Un intrigante viaggio tra i "numeri sbagliati" della storia. La storia ci plasma, e per ricordarla tendiamo a semplificarla, schematizzarla: così molti numeri sono diventati luoghi comuni, radicati nella narrazione storica e nei modi di dire di tutti i giorni. Ma non sempre corrispondono alla realtà. Per ciascuno di questi numeri la confutazione non si basa su astruse teorie o pignolerie saccenti: è sotto gli occhi di tutti che si trova la nuda verità, eppure siamo disabituati a guardarla. Da Tito Tazio alle Guerre Puniche, dalla spedizione dei Mille ai testi sacri, fino al calendario gregoriano, ogni caso rivela quanto sia facile che un errore diventi "verità condivisa". Sono curiosità piacevoli, ma anche spunti per riflettere: in un'epoca dominata dalle fake news, imparare a distinguere i fatti dalle convenzioni è un esercizio prezioso che ci insegna a rimanere concentrati, a vedere la verità oltre la cortina fumogena del "lo dicono tutti". Perché, certo, può non cambiarci la vita sapere quante sono state davvero le Olimpiadi moderne, ma essere capaci di farsi una propria idea su dati reali e non in base a superficialità e propaganda quello sì che può cambiarci la vita. E poi, comunque, la storia è sempre bella di per sé, e conoscerla ci rende persone migliori.
Il volume affronta il tema dell’abuso di potere nelle società del passato e del presente da una prospettiva transdisciplinare. Da un lato, vengono sviluppati approcci metodologici e schemi di analisi dal punto di vista della filosofia e della teoria della storia, della didattica della storia, degli studi letterari, dell’antropologia, della storia della Chiesa e della religione. Dall’altro lato, i contributi trattano casi di studio che prestano particolare attenzione all’Olocausto, alla violenza di massa e alla guerra, alla storia della schiavitù, alla storia missionaria e agli abusi sessuali. L’attenzione si concentra sulle narrazioni della memoria, sulla politica della storia, sul rapporto tra storiografia, memoria pubblica, restituzione e riparazione, ma anche sull’empowerment e la partecipazione della società civile e delle vittime di violenza nella creazione della memoria pubblica, di spazi di commemorazione e di memoriali relativi a casi di abuso di potere.
Ecco, dunque, il punto di partenza: una mappa. Come quelle dei viaggiatori antichi: una carta un po’ ingiallita, stesa con attenzione su un tavolo di legno. Per scoprire che non c’è nessun confine naturale, nessun luogo geografico dove sia possibile affermare che abbia inizio l’Oriente. C’è invece un solo unico immenso macrocontinente, dove le divisioni tra Europa e Asia non sono geologiche ma umane, culturali e politiche. In questo libro Alessandro Vanoli racconta la storia di come l’Oriente ha contribuito a costruire l’Occidente. Una storia fatta di viaggi, mercanti e guerre e che parla di spezie, di gioielli e di pietre preziose, ma anche di un’infinità di scoperte, dalla bussola allo zero, al divano. Ma in parallelo racconta anche come, proprio assieme a questa progressiva mescolanza, si sia costruita sempre di più una contrapposizione culturale, ideologica e politica. Perché erano in Oriente il giardino dell’Eden e le immense ricchezze sognate da Alessandro Magno, ma erano a Oriente anche i barbari e i più terribili mostri. E di secolo in secolo tutto questo sarebbe stato ripreso e rivisto in forme diverse, fino ai sogni orientalistici più moderni fatti di harem e odalische, di asceti in meditazione ma anche di violenza e di tirannide. Sino al presente, tra spiritualità indiana, ristoranti di sushi e serie televisive coreane, in un mondo sempre più frammentato e segnato dai drammi del Medio Oriente e dal potere della nuova Cina, dove nessuna facile definizione basta ormai a dirci cosa di noi sia Occidente e cosa Oriente.
Padroni del mondo, garanzia e tutela della sicurezza di tutti, gli imperatori romani erano soverchiati dagli obblighi e dai doveri. Eppure una parte importante della loro vita era dedicata all’otium. Cos’era questo tempo libero che si concedevano? Com’era la vita quotidiana degli imperatori lontano da Roma, nelle loro sontuose ville? A prima vista, l’otium, il riposo, non si confà a un imperatore: la sua è una carica che non prevede interruzioni; su di lui grava il peso del mondo; la sua veglia protegge il sonno di tutti e la sua operosità assicura l’otium degli altri. Eppure, per molti imperatori la routine quotidiana era ordinatamente scandita da riposi, letture e pratiche ludiche. Anzi, l’otium era così importante che finiva per diventare un metro di giudizio: Plinio elogiava Traiano come cacciatore e timoniere perché nel suo ritemprarsi rivelava il suo vero carattere. Al contrario, le giornate dei cattivi imperatori, come Nerone, erano invase dai bagordi, al punto da fagocitare tutto il loro operato. Seguiremo la vita quotidiana degli imperatori nelle loro proprietà nella cintura verde che circondava Roma (gli horti) o mentre si muovevano tra le ville del Lazio e della Campania, anche se neanche lì incombenze e preoccupazioni cessavano di perseguitarli.
Quando guardiamo all’Europa, il nostro è uno sguardo apocalittico e segnato dal disincanto, un sentimento oggi acuito dalle tensioni geopolitiche scoppiate ai suoi confini. Un tempo teatro per imperi, colonizzatori e nazioni egemoni, il Vecchio Continente sembra ormai relegato ai margini della Storia: non più protagonista nella scacchiera globale e sempre più impantanato in crisi culturali, morali e finanziarie. In questo saggio, frutto delle lezioni tenute al Collège de France nel 2024, Peter Sloterdijk offre un’ampia ricognizione - insieme archeologica, politica, letteraria e metafisica - di quello che definisce "il continente senza qualità". Anziché cercarne l’essenza, il filosofo propone di intendere l’Europa come un libro da sfogliare, un’opera in continua evoluzione su cui apporre alcuni "segnalibri" per i suoi "capitoli" più significativi. Dalle Confessioni di Sant’Agostino a Out of Revolution dello storico Rosenstock- Huessy, il nostro continente si delinea come un "contesto di apprendimento" costante, pervaso da un sintomatico spirito di autocritica. La vera Europa - confida Sloterdijk - è lì dove le passioni creative resistono alle onde cupe del risentimento. ì
Immaginate di partire assieme a Giulio Cesare e alle sue legioni. È il 58 a.C., la Gallia è una terra lontana, abitata da popolazioni bellicose, mai dome, che hanno già inflitto dolorose sconfitte ai Romani. Ma è anche una terra ricca e prospera. Giulio Cesare vuole conquistarla, per sé e per Roma, e per farlo è disposto ad affrontare ogni avversità: estenuanti marce nella neve e battaglie sanguinose, intrighi di palazzo e tradimenti, ponti da costruire e flotte da creare da zero, foreste che si dicono stregate e santuari con scheletri decapitati. Sarà un viaggio avventuroso e pieno di scoperte, che Cesare guiderà con il coraggio e la curiosità di Ulisse. Ma sarà anche un viaggio interiore, a fianco di un uomo implacabile e geniale, carismatico e instancabile, eppure non privo di dubbi e paure recondite. Un condottiero con i suoi lati oscuri e violenti, ma anche un fine pensatore e un grande scrittore, che ama con passione, tradisce ed è tradito, che è fidanzato, marito, padre, amante, vedovo, eterosessuale, bisessuale… E sullo sfondo del racconto, a completare il vasto affresco di quell’epoca cruciale per il destino di Roma e dell’Europa, ecco comparire Cicerone e Catullo, Cleopatra e Marco Antonio, Crasso e Pompeo, Calpurnia, la dolce moglie di Cesare, e Giulia, la sua amata figlia. Alberto Angela torna in libreria con un’opera unica e grandiosa, che prende spunto dal De bello Gallico per trascinarci in un’avventura senza pari. Le pagine si susseguono con il ritmo e le atmosfere dei film e delle serie tv più avvincenti, e al tempo stesso arricchiscono il lettore di scoperte, curiosità e riflessioni sul mondo romano. Le ricostruzioni dei volti, delle scene di battaglia e di vita quotidiana, realizzate grazie al supporto dell’intelligenza artificiale, consentono inoltre di rivedere, come fossero attuali, fotogrammi di vita andati perduti. Tutto concorre a farci immergere nella Storia come raramente un libro era riuscito prima, permettendoci di sentirla così vicina e così viva.
Non si può comprendere l’Italia di oggi senza conoscerne il passato e indagare gli snodi storici che hanno costruito, nei secoli, la sua identità. È con questa convinzione che Ernesto Galli della Loggia e Paolo Mieli tracciano in queste pagine un articolato disegno della storia italiana ed europea degli ultimi duecento anni, in una sintesi essenziale quanto rigorosa. Qual è stato il ruolo di Cavour nel processo di unificazione nazionale? Come si è affermato il comunismo in Russia durante la Prima guerra mondiale? Quali condizioni hanno favorito l’ascesa di Mussolini e Hitler? Come si è potuta compiere la tragedia della Shoah e perché la Guerra fredda ha dominato il secondo Dopoguerra? Queste Brevi lezioni partono dai moti carbonari e dalle guerre d’indipendenza contro l’Impero austriaco per arrivare alla Seconda Repubblica, attraversando le grandi cesure del Novecento: le ideologie dominanti, i conflitti mondiali. Fino al secolo americano, alle sfide della globalizzazione e alla crescita del ruolo internazionale cinese. Il frutto di questa cavalcata è un racconto dei grandi eventi, dei personaggi centrali e delle tensioni irrisolte tra le aspirazioni dell’età moderna e le sue inevitabili contraddizioni. Con l’intento di offrire una chiave di lettura del passato, utile per orientarsi tra le incertezze del nostro presente.
"Queste storie non avvennero mai, ma sono sempre." Le parole di Sallustio, forse la più bella definizione del mito, ci ricordano che da quasi tre millenni le storie degli dei e degli eroi greci fanno parte della nostra civiltà, un vivaio inesauribile di simboli e racconti. Il mito riguarda davvero ogni essere umano perché il suo mondo simbolico è uno specchio dell’esperienza psichica e ne svela i meccanismi: la gelosia di Medea, la pietà di Antigone, la passione distruttiva di Fedra, la generosità di Ettore, non c’è emozione umana di cui il mito greco non parli attraverso i suoi personaggi. "È vero solo ciò che è mitico", ha scritto James Hillman. Se è così, il mito greco può essere guardato come una specie di stanza del tesoro in cui sono conservati i fondamenti della struttura psichica dell’umanità e le sfide principali che si incontrano durante l’esistenza. La mitologia greca è un labirinto di storie che narrano fatti diventati esemplari, racconti nati in luoghi e tempi diversi, leggende locali: un organismo vivente che continua a riprodursi, fili che si intrecciano in mille varianti e ancora sanno suscitare emozioni, perché nessun uomo è insensibile al fascino di un bel racconto.
La fama di Marco Polo è legata alle sue esperienze di viaggio in Oriente e alla descrizione della civiltà cinese contenute ne "Il Milione", fonte di meraviglia per tutta Europa. Ma dopo il suo ritorno a Venezia, avvenuto nel 1295, cosa fece? Questo libro lo svela utilizzando una serie di nuovi documenti fino a ora sconosciuti e ne ricostruisce la storia. Le fortune accumulate con il suo lunghissimo viaggio in Asia consentono alla famiglia Polo di costruire subito un imponente palazzo nella piccola contrada di San Giovanni Grisostomo, posta nel cuore della città. Marco diventa uno dei protagonisti del commercio locale e internazionale. Produce tessuti, e la seta, il più pregiato, induce lui e la sua famiglia a chiedere il trasferimento a Venezia di una folta comunità di esperti artigiani e imprenditori provenienti da Lucca, città leader in Europa nel settore. Ma la storia non finisce qui: le stoffe asiatiche, per cui si era disposti a pagare una follia, devono essere cremisi. È il colore più ambito e ricercato ma se ne ignora la tecnica. La comunità di emigrati lucchesi a Venezia decide allora di mandare un giovane fino in Persia per scoprire come ottenerlo. Sarà proprio la diffusione rapida di questa scoperta che permette alle manifatture italiane di competere con successo sui mercati globali nel Quattrocento. Luca Molà racconta così una storia inedita che guarda a Marco Polo come a un protagonista importante dello sviluppo economico veneziano e italiano, capace di mettere a frutto le conoscenze acquisite nei suoi viaggi.
La vicenda di Roma, lungo tutto il suo percorso millenario, è accompagnata da un concetto particolarissimo e originale: quello espresso nel termine imperium. Questo vocabolo traduce il rapporto tra il potere nella sua accezione più alta e la sua responsabilità. Ab origine, la responsabilità verso il popolo romano è, infatti, subordinata a una serie di valori addirittura anteriori alla nascita stessa dell’Urbe, come quello di fides, il rispetto delle regole. A questo concetto sono costretti a rapportarsi tutti i grandi di Roma. Da Scipione a Silla, da Cesare ad Augusto. Un libro sul potere a Roma nello studio originale e innovativo di uno dei più grandi storici dell’antichità.
Il 4 novembre 1925, in una stanza d’albergo in piazza Colonna, a Roma, la polizia fascista arresta Tito Zaniboni prima che spari al Duce. Di lì a poco, infatti, Mussolini si sarebbe affacciato dal balcone di fronte, da Palazzo Chigi. Ma il tentativo vano di Zaniboni, deputato socialista, ex valoroso ufficiale degli alpini, non resta isolato. Ne seguono altri tre. Il 7 aprile 1926 una aristocratica irlandese, Violet Gibson, spara a Mussolini, che si salva per caso: la donna, dichiarata pazza, finirà la sua vita in manicomio; l’11 settembre l’anarchico Gino Lucetti lancia sull’auto del capo del governo una bomba a mano che rimbalza sul cofano ed esplode lontano; il 31 ottobre, a Bologna, la folla lincia il quindicenne Anteo Zamboni accusato di voler uccidere il Duce: è disarmato. Tra il 1931 e il 1932, poi, sono progettati e non realizzati altri cinque attentati. Successivamente, tra il ’37 e il ’39, è invece l’Ovra a montarne altri, uno attribuito addirittura a Galeazzo Ciano, allo scopo di rafforzare l’immagine del Duce o di regolare i conti all’interno della nomenklatura fascista. Per i colpevoli, veri o no, c’è il carcere e il confino, per alcuni di loro la condanna a morte. Bruno Manfellotto racconta la vita di ogni attentatore, i motivi che li spingono, le deboli alleanze che li sostengono, la solitudine in cui sono lasciati, le trame in cui cadono. E ricostruisce gli eventi che in pochi anni cancellano la democrazia e aprono la strada alla dittatura e alla tragedia finale.
Il Medioevo è un’epoca piuttosto estesa, circa un millennio, ricca di fascino e complessa che ha contribuito a delineare la fisionomia politica e culturale dell’Europa. Il volume porta a esplorare le grandi tematiche del Medioevo attraverso i personaggi, il percorso storico, aneddoti conosciuti e meno noti, a volte anche ironici e divertenti. I grandi temi sono trattati con magistrale intreccio e documentati sapientemente: abbazie, monaci e vescovi; sovrani, imperatori e papi; crociate, eresie e movimenti pauperistici; diavoli, carestie ed epidemie; santi, reliquie e miracoli. Il Medioevo non è l’età di mezzo oscura e minacciosa, ma un’epoca affascinante e complessa che, come scrive Jacques Le Goff, fu il periodo decisivo per «la nascita, l’infanzia e la giovinezza dell’Europa».