
Il Giro d'Italia ha un sapore mitico: sembra esistere da sempre, eppure ha una sua storia, che accompagna e in cui si riflette la storia culturale e sociale dell'Italia. Questo libro la ripercorre, dagli esordi e nei suoi sviluppi, per circa un secolo. A fianco della narrazione scorrono, diventandone parte integrante, oltre duecento immagini d'epoca, in gran parte provenienti dall'archivio Torriani. Mimmo Franzinelli, da appassionato delle due ruote, ricostruisce le vicende del ciclismo agonistico italiano e della sua gara principale partendo dalla creazione stessa della bicicletta e dalle grandi innovazioni di fine Ottocento. Rievoca le gare pioneristiche, dal Giro di Lombardia del 1905 alla Milano-Sanremo del 1907, per concentrarsi poi sul Giro d'Italia, modellato sul Tour de France, la prima classica corsa a tappe. Ne sono protagonisti campioni quali Girardengo e Binda, Bartali e Coppi, ma anche straordinarie donne come Alfonsina Strada e oscuri gregari come Carrea e Malabrocca. Nel microcosmo delle due ruote si intravedono in filigrana i mutamenti epocali del Novecento italiano. Ci sono infine, ma non da ultimo, gli organizzatori, con cui il Giro d'Italia degli anni d'oro si è identificato: Armando Cougnet, promotore nel 1909 della prima edizione, e Vincenzo Torriani, il Patron dal 1949 al 1992. La narrazione culmina nell'ultima grande stagione del ciclismo, animata da Adorni, Gimondi, Moser, Merckx... Postfazione di Marco Torriani.
Dopo la ricognizione sull'eros greco, Eva Cantarella, parla dell'amore al tempo dei romani. Per un romano la virilità era la massima virtù; e i romani venivano educati ad assoggettare e a essere dominatori, nella politica come nell'amore e nel sesso. E infatti da una violenza, quella di Marte ai danni di Rea Silvia, nasce Romolo, il fondatore della città. L'altra faccia della sessualità romana è l'etica del vanto, il gloriarsi della propria virilità anche negli aspetti più concreti e materiali. Ecco allora i "Carmina Priapea", gioiosa celebrazione di Priapo, il dio del fallo, coi suoi spropositati attributi; ecco graffiti e iscrizioni di palestre, taverne, muri la cui gioiosa crudezza sconfina spesso nell'oscenità, ecco leggende popolate da membri maschili che spuntano dal focolare per fecondare innocenti fanciulle. Ed ecco dotti ma spassosi intermezzi, dove l'autrice guida il lettore attraverso le pratiche osculatorie (i tre modi di nominare il bacio, osculum, savium e basium), le tariffe, le specializzazioni e l'abbigliamento delle prostitute, i riti matrimoniali e di fecondità. E le donne? Ci sono quelle che si adeguano (Porzia, che si suicida inghiottendo carboni ardenti), le donne modello di virtù (Lucrezia) e le ribelli (Sulpicia), contro cui si accaniscono le leggi moralizzatrici. E poi i "veri" uomini, Augusto e Cesare, i poeti Orazio e Marziale, e ovviamente, Catullo, che chiede con pari trasporto i baci della bella Lesbia e del tenero Giuvenzio.
Da Londra 1851 a Milano 2015, la storia delle esposizioni internazionali corre parallela alla storia della nostra convivenza e dello sviluppo delle società in cui viviamo. Le prime edizioni ottocentesche testimoniano la vitalità della neonata civiltà industriale e celebrano il potere delle macchine, il trionfo della Ragione. Seguirà invece un Novecento spazzato dalla follia dei nazionalismi l'un contro l'altro armati: ma tra le divisioni e le macerie sopravviveranno le "città ideali" di Expo, spazi utopici dove provare a far vivere il sogno di scavalcare le frontiere. Con il nuovo cambio di secolo, la globalizzazione porta a un rilancio dell'idea di Expo: si apre ai Paesi emergenti e diventa "di tutti" come di tutti sono diventati problemi e opportunità. E infatti l'edizione che si inaugura a Milano il 1° maggio 2015, all'insegna del "Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita", mette in gioco più di 140 nazioni, concentrando l'attenzione su un tema quantomai centrale per il futuro dell'umanità. Questo libro, ricco di storia e di aneddoti, di curiosità e immagini, come un Expo in miniatura propone un distillato della bellezza e della profondità concettuale di eventi che hanno cambiato il loro tempo. E dalla Great Exhibition di Londra alla prima avventura milanese del 1906, dall'edizione di New York del 1939 - in un mondo già preso nella morsa delle dittature - allo sfolgorio architettonico di Shanghai 2010.
Nel 1933 lo scrittore e attivista politico Heinrich Mann e la sua compagna, Nelly Kröger, fuggono dalla Germania nazista, trovando rifugio prima in Francia e poi, ormai senza speranze, a Los Angeles. Attraverso la loro storia d'amore passionale e tormentata l'autrice guarda il mondo culturale europeo della prima metà del Novecento, e le vicende di Heinrich e Nelly si intrecciano con quelle del fratello di Heinrich, Thomas Mann; di sua sorella, Carla; degli amici, Bertolt Brecht, Alfred Doblin, e Joseph Roth; e con quelle degli scrittori James Joyce, Franz Kafka, e Virginia Woolf, tra gli altri. Evelyn Juers anima questa generazione di esuli con una straordinaria intensità e un racconto potente: tra scompartimenti ferroviari, cabine di navi e camere in affitto, i Mann si aggrappano disperatamente a ciò che è rimasto loro - i loro corpi, le loro menti e i loro libri.
"Non c'è, probabilmente, nella storia umana e nella sua espressione attraverso l'arte, momento più alto e fervido d'invenzioni di quello che va dalla metà del Quattrocento alla metà del Cinquecento, da Piero della Francesca a Pontormo. A Firenze, e non solo a Firenze, ma a Venezia, a Ferrara, nelle Marche, in Sicilia, in Sardegna, in Friuli, in Lombardia, gli artisti danno vita a quello che è stato chiamato, con conferente definizione, 'Rinascimento'. Anche prima di quegli anni l'arte era stata sublime, ma Piero della Francesca la arricchisce di una intelligenza che trasforma la pittura in pensiero, in teorema, ben oltre le esigenze devozionali. Davanti alla Flagellazione di Urbino non è più sufficiente l'iconografia religiosa, e così davanti alla Annunciata di Antonello da Messina, alla Tempesta di Giorgione, all'Amor sacro e Amor profano di Tiziano, alla Deposizione di Cristo di Pontormo. Di anno in anno appaiono capolavori sempre più sorprendenti. Tra 1470 e 1475 la creatività dei pittori e degli scultori raggiunge vette inattingibili; ma sarà così, di quinquennio in quinquennio, fino alla metà del Cinquecento. Sono gli anni di Mantegna, Cosmè Tura, Botticelli, Leonardo, di Raffaello, di Michelangelo, ma anche di Giovanni Bellini, di Lorenzo Lotto, di Tiziano, di Correggio, di Parmigianino. Sono gli anni delle meraviglie, in cui l'artista si sfida, in un continuo superarsi..." (Vittorio Sgarbi) Introduzione di Furio Colombo. Postfazione di Gian Antonio Stella.
"Chi scrive ha il dovere di raccontare una verità tremenda, e chi legge ha il dovere civile di conoscerla, questa verità": attenendosi scrupolosamente a tale principio, a dispetto della censura e dei gravi rischi, Vasilij Grossman narrò in presa diretta le vicende del secondo conflitto mondiale sul fronte Est europeo. Era infatti inviato speciale di "Krasnaja zvezda" (Stella Rossa), il giornale dell'esercito sovietico che egli seguì per oltre mille giorni su quasi tutti i principali fronti di battaglia: l'Ucraina, la difesa di Mosca e l'assedio di Stalingrado, che fu il punto di svolta nelle sorti della guerra e diede origine a "Vita e destino". Benché fosse un tipico esponente dell'intelligencija moscovita, Grossman riuscì, grazie al suo coraggio e alla capacità di descrivere con singolare efficacia ed empatia la vita quotidiana dei combattenti, a conquistarsi la fiducia e l'ammirazione di chi lo leggeva, ufficiali e soldati da una parte, e dall'altra un vasto pubblico di cittadini e patrioti ansiosi di ricevere notizie autentiche, non contaminate dalla retorica ufficiale. Dei taccuini - di sorprendente qualità letteraria - che fornirono materia ai reportage di Grossman, e che escono ora per la prima volta dagli archivi russi, lo storico inglese Antony Beevor ci offre qui una vasta scelta, arricchita da articoli e lettere dello scrittore e da altre testimonianze coeve.
Raccontare la Grande Guerra "dal basso", cioè come è stata vista, vissuta e descritta dai "piccoli uomini", da quei soldati anonimi che la guerra l'hanno fatta. Sono loro a raccontare nelle lettere spedite a casa, o alla morosa, o in appunti di un diario, la loro esperienza fatta di coraggio, paura, speranze, eroismo, solidarietà, sangue, morte, bestialità.
Con un lavoro paziente gli autori di questo libro- nato dalla trasmissione 4 Novembre. La Vittoria del programma TV La grande storia di Rai Tre - componendo le tante piccole tessere costituite da migliaia di lettere dal fronte, disegnano un originale e inconsueto mosaico del conflitto che ha segnato una svolta nei destini dell'Europa.
Per la prima volta in italiano, viene qui pubblicato il reportage sugli ultimi giorni del Processo di Norimberga scritto nel 1946 dalla giornalista e romanziera Rebecca West, acclamata l'anno dopo "migliore scrittrice al mondo" da "Time". Con il suo stile asciutto, sarcastico e ricco di immagini paradossali, l'autrice ci permette di "sfiorare" i leader del Nazismo in attesa di una sentenza ineluttabile e di toccare con mano una Germania certamente prostrata dalla guerra ma impegnata con tutte le proprie forze a trovare una catarsi. Rebecca West tornerà altre due volte in Germania, tra il 1949 e il 1954, descrivendone vividamente l'incredibile ripresa economica, nonostante le pesanti costrizioni imposte dai paesi vincitori, i conflitti interni fra gli alleati, i 10 milioni di esuli che si sono riversati sulle sue terre... Emblematicamente, allora, l'anziano giardiniere con una gamba sola, tutto preso dalla sua serra e dalla coltivazione di ciclamini da mettere in commercio, diventa per West il simbolo di questa ripresa: "Era fuggito in un'altra dimensione, in cui il dolore non aveva potere su di lui. Era fuggito nel suo lavoro". Una rilettura del passato fondamentale per capire la Germania di oggi.
A quasi quarant'anni dal ritrovamento del cadavere dello statista democristiano in una R4 rossa, il caso Moro resta una pagina aperta, scritta e riscritta innumerevoli volte. Nuove rivelazioni, denunce e smentite hanno acceso ripetutamente i riflettori sull'assassinio che ha determinato il destino politico del Paese, disseminando il quadro investigativo di interrogativi ed enigmi. C'erano davvero personaggi estranei alle Brigate Rosse nel commando in azione in via Fani, e come si spiega la presenza sul posto del colonnello del Sismi Camillo Guglielmi? Qual è stato il ruolo dello psichiatra statunitense Steve Pieczenik, presunto artefice della strategia dell'intransigenza, e quale significato si deve attribuire agli errori e alle goffaggini dell'unità di crisi del Viminale? È esistita una centrale organizzativa del terrorismo a Parigi, ed è fondata la congettura di un complotto internazionale per impedire l'entrata dei comunisti nel governo italiano? Cercando di ricomporre il complesso mosaico di quanto accadde fra il 16 marzo e il 9 maggio 1978, Pino Casamassima ha messo a confronto il racconto dei brigatisti, le dichiarazioni processuali, le testimonianze dei politici e i risultati delle indagini. Ha liberato la lettura dei fatti dalle interferenze, le manipolazioni, le contraddizioni che hanno ostacolato il raggiungimento della verità e smontato pezzo per pezzo le varie tesi, più o meno plausibili o fantasiose, che si sono susseguite sulla vicenda...
Sconosciute l'una all'altra ma accomunate dallo stesso destino, tre donne sono scampate alla morte e alla follia di Mengele ad Auschwitz riuscendo miracolosamente a nascondere di essere incinte. Costrette ai lavori forzati in una fabbrica di armi vicino a Dresda, e poi stipate con altre migliaia di vittime sul treno della morte diretto a Mauthausen, riescono a difendere caparbiamente la vita che portano in grembo. Una di loro dà alla luce una femmina appena prima del viaggio, un'altra un maschietto sul treno in condizioni disumane, e la terza varcando il cancello del campo. Luogo di nascita Mauthausen, riportano i certificati di nascita dei tre neonati. Tramontate le tenebre della guerra, per oltre sessant'anni ognuno dei tre bambini, ormai cresciuti, crede di essere l'unico uscito vivo dall'inferno in quelle condizioni. Ma le sorprese nella loro incredibile storia non sono ancora finite.
Un conflitto che ha accatastato venti milioni di morti, probabilmente il più sanguinoso dell'intera storia umana (per non parlare delle epidemie collegate, altrimenti si superano i sessanta milioni), è nato dalle menzogne di un duplice omicidio e dalla fucilazione di 50 innocenti. Un conflitto che decisero economia, politici e un manipolo di invasati... ma poi a combattere dovettero andarci i soldati. E fu una carneficina. Lettere e diari dal fronte sono stati sempre trascurati - al più lasciati alle cure delle Pro Loco che, di tanto in tanto, potevano scoprire qualche scritto di un loro concittadino. Ma quei fogli raccontano un'altra guerra. Una guerra insensata, da combattere con armi vecchie, indumenti inadeguati, cartine sbagliate. Con i piedi a mollo nel fango delle trincee, i gomiti appoggiati sulla neve, facendo colazione a un passo dai corpi dei caduti. Altro che l'epica e l'eroismo, altro che medaglie al valore. Dalla voce dei soldati traspare il dolore, la sofferenza, la necessità di obbedire a ordini spesso insensati e la voglia di mandarli tutti a quel paese. "Il nostro peggior nemico era Cadorna" dichiara efficacemente uno di loro. Rivelando segreti, Lorenzo Del Boca racconta l'altra faccia della Prima guerra mondiale, quella che la retorica ufficiale e i libri di scuola nascondono. Perché dovremmo deciderci finalmente a onorare il debito di riconoscenza nei confronti dei nostri nonni.
In seguito ai drammatici eventi dell'11 settembre 2001 e alla guerra globale al terrorismo di matrice islamica, la percezione della cultura araba è stata distorta da un flusso di notizie che ignora o minimizza la straordinaria importanza delle civiltà mediorientali nello sviluppo e nell'arricchimento del mondo occidentale. Adatto sia per studiosi che per lettori comuni, il volume descrive con nuove intuizioni e documenti inediti la storia della nascita dell'islam nel Medioevo e le sue conquiste, la grandezza e la decadenza dell'impero, inoltrandosi fino ai primi decenni del Novecento. Un testo ricchissimo di aneddoti storici, che racconta le strutture politiche e militari, l'alimentazione e le lingue, senza trascurare alcun aspetto socioculturale dei paesi arabi. Frutto dei numerosi anni di studio e insegnamento di Philip K. Hitti presso la Columbia University, l'Università Americana di Beirut e la Princeton University, questo saggio ha beneficiato dei suggerimenti e delle fondamentali integrazioni di eminenti ricercatori e specialisti nell'ambito della storia della civiltà araba. Un'opera arricchita da mappe esplicative e illustrazioni che rappresenta l'ambizioso e riuscito tentativo di costruire un ponte tra passato e presente e imbastire un dialogo tra le due sponde del Mediterraneo, venendo finalmente a colmare il sentito divario culturale tra paesi arabi e Occidente.