
Il Medioevo osservato nella prospettiva dell'impostura politica, giocata in particolare sull'identità di personaggi che si fingono re, principi e signori d'ogni sorta. Abbracciando un periodo di quasi cinquecento anni - dagli albori del XII alla fine del XV secolo -, l'opera esamina in tutte le sue sfaccettature un fenomeno caratteristico delle vicende politiche dell'Europa tardomedievale, spia emblematica di tutta una temperie sociale e culturale. Seguendo un percorso "cronologico", l'autore individua innanzi tutto i presupposti di una civiltà propensa all'insorgere dell'impostura, quindi ritrae i protagonisti della messinscena, infine delinea le diverse tappe lungo le quali si snoda un'impresa votata al fallimento, ma comunque in grado di sollevare questioni essenziali riguardo al processo in atto di fondazione dello Stato moderno. Pur tra le lacune, le reticenze e le falsificazioni dei testimoni - ma forse proprio in virtù di ciò - il discorso procede secondo un itinerario coerente in grado di offrire uno spaccato esemplare dei meccanismi che sottendono il dibattito politico, anche al di là dell'età medievale. Più in generale, dall'esteso ventaglio di episodi presi in considerazione, emerge un quadro molto complesso, uno scenario ricco di spunti di riflessione intorno a concetti di primario rilievo, quali la realtà e la finzione, la verità e la menzogna, la fede e l'illusione.
Il 29 giugno 1944 a Guardistallo (Pisa), a seguito di uno scontro con i partigiani, i tedeschi effettuarono una rappresaglia uccidendo una sessantina di persone. Da allora il paese è diviso tra chi attribuisce ai partigiani la responsabilità prima dell'eccidio, e chi ne rivendica l'operato. Come andarono davvero le cose? Dall'indagine è nato questo libro. Ricostruendo l'accaduto Pezzino enuclea con chiarezza i tre nodi fondamentali: la responsabilità delle stragi tedesche; l'azione partigiana e le sue conseguenze sulla popolazione; la "lotta sulla memoria" ingaggiata tra difensori e detrattori della Resistenza nel dopoguerra. Quanto alle stragi, l'analisi mostra che erano frutto di decisione individuale e non di una direttiva generale all'esercito tedesco; quanto all'attività partigiana, essa collideva con una visione passiva e attendista, e originava forti tensioni fra partigiani e popolazione; quanto alla memoria Pezzino conclude che non potrà esistere di quegli anni di guerra una memoria comune e pacificata. La nuova edizione è completata da una lunga postfazione che fa il punto su quanto la storiografia degli ultimi dieci anni ha prodotto sul tema.
Tra i più accreditati studiosi del cattolicesimo politico, in questo nuovo volume Traniello propone un approfondito studio sui principali aspetti del rapporto fra la Chiesa e la nazione italiana, quale è venuto configurandosi nel corso del Risorgimento e poi nell'Italia unita fino alla repubblica. Dopo una corposa introduzione che ricapitola l'evoluzione dell'idea di "nazione cattolica" che in forme diverse ha improntato la riflessione cattolica in merito alla formazione di uno stato italiano, Traniello indaga il nucleo originario del pensiero neoguelfo nell'età preunitaria, che ha poi dato luogo sia all'intransigentismo cattolico avverso allo stato liberale dopo l'Unità, sia al cosiddetto cattolicesimo liberale; esamina poi come il mondo cattolico italiano si sia posto nei confronti della politica nazionale, emergendo come partito; come si sia rapportato al regime fascista, artefice della Conciliazione, e come alla guerra; da ultimo come, giunto alla guida del paese con la Democrazia cristiana, lo abbia paradossalmente guidato verso la secolarizzazione.
La guerra dei cento anni fu un conflitto che oppose Inghilterra e Francia, a più riprese, fra il 1337 e il 1453. Ragioni dinastiche, politiche ed economiche concorsero a generare e tener viva questa guerra che incise nel profondo sui due paesi, e soprattutto la Francia sul cui territorio fu combattuta, in un'epoca segnata in tutta Europa anche dal disastroso incrudelire della peste e dalla conseguente crisi demografica ed economica. Massimo specialista di storia della guerra medievale, Contamine in questo libretto ha sintetizzato origini, andamento e conseguenze della guerra dei cento anni, districandosi con semplicità nei complicati alti e bassi del conflitto, nel mutevole gioco delle alleanze, nel succedersi di accordi volatili e paci instabili fino all'equilibrio finale che portò il Regno di Francia a ottenere il pieno dominio del proprio territorio.
"Non paragonabile con la nozione di 'rivoluzione scientifica', quella di Rinascimento, o Rinascenza, o Rinascita, o 'Renovatio', fu, giova ripeterlo, un ideale e un programma che realizzò un rinnovamente profondo all'insegna di un ritorno al passato [...]. D'altra parte lungo i secoli in cui il mito operò, non si mantenne uguale a se stesso. Coglierne l'origine, le differenze, lo sviluppo; determinare l'intreccio fra un'idea-forza e la riflessione storica sul suo dinamico affermarsi [...]: tali alcuni degli scopi di questo libro." Un'opera viene presentata in una nuova edizione introdotta da un testo di Michele Ciliberto.
Alla fine della Seconda guerra mondiale, un convoglio di sommergibili tedeschi salpa dalla Norvegia diretto in America latina, con il tacito consenso dell'ammiragliato britannico. Questa operazione segreta degenera in tragedia con un conto finale di cinque navi colate a picco e più di 400 morti. Nella sua rotta verso l'Argentina, uno dei sommergibili affonda una corvetta in acque nordamericane. Un'altra delle imbarcazioni fuggitive si scontra con l'incrociatore brasiliano "Bahia" e lo affonda causando 336 morti. Contro ogni evidenza, tutti e due i fatti sono dichiarati accidentali. Poi, in momenti diversi, gli U-Boot arrivarono sulle coste argentine, coperti dall'Armada argentina in complicità con gli ammiragli di Gran Bretagna e Stati Uniti. Attraverso un'indagine storica dettagliata, sulla base di documenti inediti che tanto Londra quanto Washington sottoposero a segreto di stato per 75 anni, Juan Salinas e Carlos De Napoli squarciano il velo sull'ultima operazione segreta del Terzo Reich, gettando luce sulle manovre di quegli U-Boot e sulla possibile presenza a bordo di gerarchi nazisti in fuga. Emergono così i motivi della clamorosa complicità della marina argentina, dell'ammiragliato britannico e di quello americano, che coprirono la missione tedesca falsificando gli interrogatori dei marinai arrestati e sigillando i documenti con il segreto militare.
Racchiudere la storia della Russia in un unico volume significa raccontare, in poche centinaia di pagine, il passato e il presente di una zona vasta un sesto della superficie terrestre; un territorio multietnico in cui si parlano oltre cento lingue; una civiltà che ha prodotto una cultura sfaccettata, di straordinaria ricchezza e di grande influenza; una struttura militare e politica di primo piano sullo scacchiere mondiale. È quello che Roger Bartlett riesce a fare in quest'opera che dalle lontane origini perse nell'Alto Medioevo giunge fino a oggi, offrendo un'ampia prospettiva sullo sviluppo storico della Russia, e concentrandosi sulle origini della cultura politica della nazione e sul ruolo della grandissima maggioranza contadina nell'impero prima russo e poi sovietico.
La memoria dell'Olocausto è alla base dell'identità di Israele; la Shoah è presente nella legislazione, nelle preghiere, nei tribunali, nelle scuole, nei monumenti: l'intera società non cessa di definirsi attraverso quella tragedia, una relazione complessa e ambigua che questo libro analizza con precisione. I morti della Shoah hanno un ruolo centrale nel dibattito politico, in particolare in rapporto col mondo arabo: dalla guerra del 1948 a oggi, non c'è conflitto armato implicante Israele che non sia stato definito e concettualizzato in termini legati alla Shoah. La tragedia di Auschwitz, il cui ritorno è sempre percepito come un'eventualità, è diventata il principale riferimento da opporre a un mondo sistematicamente ostile e antisemita: lo Stato di Israele si è così dotato di un'aura di sacralità che lo rende quasi impermeabile.
Il processo rivoluzionario avviato in Russia nel 1917 occupa uno spazio del tutto particolare all'interno degli eventi che hanno configurato la storia del Ventesimo secolo. Alla caduta degli zar del febbraio seguirono i primi governi provvisori che sfociarono con la presa del potere da parte dei bolscevichi nell'ottobre del 1917. La rivoluzione ebbe tra le conseguenze immediate l'uscita dalla guerra mondiale, la guerra civile interna e il terrore. Dopo la grande discussione storiografica sullo stalinismo e il comunismo sovietico, dopo il crollo dell'URSS e l'apertura degli archivi, Marcello Flores torna su questo evento-simbolo del Novecento con una riflessione storico-interpretativa che intende ragionare senza paraocchi ideologici sul senso di uno spartiacque della storia contemporanea.
"Queste memorie sono in qualche modo la ricostruzione di una vicenda personale e sociale nelle insanguinate vicende del mio tempo. Ma - anche per il memorialista - non è proprio certo che le cose siano andate così, e con tale "ordine" sotteso. L'accaduto forse diverrà più sicuro, quando saranno appurati nessi ed eventi che a tutt'oggi, almeno per chi scrive, risultano ambigui o ancora nel farsi, o ancora troppo personali e segreti. Quell'evento fu cosi, come sta aggrappato nella mia dolce, dolorosa memoria? O si è consumata la chiave, ammesso che ci sia in campo una chiave, sia pure per una raccolta di frammenti? Essendo incerta la lingua, come si dà e si legittima la memoria? E perché temiamo tanto che la memoria si perda? E la vanità di stare ancora e per sempre sulla scena o un tentativo di salvezza? O forse è la memoria di una soggezione ad altri, tale che non può reggere il silenzio."
Chi sono i "gendarmi della memoria" evocati nel titolo del nuovo saggio di Giampaolo Pansa? Sono tutti coloro - dalla sinistra radicale a molti intellettuali che vi si richiamano ideologicamente - che tengono sotto chiave la memoria della guerra civile, per impedire che chiunque dissenta dalla loro versione ci metta le mani, la "revisioni", racconti verità scomode che possano intaccarne l'immagine oleografica da loro custodita e tramandata nel tempo. Questo libro ripercorre l'esperienza vissuta da Pansa nell'ultimo anno, dopo l'uscita del suo "La Grande Bugia". Un lavoro scomodo, documentato e duro, che rimetteva in discussione il mito resistenziale e il ruolo giocato dai comunisti nel costruirlo, criticando al contempo quanti non accettavano nessuna forma di ripensamento o di autocritica. La reazione contro Pansa è stata durissima, costellata da gravi episodi di intolleranza. Ma l'autore non si è fatto certo intimidire e nelle sue nuove pagine dimostra la validità delle tesi che ha sostenuto, rivelando parecchie delle storie "proibite" dai gendarmi: da quelle di comandanti partigiani comunisti eliminati dal Partito perché dissenzienti rispetto alle sue direttive, al ruolo ambiguo che esso svolse in una zona cruciale come l'Emilia nel periodo successivo alla Liberazione. Insieme a queste, Pansa racconta molte altre vicende della resa dei conti sui fascisti sconfitti, grazie alle testimonianze di persone che, dopo 60 anni di silenzio, oggi parlano.
´ComíË possibile che la pi˘ audace, la pi˘ profonda delle rivoluzioni sia degenerata nella pi˘ completa schiavit˘? PerchÈ la rivoluzione russa nella sua prima tappa rappresenta il pi˘ moderno dei progressi sociali e nella tappa successiva Ë sboccata nella menzogna sociale, nello sfruttamento e nellíoppressione perfezionata? Che cosa puÚ spiegare una contraddizione cosÏ enorme?ª.
Sono queste alcune delle domande a cui Nel paese della grande menzogna riesce probabilmente a fornire la pi˘ completa e approfondita spiegazione che sia mai stata tentata, insieme ad un ridottissimo numero di altri lavori, sulla realt‡ della Russia ´comunistaª. Al punto che, considerato il suo valore testimoniale, potremmo azzardarci a definire tale scritto come una sorta di Odissea dei tempi moderni. Una narrazione avventurosa in cui Ante Ciliga Ë stato capace di decifrare, con una prosa al medesimo tempo densa e suggestiva, tutte le sfaccettature di quello che senza alcun dubbio rappresenta uno dei pi˘ complessi ´enigmiª presentatisi alla ribalta della storia in questo scorcio di fine millennio.
Dopo avervi soggiornato circa dieci anni esplorandone a fondo le molteplici variet‡ dei suoi paesaggi, i ´nuoviª rapporti economici e sociali scaturiti dalla Rivoluzione díOttobre, le alte sfere della burocrazia, il ruolo centrale occupato dalla polizia politica, le prigioni e líesilio siberiano, líautore Ë giunto allíamara constatazione che ´Ë pi˘ facile uscire dallíinferno di Dante che dalla Russia sovieticaª. E tuttavia egli Ë riuscito a sopravvivere ai suoi aguzzini e a consegnarci il distillato della sua straordinaria esperienza. Per queste ragioni non si puÚ che accogliere con favore líuscita di questa prima edizione critica e integrale in lingua italiana dellíopus magnum di Ciliga, che viene ora finalmente a colmare un vuoto durato troppo a lungo.