati nel contesto ecclesiale, è stato chiesto: «Perché voi siete rimasti?». Le risposte degli uni e degli altri lasciano intravedere un mondo giovanile sorprendente: l'abbandono della pratica religiosa e della comunità cristiana non significa necessariamente distacco dalla fede, così come l'essere rimasti non esprime adesione a tutto ciò che la Chiesa pensa e propone. Negli uni e negli altri vi è una ricerca quasi sempre inquieta e sofferta: di una fede personale che esprime anche l'aspirazione a una vita bella e buona; di una spiritualità che abbia le proprie radici nella profondità della coscienza.
Lo stile di vita degli italiani e i diversi ambiti della società hanno iniziato a separarsi da qualsiasi riferimento al trascendente ben prima dell'affermarsi dei consumi e dell'invasione televisiva. Quando la modernizzazione della produzione ha reso più sicura una vita prima minacciata dalla precarietà e dalla marginalità, l'esistenza è diventata molto meno problematica: anche da questo emergono l'indebolirsi delle credenze, l'assottigliarsi dei praticanti e il declino della sensibilità religiosa. Il libro si propone di spiegare in questo contesto l'affermazione e l'estesa persistenza dell'iniziativa educativa di don Giussani (1922-2005), fondatore del movimento di Comunione e Liberazione, tra le realtà ecclesiali più rilevanti della seconda metà del Novecento. Il contesto sul quale indagare, dati ISTAT alla mano ma anche letteratura, film e canzoni, sono le prospettive di vita che riempiono e animano la società italiana a partire dagli anni Cinquanta fino ai nostri giorni.
In questo testo l'autrice, rabbina francese, ci racconta come le storie, le narrazioni, le mitologie e i testi religiosi abbiano molte cose da dirci per aiutarci a capire il mondo. Sono loro che legano le generazioni e ci fanno scoprire che il mondo ha bisogno di rinnovarsi. Spetta a ciascuno di noi cercare il significato delle parole che riteniamo giusto. In questo modo possiamo ricostruire il senso delle frasi e il senso del mondo in modo che sia buono per tutti noi.
Il filo conduttore del volume è il concetto di diaspora all'interno della quale i cristiani sono chiamati a vivere nella società laica e secolare. Non più la diaspora territoriale, ma la diaspora globale dello spazio pubblico che intacca il fondamento interno della fede religiosa, rende irrilevanti le supplenze che in passato assolvevano le Chiese, rende nudi i cristiani del loro fondamento. Per tali ragioni i cristiani alimentano altrove - quali le comunità diasporiche - la loro diversità evangelica. In questa visione di difesa della diaspora nello spazio pubblico secolare sta la difesa della diversità e durata del messaggio evangelico. In chiave esistenziale la diaspora è sempre una condizione di mezzo verso il futuro e per tale ragione è percepita come abitata da pericoli e da demoni. Come nei luoghi misteriosi dell'infanzia, ognuno pensa solo di uscirne, anziché di potervi soggiornare stabilmente. Potrebbe essere invece che la diaspora sia la condizione normale della vita, in cui si nasce, si vive e si muore. La diaspora però non più quale spazio territoriale, ma antropologico da comprendere e vivere. A questo servono le «strutture di plausibilità», dentro le quali il singolo credente trova conferma alla sua identità e vince la dissonanza cognitiva del mondo contrastante. Il libro è dedicato alle molteplici esperienze della diaspora territoriale, e ora antropologica, considerata quale risorsa e pericolo per i cristiani nello spazio pubblico laico che si organizza «come se Dio non ci fosse». In tale prospettiva la diaspora è un altro e nuovo spazio di sperimentazione, di trasformazione, di passaggio al futuro, di inclusione o di esclusione. Una vocazione perdurante alla diaspora. Nel racconto della storia la diaspora è stata un prototipo biblico. Nulla di nuovo per i primi cristiani descritti nella Lettera a Diogneto. La diaspora fu per loro la vocazione a vivere nel mondo, senza essere del mondo. «Questo libro mi lascia in cuore la sensazione di essere di fronte a un mare di possibilità. Non tanto un mondo che finisce, ma un mondo che nasce. È il tempo di sognare nuove forme di Chiesa per essere ancora capaci di esprimere la vitalità sempre sorprendente del Vangelo». (dalla Postfazione di Mons. Derio Olivero)
Sono quasi 6 milioni gli italiani che vivono all'estero: il 48,2% è donna. Oltre 2,8 milioni. Grazie all'annuale Rapporto Italiani nel Mondo sappiamo che la presenza femminile cresce in maniera costante e dal 2006 ad oggi è praticamente raddoppiata. Ovviamente l'emigrazione femminile esiste da sempre. Da sempre, come gli uomini, anche le donne hanno preso parte all'emigrazione in particolar modo dopo la seconda guerra mondiale. Ma cosa sappiamo di questa crescente emigrazione femminile degli anni 2000 così diversa dalle precedenti? Il saggio cerca di comprendere le cause e le motivazioni che spingono tante donne a partire, analizzando il contesto sociale e culturale di un'Italia drammaticamente poco aperta e disponibile verso il mondo femminile, inserendo oltre a dati e statistiche la voce di dieci donne che raccontano a cuore aperto la loro scelta di lasciare l'Italia, il loro amore per la madre patria, il loro inserimento e radicamento nel Paese che le ha accolte e il loro desiderio, almeno per il momento, di non rientrare.
La Generazione Z è la prima ad aver attraversato la pubertà con in tasca un portale verso una realtà alternativa eccitante, ma pericolosa. È la prima ad aver sperimentato la transizione da un'infanzia basata sul gioco a un'infanzia basata sul telefonino, ma anche da un'infanzia libera a una ipercontrollata: mentre gli adulti hanno infatti iniziato a proteggere eccessivamente i bambini nel mondo reale, li hanno lasciati privi di sorveglianza in quello online. Attingendo alle ricerche più recenti, Haidt mostra come questa "riconfigurazione" ha interferito con lo sviluppo di bambini e adolescenti causando ansia, privazione del sonno, frammentazione dell'attenzione, dipendenza, paura del confronto sociale. E mentre ne espone le disastrose conseguenze chiama alle armi genitori, insegnanti, aziende tecnologiche e governi affinché salvino la salute mentale dei più giovani.
La famiglia è un soggetto di cui tutti hanno esperienza. Ma quando osserviamo una famiglia, cosa osserviamo realmente? Che caratteristiche hanno le relazioni familiari e che cosa le connota in modo specifico? Questo libro offre una presentazione sistematica degli elementi distintivi dell'essere famiglia, a partire dalla prospettiva sociologica, con riferimento al presente e al contesto italiano. L'osservazione sociologica consente di evidenziare come la famiglia sia un oggetto particolarmente complesso, con caratteristiche variabili rispetto alla sua struttura e alla diversa disponibilità di capitale sociale, culturale e di reddito. Il volume ripercorre i principali cambiamenti che hanno investito la famiglia nel contesto contemporaneo, caratterizzato da processi di frammentazione dei legami, evidenziando le sfide più rilevanti e urgenti, tra cui le scelte procreative, l'invecchiamento, i processi migratori, la socializzazione e l'educazione delle nuove generazioni, i rapporti tra i generi e le generazioni, tra famiglia e comunità.
Cinquant'anni fa Paolo Sylos Labini pubblicò il "Saggio sulle classi sociali", un libro fondamentale che rivoluzionò l'idea stessa della struttura sociale italiana, mettendo in luce come negli anni del boom economico si fosse formato un vasto ceto medio, non più proletario e non ancora borghese. In questo mezzo secolo nessuno è più tornato a indagare così in profondità la società e per molto tempo ci si è accontentati di dire che «le classi non ci sono più». Pier Giorgio Ardeni è 'tornato sul luogo del delitto', riprendendo il lavoro di analisi laddove lo aveva lasciato Sylos Labini. Il risultato della sua ricerca descrive i cambiamenti intervenuti e come l'Italia intera è ancora attraversata da differenze sociali che permangono forti e nette, che limitano la mobilità sociale, l'accesso all'istruzione, le possibilità e le opportunità. Certo, il peso relativo delle classi è variato e con esso il loro peso 'politico' ma, ancora oggi, a differenze nel contesto di origine, nel titolo di studio e nella professione corrispondono disuguaglianze nella distribuzione del reddito. Ed è proprio da questi aspetti che bisogna ripartire per ripensare la crisi della democrazia e della rappresentanza.
Esiste una modalità specificamente liquido-moderna del male. È ancora più insidiosa e pericolosa delle sue precedenti manifestazioni storiche perché il male oggi appare frammentato, polverizzato, disarticolato e disperso. Il male liquefatto si cela alla vista e, anziché essere riconosciuto per ciò che è, riesce a passare inosservato. Il male liquido ha una stupefacente capacità di camuffarsi e reclutare al proprio servizio ogni sorta di interesse e desiderio umano, profondamente umano. Lo fa con motivazioni tanto pretestuose quanto difficili da sfatare e confutare. Il più delle volte il male liquefatto riesce ad apparire non come un mostro, ma come un amico che non vede l'ora di dare una mano. Utilizza come strategia di fondo la tentazione anziché la coercizione. Zygmunt Bauman affronta il tema del male nella contemporaneità in un dialogo serrato con il filosofo Leonidas Donskis.
"Tutto il mondo è un palcoscenico," dichiara il malinconico Jacques nella commedia di Shakespeare Come vi piace. Oggi è più vero che mai: un gruppo di demagoghi occupa ormai da anni il palcoscenico mondiale. Sono performer brillanti, capaci di catturare il pubblico grazie a carisma e doti retoriche fuori dal comune. Ma come ci riescono? Con gli strumenti della sociologia, Richard Sennett esplora le dinamiche complesse e spesso contraddittorie della performance in vari contesti sociali - nella vita, nell'arte e nella politica - partendo dalla inquietante constatazione che il demagogo condivide con il ballerino e il musicista lo stesso regno non verbale di gesti, illuminazione, costumi e scenografie. Allo stesso modo, nei ruoli e nei riti della vita quotidiana anche noi oltrepassiamo spesso il confine della recitazione, in forme che possono essere sublimi o terribili, repressive o liberatorie. Ad ogni pagina La società del palcoscenico ci invita a riflettere su come la performance possa essere un mezzo di espressione personale e collettivo e un veicolo di trasformazione sociale e culturale, e come, quindi, le arti performative siano strettamente interconnesse al destino pubblico della società. Muovendosi tra diverse scuole di pensiero, e attingendo al suo passato da violoncellista professionista, Sennett ci restituisce una prospettiva critica, ma non pessimista, della performance, in una visione unica e stimolante, capace di ispirare artisti, studiosi e appassionati, e offre un'interpretazione della messa in scena, in tutte le sue forme, come arte squisitamente ambigua. Con la sua analisi del ruolo della performance nella vita quotidiana, nell'arte e nella politica, Richard Sennett parla con forza delle nostre necessità attuali e ci offre gli strumenti per difenderci dalla degradazione dello spazio sociale pubblico e dal fascino ambiguo dei demagoghi.
Educazione. Per alcuni un peso di cui disfarsi, per altri una risorsa senza la quale qualsiasi gruppo è destinato prima o poi a sgretolarsi. Educare oggi si può? L'educazione è solo una tecnica e una costruzione di competenze? Che si parli di ammonimenti o di «prediche», di modelli o di esempi, il problema attraversa la famiglia, la scuola, le associazioni del tempo libero e le relazioni di lavoro, e chiama sempre in causa la questione dei valori. Di certo, anche per le generazioni dell'era virtuale lo scambio diretto a fini educativi tra le persone - adulti-giovani, maestro-allievo - resta qualcosa di insostituibile.