
"Come resistere a questa donna eccezionale? Certo, Sissi fu imperatrice d'Austria e regina d'Ungheria. Un'immagine esatta ma del tutto incompleta, perché Sissi fu anche una gran donna, una delle più belle d'Europa e una delle più sorprendenti. Sconcertante con i suoi capricci, toccante con la sua semplicità, commovente con i suoi entusiasmi, influente con le sue visioni politiche, estenuante con i suoi viaggi, sconvolgente con la dignità mostrata nel dramma, tale fu la sovrana. Un personaggio dalle moltissime sfaccettature che non può lasciare indifferenti. In poche parole, un'eroina appassionante. Ma perché questo libro? Un altro? Non si sa già tutto? Non si è detto tutto e tutto scritto su questa icona talvolta zuccherosa e un po' datata? Il valzer viennese sarebbe diventato un ritornello? Sinceramente, non lo credo. (...) Si aprono archivi, si confidano testimoni, parlano i discendenti. A poco a poco, persone e avvenimenti sono rischiarati dall'implacabile luce del dettaglio. Idee recepite e stereotipi possono essere confermati o, al contrario, confutati. Questo libro si propone di ricavare un bilancio delle conoscenze attuali, facendo il punto sulle ricerche più serie, arricchite di molteplici dettagli rimasti per lungo tempo segreti. Resta soltanto una preoccupazione, quella di far rivivere la sovrana ricostruendo, nel modo più dettagliato possibile, la sua vita straordinaria poiché questa rappresentazione dell'Europa di ieri, oggi a brandelli, appartiene alla nostra memoria..."
La battaglia di Benevento del 1266 è comunemente presentata come una sorta di malvagio scherzo del destino ai danni di Manfredi, il figlio dell'imperatore Federico II, che venne sconfitto dalle forze di Carlo d'Angiò, al quale riuscì in tal modo di impadronirsi del Regno di Sicilia. A partire dalla narrazione "guelfa" degli eventi, che spiegava la clamorosa quanto imprevista vittoria di Carlo con la sacralità della sua missione, voluta dal papa e benedetta da Dio, ha replicato una versione "ghibellina", appoggiata dall'autorità dantesca, con l'immagine del Manfredi "biondo, bello e di gentile aspetto", che vedeva nella corruzione e nel tradimento dei nobili il motivo della sconfitta dello svevo. Si tratta però di un'immagine deformata che queste pagine vogliono correggere, restituendo tutta la complessità di una vicenda impossibile da ridurre alle letture nazionaliste/regionaliste o clericali/anticlericali del secolo passato.
Verso la metà del IV secolo l'imperatore Giuliano nei "Cesari", una singolare opera satirica, ma dalle forti connotazioni personali, in cui sono passati in rassegna, con Alessandro Magno, i suoi principali predecessori, dà di Augusto una definizione peculiare: era un "camaleonte". Non è da sottovalutare questo giudizio da parte di una personalità come Giuliano che, arrivato inaspettatamente all'età di trent'anni al potere supremo, aveva concepito un disegno profondamente innovatore dello Stato romano, in primo luogo in senso religioso, e che dimostrò particolare sensibilità per le strategie comunicative. In verità Augusto risulta una personalità difficile da valutare già per gli antichi e non stupisce che tanto articolate siano state le presentazioni che la sua figura ha conosciuto anche negli studi più recenti. Appartiene senza dubbio a quel genere di personaggi poliedrici dei quali non è facile delineare un ritratto fedele e di cui è lecito privilegiare un aspetto rispetto a un altro. Giuliano è sicuramente in difficoltà a dare un giudizio netto su una figura tanto multiforme come quella di Augusto, il cui carattere autentico risulta alla fine sfuggente, soprattutto se si vuole uscire da schemi precostituiti.
Dalla caduta dell'Impero romano alla scoperta dell'America passando per il fatidico anno Mille: i secoli del Medioevo costituiscono un enorme mosaico fatto di guerre e invasioni, ordini monastici e scismi religiosi, signorie e città-stato, vette poetiche e rivoluzioni artistiche. Le calate dei "barbari", la società feudale, la nascita dei Comuni, lo splendore culturale del Rinascimento sono tappe decisive per il destino dell'Italia, determinanti nel segnare lo sviluppo civile e i costumi del nostro Paese. Magistrale interprete della nostra storia nazionale, Indro Montanelli ha raccontato come nessun altro gli eventi e i protagonisti del nostro passato: in questo volume che raccoglie le sue migliori pagine sul Medioevo, si alternano le narrazioni delle vicende più appassionanti e i ritratti dei più grandi personaggi del tempo. Tra "secoli bui" e "secoli d'oro", si susseguono condottieri, papi e imperatori come Attila, Odoacre, Carlo Magno, Federico Barbarossa, Bonifacio VIII, Lorenzo il Magnifico, ma anche religiosi, poeti, esploratori come San Benedetto, Arnaldo da Brescia, Dante, Petrarca, Cristoforo Colombo. Il testo è tratto dai seguenti volumi della "Storia d'Italia": la parte prima da "L'Italia dei secoli bui. Il Medio Evo sino al Mille"; la parte seconda da "L'Italia dei Comuni"; la parte terza da "L'Italia dei secoli d'oro. Il Medio Evo dal 1250 al 1492".
"Fare gli italiani doveva rivelarsi impresa molto più difficile che fare l'Italia. Tant'è vero che vi siamo ancora impegnati." Così Indro Montanelli riassume con una delle sue frasi fulminanti la complessità che ha accompagnato il processo di unificazione italiana. Una delle fasi più convulse della nostra storia, un secolo di battaglie ed errori, ma anche di eroi ed episodi di coraggio assoluto: la discesa di Napoleone in Italia, la Repubblica partenopea, i Savoia, gli Asburgo; e poi Cavour, Garibaldi, Mazzini, le "cinque giornate" di Milano, la breccia di Porta Pia; fino agli anni della difficile unità, della Destra e Sinistra storiche, del brigantaggio, dello scandalo della Banca Romana. Muovendosi tra leggende, dibattiti e revisioni, Montanelli ricostruisce con lo scrupolo e la vivacità del cronista storico i fermenti sociali e le intricate vicende del Risorgimento, affrontando senza partigianeria le questioni più controverse: come si è arrivati all'unificazione? Quali conseguenze ha comportato? Di chi i meriti e di chi le colpe? Un volume utile per orientarsi in una fase cruciale della nostra storia, un avvincente affresco di un periodo che preannuncia molti aspetti dell'Italia in cui viviamo. Il testo è tratto dai seguenti volumi della Storia d'Italia: la parte prima da "L'Italia giacobina e carbonara. 1789-1831"; la parte seconda da "L'Italia del Risorgimento. 1831-1861"; la parte terza da "L'Italia dei notabili. 1861-1900".
Conflitti feroci, fratture politiche, innovazioni industriali, sommovimenti sociali: le due guerre mondiali costituiscono i momenti drammatici in cui i moti e le contraddizioni di un secolo esplodono con una violenza senza precedenti. Prima la guerra del '15-'18, i massacri in trincea, la disfatta di Caporetto, le battaglie sul Piave, la comparsa delle masse sulla scena politica. Poi la dittatura di Mussolini e l'alleanza con Hitler, le leggi razziali, l'entrata nel secondo conflitto mondiale, lo sfacelo militare, fino all'armistizio e alla guerra civile. E, al centro di tutto, una popolazione straziata, divisa, colpita dai bombardamenti e condannata all'orrore di una lotta fratricida. Con il suo stile inconfondibile, illuminato anche da memorie personali, Montanelli immerge il lettore nel vortice di avvenimenti dei due conflitti mondiali, raccontando senza pregiudizi né retorica anni difficili e densi. Una narrazione accurata, animata dai ritratti dei protagonisti e dalla cronaca "in diretta" degli episodi decisivi, in cui possiamo rivivere le vicende che hanno dato forma all'Italia contemporanea. Il testo è tratto dai seguenti volumi della Storia d'Italia: la parte prima da "L'Italia di Giolitti. 1900-1920"; la parte seconda da "L'Italia dell'Asse. 1936-10 giugno 1940"; la parte terza da "L'Italia della disfatta. 10 giugno 1940-8 settembre 1943"; la parte quarta da "L'Italia della guerra civile. 8 settembre 1943-9 maggio 1946".
Alcuni numeri relativi all'immenso lavoro delle Poste durante la Grande guerra possono dare l'idea di quanto fosse grande il bisogno di comunicare di chi si trovava al fronte e di chi aveva visto partire una persona cara. Tuttavia, per comprendere il significato che ebbe la corrispondenza personale in quel difficile momento storico, bisogna immergersi nel contenuto delle migliaia di lettere e cartoline spedite e ricevute dai soldati. I sentimenti patriottici, la preoccupazione per l'andamento del lavoro nei campi, la spavalderia e il cameratismo, l'orrore della carneficina, la struggente lontananza e la preoccupazione di essere dimenticati... nelle parole dei soldati e dei loro familiari e amici c'è di tutto, un Paese diviso dagli eventi della Storia e tenuto assieme da un filo sottile fatto di inchiostro e di carta. Aspettata con ansia e poi conservata fra i tesori di famiglia, talvolta recuperata in maniera avventurosa dagli effetti personali di un caduto, preservata in archivi e biblioteche o acquistata per caso in un mercatino, la corrispondenza di guerra è oggi un documento storico inestimabile, che racchiude - ancora vive - le voci delle diverse classi sociali, provenienze geografiche e individualità che hanno fatto la storia dell'Italia.
Novembre 1343. Golfo di Napoli, porto di Baia. Notte. Una nave genovese in rada carica di merci. Viene assalita, l'equipaggio catturato, il capitano barbaramente trucidato. Gennaio 2005. Periferia di Napoli, Casavatore, non lontano da Secondigliano. Notte. Tre giovani vengono ammazzati davanti a una scuola. Uccisi nel corso di una raid camorristico. Cosa può mai legare questi due fatti di cronaca, vicini nello spazio ma lontanissimi nel tempo? Amedeo Feniello risale i secoli alla ricerca di un filo sottile che possa legare i due episodi. E, sulle tracce di moventi, mandanti ed esecutori della notte del novembre 1343, ci conduce per mano nelle vicende medievali di Napoli: una città per tanti versi già allora affascinante e inafferrabile, in cui si succedono civiltà e tradizioni diverse, a partire da quella bizantina fino alla dominazione angioina. Con una realtà sociale peculiare, dove a comandare davvero, più che lo Stato, sono le famiglie e i clan dei cosiddetti "seggi", tanto più forti quanto più debole si dimostra il potere centrale. Pronti a farsi carico dei problemi della cittadinanza. Gelosi della propria autonomia. Capaci di strenue resistenze o di compromessi con le dinastie che si susseguono. Che, ad una ad una, passano, mentre loro, i nobiliores locali, restano.
La guerra civile spagnola (1936-1939) è stata spesso considerata la sanguinosa prova generale della seconda guerra mondiale. I nazionalisti di Francisco Franco, insorti contro il governo repubblicano del Fronte popolare, vinsero grazie all'assistenza militare fornita dalla Germania nazista e dall'Italia fascista, un chiaro esempio - sembrò - della comune lotta al bolscevismo internazionale condotta da regimi politicamente e ideologicamente affini. Lo storico Pierpaolo Barbieri ribalta questa interpretazione dell'intervento delle forze dell'Asse, sostenendo che furono ben altri i motivi che spinsero il Führer nella penisola iberica: decisi a esercitare l'egemonia economica sull'Europa, i tedeschi volevano sperimentare in Spagna, paese ricco delle materie prime di cui avevano assoluta necessità, le tecniche di sfruttamento da utilizzare nelle future colonie. Il Terzo Reich offrì, quindi, alle truppe franchiste aerei, carri armati e uomini, con il segreto obiettivo di assoggettare gradualmente il paese in una sorta di "impero informale" e di impadronirsi delle sue risorse minerarie per alimentare la propria industria bellica. L'attuazione di questo piano fu in gran parte resa possibile dall'opera di Hjalmar Schacht, ministro delle Finanze e direttore della Reichsbank, le cui politiche (riarmo, disinvolta gestione del debito, promozione dell'export e controllo assoluto dello Stato sull'economia) furono alla base della rinascita della Germania tra le due guerre.
"I racconti sulle origini di Roma erano già antichi quando i primi autori della letteratura latina - storici come Fabio Pittore o poeti come Nevio provvidero a fissarli per la prima volta in forma scritta, nella seconda metà del III secolo a.C, e nei secoli successivi hanno continuato senza sosta a evolversi, modificarsi, arricchirsi. È solo il naufragio di questa amplissima produzione letteraria, della quale possediamo oggi soltanto una manciata di frammenti, ad aver artificialmente semplificato il quadro, inducendo l'erronea opinione che la variante infine affermatasi come standard fosse anche l'unica elaborata dalla cultura latina. In realtà, su quel segmento della propria vicenda più remota i Romani avevano lavorato per secoli: e come sempre accade nel caso del mito, questo lavoro aveva prodotto una miriade di varianti, di sviluppi rimasti isolati o invece di tradizioni parallele che convivevano fianco a fianco." (dall'introduzione di Mario Lentano)
Il 10 giugno del 1940 scocca l'ora "segnata dal destino": dal balcone di palazzo Venezia Benito Mussolini annuncia al paese l'entrata in guerra. La folla che si accalca, festosa e urlante, è l'immagine di un popolo orgoglioso e pronto a tutto pur di guadagnare prestigio e rilevanza internazionale, lasciandosi alle spalle un destino minoritario. Nei cinque anni successivi, però, l'entusiasmo cede pian piano il passo all'angoscia dell'attesa, ai primi disagi, alla fame montante, al senso di precarietà, alla paura per il futuro e poi, con i bombardamenti e l'approssimarsi del fronte, al vivo terrore del presente. Eppure, dopo quel 10 giugno l'attenzione degli storici di solito si sposta, per inseguire la guerra sui vari fronti o nei gabinetti di dittatori, politici e generali, disinteressandosi di quella gente comune che aveva acclamato la guerra. Arrigo Petacco decide invece di fermarsi sulla soglia del cosiddetto "fronte interno", di cui racconta nei dettagli la vita quotidiana, fatta di piccole e grandi tragedie, di speranza e sconforto, al ritmo delle notizie che arrivano da lontano, filtrate dalla propaganda. Non solo: ricostruendo quel periodo mese per mese e persino giorno per giorno, Petacco ci ricorda che la vita, comunque, continuava. Nonostante la guerra, si andava ancora al cinema e a teatro (quelli rimasti aperti, almeno), si canticchiavano le nuove canzoni passate alla radio, si leggevano i giornali, si mandavano i figli a scuola, si lavorava... Con e-book scaricabile fino al 30-06-2016.
"Il grande sviluppo industriale non eliminò lo squilibrio tra Nord e Sud, ne mutò alcuni caratteri". Dalla Liberazione alla Repubblica - La rottura dell'alleanza antifascista. La costituzione repubblicana - Il consolidamento del potere democristiano e la ripresa del capitalismo industriale. Considerazioni finali: l'Italia del passato - l'Italia moderna. La Storia dell'Italia moderna di Giorgio Candeloro ha ormai un grande e incontestato rilievo nella storiografia italiana e non solo italiana del dopoguerra. L'ininterrotta, meritoria fatica dell'autore ha dato vita a un'opera di carattere generale, non rigidamente specialistica, ma costantemente a un alto livello scientifico, "che ha acquisito in questi anni una funzione di permanente riferimento per la conoscenza del modo col quale si è venuto formando il nostro paese" (Ernesto Ragionieri).