
Nel 2050 sulla Terra vivranno più di 9 miliardi persone: la FAO stima che per nutrire tutti sarà necessario produrre almeno un miliardo di tonnellate in più di cereali. Il cibo sta diventando il problema più grosso e l'affare più ghiotto di questo secolo. Paesi come Arabia Saudita, Emirati Arabi, Libia, Corea del Sud, India e Cina, che dispongono di risorse, ma non di spazi sufficienti per garantire la sicurezza alimentare ai propri abitanti, hanno cominciato ad affittare o comprare terra agricola nei paesi in via di sviluppo: soprattutto in Africa e in Asia. Un bottino che interessa anche i signori della finanza, in cerca di nuove possibilità di guadagno, e soprattutto le aziende desiderose di afferrare "il miglior investimento della nostra vita", per usare le parole di Jim Rogers, guru delle materie prime. Dal luglio 2007 ad aprile 2OO9, quasi 20 milioni di ettari di terreni coltivabili sono stati oggetto di negoziati e accordi tra governi e società private. Un fenomeno che è stato definito "neocolonialismo". Il libro racconta chi sono i cacciatori di terra, dove agiscono e quali insidie, ma anche quali opportunità, si nascondano in questo rinnovato interesse per l'agricoltura.
Negli ultimi due decenni si è parlato poco di disuguaglianza, rispetto, per esempio, alla crescita, al debito pubblico, agli andamenti finanziari e, ovviamente, alla crisi scoppiata a fine 2008, che solo molto indirettamente viene collegata a essa. Certo è stato detto che la disuguaglianza è alta, ma poco altro: non si è mai discusso se sia accettabile, quasi che possa essere soltanto pesata e non valutata. Il punto importante è invece proprio analizzare e discutere, a livello culturale e politico, le disuguaglianze accettabili. Il libro lo fa, con riferimento all’Italia anche in confronto con altri paesi, ripercorrendo in modo rigoroso, documentato e accessibile i cambiamenti intervenuti nella distribuzione dei redditi negli ultimi anni e i meccanismi più profondi del fenomeno, inclusa la trasmissione intergenerazionale della disuguaglianza; fornendo dati assolutamente inediti sulla percezione e l'atteggiamento rispetto a essa, e indagando le ragioni per cui le alte disuguaglianze non generano le reazioni che ci si potrebbe aspettare.
L'elezione di Barack Obama, riaccende la speranza di progresso sociale in America e nel mondo. Il nuovo presidente si trova alle prese con la più grave crisi economica e finanziaria dai tempi della Grande Depressione. Come per Franklin Delano Roosevelt, il New Deal di Obama è un programma sia di giustizia sociale sia di rilancio economico, ma diversamente dal primo, è più emancipazione comunitaria dal basso che imposizione statalista dall'alto. Obama intende far leva sulla mobilitazione della società americana, simile a quella che ha galvanizzato donne, giovani, neri, latinos durante la campagna presidenziale. L'amministrazione Obama punta sulla riduzione delle forti disuguaglianze, spendendo in istruzione, sanità, infrastrutture, green jobs ed energie rinnovabili per uscire dalla recessione e trasformare tecnologicamente l'economia. Il nuovo presidente vuole che l'America si affermi come leader nel fronteggiare la crisi climatica. Per Talbott non ci sono dubbi: l'obamanomics è l'abbandono totale della reaganomics e delle ricette economiche ispirate all'individualismo di mercato che hanno trascinato l'America nel baratro. Nell'introduzione appositamente scritta per l'edizione italiana, l'autore ripercorre gli eventi delle ultimissime settimane e commenta le iniziative annunciate e/o intraprese nell'ottica-guida di tutto il libro: guardare al lungo periodo, attraversando indenni il breve. Il volume contiene un intervento di Tito Boeri.
"Il giudice Borsellino era un dipendente pubblico, il professor Biagi anche, così come gli uomini della scorta del giudice Falcone. E questi sono gli eroi. Enrico Fermi era un dipendente pubblico, così come lo è la maestra di mio figlio, che ha fatto un lavoro importantissimo e straordinario. E questi sono i campioni. Anche l'impiegato che ha accumulato centoventi giorni di assenza in un anno è un dipendente pubblico, così come lo è quello che si fa timbrare il cartellino dal collega compiacente. E questi sono i fannulloni. Come possono convivere nelle organizzazioni pubbliche persone tanto diverse? Semplicemente, non possono". Il libro descrive, con ampi riferimenti alla realtà, la situazione delle organizzazioni pubbliche e illustra alcune fondamentali proposte per il cambiamento delle stesse, nell'ambito del nuovo quadro di riforma del lavoro pubblico delineato dalla "legge Brunetta" (Legge delega 15/09). Un libro destinato a far discutere, che si inserisce a pieno nel dibattito sulla pubblica amministrazione, con una prospettiva però capace di superare gli stereotipi e, soprattutto, di concentrarsi sulle cose che si possono e si devono fare.
Laicità: una, nessuna, centomila. Il dibattito in Italia è più che mai attuale, assumendo a volte toni aspri. Sollecitare la riflessione sulle questioni aperte, riunendo in modo sistematico più voci di intellettuali laici in un progetto unitario e unico nel suo genere, è lo scopo di questo libro. Competenze ed esperienze diverse concorrono a disegnare un percorso in cui vengono toccate le tematiche più stringenti: definizioni di laicità, laicità e cittadinanza democratica, laicità e liberalismo politico, laicità e ruolo pubblico delle religioni, laicità e bioctica, laicità e diritto penale e civile.
Anche per via della lingua - sconosciuta a pressoché tutti gli italiani (non si dice alternativamente "parlo arabo?" o "parlo turco?") - la Turchia resta nel nostro immaginario collettivo un paese in gran parte sconosciuto, affidato a luoghi comuni fuorvianti. Chi meglio di Carlo Marsili, ambasciatore in Turchia dal 2004 al 2010, ha le carte in regola per farci scoprire questo paese e le sue contraddizioni? Dalle minoranze etniche alla condizione femminile; dalle contraddizioni dell'islamismo moderato alla questione armena; dalla stratificazione sociale alla classe politica e ai partiti; ai mezzi di comunicazione e alla lotta per la libertà di stampa, al ruolo dell'esercito e alla politica interna ed estera; sino ai capitoli finali, dedicati a come i turchi vedono gli europei, allo sviluppo economico, e alla presenza italiana: ricco di aneddoti ed episodi vissuti in prima persona, il libro dà finalmente un quadro realistico e privo di pregiudizi della Turchia d'oggi. E ci spiega anche perché un'Unione Europea senza la Turchia sarebbe inevitabilmente destinata a un ruolo di secondo rango rispetto non solo a Stati Uniti e Cina, ma anche a India, Brasile e altre potenze emergenti.
Con la grande maggioranza degli utenti di Facebook presa dalla smania di aggiungere amici, scrivere "mi piace", lasciare commenti, sarebbe forse il caso di fermarci e riflettere sugli effetti che i social network hanno sulle nostre vite oramai sature di informazioni. Che cosa ci spinge, quasi fosse un obbligo, a impegnarci tanto diligentemente con i diversi network? Il libro esamina la nostra ossessione collettiva per l'identità e il management di sé stessi coniugati con la frammentazione e il sovraccarico di informazione della cultura online. Lovink traccia un percorso innovativo, analizzando criticamente motori di ricerca, video online, blog, radio digitale, mediattivismo e Wikileaks. Questo libro lancia un forte messaggio rivolto a tutti gli utenti della Rete: liberiamo le nostre capacità critiche e cerchiamo di influenzare tecnologia e spazi di lavoro, o saremo destinati a sparire nella rete. Pungente e acuto, senza essere pessimista, Lovink offre una critica delle strutture politiche e del potere incorporati nelle tecnologie che modellano la nostra vita quotidiana.
Una valutazione dell'Europa con una visione spietatamente realistica del sistema che essa ha creato negli ultimi cinquant'anni. Klaus riconosce i possibili benefici derivati dall'integrare in termini strettamente economici il vecchio continente, ma spiega quello che per lui è stato il tragico errore dei fondatori dell'Unione: essi vedevano il vizio nelle entità-stato dell'Europa e la virtù nell'unione intercontinentale. Per il presidente della Repubblica ceca la soluzione sta in una profonda e sistematica trasformazione, simile a quella che egli sostenne agli inizi degli anni Novanta nel proprio Paese: propone una trasformazione sia del sistema socio-economico sia del modello di integrazione, tornando a un'economia di mercato e a un'attiva cooperazione fra i Paesi europei.
Anche quando sono dotate di una buona e sana Costituzione, come quella italiana, le democrazie hanno bisogno di uomini e donne, partiti e cittadini, governanti e rappresentanti capaci di farle funzionare; altrimenti la loro salute finisce inevitabilmente intaccata. Nell'ultimo biennio sono venuti al pettine tutti i nodi irrisolti della democrazia repubblicana, il cui rinnovamento è stato impedito da da gruppi di potere, vecchi e nuovi, e da partiti immobilismi.
Con brevi, ma densi e irriverenti capitoli, Gianfranco Pasquino (allievo di Roberto Bobbio e Giovanni Sartori) illumina il tramonto della Repubblica italiana.
Se la rivoluzione dei big data ha un genio che la presiede, questi è certamente Alex Pentland. In anni di esperimenti innovativi ha distillato scoperte che oggi spalancano le porte di un campo scientifico completamente nuovo: la fisica sociale. La fisica sociale si occupa del flusso delle idee e di come le reti sociali le diffondano e le trasformino in comportamenti. Finora le ricerche dei sociologi sono dipese da set di dati limitati e da indagini che ci dicono ciò che le persone dichiarano circa i propri pensieri e comportamenti, piuttosto che ciò che veramente pensano e fanno. Siamo rimasti ancorati all'uso di categorie quali le classi sociali o il mercato. In realtà, gli esseri umani rispondono in modo molto più potente a stimoli sociali che implichino la gratificazione degli altri e rafforzino i legami, invece che a stimoli che implichino solo il loro proprio interesse economico. Pentland conduce i lettori oltre la soglia della più importante rivoluzione nello studio del comportamento sociale, verso un modo completamente nuovo di guardare alla vita stessa. Prefazione di Filippo Barbera, postfazione di Cosimo Accoto.
Donald Trump, Beppe Grillo, Marine Le Pen, Nigel Farage: i populisti sono in ascesa in tutto il mondo. Ma che cosa è esattamente il populismo? Chiunque critichi le élite al potere e i partiti ufficiali dovrebbe essere definito populista? Qual è di preciso la differenza tra populismo di destra e di sinistra? Il populismo avvicina il governo al popolo o costituisce una minaccia per la democrazia? Domande che non sono mai state urgenti come oggi. In questo libro di rottura, Müller sostiene che al cuore del populismo vi è un rifiuto del pluralismo: al contrario di quanto comunemente si crede, ciò in base a cui i populisti possono governare è la loro pretesa di una rappresentanza morale esclusiva del popolo. Se avessero sufficiente potere, finirebbero per creare uno Stato autoritario che esclude tutti coloro che essi non considerano parte del «popolo» vero e proprio. Analitico, accessibile e provocatorio, il libro definisce - sulla base di fatti storici - le caratteristiche del populismo e le ragioni più profonde dei suoi successi elettorali, proponendo alcune strategie concretamente utilizzabili per trattare con i populisti e, in particolare, per replicare alle loro pretese di parlare in via esclusiva per «la maggioranza silenziosa» ovvero per «il popolo vero». Con un intervento di Nadia Urbinati.
Dalla Brexit a Donald Trump, fino ai partiti estremisti in via di affermazione in Europa e nei Paesi in via di sviluppo: il populismo domina le notizie degli ultimi tempi. Ma che cosa spiega l'ascesa dei leader che alimentano la rabbia nazionalista nei loro paesi, da Le Pen a Erdogan? Quanto durerà l'ondata populista? Chi saranno i vincitori e i perdenti in questo clima e come possiamo difendere i valori della democrazia, del libero scambio e della cooperazione internazionale? Nessuno è più adatto a esplorare il tema e a rispondere a queste domande di Ian Bremmer, CEO di Eurasia Group e acclamato editorialista della rivista Time. Analizzando le forze sociali, economiche e tecnologiche che alimentano la nuova ondata di populismo, Bremmer spiega perché stiamo assistendo al rifiuto delle tendenze democratiche, globali e cosmopolite del tardo XX secolo. Noi contro di loro è una guida definitiva per navigare nel mutevole panorama politico, cercando di sopravvivere alla tempesta populista. «Quando gli esseri umani si sentono minacciati, identificano il pericolo e cercano alleati in una lotta per la sopravvivenza che oppone varie versioni di "Noi" contro differenti forme di "Loro"».

