
Questo è un libro sul tempo e sul corpo. Si occupa della scrittura del pittore cinquecentesco Jacopo Carucci detto il Pontormo. E anche della scrittura attorno a lui e su di lui. Racconta la pittura del Pontormo, inevitabilmente; ma come attraversata dal suono della parola e dalla febbre che l'invenzione letteraria vi ha acceso dentro. Pontormo è anche la letteratura che l'ha inventato. E che gli appartiene, come patina del tempo. Se il manierismo è "ricerca della febbre", come suggeriva Bataille, questo è un libro sul manierismo. Il volume accoglie in appendice il Dossier dell'invenzione di Pontormo: "La lettera al Varchi" e "Il libro mio" del pittore; i versi in burla inviati da Bronzino al suo maestro.
"Non può sorprendere che, per una vicenda tormentosa e sciagurata come quella del Caravaggio, gli storiografi del Seicento più romanzevole e del più romantico Ottocento si industriassero a trasformarne ogni passo, fin dai princìpi, ad uso di un ritratto spiccatamente popolare (ciò che per essi suonava 'plebeo') e cioè adatto a spiegare la spregiudicata e, si diceva, 'indecorosa' naturalezza dell'artista. Fu così che il Caravaggio, già da ragazzo, in Lombardia, si tramutò in figlio di muratore, in rimestatore di calcine e preparatore di colle per gli imbianchini milanesi. Il resto della sua vita, soprattutto negli anni di Roma, Napoli e Malta, non aveva certo bisogno di esser rinforzato nelle tinte, ma pure non si mancò di farlo e persin la sua morte, per ragioni di corrispondenza simbolica, si amò fissare un anno prima del vero."
Lo Spitfire, già presente in Egitto per contrastare la superiorità della Luftwaffe fino alla battaglia di El Alamein, fu successivamente impiegato anche nel Nordafrica francese. Nei cieli della Tunisia, i velivoli britannici subirono pesanti perdite nella lotta per la supremazia aerea contro le unità da caccia italiane e germaniche, prima della resa dell'Asse nel 1943. Le squadriglie degli Spitfire (RAF, RCAF, RAAF e SAAF) svolsero un ruolo cruciale nella neutralizzazione degli aeroplani italo-tedeschi durante i combattimenti per la conquista della Sicilia e l'invasione dell'Italia e nei successivi drammatici mesi di guerra nella Penisola. In occasione dell'operazione Dragoon, decollando dalle loro basi italiane, coprirono gli sbarchi nella Francia meridionale, eseguendo anche numerose sortite sulla Jugoslavia in appoggio ai partigiani di Tito. Nel corso delle campagne nordafricane e italiane, quasi 100 piloti di Spitfire si guadagnarono lo status di assi o accrebbero la loro già consolidata reputazione di valorosi combattenti dei cieli.
Il prototipo del legionario romano, come spesso viene presentato nelle diverse forme della moderna iconografia, è in realtà il risultato di un'evoluzione militare millenaria. Agli inizi dell'Età del ferro, prima che sorgesse Roma, una manciata di borghi poteva dare vita a un villaggio, base dalla quale i guerrieri romani dell'età arcaica lanciavano gli assalti contro i loro vicini. Con la crescita dell'Urbe, aumentarono e si espansero anche gli sforzi militari di questi uomini, che adottarono i classici metodi bellici dei greci e crearono la leva cittadina. Il libro esamina la cultura e i sistemi di combattimento di questi antichi guerrieri, tracciando le fasi dello sviluppo di una forza che avrebbe conquistato il mondo.
Il volumetto del giovanissimo Papafava, uscito nel 1923, offriva una ricostruzione attendibile sulla base della relazione della Commissione d'inchiesta su Caporetto e delle fonti allora disponibili. L'autore metteva in luce la responsabilità degli alti comandi e la confusione nella direzione delle operazioni, con le divergenze tra il Comando Supremo e il comandante della II Armata, per cui non riteneva giusto attribuire a Badoglio, che gli appariva la prima vittima del dualismo tra Cadorna e Capello, la maggiore responsabilità del disastro del 1917. Più in generale, per Papafava andava respinta la versione che imputava Caporetto a uno "sciopero militare" (uno slogan fortunato e diffuso per decenni) e al sabotaggio di socialisti, giolittiani e cattolici.
La storia non è soltanto il racconto del passato, più o meno fedele, ma una vera e propria scienza, coi suoi "ritmi" e le sue leggi! È quanto ci dimostra l'autore, il quale - alla luce delle intuizioni di G.B. Vico e di Oswald Spengler - ha esaminato scrupolosamente le sei grandi civiltà succedutesi nei millenni a partire dall'invenzione della scrittura, arrivando alla conclusione che tutte hanno avuto la stessa durata e gli stessi cicli evolutivi, dalla nascita al declino, con stupefacenti parallelismi ed impensabili "coincidenze" nei loro aspetti più svariati: economico, politico, artistico, culturale, spirituale.
Il 2 febbraio 1943, con la resa della Sesta armata del maresciallo Friedrich Paulus termina la battaglia di Stalingrado, uno dei momenti più significativi della Seconda Guerra Mondiale. Viktor Nekrasov, come molti civili, combatté in prima persona nelle trincee e pochi anni dopo pubblicò questo romanzo, ancora oggi comunemente considerato una delle migliori opere della letteratura sovietica di guerra. Narrato in prima persona dal luogotenente Kerèncev (che in tempo di pace era un giovane ingegnere), il racconto ripercorre quei momenti drammatici, dall'annuncio dell'arrivo dei tedeschi ai combattimenti durissimi all'ultimo sangue che metteranno alla prova la natura umana dei vari personaggi, fino agli esiti finali in cui la resistenza eroica di un intero popolo obbligherà alla resa il nemico cambiando così le sorti di tutta l'Europa. Nekrasov è stato cittadino e soldato, e come tale si è immedesimato nella condizione degli infiniti e quasi anonimi eroi, con galloni e senza, che si sono trovati a fare la Storia sotto le mura di Stalingrado. Rifiutando ogni retorica e con una narrazione sincera e priva di enfasi celebrativa, gli umili protagonisti di questo romanzo pongono quesiti etici validi ancora oggi: ci si può fidare di un compagno sconosciuto? Qual è il vero eroismo: quello di chi si cela dietro le frasi altisonanti ma nel momento del bisogno tradisce la sua mancanza di umanità o quello di chi non sa usare le belle parole ma è capace di sacrificare la propria vita per il bene comune?
Nel Risorgimento convissero due diverse idee di nazione, una romantica e una liberale, Mazzini e Cavour. L'idea liberale fu però presto minoritaria: prevalsero il nazionalismo, poi il socialismo, poi il fascismo. Solo dopo la fine del secondo conflitto mondiale potè rinascere un'idea di democrazia liberale, ma lo scontro ideologico conseguente alla guerra civile che si era combattuta e alle contrapposizioni della guerra fredda hanno ostacolato l'educazione politica degli italiani in senso liberale. Dopo centocinquant'anni, abbiamo lo Stato ma gli italiani non hanno ancora imparato ad essere cittadini.
Il 29 maggio 1453, dopo un lungo assedio, gli Ottomani guidati dal sultano Maometto II espugnavano Costantinopoli. Finiva, dopo undici secoli di storia, l'impero bizantino. Ma da cinquant'anni almeno Bisanzio era un impero fantasma, ridotto a pochi brandelli di territorio: Costantinopoli, Tessalonica, il Peloponneso. Questi drammatici decenni terminali sono raccontati nel nuovo libro di Harris secondo una prospettiva originale: non fu già per i bizantini uno scontro di cristianesimo e islam, una battaglia per la fede, ma un meno eroico e più umano affannarsi per salvare se stessi che guidò i comportamenti degli ultimi bizantini, dei governanti come dei semplici individui. Dalle cronache, dalle lettere, dai racconti dei viaggiatori, dai documenti d'archivio Harris fa rivivere dal di dentro l'agonia e la morte di Bisanzio, seguendo poi attraverso il destino dei tanti rifugiati anche i profondi effetti che quell'evento ebbe sulla cultura europea.
Quello perpetrato il 12 agosto 1944 a Sant'Anna di Stazzema, minuscolo paese della montagna lucchese, è il maggiore eccidio di civili compiuto dai nazisti in Italia dopo quello di Monte Sole. La strage di Sant'Anna è riemersa prepotentemente all'attenzione della cronaca con il processo celebrato a La Spezia nel 2005, e poi ancora con l'uscita del film di Spike Lee "Miracolo a Sant'Anna" e le vivaci polemiche che ne sono seguite. Paolo Pezzino, storico delle stragi tedesche e consulente della Procura militare per il processo, sulla base di una conoscenza approfondita e puntuale dei fatti, racconta in questo breve libro l'intera storia della strage: in che contesto maturò, chi furono i protagonisti, carnefici e vittime, come si svolse, come non si fece giustizia nel dopoguerra e come la si è fatta a La Spezia, la sempre riaffiorante controversia circa le eventuali responsabilità dei partigiani, che ancora riesce a dar fuoco alla polemica attorno ai morti di Sant'Anna.
11 agosto 490 a.C, piana di Maratona. Un esercito di diecimila greci, in maggioranza ateniesi, affronta a viso aperto lo sterminato schieramento persiano. La vittoria degli invasori sembra già scritta, ma la rapidità d'attacco e l'ardore guerriero degli opliti ribaltano in poche ore l'esito della battaglia. Viene impresso un nuovo corso al futuro della Grecia e alla storia di tutto l'Occidente. Già agli occhi dei contemporanei quella storica giornata divenne la massima espressione dell'ingegno e del coraggio individuali, uniti alla disciplina collettiva e alla coesione tenace: Eschilo volle che sulla propria tomba fosse ricordato il suo valore durante la grande battaglia piuttosto che le sue doti drammatiche. A rendere lo scontro quasi leggendario contribuì il ricordo dell'impresa di Filippide, il messo ateniese che percorse una distanza di quarantadue chilometri, da Maratona ad Atene, per dare ai concittadini la notizia della vittoria. Tuttavia, sulle tracce di Erodoto, Billows abbandona il mito e racconta la storia, soffermandosi sulla marcia dei reduci che, dopo aver combattuto, ancora muniti di armatura, scudo e lancia, tornarono ad Atene rapidi per difendere le alte mura della città. Confutando i luoghi comuni, concentrandosi sulla strategia militare e sulla tecnologia delle armi, Richard A. Billows ripercorre gli avvenimenti storici portandoci sul campo di battaglia, mostrandoci il furore dei combattenti greci mentre si abbattono, incredibilmente compatti, sul nemico persiano.
Radiazioni misteriose, extraterrestri, reperti archeologici rivoluzionari, dispositivi elettronici fantascientifici, macchine che controllano il clima e che fanno rivivere il passato... sono solo alcune delle scoperte e delle invenzioni che avrebbero potuto modificare radicalmente la nostra vita, se solo fossero state reali. Il libro analizza con rigore storico una serie di false scoperte scientifiche, immaginando cosa sarebbe successo se fossero state vere. Un viaggio insolito e intrigante all'interno della scienza che mostra aspetti poco noti della ricerca e dei ricercatori.