
Per non dimenticare e per non far dimenticare, Edith Bruck, a sessant'anni dal suo primo libro, sorvola sulle ali della memoria eterna i propri passi, scalza e felice con poco come durante l'infanzia, con zoccoli di legno per le quattro stagioni, sul suolo della Polonia di Auschwitz e nella Germania seminata di campi di concentramento. Miracolosamente sopravvissuta con il sostegno della sorella più grande Judit, ricomincia l'odissea. Il tentativo di vivere, ma dove, come, con chi? Dietro di sé vite bruciate, comprese quelle dei genitori, davanti a sé macerie reali ed emotive. Il mondo le appare estraneo, l'accoglienza e l'ascolto pari a zero, e decide di fuggire verso un altrove. Che fare con la propria salvezza? Bruck racconta la sensazione di estraneità rispetto ai suoi stessi familiari che non hanno fatto esperienza del lager, il tentativo di insediarsi in Israele e lì di inventarsi una vita tutta nuova, le fughe, le tournée in giro per l'Europa al seguito di un corpo di ballo composto di esuli, l'approdo in Italia e la direzione di un centro estetico frequentato dalla "Roma bene" degli anni Cinquanta, infine l'incontro fondamentale con il compagno di una vita, il poeta e regista Nelo Risi, un sodalizio artistico e sentimentale che durerà oltre sessant'anni. Fino a giungere all'oggi, a una serie di riflessioni preziosissime sui pericoli dell'attuale ondata xenofoba, e a una spiazzante lettera finale a Dio, in cui Bruck mostra senza reticenze i suoi dubbi, le sue speranze e il suo desiderio ancora intatto di tramandare alle generazioni future un capitolo di storia del Novecento da raccontare ancora e ancora.
Raccolta di saggi e studi sugli aspetti storici, sociali, architettonici, artistici, culturali e teologici della citta di Assisi durante il 1300. Importanti studiosi raccontano l'assisi del 1300: o. Capitani - assisi:istituzioni comunali e politiche; s. Da campagnola - innovazione e tradizione nelle istituzioni ecclesiastiche e nella vita religiosa; a. Grohmann - vita e economica e sociale; e. Guidoni - urbanistica comunale e architettura francescana; e. De minicis - architettura civile in assisi: l'edilizia privata tra d ue e trecento; l. Pellegrini - i frati minori ad assisi tra due e trecento; g. De sandre gasparini - i luoghi della pieta laicale: ospedali e confraternite; m.bartoli - la quaestio de indulgentia portiunculae" di pietro di giovanni olivi; s. Brufani - il dossier sull' indulgenza della porziuncola; p. Caucci von saucken - vie di pellegrinaggio verso assisi; m. Sensi - il pellegrinaggio al perdono di assisi; e. Lunghi - le chiese francescane di assisi nel 1300; p. Monacchia - archivi e conservazione della memoria; n. Marchioli - i libri e la citta; e. Sesti - la miniatura ad assisi; l. Bellossi e g. Ragionieri - giotto e le sue storie; c. Fratini - la pala di ilario da viterbo; l. Ruggieri - il restauro del dipinto di ilario da viterbo; c.leonardi - la questione del purgatorio; a. Chiavacci leonardi - il francesco di dante. "
La libertà politica, secondo Benjamin Constant, permette ai membri di una comunità di influenzarne i modi di governo, di elevare proteste per qualcosa che è giudicato contrario al bene comune, di porre qualcuno nella posizione di guida e di sostituirlo se necessario. Sembra il minimo. Eppure attualmente neanche metà degli Stati del mondo possono dirsi pienamente liberi. Perché la libertà politica si perde. La storia ne offre molti esempi: dai tiranni di Atene fino a Mussolini, è possibile verificare quanta libertà politica sia stata conculcata o addirittura eclissata per anni, decenni o secoli. Gli stessi rischi si ripropongono agli attuali sistemi politici e lasciano aperta una domanda di fondo alla quale occorre sempre tornare: oggi stiamo davvero esercitando la nostra libertà politica?
A partire dalla fine del XV secolo l'Occidente europeo cambia radicalmente il modo di combattere. Le armi da fuoco diventano finalmente efficienti. Si passa rapidamente dall'archibugio al moschetto, al fucile a baionetta. Le fortificazioni si trasformano: i bastioni a punta di freccia sostituiscono le mura alte e merlate. Nel frattempo si rinnova l'organizzazione delle forze armate. La dimensione degli eserciti cresce enormemente e muta anche la loro composizione: la fanteria diventa la regina delle armi e la cavalleria la specialità dei giovani gentiluomini. Si tratta di ordinamenti sempre più professionalizzati. Dai mercenari del Seicento, accompagnati in guerra anche da donne e bambini, ai reparti ben allineati e disciplinati del Settecento. Nella guerra sul mare dominano le acque i grandi vascelli, che montano a bordo fino a 120 cannoni. Ovunque servono equipaggi addestrati, materiali, pezzi da fuoco e munizioni: cioè denaro, denaro, denaro. Così la guerra diventa un costosissimo affare di Stato. Insomma, finita l'era 'romantica' dei combattimenti faccia a faccia con la spada, i nuovi protagonisti sono un nuovo genere di soldati, addestrati e specializzati. In questo libro li vedremo in azione e ne riascolteremo le esperienze e le emozioni.
Il Novecento rimarrà come il secolo dei genocidi. Non che stermini di massa non ci siano sempre stati, ma solo nel Novecento la miscela avvelenata di razionalità totalitaria, nazionalismo e modernità ha generato la sanguinosa "specialità" del genocidio. Dopo aver fatto il punto del problema, ancora molto controverso, di come sia esattamente definibile come genocidio, Bruneteau spiega le origini ideologiche e storiche del comportamento genocida, che affondano nei massacri delle guerre di conquista coloniale, nella diffusione di un malinteso darwinismo sociale, nella pedagogia della violenza estrema nella Grande Guerra, e dedica un capitolo a raccontare ognuno dei grandi genocidi del secolo.
Se l'Italia come stato unitario non ha che centocinquanta anni, il nome e l'idea o anzi le idee di Italia sono molto più antichi. Questo libro inconsueto vuole raccontare la storia di quel complesso di idee: l'Italia prima dell'Italia. Dagli Italòi - abitanti della Calabria meridionale secondo Antioco di Siracusa (V secolo a.C.) - all'Italia descritta da Plinio e celebrata da Virgilio in lode di Augusto, all'Italia unificata nella lingua dall'audacia di Dante, il libro ricostruisce il tessuto, insieme variegato e compatto, di un paese che riesce ad alimentare, anche se privo di uno stato, la grandezza non solo culturale e artistica del Rinascimento e delle età successive: una nella lingua e nella letteratura, l'Italia offre alla civiltà occidentale un comune orizzonte diplomatico, umanistico, religioso, che garantisce dignità alla dimensione municipale della piccola patria e insieme a quella, più grande, della cultura internazionale.
Francesco Bruni insegna Storia della lingua italiana nell'Università di Venezia. Per il Mulino ha pubblicato "Boccaccio. L'invenzione della letteratura mezzana" (1990), "La città divisa. Le parti e il bene comune da Dante a Guicciardini" (2003) e "L'italiano letterario nella storia" (2007) nella serie da lui curata "Storia della lingua italiana".
L'ultimo Medioevo ha generato il grande codice dell'economia di mercato, che con la Riforma protestante si biforcherà in un capitalismo nordico, erede di Lutero e Calvino, e in uno meridiano, figlio dei mercatores toscani e di san Francesco. Un capitalismo dunque che in qualcosa ha continuato l'Umanesimo civile dei secoli precedenti e in altro di importante se ne è invece allontanato. Questo libro ne racconta la genesi evidenziandone gli aspetti comunitari, meticci e relazionali, maschili ma con inaspettate presenze femminili; con uno sguardo speciale all'intreccio tra lo spirito dei mercanti e quello dei frati mendicanti. Un viaggio attraverso il primo capitalismo europeo animato e ispirato da qualcosa di molto più grande, vasto e potente del puro interesse economico delle merci.
"Se Dossetti avesse continuato a fare politica, la DC si sarebbe spezzata". È l'explicit lapidario che Gianni Baget Bozzo appose nel 1977 a una storia iniziata quattro decenni prima e conclusa da tempo. Quando venivano scritte queste parole, Giuseppe Dossetti era ormai un monaco di sessantaquattro anni votato allo studio e alla preghiera. Ma nell'immediato dopoguerra, da laico, fu il protagonista di una stagione di rinnovamento che coinvolse le forze più vive del cattolicesimo politico italiano e il partito in cui cercarono rappresentanza. Sembrava che di quel tentativo si conoscesse ogni singola mossa, ogni retroscena. Non è così. Lo si scopre nel saggio di Fernando Bruno, che ha il merito di guardare all'intera vicenda da un punto di osservazione finora non abbastanza messo a profitto: la rivista "Cronache Sociali" (1947-51), organo politico quindicinale del gruppo dossettiano, ossia della sinistra democristiana nella sua espressione più alta e sognoficativa. Gli articoli di Dossetti, Lazzati, La Pira, Caffè, le grandi inchieste, l'osservatorio interno e internazionale erano modelli di un giornalismo civile, colto e incalzante, dove veniva allo scoperto l'alternativa alla leadership di De Gasperi. Al tatticismo degasperiano risucchiato nella "manovra governativa" e nel "patteggiamento di gabinetto", e sospinto a destra, Dossetti contrappose un'azione "formativa e suscitatrice, in strati sempre più vasti, di uno slancio collettivo vitale".
"Una riflessione suggestiva e penetrante di uno dei maggiori storici del mondo antico; una sintesi efficacissima, dove la caduta della Repubblica è spiegata attraverso le vicende di una lotta di classe senza sbocchi e senza ideologie; i protagonisti sono un esercito potente ma privo di legami con lo Stato, un ceto contadino disgregato e miserabile, una nobiltà ormai incapace di governare e una plebe urbana resa turbolenta e oziosa da un secolare avvicendarsi di fame, di guerre e di frustrazioni." (Emanuele Narducci)