
In un momento di grande tensione fra Occidente e mondo islamico e di invito allo scontro dì civiltà da parte dei fondamentalismi politici e religiosi dei due campi, questo libro analizza le radici dell'Europa che provengono dall'Islam. La filosofia, la scienza, la medicina, l'architettura sono aree in cui l'influsso della civiltà islamica è evidente in un processo storico di contaminazione con la civiltà europea spesso arretrata. La scoperta ragionata e fortemente documentata è, oggi, un contributo di grande rilevanza per quanti ritengono che solo il dialogo e la tolleranza sono i terreni di un possibile incontro tra le due civiltà. Un libro coraggioso, perfino provocatorio, scritto da uno studioso della civiltà islamica.
L'annientamento della popolazione ebraica compiuto dai nazisti durante l'invasione dell'Unione Sovietica è rimasto per lungo tempo, malgrado le sue dimensioni (quasi la metà delle vittime dell'olocausto), assai poco studiato. All'origine stava la difficoltà degli storici di accedere agli archivi sovietici e di interpretare la documentazione ufficiale, stando alla quale nella guerra scatenata dai tedeschi contro i popoli sovietici non vi fu una "guerra speciale" contro gli ebrei. Oggi invece la pubblicazione di una grande quantità di materiali permette non solo di ricostruire le modalità della "soluzione finale" sul fronte orientale, ma anche di illustrare le contraddizioni della politica dell'Urss di fronte alla nazione ebraica e allo sterminio. Il volume mette in evidenza i principali aspetti della Shoah nei territori sovietici occupati dai nazisti: l'immediata esecuzione degli "ordini" d'identificazione e soppressione su base razziale; la natura pubblica del genocidio e la sua funzione esemplare; il successo della propaganda antisemita associata a quella antibolscevica; il ruolo del collaborazionismo delle popolazioni locali e il loro coinvolgimento negli eccidi avvenuti durante il conflitto.
Per vari secoli nel Medio Evo cristiano la presenza degli Arabi e le loro conquiste nell'area mediterranea non produssero fratture, né gli Arabi furono percepiti come barbari. Eppure Arabi ed Europei non riuscirono a fondere una consapevole intesa: soprattutto da parte cristiana, animata da un istinto politico di rivalsa, fu eretta una barriera di ostilità, prima religiosa e poi razziale, che doveva sfociare nella Crociata. La Crociata fallì, ma restò la diffidenza tra i due mondi estranei uno all'altro, anche se l'Occidente non mancò di attingere copiosamente alla cultura araba. Assorbiti gli apporti arabi, gli Europei rivendicarono sui seguaci di Maometto una superiorità religiosa, morale e culturale, giustificando così l'ansia di un predominio impcrialistico. Questo libro dipana, con lettura originale delle fonti, la vicenda di una progressiva e tragica incomprensione che dal Medio Evo ha prolungato i suoi effetti nefasti presso gli Europei fino al tempo presente.
L'autrice riporta al centro dell'attenzione l'evento politico della Rivoluzione, il mutamento nei modi di concepire i valori e l'azione politica che ad un tempo ha generato ed è stato generato dalla Rivoluzione, e ne sono il lascito permanente, nel bene e nel male, dal momento che democrazia e terrore, giacobinismo e stato di polizia sono da allora realtà ricorrenti della vita politica. L'assunto fondamentale della politica rivoluzionaria, vale a dire che la politica può cambiare la società, che la comunità degli uomini può essere rifondata, prese corpo allora e portò con sé pratiche politiche nuove, come la propaganda di massa, la mobilitazione delle classi inferiori, la politicizzazione della vita quotidiana.
Un resoconto a tinte fosche dei vari aspetti, diplomatici e politici, delle guerre del Vietnam - contro Francia prima e USA poi - e delle loro conseguenze. Per la prima volta si dà eguale peso agli Americani e ai Vietnamiti, sconfessando l'idea che tutte le azioni compiute dai "buoni" americani contro i "cattivi" comunisti siano state lecite, concezione ribadita in molti interventi degli USA in politica estera (dal Libano a Panama). L'autrice analizza in queste pagine il più noto conflitto del Vietnam, i suoi molto sanguinosi precedenti e le pesanti conseguenze da un'ottica totalmente nuova per la storiografia americana, fornendo inoltre una buona mole di dati storici, molti dei quali inediti, sui conflitti stessi.
L'Italia è stata caratterizzata per secoli da accentuate contrapposizioni, che ne hanno fatto un "paese diviso" per unanime riconoscimento. Molti altri paesi del mondo occidentale hanno conosciuto nella loro storia profonde divisioni interne, ma in nessuno di essi, secondo l'autore, questo tratto si è presentato e riprodotto in maniera tanto continuativa. L'Italia, per ricorrere a un'abusata ma sempre significativa metafora, è rimasta nei secoli la terra dei Guelfi e dei Ghibellini. Le tre Italie susseguitesi dopo il 1861, quella liberale monarchica, quella fascista e quella democratica repubblicana, hanno avuto tutte l'ambizione di dare allo Stato una base di consenso capace di saldare attorno alle istituzioni una coscienza unitaria stretta da un vincolo comune che andasse al di là delle inevitabili, necessarie differenze ideologiche, culturali, politiche e sociali. Ma il progetto, nella tesi di Salvatori, è sistematicamente fallito, con la conseguenza che la dialettica tra le forze di governo e le forze di opposizione si è configurata in modo tale da produrre l'atavica "anomalia italiana", segnata da una politica altamente conflittuale, dal contrasto tra il senso dell'etica pubblica e della legalità e la sua negazione, dalle culture della contrapposizione. L'insieme dei saggi qui proposti mettono a fuoco lo svolgersi della dialettica "amico-nemico" nelle varie fasi della storia politica dello Stato unitario, evidenziando in che modo questa si sia riflessa nella storiografia italiana.
Popolani e borghesi, nobili e artigiani, analfabeti e letterati, spretati, donne, spiriti liberi e politici navigati: il mondo garibaldino era un mosaico composito di aspirazioni, passioni, ideali, percorsi di vita. Il libro ricostruisce la parabola delle camicie rosse, dalla nascita Regno d'Italia fino al 1915, con particolare attenzione alle fasi cruciali del primo decennio post-unitario accompagnate da fratture e conflitti a volte feroci. Ma mette in luce anche un carattere che al garibaldinismo era intrinsecamente legato, l'internazionalismo. A questa dimensione sovranazionale si collega la vicenda dei volontari del 1914 in Francia, che anticipa la scelta di campo dell'Italia nella Grande Guerra. Nel racconto appassionante di Eva Cecchinato, itinerari individuali e collettivi contribuiscono a dare un volto a un simbolo vivo e al tempo stesso ingombrante.
"Non capisco perché gli storici dell'arte non confessino con maggior franchezza quello che dinanzi a Goya dovrebbero avvertire: che è un enigma, un dilemma enorme da chiarire, se non da risolvere, per cui occorre prudenza e rinuncia alle semplificazioni, in questo che è uno dei più complessi fenomeni che mai siano apparsi nell'intera storia dell'arte. [...] Comprendere Goya significa non solo spiegare quello che in lui è risolto, ma anche, e nello stesso tempo, rendere manifeste le cause dei suoi fallimenti. D'altra parte l'ipotesi di una "alta intelligenza", oltre a non accordarsi con i suoi errori, non è nemmeno utile a far luce sulla genesi dei suoi risultati più alti - e non mi riferisco solo al suo colore prodigioso e alla grazia frizzante delle sue forme, ma anche a ciò che nei suoi quadri e nelle sue incisioni trascende di molto i confini di qualsiasi arte pratica sino a sfiorare cosmici misteri e raggelanti destini. A nulla di tutto questo si può giungere con la chiarezza dell'intelletto; sono folgorazioni che vanno al di là di ogni concettualizzazione. La verità è che l'opera di Goya non deriva mai dall'intelligenza: o è banale mestiere o è veggenza di sonnambulo."
I trattati di tecniche artistiche medievali, dal Teofilo a Germini, si trovano spesso citati - nei cataloghi di mostre di opere d'arte restaurate e ora anche dai media - come guide insostituibili per le pratiche artistiche del passato, e quindi come normativi per il restauro. In effetti, si tratta di un genere letterario capace di offrire risposte facendo luce sui procedimenti di produzione Artistica nel Medioevo. Pur nella necessità di un approccio criticamente avveduto, quindi non rigidamente letterale, l'autrice mette in luce la grande quantità di dati genuini che tali trattati offrono al lettore moderno. Il volume si apre con un saggio che introduce al genere letterario, per poi analizzare i sette principali trattati che hanno segnato la pratica artistica dall'epoca tardoantica fino al XV secolo. II libro si propone come uno strumento aggiornato e qualificato per l'operatore in campo artistico, e per il crescente pubblico dei Beni culturali, su un argomento di grande attualità.