
Dalle carte riscoperte in un archivio riemerge un profilo di donna sfuggente e contraddittorio, in continua lotta con i suoi limiti e con quelli che la società dell'Ottocento voleva imporle. Anna de Cadilhac si confessa nelle sue memorie, riportandoci nella Repubblica Romana del 1849, quando partecipò col marito all'esperienza rivoluzionaria. Il racconto delle vicende familiari fa da controcanto agli eventi politici, facendoci intravedere sullo sfondo i salotti, i teatri, i palazzi della società romana e torinese negli anni cruciali della lotta per l'unità d'Italia. La storia della protagonista, continuamente alla ricerca di un equilibrio tra la dimensione domestica e quella mondana, si intreccia con quella di personaggi illustri e influenti, fino all'incontro con Vittorio Emanuele II, dal quale avrà una figlia naturale: vicenda che segnerà la sua vita e inevitabilmente la travolgerà.
Il libro racconta la storia di simboli politicamente decisivi. Alcuni, come il fascio littorio, la falce e il martello, il guerriero di Pontida o la croce di Lorena, si legano ad esperienze collettive che hanno segnato il Novecento. Altri, come il biscione lombardo o i quattro mori sardi, hanno rappresentato per secoli l’espressione di un’identità regionale, mentre la donna turrita è stata figura di un insieme difficile da impersonare, l’Italia. Altri ancora, infine, come il berretto della libertà, hanno interpretato la resistenza alla tirannide e la difesa dei propri diritti. Tutti hanno assunto un significato che andava al di là di un più o meno casuale riferimento culturale. Sono stati oggetto di amore e di odio, di investimenti emotivi e di passioni intellettuali, di violenza cieca e di dedizione spinta fino al sacrificio.
Come si spiega questo protagonismo dei simboli e quale senso ha ripercorrerne la storia? E qual è la ragione della loro capacità di mutare, di adattarsi a diversi contesti, di rimanere attivi entro nuovi quadri culturali? A queste domande il libro cerca di rispondere, ricostruendone passo per passo la storia e la mutevole ed agitata vita terrena, alla ricerca del segreto della loro forza e della funzione che hanno svolto, e che svolgono, nella vita politica.
Francesco Benigno insegna Storia moderna all’Università di Teramo.
Luca Scuccimarra insegna Storia delle dottrine politiche all’Università di Macerata.
Napoleona Elisa Baciocchi, figlia di Elisa Bonaparte, era già da bambina una miniatura dello zio Imperatore: stessi lineamenti, stesso carattere collerico e prepotente. Cresciuta nell'assoluta fedeltà al mito napoleonico, nel 1830 si fece coinvolgere in un complotto ordito dai cugini Bonaparte, che mirava ad insediare il duca di Reichstadt (il figlio di Napoleone) a capo di un futuro Regno d'Italia. Di temperamento inquieto e insofferente, spesso preda della smania di viaggiare e fare "affari", Madame Napoléon ebbe una vita errabonda e ricca di vicissitudini e contraddizioni. Quando nel 1848 Luigi Napoleone Bonaparte venne eletto presidente della Repubblica francese, per poi divenire imperatore con il nome di Napoleone III, lo raggiunse a Parigi, ma la vita di corte del Secondo Impero si rivelò inadatta a lei. Si ritirò allora nel Morbihan, in Bretagna, dove si dedicò con fervore a dissodare quelle terre desolate, e dove morì nel 1869, amata e rimpianta dalle popolazioni locali di cui era diventata un punto di riferimento. Tra le donne di casa Bonaparte spesso autoritarie, ma intelligenti e attive - Napoleona fu certamente una delle figure più forti e stravaganti: questo studio ne tratteggia la complessità e l'ambivalenza del carattere, oscillante tra arroganza e insicurezza, tra inconcludenza ed entusiasmo, fedele fino in fondo alla sua famiglia e al suo destino.
Come si difende il diritto alla libertà di fede e alla propria identità contro i tentativi di conversione forzata? Anna del Monte, giovane ebrea romana appartenente a una ricca e colta famiglia del Ghetto di metà Settecento, fu strappata ai genitori e rinchiusa a forza nella Casa dei catecumeni per essere indotta a convertirsi. Anna ci ha lasciato una straordinaria e rara testimonianza della sua esperienza drammatica e della fiera opposizione ai tentativi di farle accettare il battesimo e di “rubarle l’anima”. Astuzia, cultura, capacità di rispondere anche sul piano dottrinale agli argomenti che dovevano intaccarne la fede, rivendicazione instancabile della propria identità ebraica e perfino coraggio fisico sono le risorse messe in campo dalla giovane per riuscire a resistere e a ritornare libera alla famiglia e alla comunità. Storia individuale di una donna fuori del comune, il diario della prigionia rivela anche uno squarcio della lunga e difficile storia dei rapporti tra ebrei e cristiani, narrando con grande potenza stilistica una vicenda di sopraffazione della coscienza e della libertà personale che tuttavia porta fino a noi il messaggio positivo della forza della ragione e della possibile reciproca, rispettosa, accettazione. Il diario si rivela dunque di grande attualità nel richiamare alla riflessione i temi della libertà di espressione e del rispetto dei diritti umani, ivi compresa la differenti scelte religiose.
descrizione
Marina Caffiero insegna Storia Moderna alla Sapienza-Università di Roma. Le sue principali aree di ricerca riguardano la storia sociale e culturale dell’Europa moderna, con particolare attenzione alle problematiche religiose. Ha dedicato uno speciale interesse alla storia di Roma moderna e alla sua peculiare posizione in Europa quale capitale di un potere nello stesso tempo temporale e spirituale. Tra le sue pubblicazioni più recenti: Religione e modernità in Italia, secoli XVII-XIX (Pisa-Roma 2000), La Repubblica nella città del papa. Roma 1798 Con la Viella ha pubblicato Battesimi forzati. Storie di ebrei, cristiani e convertiti nella Roma dei papi.
Rachele. Storia lombarda del 1848, scritto in francese da Cristina di Belgiojoso e qui presentato per la prima volta in traduzione italiana, è il romanzo di un “amore rivoluzionario” che ruota intorno alle vicende di una famiglia di contadini nel periodo dei moti di Milano.
La principessa compose il breve romanzo all’indomani dei suoi cinquanta anni, dopo il ritorno a Milano dall’esilio orientale, successivo alle burrascose vicende della Repubblica romana (1849) che l’avevano vista protagonista in qualità di direttrice degli Ospedali militari.
La storia si svolge in una fattoria della Lombardia in pieno Risorgimento e porta all’attenzione dei lettori una serie di tematiche care all’autrice e proprie di quegli anni attraversati da fortissime tensioni politiche e sociali: la mentalità della famiglia patriarcale, la condizione femminile, il pensiero cattolico, l’impegno dei patrioti e la condizione dei rifugiati.
In anni recenti si è assistito a un moltiplicarsi di studi e contributi importanti sulla complessa personalità di Cristina di Belgiojoso, ormai liberata dall’etichetta di donna fatale e bizzarra: in questo processo di risarcimento e di restituzione storico-critica si colloca l’edizione italiana di Rachele.
Partendo dagli scritti giovanili per arrivare alle riflessioni mature del carcere, il pensiero di Antonio Gramsci - oggi uno degli autori italiani più tradotti e studiati nel mondo - viene qui messo a confronto con alcuni dei protagonisti della storia nazionale, in "medaglioni" che costituiscono altrettanti tasselli del "mosaico Italia": Dante e Machiavelli, Guicciardini e Foscolo, Garibaldi e Vittorio Emanuele II, De Sanctis e Verdi, Carducci e Pascoli, Croce e Gentile, D'Annunzio e Pirandello, Mussolini e Gobetti... Nel "colloquio" critico con letterati, pensatori, politici, giornalisti di ogni epoca, si conferma l'eccezionale cultura e perspicacia dell'intellettuale sardo, nei cui scritti dimensione storiografica e analisi politica dialogano fecondamente: i ritratti costruiti in questo volume vanno così a compiere una ricognizione della molteplice e multiforme identità di quell'Italia frammentata che da secoli tenta di raggiungere una vera dimensione unitaria.
È impegnativo definire in modo compiuto il concetto di comunicazione per le molteplici sfumature che ne caratterizzano il senso e per l'ampiezza del suo significato che pervade ogni esistenza al punto da mostrarsi come il tessuto connettivo della nostra vita. Questo testo si propone di riflettere e indagare l'atto comunicativo nella sua feconda relazione con la cultura, nell'equilibrio tra linguaggio verbale e non verbale e secondo l'approccio semiotico, pragmatico, sociologico e psicologico. Particolare attenzione è dedicata, nella seconda sezione, ai modelli della comunicazione interculturale, all'analisi della conversazione come luogo simbolico di interazione sociale e alla psicologia dell'ascolto. L'azione del comunicare testimonia, nella terza parte, con l'affascinante espressione artistica di Pier Paolo Pasolini, Fabrizio De André e Paul Gauguin, tutta la sua capacità di conferire senso alla presenza umana nel mondo, attraverso parole, gesti, emozioni e armonie sonore e visive. Con un saggio di Luigi D'Angiuro.
L'istituzione storica che più sintetizza il concordato civile tra uomo e donna, in termini di riconoscimento dell'altro sesso e di collaborazione nella generazione e nell'allevamento dei figli, è da tempo abbandonata all'autogestione da parte dei sempre più limitati contraenti. Ne ha decretato la definitiva decadenza il modello leggero di coppia paritaria, espressione del momento presente anche quando procreativa, un amoreggiare disimpegnato e instabile tra soggetti smarriti, nel quale l'eventuale ruolo genitoriale è un mero fatto privato. Negli ultimi decenni, paradossalmente, il simulacro famigliare è stato utilizzato da una corrente del movimento gay quale ascensore sociale e diploma di pari opportunità da consacrare con rito pubblico, indossando la maschera di coniuge o di padre e madre, copioni consolidati che sembrano non necessitare di ulteriori spiegazioni o verifiche. In realtà, i temi controversi delle unioni omosessuali, le adozioni e la gestazione per altri, sono epifenomeni di processi sostanziali: la crisi delle identità sessuali, delle differenze di genere, dei rapporti tra i sessi, della funzione materna e paterna, finanche dei legami interpersonali. Proprio i rapidi mutamenti del costume rendono ancor più necessaria una riflessione sull'affettività e sulla genitorialità, per promuovere una varietà di formule relazionali e parentali coerenti con le differenti tipologie di orientamento, personalità e valori.
I nostri antenati amavano e desideravano come noi? Sono davvero magnifiche e progressive le sorti dei contemporanei nella sfera più intima? È possibile educare all'amore del bene e del vero, per aprirsi alla fiducia e alla speranza, mentre si sgretola il tessuto della vita sociale? Sono alcuni degli interrogativi affrontati in un decalogo di saggi sui molteplici e camaleontici volti della passione: dalle attrazioni fatali ai legami morbosi, dal qualunquismo erotico al sesso mercenario, dall'immaturità affettiva alla violenza di genere. Istantanee dei migliori e peggiori profili dei sensi e dei sentimenti, talora brutali e criminali, eppure vagheggiati e romanzati nel nome di forti emozioni e debolezze comportamentali. Procedendo per narrazioni l'indagine spazia dal passato remoto al presente e quasi futuro, grazie a richiami letterari e artistici, in compagnia di autori antichi e moderni intrecciati un unico arazzo culturale. Dieci approfondimenti critici delle mitologie amorose e sessuali, per incoraggiare consapevolezza e qualità delle relazioni, mediando tra le parti senza rinunciare a una presa di posizione.