Imperatore fra il 117 e il 138 d.C, Adriano, grazie al suo grande talento politico e amministrativo, conseguì notevoli successi sulla scena sia interna sia esterna. Uomo pieno di contraddizioni, letterato, fervido ammiratore della cultura greca, ha lasciato traccia della sua grandezza nella Villa Adriana di Tivoli. Il volume ne ricostruisce la figura e ne racconta le imprese, collocandole sullo sfondo di Roma all'epoca del suo massimo splendore.
Marco Minghetti (1818-1886) fu uno dei principali teorici, in Italia e in Europa, del pensiero politico liberale e, allo stesso tempo, eminente statista della Destra storica: più volte Ministro e Presidente del Consiglio, legò il suo nome a tappe salienti della politica nazionale quali la Convenzione di settembre, l'avvio dell'inchiesta industriale e dell'inchiesta agraria, la revisione dei trattati commerciali, il raggiungimento del pareggio di bilancio. Raffaella Gherardi ne ripercorre qui non solo gli scritti, ma anche i discorsi parlamentari ed extraparlamentari, attingendo a documenti spesso non facilmente reperibili: emerge il ritratto a tutto tondo di una personalità attenta a sfuggire gli opposti rischi di una scienza della politica disancorata dalla prassi e di un'azione politica meramente empirica e contingente. Si manifestano inoltre temi ancora oggi rilevanti: il rapporto fra economia, morale e diritto; le relazioni tra Stato e Chiesa; le ingerenze dei partiti politici nella giustizia e nell'amministrazione. Anche di fronte alla politica del presente l'opera di Minghetti non ha perso centralità, elevandolo a classico della politica italiana ed europea, in grado di parlare a tempi che vanno ben oltre quelli che egli ha vissuto.
"Ma perché io scrivo tutte queste osservazioni, che, se pervenissero in mano a qualche competente autorità, sarebbero sufficienti a mandarmi almeno al confino? Per due ragioni: primo perché se questo periodo passerà prima che io muoia, e se io vedrò il tempo in cui poter fare la storia sincera di questi anni, tutti i piccoli episodi che registro potranno servire a ricostruire l'atmosfera in cui oggi soffochiamo; secondo perché, se questo tempo non passerà per qualche mezzo secolo, e se noi siamo veramente i superstiti malinconici di una civiltà al tramonto, potrebbe tra qualche secolo questo scartafaccio cadere in mano di qualche studioso di storia e apparire un documento di vita non privo di interesse... E poi e poi: scrivo tanto per protestare, tanto per far sapere a me stesso, rileggendo quello che ho scritto, che c'è almeno uno che non vuol essere complice!" Testimonianza della crisi definitiva del regime fascista, il "Diario" è anche il racconto del farsi di una rinascita civile collettiva del paese che precedette quella economica e materiale.
Giornale intimo e documento della crisi della civiltà europea, il Diario non vuole presentare gli esiti pacificati di una lotta già vissuta e vinta: assai più suggestivamente esso è l'itinerario in fieri di una liberazione, in primo luogo interiore, con tutto il suo carico di incertezze e di aporie. È la testimonianza di un cammino morale, intellettuale e spirituale, assai più ricco di domande che di risposte. Un romanzo di formazione, lo si potrebbe anche definire, o la fenomenologia di una coscienza acutissima e unica, ma al contempo, per la quantità di personaggi che vi hanno parte, racconto corale agli italiani di oggi del farsi progressivo della coscienza democratica del nostro popolo.
Bebe, appena diciottenne, come tutti i ragazzi della sua età ama divertirsi: andare al centro commerciale o ai concerti con le amiche, mettersi in tiro per uscire la sera... Non ci sarebbe nulla di strano se non stessimo parlando di Beatrice Vio che a undici anni, dopo essere stata colpita da una forma di meningite acuta, ha subito amputazioni a gambe e braccia. Ma per Bebe la malattia non è la fine, anzi rappresenta soltanto una piccola parentesi tra quello che era prima - una bambina con una famiglia fantastica, moltissimi amici e le "tre S" (scuola, scout, scherma) - e quello che è diventata, ovvero un'adolescente felice, con ancora più amici di prima e sempre le "tre S", ma un po' cambiate: oggi frequenta le superiori, ha ormai ricevuto il suo nome-caccia scout (Fenice Radiosa) e ha già vinto diverse medaglie in competizioni paralimpiche di scherma, anche internazionali, di altissimo livello. Eccezionale atleta e insieme ragazza scoppiettante di vita, Bebe si racconta in queste pagine che traboccano di entusiasmo: dalle gare in giro per il mondo alle vacanza all'Elba, dalle figuracce in tv alle gioie delle protesi con tacco, dai faccia a faccia con i suoi miti agli incontri motivazionali che tiene nelle piazze e nelle scuole. E dei suoi sogni. Perché dopo avere fondato con i genitori art4sport (un'associazione onlus che avvicina i ragazzi con disabilità fisiche allo sport), avere fatto la tedofora a Londra 2012 e avere gareggiato con le atlete più forti al mondo...
La storia di un uomo che tutti nella piccola Gualtieri chiamavano "al matt", che ha sempre vissuto ai margini, da disadattato, scambiando i suoi quadri per un piatto di minestra - quadri che finirono spesso nelle stalle o a sbarrare vecchie finestre, fino a quando il suo talento non fu scoperto proprio da uno psichiatra durante il ricovero in manicomio. La sua arte, ma soprattutto le passioni, le vicissitudini, gli aneddoti, gli amori di un uomo divenuto un mito nella "bassa" del Novecento. Dall'infanzia a San Gallo nella Svizzera tedesca alla vita selvaggia nella golena del Po, fino al successo e all'eredità umana e artistica lasciata ai posteri.
Un giorno nel 1965 Johanna, una studentessa universitaria tedesca in cerca di un'occupazione a Roma, legge sul "Messaggero" un'inserzione: "Poeta tedesco ricerca segretaria tedesca". Poco dopo essere stata assunta, il sedicente poeta le detta una lunga lettera in difesa degli ebrei che sostiene di aver scritto e spedito a Hitler nel 1933, e le chiede di inviarla a centinaia di indirizzi tedeschi, fra cui quelli di alcuni giornali. Johanna è convinta di avere di fronte un millantatore, ma dovrà ricredersi quando, tornata in Germania, si metterà a indagare sul suo datore di lavoro, ripercorrendo così passo passo la vita di Armin T. Wegner, scrittore e strenuo difensore dei diritti umani, riconosciuto dagli armeni come "giusto" per essere stato uno dei primi a denunciare il dramma del loro popolo: il genocidio del 1915-16. Quello stesso riconoscimento Armin lo aveva ricevuto nel 1967 anche in Israele, con un albero nel giardino dei giusti di Yad Vashem, proprio per la lettera al Führer e la denuncia delle leggi antisemite. Gabriele Nissim ne ha ricostruito la straordinaria vita, anche sulla base delle tante lettere custodite negli archivi di famiglia. Dopo aver servito nell'esercito tedesco, alleato dei Giovani Turchi, come ufficiale medico durante la Prima guerra mondiale - e aver assistito come testimone diretto al genocidio degli armeni (sono sue le uniche fotografie esistenti dello sterminio) -, a metà degli anni Venti Wegner diventa comunista...
"È lo sguardo della donna in copertina che mi sembra famigliare. Sono nella Biblioteca Centrale di Amburgo con un libro in mano. Ha una copertina rossa con la foto in bianco e nero di una donna di mezza età. Il suo sguardo è pensoso. Addolorato e spento. Sembra infelice. Leggo il sottotitolo: 'La vita di Monika Göth, figlia del comandante del campo di concentramento di Schindler's List'. Conosco Monika Göth. È mia madre". Anche Jennifer ricorda la scena del film "Schindler's List" in cui il comandante nazista interpretato da Ralph Fiennes appena sveglio dall'alto del balcone sceglie prigionieri a caso nel campo di concentramento e spara con il fucile. Come tutti, anche lei nel vederla è inorridita. E ancora non sapeva che quell'uomo, Amon Göth, era suo nonno. Lo scopre per caso quel giorno in biblioteca. Scopre che Monika, la madre che l'aveva avuta da un soldato nigeriano e l'aveva data in adozione a poche settimane, era la figlia di Amon e della sua amante Ruth Irene. Quindi il responsabile di migliaia di morti nel campo di concentramento di Plaszów era suo nonno. In un secondo il mondo le crolla addosso. Nonostante l'amore della famiglia adottiva, mille dubbi l'assalgono. Inizia a interrogarsi, a cercare in sé tracce del male, come fosse ereditario. Si rende conto che, per il suo sangue misto, forse suo nonno l'avrebbe uccisa. Si chiede se i suoi amici in Israele la considererebbero una traditrice.
L'antico Teatro Carignano di Torino è affollato. Ecco, si apre il tendone di velluto ed entra Rita, la principessa della scienza, la donna a cui è stato intitolato un asteroide. Al collo porta un gioiello, dono di papà Adamo. "Questo lo metterai quando riceverai il Premio Nobel". E quando sale sul palco si apre il sipario sui cent'anni della sua intensa vita: la storia dei Levi Montalcini, le tradizioni ebraiche, la vita a Torino, Roma e Washington, l'arte della sorella Paola, l'antifascismo e la guerra, il professor Giuseppe Levi, la straordinaria scoperta dell'NGF (Nerve Growth Factor), il fattore di crescita delle cellule nervose...
Nessun pensatore islamico ha esercitato un'influenza più profonda e duratura sulla storia del pensiero orientale di quanto abbia fatto Avicenna. Egli condusse una vita rischiosa e agitata: per ben due volte a stento sfuggì alla morte, prima per mano di un re e più tardi di soldati furibondi. L'imprigionamento e l'umiliazione non turbarono una figura piena di vitalità e provocante, passata nella stona dell'Oriente di volta in volta come un mago, un ateo maledetto, un grande filosofo, un mistico sublime, un uomo gioviale e la guida dei non-conformisti. Lo studioso persiano Soheil M. Afnan offre qui una completa descrizione della sua vita e delle sue opere. Dopo un'introduzione generale, che presenta i predecessori notevoli di Avicenna e il ricco sfondo culturale della Persia nel decimo secolo, narra interamente la complessa, avventurosa esistenza del filosofo. Segue quindi un' esposizione della logica di Avicenna, della sua metafisica - disciplina in cui diede i suoi maggiori e più originali contributi -, della sua posizione nel conflitto tra ragione e rivelazione, dei suoi principi di psicologia, del suo apporto - rilevante - alla medicina e alle scienze naturali. L'autore conclude la sua monografia con una discussione circa l'influenza delle opere di Avicenna sulla storia delle idee nel suo Paese e in generale nell'Oriente e sul pensiero scolastico dell'Europa medievale. Lo studio attinge alle fonti originali in persiano e in arabo.
Albert Schweitzer (1875-1965) è fra i primi ad aver pensato la "crisi della civiltà", che affonderebbe nell'Illuminismo e di cui la prima guerra mondiale sarebbe il risultato più che l'origine. Il testo di Cassirer offre i lineamenti biografici e intellettuali che rendono Schweitzer un pensatore sentinella nella cultura del '900 per il suo invito a riflettere sul ruolo della filosofia, a partire dalla critica dei concetti di "ragione" e "etica". Il loro punto di incontro emerge nel primato della "ragione pratica", una razionalità responsabile della vita alla luce della quale si comprende la scelta di Schweitzer di abbandonare l'insegnamento della filosofia per seguire la professione di medico missionario e lo sforzo di Cassirer nell'affermare il valore pratico della filosofia, vale a dire etico, sociale, antropologico.
Filosofo del diritto fra i più eminenti del Novecento, Giuseppe Capograssi (1889-1956) è stato un acuto indagatore tanto della crisi del diritto quanto del dramma dell'umanesimo nella stagione dei totalitarismi. Il suo pensiero è ancora attuale in una stagione in cui nuovi demoni si affacciano sugli scenari della storia del mondo.