
"Il cibo italiano, quando è al suo meglio, ha il carisma che gli deriva da un rapporto quasi poetico con il luogo e con l'identità. La ragione principale per cui gli italiani in generale mangiano così bene è semplicemente che la cucina rafforza in loro il sentimento delle origini e della identità. Le città italiane sono il luogo in cui questo legame fra cibo e identità è stato forgiato. È nelle città, pertanto, che bisogna andare a cercare le fonti storiche più significative, che dimostrano come i grandi piatti della cucina italiana abbiano accompagnato i flussi e riflussi della storia del Belpaese." Una storia della civiltà della tavola italiana e non semplicemente una storia di quello che gli italiani mettono in tavola.
Roma e il fascismo: l'evidenza del loro connubio nasconde molti interrogativi. Bisogna domandarsi innanzi tutto: quale Roma? È necessario distinguere fra la Roma reale, la Roma antica e la Roma fascista. Alla Roma reale che disprezzava, il fascismo opponeva il proprio mito di Roma, che coincideva, fin dalle sue prime formulazioni, con l'odio per la democrazia e con il mito dell'impero: "La Roma che noi onoriamo, non è la Roma dei monumenti e dei ruderi, la Roma delle gloriose rovine. La Roma che noi vagheggiamo e prepariamo è un'altra: non si tratta di pietre insigni, ma di anime vive; non è contemplazione nostalgica del passato, ma dura preparazione dell'avvenire. Roma è il nostro punto di partenza e di riferimento; è il nostro simbolo o, se si vuole, il nostro mito. Noi sogniamo l'Italia romana, cioè saggia, forte, disciplinata e imperiale.". Il mito della Roma fascista, anche se ammantato di richiami alla Roma antica, era un mito moderno. La romanità del fascismo fu essenzialmente una proiezione del suo totalitarismo, col quale il mito fascista di Roma si identificò per tutto il percorso della parabola del regime, dall'ascesa faticosa, ma decisa, verso la potenza e la gloria del trionfo, alla discesa inconsapevole, ma sempre più precipitosa, verso una fine ingloriosa. Intrecciando documenti e immagini, Emilio Gentile propone un'originale interpretazione del connubio fra Roma e fascismo, rivelando aspetti inediti del totalitarismo fascista.
È una terra vasta e ancora in larga parte da sfruttare, l'America Latina, ricchissima di materie prime, abitata da una popolazione giovane, in costante aumento, che parla la stessa lingua (ad eccezione del Brasile) e condivide le medesime credenze e radici culturali. Qui, più che in qualunque altra regione extraeuropea, le razze si sono mescolate e fuse, fra bianchi, indios e neri. Per tutti questi motivi, si è portati a pensarla come un universo sostanzialmente omogeneo. In realtà è un labirinto di compagini nazionali, entità regionali e comunità etniche, di istituzioni pubbliche e strutture sociali, molto differenti fra loro. Ma due elementi comuni ne hanno segnato l'itinerario politico: la vocazione egemone delle forze armate e il populismo demagogico, tanto di sinistra quanto di destra. Sin quasi a oggi, l'America Latina ha vissuto in condizioni di perenne fibrillazione e instabilità politica, fra dispute territoriali e contrasti etnici, lotte di potere, rigurgiti di banditismo e moti di guerriglia, sedizioni militari e rivolte sociali, regimi oligarchici e dittatureviolente, pesanti ingerenze esterne e e devastanti crisi finanziarie, vampate antimperialiste e improvvise esplosioni di odio e di paura. Valerio Castronovo conduce un'analisi di ampio respiro su questa zona turbolenta ma vitale del pianeta e segue gli intrecci economici, sociali e politici che hanno legato e legano tuttora il destino del subcontinente americano alle sorti globali.
Uccidere e farla franca. È l'attività che la mafia siciliana ha elevato a forma d'arte nella sua corsa al potere e al denaro. Una corsa che l'ha resa la più ramificata, famigerata e copiata organizzazione malavitosa del pianeta, al punto che il termine italiano 'mafia' si è trasformato ormai in una generica etichetta, a indicare l'intera gamma delle realtà criminali mondiali: cinesi, giapponesi, russe o turche. A differenza dei suoi imitatori globalizzati, la mafia siciliana si organizza combinando gli attributi di uno Stato ombra, di una società d'affari illegale e di una società segreta cementata dal giuramento. 'Cosa nostra' ricostruisce le storie degli uomini e delle donne che sono vissuti e sono morti all'ombra della mafia.
Nel panorama delle rivoluzioni del 1848-49 ha una posizione di spicco Venezia, col suo passato glorioso e le sue vocazioni mercantili, col tradizionale repubblicanesimo e con la sua peculiare composizione sociale in cui ai grandi e ricchi commercianti si contrappone un popolo minuto di artigiani, barcaioli, piccoli negozianti, domestici, poveri. Da un esame approfondito della complessa situazione economico-sociale e politica, fluida e con tutte le possibilità aperte, emerge la figura più significativa: Daniele Manin, cui spetta il merito della presa di potere il 22 marzo, ma nel quale cade anche la colpa dell'insuccesso della strategia politica e militare; un insuccesso che ebbe una parte importante nella sconfitta dell'ala democratica della borghesia durante il Risorgimento, in quello che fu forse l'unico momento in cui la situazione internazionale era a suo favore.
Il Risorgimento, fase cruciale di gestazione dell'Italia contemporanea, nella memoria collettiva di molti italiani è percepito come un periodo su cui non è più necessario interrogarsi, oppure come un dato da rimettere in discussione quanto alla sua epica tradizionale: l'eroico risultato delle gesta di un pugno di audaci che spezzarono il giogo straniero finendo immortalati nella toponomastica di tutte le città d'Italia. Le rivoluzioni risorgimentali dal 1820 al 1860 sconvolsero il sistema politico creato dal Congresso di Vienna, avviando tra i ceti dirigenti, e in parte anche tra le classi popolari, quel processo di "costruzione della nazione" che avrebbe gettato le fondamenta dello stato italiano. Fu un processo che si sviluppò fra limiti e difficoltà: la rottura fra moderati e democratici; la presenza dello Stato della Chiesa come fattore destabilizzante dell'unità appena ottenuta; il malcontento sociale, l'instabilità politica, l'endemico stato di rivolta delle campagne; un assetto assai tradizionale dei rapporti di produzione; e non da ultimo la presenza di un sistema economico geograficamente molto squilibrato. Questo volume è una ricostruzione storiografica che muove da un approccio per temi: dalla storia sociale dell'Italia preunitaria all'analisi delle ideologie nazionalistiche, dalle dinamiche dello sviluppo economico agli assetti politico-istituzionali dell'ancien regime, fino alle recenti acquisizioni della nuova storia culturale.
Lo Stato ha esaurito la sua funzione storica? Uno Stato che, come sta accadendo a quelli occidentali, ha rinunciato alla leva obbligatoria e ha privatizzato progressivamente settori come la scuola, la sanità, la previdenza, su quali elementi può ancora reggersi? E non è proprio la crisi dello Stato, un tempo detentore del monopolio della violenza, a scatenare l'esplosione del terrorismo? Sono le domande cruciali che si pone Hobsbawm in questo testo breve e incisivo. In un'epoca in cui le democrazie sono in crisi di rappresentatività in Occidente e stentano ad affermarsi altrove, sembra esserci spazio solo per quel "nazionalismo accelerato", fondato su vere o presunte basi etniche o religiose, che costituisce con il suo braccio armato, il terrorismo, una delle più gravi minacce che incombono sul nostro futuro. Con la profondità di pensiero e l'appassionata verve polemica che ne fanno uno dei più autorevoli storici del nostro tempo, Hobsbawm ci fornisce alcune chiavi di lettura per comprendere il mondo in cui viviamo.
Esattamente 150 anni fa, le truppe indiane della Compagnia delle Indie si ribellarono al dominio inglese, alzarono il vessillo del jihad prendendo il nome di mujahiddin, uccisero gran parte dei cristiani e degli europei di Delhi e acclamarono come capo il riluttante Bahadur Shah Zafar II, l'ultimo discendente della dinastia musulmana dei Moghul. Zafar, ottantenne, era un mistico e un poeta, e sapeva che la rivolta sarebbe finita nel sangue: l'assedio inglese di Delhi e le successive esecuzioni sommarie provocarono decine di migliaia di morti, tra cui 14 dei 16 figli maschi di Zafar, e la rovina della capitale. In questa straordinaria ricostruzione, Dalrymple utilizza per la prima volta una messe di documenti "dalla parte degli sconfitti "e racconta con passione l'ultimo rinascimento indiano e il suo cruento epilogo.
Robin Lane Fox insegna storia antica a Oxford ed è, oltre che uno studioso di fama, uno scrittore. Da questa fortunata combinazione è nato un libro di storia del mondo antico atipico, che possiede il rigore del saggio scientifico - ha meritato l'elogio di molti specialisti - e la piacevolezza di un racconto che la critica ha definito "incredibilmente spassoso" e "più epico di qualsiasi kolossal in costume". Perché quello che caratterizza questo affascinante percorso nel mondo dell'antichità classica da Omero ad Adriano, è proprio la capacità dell'autore di ridare vita alle grandi figure, come Socrate, Alessandro, Cicerone o Cesare, e di parlare, di volta in volta, della vita quotidiana dei cittadini, degli ultimi giorni di Pompei, dei giochi circensi, dell'idea che gli antichi avevano della libertà, della giustizia o del lusso, in pagine che sanno restituire l'incanto della miglior narrativa storica.
A chi si deve l’edificazione del Duomo di Milano? Con quali risorse poté sostentarsi l’impresa di una costruzione così ambiziosa e imponente, avviata nel 1386 e conclusa definitivamente solo nel XX secolo? Grazie allo studio di alcuni preziosi documenti (soprattutto i Registri delle Offerte), Martina Saltamacchia analizza il campionario dei donatori che contribuirono al finanziamento della Fabbrica. Sorprendentemente, i dati numerici rivelano che la parte più cospicua delle entrate è ottenuta dalla somma di offerte modeste o minime, dal valore apparentemente trascurabile. Da quegli elenchi di cifre fanno capolino incredibili storie di uomini e donne comuni – non di rado in situazione di disagio economico o sociale – mossi da una fede sincera a un commovente e gratuito atto di carità. Facendo memoria di questi piccoli gesti, per lo più anonimi ma in qualche caso precisamente identificati, il volume rende giustizia ai veri “edificatori” della cattedrale. Commentano il testo una serie di immagini storiche del Duomo, che raffigurano le diverse fasi della sua costruzione e testimoniano nei secoli la partecipazione attiva del popolo all’opera del cantiere nel corso dei secoli.
GLI AUTORI
MARTINA SALTAMACCHIA, laureata in Economia per le Arti, la Cultura e la Comunicazione presso l'Università Bocconi di Milano, è attualmente ricercatrice presso la Rutgers University, New Jersey (USA) con specializzazione in Storia Medievale Italiana.
Altro che “femminino sacro” (il Codice Da Vinci)! Ecco perché nasce il mito del “Santo Graal”!
Nel 1182 o 83, Chrétien di Troyes scrive Perceval le Gallois o Il Racconto del Graal, su commissione del conte delle Fiandre, Filippo di Alsazia. Dopo il 1215, una seconda ondata offre altri due Seguiti e l’immenso corpus del Lancillotto-Graal che, sul piano del contenuto spirituale, culmina intorno al 1225 con La ricerca del Santo Graal.
Il dato importante sta nel fatto che tutto il ciclo nasce e cresce contemporaneamente alla preparazione e lo svolgimento della crociata contro gli albigesi, cioè la lunga guerra suscitata dal papato romano per sradicare dalla regione della Linguadoca l’eresia catara.
La domanda cruciale che sta alla base del lavoro dell’autore di questo splendido saggio storico è: perché il ciclo del Graal si è sviluppato proprio nel tempo in cui la Chiesa mobilitava le coscienze contro la grande eresia dualista del catarismo?
Il libro cerca di rispondere a questo quesito con una grande attenzione alle fonti storiche e attraverso un linguaggio chiaro e accessibile.
Michel Roquebert, Gran Premio di Storia de l’Académie française, laureato presso l’Académiedes Jeux Floraxe diLanguedoc , è molto conosciuto in campo storico. Ha pubblicato per Perrin una monumentale storia del catarismo, dal 1970 al 1999:Les Catharism, de la chute de Montségure aux cerniere bmcher. Per San Paolo ha pubblicato: I Catari (29G5), 2003; San Domenico (92B45), 2005.

