
«Quel che non sopporto è che si transiga»: Simone Weil è la reincarnazione di Kant, oppure di san Francesco d'Assisi. Pare che Camus tenesse una sua fotografia sullo scrittoio. Paolo vi voleva farla santa, ma lei aveva sempre rifiutato il battesimo. Lei che a trentaquattro anni si è lasciata morire di fame perché non poteva andare a combattere in prima linea contro i nazisti. La rivoluzionaria mistica, uno dei più misconosciuti e fondamentali pensatori del Novecento. Il Saggiatore ripubblica Sulla guerra, una raccolta di articoli, lettere, brevi saggi scritti da Simone Weil tra il 1933 e il 1943, anno della sua morte, che delineano il difficile passaggio da un iniziale pacifismo intransigente alla partecipazione attiva, anche se non priva di contrasti, alla resistenza contro Franco prima e contro il nazismo poi. Un passaggio non raro in quegli anni, ma che in Simone Weil implica una complessità e un rigore di pensiero singolari, la ricerca appassionata e radicale di una possibile via d'uscita alla tragica minaccia che incombe sull'Europa, e più ancora all'impasse filosofica di chi sa che la guerra è il male assoluto, ma anche un male necessario quando si deve contrastare una violenza atroce e stritolante. Tutt'al più si può avere l'intenzione di «fare il minimo di male possibile». Che per Simone Weil coincide con l'autosacrifì-cio: si propone all'organizzazione France libre di De Gaulle per azioni che la espongano al più grande rischio personale; ma quando questo le viene negato - lacerazione irreparabile - si abbandona a una lenta morte. Sulla guerra è molto più di un documento storico su una delle più dolorose e folli stagioni dell'umanità; molto più di un'opera filosofica che affronta i nodi teorici del fenomeno bellico, che si tratti di guerra rivoluzionaria o di guerra tra Stati; ed è più del diario di una conversione e di un martirio. È la testimonianza profetica di un umanesimo integrale, di un'instancabile tensione etica - in definitiva, di una vicenda biografica, intellettuale e spirituale tra le più alte e sofferte di tutto il Novecento.
Pio XII amico di Hitler e dei nazisti, come lasciava intendere una pubblicazione di qualche anno fa? Pier Luigi Guiducci ha interrogato al riguardo i documenti del Terzo Reich, molti dei quali si trovavano in precedenza in Unione Sovietica e nella Germania Orientale. Dalla ricerca risulta esattamente il contrario: i gerarchi nazisti, specie nei messaggi coperti da segreto, espressero valutazioni ostili e denigratorie nei confronti di Pacelli fin dagli anni precedenti la sua elezione. Divenuto Papa, egli continuò a tenere aperti i canali diplomatici per non privarsi della possibilità di intervenire a favore dei diritti umanitari. Non esitò, tuttavia, a opporsi alla violenza del Terzo Reich e a sostenere quanti si battevano a favore dei perseguitati.
L’imperatore Costantino e l’Editto di Milano hanno segnato la storia dell’Impero Romano e della Chiesa. Certo è stato anche un editto politico, ma non si può trascurare il valore vero della libertà di religione in esso contenuto.
Nel volume vengono presentate alcune figure di martiri cristiani che nei primi secoli testimoniarono la fede a scapito della loro stessa vita. Sono poi ripercorse le dispute teologiche sulla Trinità e il cammino che ha portato al Credo che ancora oggi professiamo: la lotta contro l’eresia dell’arianesimo e la stagione dei Concili, da Nicea a Costantinopoli. Infine si è riflettuto sulla nuova visione di potere, nata con Costantino.
Questo percorso aiuta a comprendere meglio il significato dell’Editto di Milano, a riscoprire le conseguenze religiose politiche e sociali di questo editto di libertà, e a capire che cosa può insegnarci anche oggi come cittadini e come cristiani.
Nella storia della seconda guerra mondiale c'è un capitolo non ancora concluso: le responsabilità della Chiesa cattolica di fronte ai crimini commessi dal regime nazista, primo fra tutti il genocidio degli ebrei. Il ruolo di papa Pio XII e dei vescovi tedeschi è al centro, ancora oggi, di un dibattito molto acceso. Attingendo ai rapporti della Gestapo, ai documenti del partito nazionalsocialista e delle diocesi tedesche, Guenter Lewy ha compiuto un'indagine accurata, mettendo in evidenza, oltre ai cedimenti, i silenzi e le complicità delle gerarchie cattoliche, anche le episodiche opposizioni.
Un libro che riattraversa «con occhi di bambino» le tragiche vicende della persecuzione antiebraica.
La storia della persecuzione antiebraica attuata dal fascismo tra il 1938 e il 1945 ci è ormai ben nota, ma raramente ci si è soffermati a riflettere su cosa abbiano significato quei tragici sette anni per i bambini italiani. Per i bambini «ariani», cresciuti nell'educazione al razzismo e alla guerra, e, soprattutto, per i bambini ebrei, allontanati da scuola, testimoni impotenti della progressiva emarginazione sociale e lavorativa dei genitori, quando non della distruzione e dell'eliminazione fisica della propria famiglia. Da questa prospettiva - peculiare, e tuttavia indispensabile per comprendere l'essenza di una persecuzione razziale, dunque fondata propriamente sulla nascita - la storia che abbiamo alle spalle assume nuovi significati e stratificazioni. Il regime fascista iniziò ad attuare la discriminazione proprio dal mondo della scuola, e i bambini ebrei - prima espulsi, poi separati, esclusi ed infine internati - furono vittime tra le vittime. Una parte di essi fu poi deportata, gli altri dovettero fuggire e nascondersi per molti mesi. Bruno Maida ne ripercorre la storia attraverso i progressivi stadi della persecuzione, attento a cogliere non solo lo sguardo che l'infanzia ebbe di fronte al turbinio dei fatti, ma la portata politica di una ferita impossibile da sanare, se non, forse, in un profondo tentativo di comprensione. Sapientemente in bilico tra due registri - narrativo e storiografico - il libro si colloca in un filone d'indagine che vede crescere a livello internazionale l'interesse verso la storia dell'infanzia nel Novecento.
Una storia vera, frutto di un'indagine durata un anno raccontata dal magistrato che l'ha condotta. Una lettura affascinante, che cattura come un romanzo poliziesco, raccontando una storia vera di onore e crudeltà accaduta alla fine della guerra.
"Il Vittorioso", periodico a fumetti promosso dalla Gioventù Italiana di Azione Cattolica (GIAC), nasce nel 1937 e si ritaglia una sfera di assoluto rilievo nel panorama della stampa per ragazzi. Una voce originale all'interno di un settore in crescita, un terreno su cui il cattolicesimo italiano andrà progressivamente distinguendosi con un'intensa azione formativa e culturale, realizzando, negli anni '20 e '30 del Novecento, un vero e proprio progetto educativo. Il nuovo settimanale punta molto sul fumetto, che gode di un buon successo presso il pubblico italiano. Il gruppo redazionale, in controtendenza con l'americanismo imperante, sceglie da subito di non utilizzare fumetti stranieri, alimentando una vera e propria scuola di autori e disegnatori (fra cui Caesar, Craveri e Landolfi) e ospitando tra l'altro il debutto del giovane Jacovitti. Il nuovo giornale svolge inizialmente un'azione essenzialmente preventiva, proponendo ai giovani una "sana e intelligente" lettura. In breve tempo, "Il Vittorioso" si distingue, nell'ampio panorama della stampa cattolica per ragazzi, per una linea molto fresca e per la capacità di dialogare anche con chi non frequenta le parrocchie, proponendo una lettura in grado di coinvolgere la fascia di età adolescenziale e contendendo il terreno alle organizzazioni del regime, prima, e a quelle vicine al PCI, poi.
Cattivo tedesco. Barbaro, sanguinario, imbevuto di ideologia razzista e pronto a eseguire gli ordini con brutalità. Al contrario, bravo italiano. Pacifico, empatico, contrario alla guerra, cordiale e generoso anche quando vestiva i panni dell'occupante. Sono i due stereotipi che hanno segnato la memoria pubblica nazionale e consentito il formarsi di una zona d'ombra: non fare i conti con gli aspetti aggressivi e criminali della guerra combattuta dall'Italia monarchico-fascista a fianco del Terzo Reich. A distinguere fra Italia e Germania era stata innanzitutto la propaganda degli Alleati: la responsabilità della guerra non gravava sul popolo italiano ma su Mussolini e sul regime, che avevano messo il destino del paese nelle mani del sanguinario camerata germanico. Gli italiani non avevano colpe e il vero nemico della nazione era il Tedesco. Gli argomenti furono ripresi e rilanciati dopo l'8 settembre dal re e da Badoglio e da tutte le forze dell'antifascismo, prima impegnati a mobilitare la nazione contro l'oppressore tedesco e il traditore fascista, poi a rivendicare per il paese sconfitto una pace non punitiva. La giusta esaltazione dei meriti guadagnati nella guerra di Liberazione ha finito così per oscurare le responsabilità italiane ed è prevalsa un'immagine autoassolutoria che ha addossato sui tedeschi il peso esclusivo dei crimini dell'Asse, non senza l'interessato beneplacito e l'impegno attivo di uomini e istituzioni che avevano sostenuto la tragica avventura del fascismo.
Fatti, problemi e idee sono le parole chiave del volume, attorno alle quali si snoda il percorso di analisi e approfondimento dei crocevia che hanno segnato il ventesimo secolo: un progetto per recuperare la memoria storiografica attraverso le ricerche più aggiornate e comprendere le radici storico-culturali da cui gli eventi sono scaturiti. La prima parte del testo pone l'attenzione su alcune pagine significative della storia nazionale e offre spunti di riflessione sulla storia di genere, sulle vicende della grande emigrazione, sui modelli di sviluppo industriale e sulle trasformazioni della società italiana negli anni Settanta del Novecento. La seconda parte, invece, legge in chiave problematica le interpretazioni sul fascismo, il tema dell'antisemitismo, il concetto di totalitarismo e il lungo corso della legislazione speciale per il Mezzogiorno. La terza parte, infine, tratta il delicato aspetto delle idee: dalle nuove ricerche in tema di pacifismo democratico in età liberale, l'itinerario si snoda attraverso il dibattito su unità e federalismo nella storia d'Italia, sui percorsi del linguaggio simbolico e iconico-artistico negli anni della formazione dell'unità nazionale, sul socialismo riformista novecentesco e sulle scelte politiche e dottrinarie del mondo cattolico negli anni Sessanta.
Un libro che, con la Prefazione di Pierre Riché (Università di Parigi X), introduce il lettore alle tradizioni scientifiche, dottrinali e manoscritte del centrale Medioevo attraverso la storia di un personaggio straordinario, Gerberto d’Aurillac, nelle vicende politiche e culturali del suo tempo. La formazione in Catalogna, l’arco delle amicizie e gli scambi intellettuali raccontano la nascita delle cifre, le tecniche e le predilezioni della simbologia numerologica. Letture ed abitudini monastiche e didattiche si saldano nel profilo di questo sapiente – talvolta ambizioso, talora contraddittorio – che ebbe ampia fama e sollevò grandi gelosie di dotti e potenti nella monarchia e nell’ecclesiologia dei Franchi come nell’entourage imperiale dell’età degli Ottoni che lo aiutarono a diventare papa Silvestro II.
L'Atlante Storico Zanichelli affronta la storia di tutti i continenti, dall'Homo habilis fino ai grandi temi di attualità politica, economica e sociale con ricchezza di informazioni, costituendo uno strumento aggiornato di lettura della contemporaneità: il crollo del Muro di Berlino, i grandi conflitti nei Balcani, le "guerre al terrorismo" in Iraq e Afghanistan, il genocidio in Ruanda, la "primavera araba", le prospettive dell'Unione europea e delle organizzazioni internazionali, le opportunità offerte dalla globalizzazione con l'ascesa di Cina e India a potenze economiche mondiali, le grandi migrazioni di massa verso i paesi occidentali, lo sviluppo tecnologico e le sue contraddizioni in relazione al futuro e al rispetto della Terra. Un'attenzione particolare è stata data alla grande crisi economica che sta attraversando tutti i paesi, mettendo in discussione le basi del welfare state nell'Europa occidentale.
Riuniti in un unico volume le vicende sociali, politiche, militari e culturali dell'intero Pianeta dall'Età della Pietra fino agli eventi che hanno segnato la prima parte del 2013. Un'opera ambiziosa e avvincente, arricchita da oltre 4.000 fotografie, offre una risposta sintetica ma esauriente a qualsiasi domanda sulla storia umana: dalla nascita al declino dei grandi imperi alle teorie di personaggi immortali della cultura e dell'arte, dalle monarchie assolute all'edificazione delle massime opere architettoniche, dalle guerre più catastrofiche alle scoperte scientifiche che hanno segnato il progresso dell'Uomo. Migliaia di notizie, sintetizzate in unità informative di facile lettura, fanno di questo volume un'opera trasversale indispensabile in ogni biblioteca familiare.