
«Io sono solo, Rachele, e vedo che tutto è finito.» Così Mussolini nell'ultima telefonata alla moglie, a poche ore dall'arresto e dalla morte. «L'Ucraina non esiste» disse Putin. «E, se esiste, è una colonia russa.» «Mario, che fai? Mi lasci sola?» Giorgia Meloni si aggrappò con una battuta a Mario Draghi che il 23 ottobre si congedava da Palazzo Chigi, dopo le consegne alla nuova padrona di casa. Sapeva quanto enorme fosse il compito affidatole dagli elettori in uno dei momenti più difficili del dopoguerra. Guerra civile, rilancio tragico di un conflitto che ci sembrava impossibile nel cuore dell'Europa del XXI secolo. E una donna di 45 anni, alla quale nessuno ha regalato niente, chiamata all'appuntamento con la Storia: prima presidente del Consiglio della nostra Repubblica, prima capo di governo di destra. Una «grande tempesta» che attraversa un secolo di storia italiana e internazionale. Bruno Vespa rende contemporanei i tre avvenimenti raccontandoli, come d'abitudine, in presa diretta. L'ultimo atto della storia del fascismo, che si apre con l'arresto di Mussolini a villa Savoia e si chiude con la macabra esposizione del suo cadavere a piazzale Loreto, è denso di retroscena insospettabili per il lettore comune. Re Vittorio Emanuele III e il maresciallo Badoglio non sanno dove sistemare l'ex Duce, e l'ex Duce s'illude di ritirarsi da pensionato alla Rocca delle Caminate. Sa, fin dal momento della liberazione sul Gran Sasso, di essere prigioniero di Hitler e quindi si adatta a guidare la repubblichetta di Salò sperando che le truppe d'occupazione nazista riservino all'Italia un trattamento migliore che alla Polonia. Ma Salò significa guerra civile, narrata in queste pagine anche negli aspetti meno frequentati dagli storici, fino al suo tragico epilogo. Solo un altro dittatore crudele e cinico come Vladimir Putin poteva riportare la guerra in Europa a ottant'anni dalla fine del secondo conflitto mondiale. Vespa ne ha parlato con Volodymyr Zelensky e con sua moglie Olena, ha avuto vivaci discussioni con l'ambasciatore russo a Roma Sergej Razov e con Vladimir Solov'ëv, il principale anchorman della televisione russa, ma entrando nelle chiese di Leopoli si è convinto che il popolo ucraino non si arrenderà mai, nonostante le minacce nucleari di Putin. Il conflitto in Ucraina ha avuto pesanti conseguenze sulla politica e sull'economia italiana, trovatesi nella «grande tempesta» di elezioni anticipate che hanno sconvolto il panorama politico nazionale. Vespa racconta i dietro le quinte della conferma di Sergio Mattarella al Quirinale e dell'improvvisa crisi di governo del luglio 2022. Si è confrontato con tutti i leader dei partiti di maggioranza e opposizione, svelando i retroscena della formazione del nuovo esecutivo, e ha avuto lunghe conversazioni con Giorgia Meloni, che si è detta decisa a cambiare profondamente la Nazione. «Altrimenti vado a casa» ha confidato all'autore.
Che cosa pensavano i Greci e i Romani quando, di notte, alzavano gli occhi per guardare il cielo? Quali figure vedevano, o credevano di vedere, nei cinque pianeti (Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno) e nelle innumerevoli stelle che brillavano nel firmamento formando le più curiose costellazioni? E che cos'erano davvero, per loro, i due corpi celesti più importanti per il genere umano, il Sole e la Luna? Il volume illustra e spiega - attraverso un'ampia scelta di passi tratti dalla letteratura greca e latina, dai poemi omerici alla fine dell'età classica - quale ruolo ricoprivano gli astri nella vita quotidiana degli antichi; come li avevano interpretati e studiati i filosofi e gli scienziati (compresi coloro che si occupavano di una disciplina molto particolare: l'astrologia); che importanza avevano nell'arte e nella religione.
La guerra in Ucraina e la rimilitarizzazione dei rapporti tra le potenze hanno rimesso al centro dell'attenzione il tema della sicurezza. Ma già dall'inizio del XXI secolo preoccupazioni analoghe erano state sollevate dagli attacchi dell'11 settembre 2001 e dalla conseguente guerra globale al terrore, poi dalla tempesta economica del 2007-2009, subito dopo dall'offensiva terroristica dell'Isis e infine dalla pandemia di Covid-19. Questo crescente senso di insicurezza basterebbe già a rivelare le tensioni che attraversano l'attuale contesto internazionale. Ma la sua intensità non si comprende se si dimentica che, nei quindici anni precedenti, l'Occidente si era convinto di essere avviato verso un futuro opposto, incarnato nel grande progetto del Nuovo Ordine Liberale. Oggetto del libro è il rapporto tra questa promessa liberale di sicurezza e la "frustrazione securitaria" subentrata una volta che la promessa si è rivelata irrealizzabile.
Sulle rive dell'Ofanto, nel Mezzogiorno italiano, un secolo e mezzo fa si svolse una grande sfida. Da una parte c'era il brigante, Carmine Crocco. Pastore, militare, bandito di professione, divenne il capobanda più famoso nelle campagne meridionali dopo il 1860. Alla guida del brigantaggio filoborbonico, sperimentò forme di guerriglia che avranno fortuna nel XX secolo, anticipandone gli aspetti politici e una organizzazione criminale su larga scala. Dall'altra parte, il generale, Emilio Pallavicini di Priola, aristocratico sabaudo, militare esperto in operazioni speciali e al comando di reparti schierati nella campagna contro il brigantaggio. L'ufficiale era parte dell'antica aristocrazia di spada e interpretò la conclusione di un processo secolare, in cui i ruoli militari passavano definitivamente ai professionisti della guerra. Nel primo decennio dell'Italia unita furono questi due uomini, lontanissimi per origine e formazione, i protagonisti più conosciuti della guerra per il Mezzogiorno. Carmine Pinto racconta le loro 'vite parallele' e, attraverso queste, gli episodi, i luoghi, le battaglie e le leggende, la guerra tra il primo esercito nazionale e l'ultimo dell'antico regime, fino allo scontro finale e al sorprendente epilogo delle loro esistenze.
Nel 1944 un anonimo antifascista pubblicò un opuscolo il cui primo capitolo si intitolava "Il fascismo non è mai esistito". Cinquant'anni dopo un illustre intellettuale antifascista dichiarò: «Il fascismo è eterno». La storia del fascismo è stata spesso raccontata per sostenere o confutare una teoria. Questa "Storia del fascismo" non presuppone né propone una teoria. Racconta i fatti accaduti, come è stato possibile conoscerli attraverso i documenti. Essendo storia e non cronaca, l'autore ha dato risalto a persone, momenti, condizioni, eventi che maggiormente contribuirono a trasformare il minuscolo movimento del 1919 in un regime totalitario nel 1926, con tutto quello che ne è seguito nei successivi diciannove anni. Dall'inizio alla fine, il fascismo ebbe un solo capo, ma questo libro mostra che non fu Mussolini a generare il fascismo, ma fu il fascismo a generare il duce. Nel corso della sua parabola, il fascismo visse varie metamorfosi, ma la "Storia del fascismo" mostra che i suoi caratteri essenziali e indelebili ebbero origine non dal minuscolo fascismo mussoliniano del 1919 ma dal fascismo che nel 1920 iniziò la guerra civile squadrista e la proseguì, diventando un partito di massa, fino alla conquista del potere, per istituzionalizzarla nel regime totalitario e riprenderla nell'ultimo momento dell'agonia. Nel raccontare la storia del fascismo, Emilio Gentile non ha seguito il copione del postero, che sa già come è andata a finire. Il caso, l'imprevisto, la scelta, l'iniziativa, fanno parte di questa nuova "Storia del fascismo", come fecero parte del fascismo durante la sua storia. Che era storia nuova, senza copione, anche per i suoi protagonisti.
La ricostruzione della nascita e dell'affermazione dello Stato «moderno» non è un'operazione di archeologia storica. Rappresenta, invece, lo sforzo di spiegare come si è realizzata l'attuale concentrazione di potere, del tutto sconosciuta ai nostri predecessori, che ha permesso allo Stato di diventare invadente e onnipotente, di soffocare i singoli e le formazioni sociali, di schiacciarli sotto il peso del centralismo, della burocrazia e del fisco, come emerge sempre di più ai tempi del Covid-19.
Questo libro segue la traccia lasciata da Marta di Betania che, nella tradizione evangelica, accoglie nella sua casa un ospite inatteso e straordinario. Marta non è solo colei che rassetta in cucina; Marta è il simbolo della vita attiva e a Marta quell'ospite rivela cose mai dette a nessuno. Come Teresa Batista, che accompagna i capitoli del libro, Marta è donna di amori e di guerre, di fedi e di scelte dove la donna del Medioevo celebra Dio e la propria personalità. Essere Marta vuol dire essere dentro le cose, esserne vittima oppure ordinatrice, caritatevole o vendicativa, ma significa anche essere colei che accoglie: l'impegno personale, le aspirazioni, il misurarsi con i molti disagi e con il rischio dei sentimenti. Il Medioevo non lascia molte alternative al grafico sociale della donna chiusa in ruoli subalterni o soltanto familiari. Invece esistono comportamenti femminili che eludono questa geografia e prendono la scena. Si tratta di vere protagoniste, donne famose, anonime o dimenticate, personaggi che letteratura, storiografia e poesia raccontano tra colori, voci e silenzi. Nell'immagine di copertina Vermeer dipinge Marta che offre il pane: è una donna che rappresenta, oltre il tempo, la vita attiva; è una donna che agisce, nutre, prega e s'impegna. Tutte le donne della storia sono modi di essere Marta e reggono il mondo. Nell'universo sociale così mutevole e difettivo la vita attiva si esprime nell'amore, ma anche nelle guerre, nelle rivalità per il potere, nella gestione della carità e delle accoglienze, nelle devozioni e nei tradimenti. La vita febbrile e la facile morte: sono le due estremità di un segmento di esistenze dove regine, devote e assassine, affiancano le solitudini drammatiche di principesse emarginate, e le donne virtuose e sapienti, monache o laiche, non si meravigliano ai licenziosi abbandoni di chi segue l'illusione di sentirsi diversa per non essere inquieta. Marta opera in un teatro di scene incessanti dove si muovono indimenticabili fisionomie di un modo d'essere donna nel Medioevo.
Dal primo avventurarsi su due gambe nelle pianure africane alla produzione di pitture rupestri, piramidi, bastimenti, parlamenti e molto altro: tanto si è scritto sul cammino evolutivo dell'umanità grazie al lavoro di paleontologi, archeologi e genetisti. Ciascuno di loro ha messo un tassello a formare un quadro generale della nostra storia. Ma oggi siamo riusciti a compiere un altro passo: con la capacità che abbiamo acquisito di leggere a fondo il DNA di tante persone, passate e presenti, e di interpretarne le differenze, quei resti non solo ci danno un'idea delle migrazioni, degli scambi, dei processi di adattamento all'ambiente che hanno fatto di noi quello che siamo, ma ci hanno anche permesso la ricostruzione delle sembianze dei nostri antenati. Il lavoro scrupoloso di un gruppo di artisti ci fa finalmente guardare in faccia Homo erectus, che per primo ha imparato a maneggiare il fuoco, e i piccoli ominidi dell'isola di Flores in Indonesia, che qualcuno ha ribattezzato hobbit; i vecchi europei, gli uomini di Neandertal e quelli nuovi come Ötzi, l'uomo dei ghiacci del Museo di Bolzano, e tanti altri. Guardandoli negli occhi possiamo capire meglio quanto abbiamo in comune, quanto ci siano vicini, quanto è vero che, nonostante la grande distanza temporale, noi in qualche modo siamo loro.
Un grande storico come Alessandro Barbero e un grande illustratore come Sergio Toppi ci restituiscono vividamente quel che accadde ad Adrianopoli, nei Balcani, in un lungo pomeriggio d'estate nella battaglia che ha cambiato la storia del mondo e che ha segnato la fine dell'Antichità e l'inizio del Medioevo.
«...il Mediterraneo è un crocevia antichissimo. Da millenni tutto vi confluisce, complicandone e arricchendone la storia» Fernand Braudel Il Mediterraneo è il cuore incandescente di un unico vitale continente afro-euro-asiatico, l'epicentro della grande storia che qui transita e da qui scaturisce, il luogo in cui si è concentrato per alcuni millenni il mondo immaginabile. Come comprendere quella straordinaria «pianura fluida» che è il Mare Nostrum? Mettendosi sulle tracce delle civiltà sepolte? Ripercorrendo il vagare di eroi erranti come Ulisse, Enea o i viaggi dei pellegrini verso la Terrasanta? Interrogando gli strati e i substrati archeologici? Abbracciandone il paesaggio oppure lasciandosi abbacinare dai capolavori artistici? Il racconto mai concluso di una storia millenaria, unica e imprescindibile, fatta di guerre e convivenze, scambi e antagonismi, invasioni e diaspore, ibridazione ininterrotta di saperi, miti, leggende, manufatti, nel coesistere di culture religiose ora dialoganti ora in conflitto. Il ritratto in movimento di una civiltà e del suo mare.
«Il problema dei 'silenzi' non è solo una questione del mondo ebraico, ma riguarda tutti, anche i cattolici». Pio XII è una figura controversa. Da un lato protagonista di azioni riconosciute a tutela delle vittime del nazifascismo, in particolare nei mesi drammatici dell'occupazione di Roma; dall'altro accusato per i troppi 'silenzi' a fronte delle notizie drammatiche che arrivavano in Vaticano, già dal 1939, dai territori occupati da Hitler, a partire dalla Polonia. Andrea Riccardi ricostruisce la storia e le ragioni di quei silenzi, avvalendosi di una ricca documentazione consultabile per la prima volta. Solo nel 2020 l'Archivio Apostolico Vaticano ha, infatti, reso accessibili agli studiosi i documenti del pontificato di Pio XII. Frutto di questa straordinaria opportunità di ricerca e a firma di uno degli storici più accreditati sulla materia, l'analisi e l'interpretazione di un nodo rilevantissimo della storia del Novecento.
Le donne che fecero parte dell'Assemblea Costituente furono solo 21. Eppure non tutti sanno che il loro contributo alla stesura della carta fu fondamentale, anche perché seppero esprimere con consapevolezza la novità della partecipazione femminile alla politica. Ancor più importante, però, è il contributo che le donne hanno dato, in oltre settant'anni, a far sì che la Costituzione diventasse realtà. Gli esempi sono innumerevoli: l'autrice ci racconta di figure come Tina Anselmi (prima donna ministro), Giulia De Marco (tra le prime 8 vincitrici del concorso per accedere alla magistratura, nel 1965), Maria Gabriella Luccioli (prima donna presidente della Cassazione), Marta Cartabia (prima donna presidente della Corte Costituzionale), E, oltre alle istituzioni, c'è la società civile: Franca Viola (la prima donna a opporsi al matrimonio riparatore con l'uomo che l'aveva violentata) e Tina Lagostena Bassi (che lottò contro la colpevolizzazione delle vittime di violenza), Luisa Spagnoli (imprenditrice), Francesca Sèrio (prima donna a denunciare reati di mafia), Bianca Piccinino (prima donna a condurre un TG), Emma Carelli (prima donna a dirigere un teatro dell'Opera), Rita Levi Montalcini (prima donna italiana a vincere il Nobel per la medicina), Lidia Beccaria Ricolfi (prima donna a testimoniare l'orrore dei campi di concentramento). Prefazione di Rosy Bindi.