
"L'Italia è lunga e stretta. Se sei sull'Aurelia e scendi verso sud, il mare ti accompagna a destra; se invece guidi lungo l'Adriatico, l'acqua occhieggia da sinistra. Ma per guardare l'Italia bisogna dare quasi sempre le spalle al mare e rivolgersi verso l'interno. Per tre anni, ogni giorno ho riversato nel taccuino le tracce di ogni viaggio, dettagli anche minuscoli. Il bottino che stipavo era tutto ciò che non aveva possibilità di comparire sul mio giornale, una montagna di informazioni minute, secondarie, accessorie, o di storie che lasciavo ai margini delle inchieste nell'attesa che, dopo tanta semina, un giorno potessero germogliare e insieme costituire l'anima di un altro racconto, di un nuovo viaggio. Cosi è nato questo resoconto sull'eternità di certi luoghi e certi paesaggi italiani dove il passato non finisce mai e il futuro stenta ad arrivare. Ci sono paesi che si raggiungono solo a piedi, come Topolò al confine con la Slovenia, e paesi senza tempo dove si fabbricano orologi, come Uscio in Liguria; paesi dove la terra finisce, come Depressa nel Salento, e paesi abitati da capre, come Craco in Lucania. Soprattutto, ci siamo noi italiani in questo libro: una sequenza di carità e di imbrogli, di anime morte e di anime belle, di volti sorridenti e di predoni da strada. Una volta messi in fila non si sa se abbracciarli tutti oppure darsi alla fuga il più rapidamente possibile." (Antonello Caporale)
Era la fine degli anni '80 e già allora una voce insistente lo ripeteva, quasi fosse una litania: ce lo chiede l'Europa, ce lo chiede l'Europa. In realtà qualcuno, in Italia, ci stava pensando già da un po'. Il sistema bancario italiano andava privatizzato. Stop con il controllo pubblico, via le mani dello Stato dal credito. Le banche dovevano trasformarsi in società per azioni, pronte ad aprire le loro porte ai freschi capitali europei, al mercato... Ecco la prima inchiesta sul potere delle fondazioni bancarie.
"Un buon viaggiatore non sa dove va; un perfetto viaggiatore non sa da dove viene". Questo aforisma di uno scrittore cinese è il più perfetto compendio della "Metafisica del ping-pong". Perché quando s'impugna per la prima volta la racchetta non si sa dove può portare la passione per questo sport - magari addirittura in Cina, a sfidare i campioni locali - ma soprattutto non si sa di aver intrapreso una sorta di percorso iniziatico alla scoperta di sé e dei principi primi che governano la realtà. Lungo questo viaggio di perfezionamento sportivo, individuale e metafisico allo stesso tempo, Guido Mina di Sospiro non ha solo affrontato avversari di ogni tipo, affinato tecnica, tattica e strategia e appreso l'importanza di lasciarsi guidare da un maestro: grazie al ping-pong ha incontrato e visto in azione, nel vivo del gioco, la geometria non euclidea, la logica non lineare, la strategia da von Clausewitz a Sun Tzu; ha riscoperto Carl Gustav Jung e interrogato l'IChing, colto la potenza del mito platonico della caverna e dei principi della filosofia taoista. E naturalmente, inseguendo il suo "stato di grazia" mistico-sportivo, si è anche divertito, e continua a divertirsi moltissimo.
Si può prevedere il futuro? La risposta di Jacques Attali è: sì, prevederlo è possibile e necessario, serve a vivere meglio, a sviluppare le proprie potenzialità, a essere più lucidi, attivi, felici. È possibile prevedere anche il futuro dei propri cari? Dell'azienda per cui si lavora? Del proprio paese, dell'umanità? Anche qui la risposta è sì. Del resto Jacques Attali economista, politologo, consulente di più presidenti francesi - si è occupato a lungo di previsione nel proprio lavoro e nella propria attività di saggista, e in questo libro, per la prima volta, insegna la sua tecnica semplice e precisa a ogni lettore, che così potrà applicarla da solo. Ma oltre a fornire uno strumento utile, questo libro è anche un viaggio erudito nelle tecniche di previsione e predizione, dalle antiche alle modernissime, ognuna delle quali ha contribuito alla nostra capacità di immaginare e di "generare" il futuro. Una capacità di cui abbiamo bisogno ancora più oggi, in un mondo che appare sempre più incerto: in esso, solo chi avrà la forza di gettare avanti lo sguardo potrà avere un futuro.
"La biblioterapia è l'utilizzo di un insieme di letture scelte quali strumenti terapeutici in medicina e in psichiatria. È un mezzo per risolvere dei problemi personali mediante una lettura guidata": così il dizionario Webster definiva la biblioterapia nel 1961. Una descrizione senza dubbio fredda e succinta, oltre la quale tuttavia si aprono scenari inaspettati e affascinanti, a cavallo tra psicologia e letteratura, antropologia e ricerca interiore. Régine Detambel, scrittrice e kinesiologa francese, raccoglie i numerosi contributi di studiosi che si sono occupati di una disciplina ricchissima di sfumature, dal lavoro pionieristico di Sadie Peterson Delaney fino alle opere più recenti di Ouaknin, Spire, Picard e soprattutto l'Elogio della lettura di Michèle Petit. Se emozioni e sentimenti si colgono pienamente solo attraverso la loro forma verbale, allora possono essere curati, accuditi, coccolati dalla parola scritta. All'approccio semplicistico del biblio-coaching, che predilige libri "facili" e didascalici, l'autrice preferisce puntare sulle difficoltà e sulle sfide lanciate dai grandi autori del presente e del passato, che nella scrittura hanno trovato un antidoto al dolore. Sono questi i "farmaci" migliori: la lettura diventa un'occasione di risveglio interiore, consapevolezza, dignità, un rimedio ai malanni della mente e del corpo.
Può capitare di sentirsi terrorizzati in mezzo alla gente, in spazi chiusi o aperti: si tratta di agorafobia e claustrofobia. Succede di non riuscire a prendere un volo o salire sulle scale mobili, o di non poter vedere un gatto senza rabbrividire. Sono fobie che possono dar luogo al disturbo da attacchi di panico: il battito cardiaco accelera, il respiro si fa affannoso, si ha la sensazione di perdere il controllo, si cerca rifugio nell'evitamento dei supposti rischi. La paura è però un'emozione fondamentale e ragionevole, dal momento che innesca i meccanismi di attacco o di fuga quando ci troviamo in pericolo. Può dunque salvarci la vita, mentre ciò che può rovinarcela è la paura della paura, il timore preventivo delle reazioni psicofisiologiche che il nostro organismo può avere di fronte a ciò che percepiamo come una minaccia. Occorre allora rimettere nella giusta prospettiva questa emozione per tornarne padroni. Ma qual è la via d'uscita dal circolo vizioso della fobia che si autogenera? Non serve una lunga psicoterapia, secondo Giorgio Nardone, quanto invece una strategia paradossale che ci guidi a fronteggiare la paura, anzi ad accrescerla sino al punto di annullarla. Per guarire dagli attacchi di panico basta infatti una terapia breve mirata, fondata sul linguaggio logico e insieme suggestivo del terapeuta, su inconsueti compiti che il paziente deve svolgere alla lettera, sull'idea che bisogna "spegnere il fuoco aggiungendo la legna".
La scienza ha senza dubbio reso l'uomo più longevo grazie all'introduzione di cure e procedure diagnostiche più efficaci. Per questa ragione da diversi anni si sta diffondendo una nuova visione dell'invecchiamento, legata a un approccio terapeutico personalizzato e a uno stile di vita volto al benessere fin dalla giovane età: diversamente dalla medicina tradizionale, che interviene solo a malattia già insorta, la medicina anti-aging preferisce rallentare il processo d'invecchiamento mettendo in primo piano la prevenzione, ritardando così il declino dell'organismo umano. Secondo Filippo Ongaro, pioniere in Italia di questa disciplina, lo scopo non è la longevità in sé, ma la qualità della vita. Questa sfida coinvolge la totalità della persona: dagli aspetti più strettamente biologici, quali l'alimentazione e l'attività fisica, a quelli interiori e spirituali. Potremmo quindi definirlo un approccio olistico, ma che nulla ha a che vedere con le medicine alternative o la new age: proprio i risultati scientifici più avanzati dimostrano che l'invecchiamento non è di per sé sinonimo di declino e sofferenza. Al contrario, "allenandoci" alla cura di sé, arriveremo "a cent'anni" vivendo una vita piena e completa, al massimo delle nostre possibilità. Possiamo vivere più a lungo, e insieme vivere al meglio.
Dopo i fatti di Charlie Hebdo, una nuova e più sanguinosa strage jihadista fa vacillare i valori fondamentali della Repubblica francese rischiando di innescare una deriva autoritaria in tutta l'Europa; questo mentre la coalizione contro l'ISIS si allarga pericolosamente facendo emergere complicità per troppo tempo ignorate e acuendo le tensioni tra gli Stati coinvolti nella crisi siriana. Nel Corano si predica la pace o al contrario si inneggia alla guerra? Ha senso ritenere che l'Islam, in quanto tale, sia incompatibile con la cosiddetta civiltà occidentale? Ciò a cui stiamo assistendo non è forse il prodotto di un conflitto planetario scatenato più di un decennio fa in nome del profitto, un conflitto che ha armato la mano di coloro che oggi minacciano la nostra incolumità e che quasi ogni giorno seminano terrore e morte in tutto il mondo arabo? Michel Onfray, partigiano del libero pensiero che non ammette compromessi, cerca di rispondere a queste domande cruciali affidandosi alle armi della critica e all'analisi delle fonti, in un libro "vietato" in Francia, dove il dibattito pubblico si sta progressivamente omologando alla narrazione imposta dalle autorità e alle semplificazioni dei media.
Aldo Giannuli, tra i maggiori esperti italiani di intelligence e geostrategia, si cimenta in un'inchiesta sull'ISIS: un "mostro" che tutti dicono di voler combattere, alcuni cercano di pilotare a proprio vantaggio (finanziandolo o contrastandolo timidamente) e, soprattutto, pochi dimostrano di aver compreso a fondo. Dopo quindici anni di guerre e centinaia di migliaia di morti, la "coalizione dei volenterosi", guidata dagli USA a partire dal 2001, ha ottenuto il paradossale risultato di rafforzare o addirittura trapiantare lo jihadismo in tutti i teatri in cui, a vario titolo, è intervenuta. Ne è derivata una centrale del terrorismo internazionale che sembra essere stata partorita dalla mente di un romanziere eccentrico. Un soggetto "liquido" in grado di passare dalla clandestinità al governo di uno Stato nel volgere di pochi anni; di rompere gli steccati fra le nazioni per fare proseliti ovunque, persino nei Paesi occidentali; di promuovere una sofisticata guerra psicologica fatta di atrocità reali e suggestioni simboliche; e di inserirsi a pieno titolo nel "gioco dei troni" che contrappone potenze maggiori e minori nello scacchiere mediorientale. Capire l'effettiva natura di Daesh, i suoi obiettivi strategici di fondo come i suoi ripiegamenti tattici, significa fare fronte al rischio, sempre più tangibile, di una sua catastrofica vittoria. Questo volume vuole suggerire il necessario cambio di rotta in una lotta che interessa tutti, se oggi è troppo presto, domani sarà troppo tardi.
Trentasette anni, giornalista di professione, viaggiatore per vocazione, accoppiato ma ancora senza programmi per il futuro. La vita pare tutta da inventare, oggi qui domani là. L'autore si trova a veleggiare in queste acque tranquille quando un test di gravidanza positivo lega la sua barca in porto: diventerà padre. Dopo lo sgomento iniziale e le paure, arriva la gioia per questa nuova splendida avventura: la sua vocazione di scrittore e di esploratore viene messa al servizio di quello che potrebbe essere il viaggio più strepitoso della vita. Quella che all'inizio sembrava essere una cima di attracco si trasforma in uno spinnaker che si gonfia di vento e spinge la barca in terre lontane, dove l'autore fa nuove esperienze, incontra popolazioni sconosciute che parlano lingue ancora da decifrare. Come un antropologo, riempie il suo taccuino di osservazioni, studia i cambiamenti che si stanno producendo sotto l'ombelico della Donna ma anche dentro il cuore e la testa dell'Uomo. Un giornale di bordo ironico e acuto, una bussola per tutti coloro che stanno per diventare genitori.
Che cos'è la giovinezza? Che cosa è stata per le innumerevoli generazioni che ci hanno preceduto? E che cosa significa essere giovani, oggi? È una condizione trionfante e privilegiata dell'esistenza, tanto che il giovanilismo è diventato il paradigma di vita nelle società neoliberiste (si è giovani finché si è in grado di consumare), oppure è qualcosa di altamente problematico e di falso? Di "terribile"? Sono queste le domande che si pone uno dei maggiori filosofi viventi in questo breve ma ricchissimo libro. La giovinezza vi viene considerata come quella fase cruciale della vita in cui si decide se costruire la propria esistenza o bruciarla. Se nelle società attuali, venuto meno il potere che aveva la tradizione di dare un senso alle cose, si è condannati a un'adolescenza infinita, e l'adulto diventa niente più che un adolescente con qualche mezzo in più per consumare, quale idea è ancora in grado di radicarsi nei giovani perché attingano quella "vera vita" di cui Rimbaud, il poeta della giovinezza, diagnosticava l'assenza? Badiou offre una risposta paradossale: bisogna, socraticamente, corrompere i giovani, distoglierli dall'universo luccicante delle merci, creare per loro le condizioni di un nuovo pensiero che sappia farsi fratello del sogno.
Nata nel XII secolo sui campi di battaglia, l'arte degli stemmi ha come funzione primaria l'identificazione dei cavalieri resi irriconoscibili dagli elmi e dalle armature. L'idea che gli stemmi siano monopolio della nobiltà nasce in quei giorni. Invece tutti possono portare degli stemmi, che sia nobile o plebeo, sempre che rispetti le regole del blasone. Un codice funzionale, nato dalla necessità di identificare da lontano i portatori di stemmi: colori vivi, simboli evidenti, segnaletica forte. Michel Pastoureau, storico dei simboli e dei colori, ci mostra come l'uso dell'araldica è universalmente diffuso, e come sia giunto a essere presente nei segnali stradali, nelle bandiere, nei marchi e in tutti gli altri grandi codici della società contemporanea.