
«I fascisti erano ossessionati dal potere, e dalla possibilità di redimere la nazione e di trasformare gli italiani, anche a costo di eliminare tutti quelli che non erano d'accordo con loro. [...] Le armi non sarebbero state deposte, fino al compimento di questa missione.» L'ascesa al potere del fascismo e il suo atto culminante, la cosiddetta marcia su Roma, possono essere capiti solo all'interno di un quadro più vasto, quello di un'Europa incapace di chiudere i conti con la Grande guerra. E se furono soprattutto i paesi sconfitti a scoprire che uscire dalla cultura dell'odio e della violenza quotidiana non era facile, frustrazione, scontento e desiderio di rivalsa si impossessarono anche degli italiani che pure - almeno formalmente - la guerra l'avevano vinta. Marco Mondini compone la storia corale e implacabile di un'Italia in cui la lotta politica si trasforma in guerra civile e che scivola via via verso il lungo ventennio della dittatura fascista.
Nella sterminata produzione di libri su Roma, sulle sue vicende, il suo paesaggio, i suoi abitanti questo volume, che accompagna il lettore lungo tremila anni di storia urbana, inserisce un'ottica finora mai tentata: quella della tridimensionalità. Attraverso una visione archeologica della stratificazione urbana e delle modalità di accrescimento del suolo, l'autore propone una risposta originale a una domanda apparentemente insensata: quante Rome si sono succedute nel corso dei secoli? In quale città viviamo oggi quando percorriamo le vie del centro storico più vasto d'Italia? Roma infatti è certamente una ma al tempo stesso è plurale per la complessità delle sue vicende istituzionali e urbanistiche, che ne hanno via via mutato la dimensione e il volto dal solco di Romolo alla metropoli odierna. La prospettiva aperta in queste pagine individua una cerniera nella sua vita millenaria, una "morte" e una "rinascita", stimolando riflessioni nuove sul tema antico del rapporto fra passato e presente nella città contemporanea.
Un tramonto e un'aurora, un declino e un'affermazione. La fine di Roma assomiglia a due figure che si rispecchiano l'una nell'altra, ora opposte ora strettamente connesse, come lo sono due lottatori che si stringono reciprocamente nel tentativo di sopraffarsi. In questo nuovo, affascinante affresco storico, Corrado Augias ci presenta la Roma cristiana, raccontando le storie di uomini, donne, luoghi e monumenti che caratterizzarono la fine del vecchio mondo, e annunciarono l'inizio e il trionfo di una nuova epoca. All'inizio del IV secolo l'Impero romano contava circa settanta milioni di abitanti, e si stima che meno del dieci per cento della popolazione aderisse alla religione cristiana. Una minoranza, ma in crescita. Adottare dunque quella religione, ammetterla tra le fedi consentite e dichiararsene membro, fu, da parte di Costantino, un gesto di immensa audacia. Dopo aver annientato il penultimo dei suoi concorrenti, Marco Aurelio Valerio Massenzio, nella famosa battaglia di Ponte Milvio, Costantino entrò trionfalmente a Roma percorrendo per l'intera lunghezza la via Lata (attuale via del Corso). Era il 29 ottobre del 312, giorno che può essere scelto come la data ufficiale di passaggio tra mondo antico e mondo cristiano. Ma nei fatti non è proprio cosí. Le date che indicano i grandi passaggi della storia umana sono sempre convenzionali. È difficile dire da quanto tempo quei nuovi modi di sentire e di vivere avessero realmente avuto inizio, quali e quanti fattori li avessero determinati e quali altri provocarono invece il declino e la scomparsa di riti, simboli, credenze, costumi sui quali milioni di individui avevano basato la propria esistenza. Resta che nel 324, diventato imperatore unico Costantino, la religione cristiana aveva assunto un'importanza e una dimensione mondiali e che sul finire del secolo l'imperatore Teodosio, detto il Grande, con il suo Editto di Tessalonica, la rendeva unica e obbligatoria. Era solo un primo passo; sarebbe stato via via completato proibendo culto e sacrifici pagani con la minaccia di punizioni severissime, compresa la pena di morte. In pochi anni i cristiani si erano trasformati da perseguitati in persecutori, e il mondo si apprestava a conoscere una nuova fase della sua storia. Tra sapere e meraviglia, Corrado Augias ci guida sui luoghi che furono protagonisti della rivoluzione cristiana, svelando monumenti e rovine che continuano a dare potente testimonianza della fine di un mondo. Ne risulta un'avventura affascinante - e un modo nuovo di vedere Roma - che dà alle pagine l'incanto che sempre deriva dal piacere della scoperta.
«Una brillante sintesi dei meccanismi attraverso cui la chiesa cattolica esercitava il suo potere sui fedeli» Nuccio Ordine Per quanto gli indici romani dei libri proibiti del Cinquecento registrino un numero esiguo di autori e di opere letterarie, gli interventi sulla letteratura di svago furono molto ampi. Pareva ai censori che gran parte delle opere dei più diversi generi - dalla novellistica, al romanzo cavalleresco, al poema biblico, alla satira - fosse caratterizzata da anticlericalismo, o lascivia e oscenità, o commistione tra sacro e profano, tra pagano e cristiano. Il libro ricostruisce i meccanismi che portarono alla distruzione di un vastissimo patrimonio culturale, alla manipolazione di opere attraverso l'espurgazione, a profonde trasformazioni di interi generi letterari, ma anche alla prassi sempre più diffusa tra gli autori dell'autocensura. Se lo scopo di quest'azione repressiva era la moralizzazione dei fedeli, non vi è dubbio che, unita alla rimozione della Sacra Scrittura e dei libri di contenuto biblico in volgare, alla liturgia e alla recita delle preghiere in latino, essa consentì alla Chiesa di esercitare più facilmente il suo potere sulle menti e sulle coscienze riducendo i fedeli allo stato di «minorenni perpetui».
All'inizio del Novecento l'Europa comandava il mondo. Il suo impero coloniale era vastissimo e la popolazione cresceva a ritmo sostenuto. La guerra aveva cessato da tempo di decimare le giovani generazioni. Scoperte e innovazioni producevano il miglioramento delle condizioni di vita anche delle masse rimaste in povertà. La natura, che nei secoli aveva disseminato epidemie e carestie, sembrava sotto controllo. Ma nel volgere di trent'anni si succedono due catastrofi immani. La forza distruttiva delle decisioni e delle azioni determinate dalla politica sovrasta la potenza rovinosa degli eventi naturali. I due conflitti mondiali con decine di milioni di morti, le guerre civili, le carestie, le migrazioni forzate, la pulizia etnica e il genocidio sono il frutto avvelenato di azioni politiche e mietono vittime assai più numerose di quelle provocate dai microbi, dal clima o da altri eventi naturali.
Nel discorso pubblico italiano e internazionale c'è una formula che ritorna costantemente: «la Germania ha saputo fare i conti con il nazismo». Se però andiamo a verificare quanto c'è di vero in questa frase, ci accorgiamo quanto il passato nazista abbia condizionato il lungo dopoguerra tedesco, generando una tacita e continua tensione, ma producendo solo occasionalmente effettive prese di responsabilità. In questo libro scopriremo come, dopo decenni di oblio e di silenzio interessato, si è cominciato ad affrontare questo tema. Soprattutto dopo la riunificazione del 1990, quando la rielaborazione dei crimini nazisti si fa strumento di unità politica e collettiva. Il periodo della Guerra fredda, invece, si distingue per la mancata riflessione sul passato; un passato sospeso, spesso rinnegato. Partendo dalle rovine della Germania post-bellica, passando per i movimenti studenteschi del ?68 e arrivando ai memoriali odierni, queste pagine raccontano biografie chiave, vicende emblematiche e dibattiti esemplari. E mostrano che 'i conti' sono stati fatti, sì, ma solo in parte e, forse, troppo tardi.
La storia straordinaria e tragica di una famiglia che si intesse intorno al Novecento italiano. Con il ritmo incalzante del racconto, Giuseppe Fiori segue Carlo e Nello Rosselli dall'infanzia alla maturità, narrandone la giovinezza, gli studi, le lotte, ma anche i legami con la madre Amelia, le mogli Marion e Maria, i figli, i maestri e gli amici. Carlo, una vita avventurosa, turbolenta, centrata sull'azione politica oltre che sull'elaborazione del 'socialismo liberale': l'evasione dal confino, la costruzione del movimento Giustizia e Libertà, la guerra in Spagna. Nello, votato alla carriera universitaria (poi interrotta per l'opposizione al fascismo), studioso, impegnato. Entrambi uccisi a Bagnoles-de-l'Orne, pugnalati a morte all'età di 38 e 37 anni da terroristi di estrema destra inviati da Galeazzo Ciano. In queste pagine Giuseppe Fiori ci immerge a tutto tondo nella vita e nella formazione di una classe intellettuale che costituì un'anomalia nel panorama culturale dell'Italia degli anni Trenta. Una ricca biografia corale in cui si intravede tutto lo spessore umano dei Rosselli e l'universo affettivo della famiglia, anche grazie alla citazione di numerose fonti. Particolarmente forte e significativo il legame con Amelia; nel suo prezioso Memoriale, l'anziana madre pone una questione bruciante: «Fino a quale limite un uomo, un marito, deve sacrificare la famiglia per l'ideale?».
Il 3 settembre 1982 a Palermo veniva ucciso dalla mafia il generale Carlo Alberto dalla Chiesa. Nella storia dell'Italia repubblicana, dalla Chiesa era l'uomo per gli incarichi difficili, fin da quando aveva scelto di andare volontario nella Sicilia di Salvatore Giuliano. Successivamente le istituzioni democratiche si affidarono a lui in alcuni dei momenti più drammatici, chiamandolo a contrastare l'offensiva del terrorismo brigatista, sia prima che dopo il sequestro e l'assassinio di Aldo Moro. La sua ultima missione, conclusasi con l'attentato che lo colpì assieme alla moglie, fu quella di prefetto di Palermo, dove era stato inviato a fronteggiare un'escalation di violenza della mafia senza precedenti. La sua carriera lo portò a vivere una molteplicità di situazioni, nel corso delle quali è stato dipinto come il più fedele dei servitori dello Stato, ma che, allo stesso tempo, lo hanno messo al centro di accuse e polemiche di varia natura. Finalmente la vita di uno degli uomini simbolo della nostra Repubblica viene ricostruita e raccontata da uno storico, grazie all'accesso a una documentazione vasta e inedita.
Pioggia, pioggia, ancora pioggia. Poco cibo, tende insufficienti e scarse armi. Le truppe fasciste concentrate a nord di Roma per l'attacco alla capitale sono stanche, bagnate e affamate quando si diffonde la notizia che Mussolini è stato nominato capo del governo. Ma l'entrata a Roma non coincide con la sua conquista, anzi in quei giorni la città continua a respingere i fascisti come nessun'altra, e gli scontri si fanno durissimi. Inizia così un nuovo racconto della marcia su Roma che finalmente spiega il ruolo giocato dalla violenza, il motivo per cui la classe dirigente politica non ha compreso subito la gravita degli avvenimenti, il modo in cui lo Stato liberale è crollato. E che mostra come la marcia non sia stata solo quella degli squadristi su Roma, ma anche l'invasione e la trasformazione degli equilibri di potere nelle altre città d'Italia.
Italia figlia benedetta della Provvidenza, o piuttosto Italia incorreggibile pecora nera del Vecchio Continente? Da quando è nata tra alti clamori sconvolgendo l'equilibrio geopolitico europeo - la più giovane delle grandi nazioni occidentali è una fucina di ambizioni e frustrazioni, slanci e sconfitte. "Fin dal principio, la nazione italiana è stata difficile da definire e ancora più difficile da costruire; e malgrado gli sforzi di poeti, scrittori, artisti, pubblicisti, rivoluzionari, soldati e politici di vario colore, la fede nell'ideale dell'Italia non ha avuto lo sviluppo auspicato da tanti patrioti. È d'altronde possibile che l'insistenza con cui il progetto di 'fare gli italiani' è stato perseguito fino alla seconda guerra mondiale abbia finito col risultare controproducente, contribuendo a erodere la credenza nei valori nazionali collettivi. Al principio del nuovo millennio, l'Italia continua ad apparire un'idea troppo malcerta e contestata per poter fornire il nucleo emotivo di una nazione, o almeno di una nazione in pace con se stessa e capace di guardare con fiducia al futuro." Christopher Duggan ricostruisce oltre due secoli di storia italiana, dalla deludente invasione napoleonica di fine Settecento ai nostri giorni.
Il rapporto millenario degli italiani con la guerra: le battaglie e le armi, la politica e la strategia, l'economia e la logistica, le fortificazioni, le opere d'arte che ritraggono o cantano guerre e soldati, la guerra di terra e quella di mare, poi quella dell'aria, la guerra delle informazioni, il mantenimento dell'ordine. "Guerre ed eserciti nell'età contemporanea": Le guerre totali dell'età contemporanea sono state contraddistinte da armi sempre più sofisticate e distruttive, da forze armate non solo di leva ma più spesso di volontari professionisti, da un crescente coinvolgimento dei civili, da un accresciuto ruolo della propaganda e dalle retoriche nazionaliste. Nell'Italia contemporanea c'è tutto questo e anche altro: il Risorgimento in armi e le guerre di unificazione nazionale, ma anche la guerra al brigantaggio e le prime campagne militari coloniali; la partecipazione alla Prima guerra mondiale e poi il Ventennio fascista, con il suo peculiare rapporto tra forze armate, società e politica; la lunga stagione repubblicana fino a un presente militare fatto di professionalizzazione e di partecipazione alle operazioni militari all'estero, che talora hanno profondamente diviso l'opinione pubblica. Questo volume conclude la serie "Guerre ed eserciti nella storia".
L'ultimo Medioevo ha generato il grande codice dell'economia di mercato, che con la Riforma protestante si biforcherà in un capitalismo nordico, erede di Lutero e Calvino, e in uno meridiano, figlio dei mercatores toscani e di san Francesco. Un capitalismo dunque che in qualcosa ha continuato l'Umanesimo civile dei secoli precedenti e in altro di importante se ne è invece allontanato. Questo libro ne racconta la genesi evidenziandone gli aspetti comunitari, meticci e relazionali, maschili ma con inaspettate presenze femminili; con uno sguardo speciale all'intreccio tra lo spirito dei mercanti e quello dei frati mendicanti. Un viaggio attraverso il primo capitalismo europeo animato e ispirato da qualcosa di molto più grande, vasto e potente del puro interesse economico delle merci.