Il volume contiene venti saggi scritti da grandi specialisti italiani, francesi e tedeschi sull’Ordine religioso dei Templari, i Pauperes Commilitones Christi Templique Salomonis. Rispetto alla conoscenza diffusa sull’argomento, sono presenti novità assolute, per esempio in rapporto alla legislazione, con gli studi sul manoscritto 44 A 14 della Biblioteca Corsiniana di Roma appartenente all’Accademia dei Lincei, ma anche per gli studi condotti in ambito inglese su un codice di recente ritrovamento della Biblioteca Capitolare di Modena, sicuramente appartenuto a una domus templare italiana, in cui sono descritte le cerimonie liturgiche dei cavalieri del Tempio. Inoltre si è voluto inserire la storia di questo Ordine religioso nel contesto del Mediterraneo al tempo delle spedizioni, o meglio dei pellegrinaggi armati (passagia) verso la Terra Santa. Specialisti di sicura competenza hanno affrontato il problema dei rapporti tra i pauperes commilitones e i poteri costituiti, imperatori, re, papi e sultani, mentre altri hanno indagato il loro modo di rappresentarsi nei sigilli utilizzati da alcuni responsabili dell’Ordine. Ogni saggio, di facile lettura, si conclude con una bibliografia utile per chi voglia approfondire le questioni trattate. Il tutto senza alcun cedimento ai miti storiografici e letterari che continuano a circolare nella cultura mondiale. In particolare, il saggio conclusivo del libro affronta nello specifico la storia di queste utilizzazioni del mito templare, chiarendone le ragioni e le implicazioni religiose, politiche e sociali.
Questo libro ricostruisce il percorso compiuto dalla Chiesa nella sua relazione con il moderno, assumendo un punto di vista specifico: l'atteggiamento elaborato dal papato. Se il confronto di quest'ultimo con la cultura moderna era iniziato già nel corso della Rivoluzione francese, il punto di partenza prescelto è il pontificato di Pio X che, con la solenne condanna del modernismo nell'enciclica "Pascendi" del 1907, segna una svolta: il moderno, da avversario con cui misurarsi anche per poter essere al passo con i tempi, diventa il nemico che penetra nascostamente all'interno della Chiesa per dissolverla. Vengono qui delineati i tratti fondamentali con cui ciascuno dei pontefici successivi, fino a papa Francesco, si è confrontato con questo insieme di problemi, cercando di definire una linea di presenza della Chiesa nella modernità. Tra continuità dottrinali, differenze pastorali e, talvolta, innovazioni teologiche.
Pubblicato nel 1905 questo libro resta ancora oggi un riferimento insostituibile per capire come le prime generazioni cristiane hanno affrontato il tema della guerra e del servizio militare. Dallo studio emergono due tendenze che seguiranno nel corso della storia, ben oltre i primi secoli del cristianesimo, strade diverse e talvolta contrapposte. Il servizio militare, pur nella varietà delle tipologie dell’esercito imperiale, verrà ad un tempo accettato e rifiutato mentre il linguaggio militare utilizzato già da Paolo e ripreso dai Padri come vero topos letterario finirà per esercitare un influsso che produrrà progressivamente assuefazione al servizio militare mentre la spirituale milizia di Cristo diverrà, a partire dall’epoca costantiniana, una concreta milizia nell’esercito dell’imperatore. È dunque in questi primi secoli che il cristianesimo passa progressivamente da religione di pace ad una forma di militanza che prevederà in nome di Cristo l’uso delle armi e della violenza sotto le insegne del papa, dell’imperatore o del potere politico cristianamente devoto.
In questo libro si racconta la storia del processo intentato dal tribunale dell’Inquisizione di Udine contro Ambrogio Castenario, un fabbro tedesco proveniente da Lubiana, condannato a morte dopo una vita vissuta a Udine nella più completa oscurità. L’incartamento del processo – conservato nell’archivio della Curia Arcivescovile di Udine – riesce a darci un ritratto molto preciso della sua fede, delle sue convinzioni e del suo modo di viverle; della sua vicenda umana, insomma, che lo avrebbe portato prima al cospetto del tribunale dell’Inquisizione e, successivamente, alla condanna a morte in quanto eretico impenitente.
La Prima guerra mondiale scoppiò in una Europa globalmente cristiana, e la tentazione di mescolare fino a confonderle guerra e religione non fu illusoria. Se il ritorno sugli eventi del Primo conflitto mondiale potesse aiutarci a comprendere l’incongruità della strumentalizzazione della religione come della sacralizzazione della guerra e della violenza, questo volume avrebbe assolto ad uno dei suoi compiti maggiori. Attraverso questa raccolta di studi, inoltre, si intende far capire meglio l’essenza della posizione della Santa Sede nei conflitti, specialmente quando i contendenti sono cristiani, anzi cattolici. La Santa Sede, infatti, non rivendicò tanto una certa «neutralità», bensì una reale «imparzialità» in cui manifestò attivamente il suo interesse per la pace e offrì il suo contributo a creare le condizioni di una dignitosa e pacifica convivenza.
Il caso delle relazioni tra la Santa Sede e l’Ungheria si rivela emblematico, perché malgrado le vicissitudini nella Storia e le variazioni dei regimi politici, Santa Sede e Ungheria – eccetto il periodo sovietico – affermarono sempre la loro comune volontà di cooperare per il bene comune, ciascuna nella sfera di propria competenza, in un clima di fiducia, stima e fattiva collaborazione. Dopo la fine dell'impero Austro-Ungarico, Santa Sede e Ungheria decisero di mantenere e sviluppare le loro relazioni in un contesto decisamente nuovo. Sin dal 1920 e fino al 1945, quando il Nunzio apostolico fu espulso, scopriamo l'intensa attività della Chiesa cattolica e in particolare quella della Santa Sede e dei suoi Rappresentanti, non soltanto al servizio della vita interna della Chiesa e delle sue comunità, ma anche in favore dell'intera società ungherese, in particolare durante la Seconda guerra mondiale, grazie ad una coraggiosa e proficua "diplomazia umanitaria". Questo volume porta delle conoscenze nuove, grazie ad una approfondita ricerca archivistica, e apre inedite prospettive di ricerche, tanto immenso si rivela il campo delle relazioni diplomatiche.
Il popolo romeno si segnala per aver perpetrato con straordinaria fedeltà la lingua di Roma. Peraltro, nello spazio in cui esso è venuto formandosi, dalla tarda antichità Roma si concretizzava politicamente ed ecclesiasticamente nella Nuova Roma sul Bosforo: dirsi «Romani» significava, dunque, dirsi partecipi di quell'universo istituzionale e ideale che aveva in Costantinopoli il suo fulcro.Dopo la fine del IX secolo, la tradizione ecclesiastica e di civiltà della Nuova Roma fu assunta dalle popolazioni latinofone diffuse sulle due sponde del Danubio tramite la mediazione, che di tale patrimonio realizzarono in lingua slava i discepoli di Crillo e Metodio. In tal modo il popolo romeno, portatore della lingua di Roma e formatosi nell'alveo ecclesiastico e di civiltà di Costantinopoli (ciò rimase sempre legato), si trovò nei secoli medioevali pienamente partecipe della vita spirituale e intellettuale della Slavia ortodossa.Con l'avvio del secondo Millennio lo spazio, in cui il popolo romeno è venuto progressivamente organizzando le proprie strutture sociali ed ecclesiastiche, ha costituito una tipica area d'intersezione tra Commonwealth bizantino e Christianitas latina; ne è conseguito che identità confessionali e forme di vita ecclesiastiche, altrove percepite in termini di dialettica contrapposizione, sono risultate in questo spazio (soprattutto in Transilvania) componenti distinte, ma imprescindibili, di una realtà antropologica di fatto unitaria e omnicomprensiva. Nella sua «lunga durata» la vicenda del popolo romeno ci mostra esemplarmente come il vitale intreccio di esperienze e tradizioni religiose costituisca di fatto il contesto storico ed esistenzialmente tipico dell'uomo europeo: radicato in uno specifico patrimonio di identità e di forme di vita, ma in grado di interagire con le altre realtà religiose e culturali, costitutive del suo orizzonte antropologico.
Edith Pásztor (Budapest 1925 - Roma 2015) è stata per decenni una delle protagoniste di quella medievistica romana raccoltasi a metà del secolo scorso attorno a Raffaello Morghen. A lungo collaboratrice di Raoul Manselli (m. 1994), ne accompagnò e ne proseguì il magistero e ne tenne vivi i molteplici interessi intorno alla storia religiosa del basso medioevo dalla cattedra di Storia medievale della Sapienza. La sua fisionomia di studiosa si caratterizza per la peculiare sensibilità verso gli aspetti filologici e diplomatisti delle fonti e per l'attenzione anche ai temi all'epoca poco frequentati o decisamente innovativi (dalle eresie al francescanesimo spirituale, dalla storia delle donne ai prodotti documentari della cancelleria pontificia). Alla sua memoria un gruppo di allievi ha dedicato questi saggi, che riprendono e approfondiscono in modo aggiornato alcuni dei suoi più emblematici percorsi di ricerca.
Descrizione
Per gli 800 anni della celebrazione del Concilio Lateranense IV (1015-2015) un’istituzione lateranense come la Facoltà di Teologia della PUL non poteva che cogliere l’occasione di rivisitare dal punto di vista teologico (questa è la peculiarità della presente monografia) quanto di più significativo quel concilio, considerato il più importante del Medioevo, ha apportato alla Chiesa. Il volume raccoglie i contributi del Simposio celebratosi all’Università Lateranense dal 30 novembre al 1 dicembre 2015. Essi, da come si potrà constatare, sono il frutto di una sinergica collaborazione tra i docenti dei diversi Atenei e istituzioni accademiche che sono intervenuti durante il convegno.
Biografia
Nicola Ciola Professore ordinario di Cristologia e decano della Facoltà di Teologia della Pontificia Università Lateranense, è membro della Pontificia Accademia di Teologia e socio dell’Accademia Fulgina di Lettere Scienze e Arti. Ha di recente pubblicato Cristologia e Trinità (Roma 2002); Gesù Cristo nostra speranza. Saggio di escatologia in prospettiva trinitaria (con Marcello Bordoni, Bologna 2008); Gesù Cristo Figlio di Dio. I. Vicenda storica e sviluppi della tradizione ecclesiale (Roma 2012); Concilio Vaticano II e rinnovamento teologico (Città del Vaticano 2013).
Antonio Sabetta È docente incaricato di Teologia Fondamentale presso la Pontificia Università Lateranense; studioso della modernità, di G. Vico e delle questioni liminari tra fede e ragione. Ha di recente pubblicato i volumi La cristologia filosofica nell’orizzonte della modernità (Roma 2015) e Rivelazione (Assisi 2016).
Pierluigi Sguazzardo È docente incaricato di Cristologia presso la Pontificia Università Lateranense; studioso delle questioni di teologia trinitaria e di cristologia agostiniana. Ha di recente pubblicato il saggio Incarnazione (Assisi 2013) e curato il volume di Yves Congar Teologia. Una riflessione storica e speculativa sul concetto di teologia cristiana (con Antonio Sabetta, Città del Vaticano 2011).
Gli archivi sono sempre fonte inesauribile di scoperte. La consultazione paziente delle carte, la conoscenza intensa dei fondi e la curiosità per la ricerca portano con sé frutti inattesi, che si presentano dapprima in forma timida, e poi svelano tutta la loro ricchezza. Così è stato per un particolare genere di documento che si intende presentare in questo volume. L'acuto e metodico lavoro del Direttore dell'Archivio Storico Diocesano di Milano monsignor Bruno Maria Bosatra ha permesso di scoprire un peculiare genere di lettera che non pare sino ad ora avere ricevuto particolare attenzione negli studi di carattere storico ed archivistico. Tale genere di documento presenta caratteristiche che permettono di definirlo 'annuncio di morte'. Per mezzo di esso i vicari foranei comunicavano alla curia arcivescovale la vacanza di un beneficio ecclesiastico nel territorio di loro giurisdizione.
Il presente volume aggiunge un nuovo e fondamentale tassello al compimento del suggestivo progetto di "Storia religiosa europea", promosso dalla fondazione italiana Paolo VI che, attraverso le Settimane di studio a Villa Cagnola di Gazzada (Varese), ha passato in rassegna tutti i popoli del Vecchio Continente e con le successive pubblicazioni, che hanno raccolto e ampliato le relazioni proposte negli incontri, ha dato vita a un rilevante corpus di studi, cui hanno offerto il loro contributo numerosi e qualificati specialisti, non soltanto europei. Il promotore dell'impresa, che ne ha guidato l'avvio, fu il noto teologo e vescovo Carlo Colombo che, nel suo ruolo di primo presidente, aveva indirizzato verso tale orizzonte con determinazione la neonata istituzione della Chiesa milanese, dedicata e profondamente ispirata al magistero di Paolo VI.