
Tutto ciò che vive prima o poi è destinato a morire. È una delle poche certezze che abbiamo, probabilmente l'unica. Sappiamo anche che la durata della vita non è identica per tutti gli esseri viventi. Negli esseri umani la sua variabilità è altissima, nemmeno lontanamente comparabile con quanto accade negli altri animali, la cui aspettativa di vita pare avere maggiore uniformità. E quindi perché alcuni esseri viventi sono tanto più longevi di altri? Studiandoli, possiamo imparare qualcosa riguardo al nostro invecchiamento? Possiamo senz'altro, e molta strada è stata fatta di recente dalla scienza. Nella specie umana la vita si è allungata sensibilmente nell'ultimo secolo e l'evidenza ci dice che la durata della vita è mutevole e può essere alterata da diversi fattori come la dieta, i geni che ci sono toccati in sorte, il tipo di vita che conduciamo, tutti aspetti che vengono analizzati minuziosamente in questo libro. Possiamo imparare molte cose dalla scienza dell'invecchiamento, ed è questo che si propone di fare Jonathan Silvertown, spiegando in modo accessibile e coinvolgente i complessi meccanismi biologici che determinano la durata della vita di tutti gli esseri viventi.
Negli ultimi 100 anni l'interpretazione dell'universo ha subito una rivoluzione radicale. Nel 1914 pensavamo ancora che la nostra galassia, la Via Lattea, costituisse l'intero universo. Unico, immobile e circoscritto. Sono stati il trionfo della teoria della relatività generale, una rinnovata ricerca cosmologica e la fisica moderna a spostare completamente la comprensione dello spazio e del tempo. Oggi vediamo l'universo come un luogo dinamico, in espansione a velocità costante, composto perlopiù da particelle - materia ed energia oscura - misteriose e invisibili. Abbiamo scoperto che la parte visibile, quella che compone le stelle, i pianeti e i nostri corpi, costituisce'appena il 4 per cento della totale materia esistente, abbiamo avuto conferma dell'esistenza di pianeti intorno ad altre stelle, lontani milioni di anni luce - i cosiddetti esopianeti - simili alla Terra e in grado, forse, di ospitare una vita analoga a quella terrestre. Ci interroghiamo finalmente sull'esistenza di altri universi e molto altro... Nella sempre più complessa, anche se recente, storia del cosmo Priyamvada Natarajan ci conduce attraverso alcuni dei temi cosmologici più sconcertanti messi sul piatto dalla fisica nei primi anni del XXI secolo: la formazione e la crescita dei buchi neri, gli aloni di materia oscura, l'accelerazione dell'espansione dell'universo, l'eco del Big Bang, le conseguenze della scoperta della radiazione cosmica di fondo, fino all'ultima frontiera, la ricerca di altri mondi... Solo la scienza, in continua evoluzione e con la sua ambizione, può restituire il senso del nostro meraviglioso, misterioso universo.
Da un punto di vista rigorosamente laico, Salvador Giner non esita a riconoscere la perdurante esigenza del sacro e la sua valenza evolutiva: Homo sapiens è da sempre anche Homo religiosus. Giner ritiene la necessità di adorazione universalmente umana, indipendentemente dall'oggetto d'elezione, la divinità, una celebrity o un'entità mondana come la nazione. Non entra nel contenzioso tra chi sostiene la natura solo culturale del fatto religioso e chi ne indaga le basi neurali. Gli sembra più promettente una posizione terza, che pur accettando le risultanze neuroscientifiche si concentri sulle determinanti socioculturali dei contenuti di fede.
Loro cercano di controllarci. Ci fanno credere che viviamo in società libere e democratiche e che siamo i padroni del nostro destino, ma non è così, lo sappiamo bene. Ci nascondono la verità. Basta grattare sotto la superficie: l'omicidio di Kennedy, i vaccini, l'11 settembre, gli UFO, le scie chimiche, l'uomo sulla Luna, Bin Laden, i massoni, Lady D, gli Illuminati, Elvis Presley, il Nuovo Ordine Mondiale, i Protocolli dei Savi di Sion, i rettiliani... Ovunque si guardi è evidente che c'è un piano colossale per manipolarci. Cosa si nasconde dietro le più articolate teorie del complotto e, soprattutto, chi sono i complottisti e come è possibile che così tante persone possano credere anche alle più ardite e immaginarie speculazioni? Rob Brotherton, che da anni studia come funziona la «mentalità complottista», analizza in questo libro, accattivante, ironico, e anche un po' inquietante, i motivi per cui le nostre menti ci inducono tanto spesso a credere a cose implausibili, non provate e, soprattutto, in nessun modo provabili. Il fatto è che queste storie si adeguano perfettamente a certi circuiti mentali che - volenti o nolenti - tutti noi ci portiamo dentro, confortando le nostre paure più profonde, i nostri desideri più nascosti e il nostro stesso modo di interpretare il mondo. La psicologia del complotto è affascinante e svela molto su noi stessi e su come sono costruite le nostre menti. I complottismi non sono aberrazioni psichiche di pericolosi sociopatici, sono il prodotto del funzionamento del nostro cervello e la radice stessa del verbo «credere». Magari saranno in pochi a credere che il presidente degli Stati Uniti sia un mutaforma rettiliano (ma certamente sono più di quanti vorremmo che fossero!), ma sono ancora milioni (e continuano a crescere) coloro che credono alla correlazione tra autismo e vaccini (è dimostrato chiaramente che non ci sia, tanto per essere chiari). Dopo aver letto "Menti sospettose" saremo sorpresi nel riconoscere come sia facile cedere alla narrazione complottista ma avremo ben chiaro come sia possibile sfuggirvi. È vero che i complotti nel mondo talvolta esistono, più spesso però è meglio essere prudenti e fare attenzione a cosa scegliamo di credere perché, alla fine, potremmo scoprire che i complottisti siamo noi.
La prima battaglia documentabile deve essere avvenuta attorno al 1350 a.C. e riguarda un certo Abdi-Heba, piccolo monarca di una località che gli egizi chiamano Urushalim, sulle colline oltre il deserto al di là del Mar Rosso; il re probabilmente viene circondato da qualche popolo cananeo e chiede aiuto al faraone, implorando: "Sono come una nave nel mezzo del mare!". È la prima volta che viene scritto, ma la sindrome da accerchiamento si ripeterà ancora e ancora, molte volte nel corso dei secoli, sulle colline di Yerushalàim, Jerusalem, Al Quds "la santa". La prima conquista documentata della città è quella di re Davide, mille anni prima dell'era volgare, e da lì in poi non passerà secolo, spesso neppure decennio, senza che qualcuno abbia combattuto attorno alle mura della città. Verrà Hazael, re di Aram, Sennacherib l'assiro e Nabucodònosor il babilonese; verrà Tolomeo, poi Antioco, i maccabei e Ircano; verranno i parti e Erode, Tito e poi Adriano; verrà il califfo Umar, poi gli abbasidi e a seguire i fatimidi; verranno i selgiuchidi e i crociati, Saladino e Federico II, i damasceni, i mongoli e i mamelucchi; verranno gli ottomani e poi gli inglesi del generale Allenby con i primi carri armati; fino a giungere ai giorni nostri e agli scontri sanguinosi tra israeliani e palestinesi. Sullo sfondo di tutto ciò c'è la città che il salmista chiama "città della pace", il simbolo sfortunato di troppi interessi e di infinite contese, la città "d'oro, di rame e di luce" cantata in una celebre canzone.
"Se poteste tornare indietro nel tempo, decidereste ancora di diventare madri?". Questa domanda, posta dalla giovane sociologa israeliana Orna Donath a un certo numero di donne ebree israeliane, ha ricevuto in ventitré casi come risposta un "no" deciso. E si è rotto un tabù, quello della donna "naturalmente" protesa ad essere madre. Con gli strumenti della sociologia, Donath ha allora intervistato in profondità queste donne (e molte altre in seguito) e ha riportato le loro risposte, analizzandole in dettaglio e mettendole in contesto, in questo libro.
Ritoccare, cesellare, correggere il DNAlettera per lettera. È possibile farlo contemporaneamente in decine di siti prescelti, o in un unico punto, senza lasciare traccia. La nuova tecnica che sta cambiando il volto della biologia è gentile e potente. Maneggevole e a buon mercato, precisa come un laser. Consente di modificare a piacimento gli organismi viventi prendendo attentamente la mira. Trasformerà la medicina, l'agricoltura, il mondo come lo conosciamo? Entusiasmo e timori si rincorrono, e questo è il primo libro capace di spiegare la rivoluzione che stiamo vivendo. Benvenuti nell'era di "CRISPR". In origine era un sistema inventato dai batteri per difendersi dai virus, ed è studiando i microbi che l'abbiamo scoperto, quasi per caso. Dietro al nome oscuro si nasconde un processo biologico sorprendentemente semplice. La creatività dei ricercatori lo ha trasformato in uno strumento al nostro servizio. È l'equivalente del comando «trova e sostituisci» di un programma di videoscrittura, per eliminare i refusi dal libro della vita. Per questo si chiama «editing del genoma». La tecnologia non è ancora così efficiente da poter realizzare tutti i desideri, e qualche sfida potrebbe non essere mai alla nostra portata, come spiega Anna Meldolesi in questo libro. Ma se terrà fede anche solo a una piccola parte delle promesse, l'editing genomico renderà possibile un'infinità di esperimenti, regalandoci conoscenze, farmaci, prodotti capaci di migliorare la qualità della vita. I problemi sollevati da "CRISPR", tuttavia, non sono una questione da poco. Quando sapremo cambiare i geni a piacimento, come faremo a impedire che questa tecnica cada nelle mani sbagliate? I primi esperimenti su embrioni umani sono già stati effettuati e il dibattito è appena iniziato. Esiste il pericolo che vengano progettati «bambini su misura»? Sarebbe un sogno o un incubo se l'uomo creasse l'uomo?
«Perché esiste qualcosa anziché il nulla?» Questa antica domanda, ripresa molte volte nel corso della storia da tanti filosofi e pensatori, ci impone di meditare su quella che sembra essere in assoluto la più profonda di tutte le questioni, la distinzione tra essere e non-essere, tra ciò che esiste e il nulla, il punto da cui tutto il resto deriva. Nelle mani di un fisico, però, la domanda assume un valore del tutto inaspettato, come si vede leggendo questo coinvolgente, intenso e breve libro. Per Newton e la sua legge della gravitazione universale era necessario che esistesse a priori uno «spazio», un palcoscenico dentro il quale si potesse sviluppare il dramma della materia e delle sue leggi. Questo spazio era di per sé teoricamente «vuoto» e veniva occupato dai corpi fisici, che vi subivano «forze» precise. Proprio su questo ci fu un famoso e lungo contenzioso tra lui e Leibniz, e da quella polemica nacquero i primi problemi - filosofici e fisici, a un tempo - sul concetto stesso di spazio. Con Maxwell, anni dopo, le cose si fecero ancora più problematiche, dal momento che la nascita del campo elettromagnetico riempiva lo spazio «vuoto» di «qualcosa». Qualcosa che non era l'etere, come inizialmente qualcuno aveva proposto. Le cose peggiorarono radicalmente con Einstein e il suo spazio-tempo curvo, nel quale la trama stessa della realtà si deforma in relazione alle masse presenti; ed è difficile curvare qualcosa che non c'è. Il colpo di grazia all'idea stessa di vuoto lo ha dato infine la meccanica quantistica, specie con la teoria quantistica dei campi, nella quale il vuoto diventa in effetti un luogo piuttosto vivace. Per quanto strano possa sembrare, insomma, il «nulla» è «qualcosa».
«In letteratura è come in teologia: valgono le sole domande. O meglio: è l'intelligenza delle domande che costringe a elaborare risposte alla loro altezza. Se chi si appresta a leggere questo libro spera di trovare enunciati regole e precetti più o meno ovvii su come scrivere cosa, allora forse è meglio che abbandoni il libro e l'idea di diventare scrittore. Il talento, l'istinto sono necessari. Vanno educati, certo, ma sono necessari. Uno scrittore autentico i fondamentali li avverte ben prima ancora di elaborarli in concetti. Chi, non pago di affidarsi al tacito insegnamento dei Maestri, sente il bisogno di un prontuario cui attenersi, è meglio che lasci perdere: la letteratura non è un compitino. Men che meno un suo compitino. Per vari aspetti, il processo di creazione letteraria è come il tempo per sant'Agostino: "Se nessuno mi chiede cos'è, lo so; se devo spiegarlo a chi lo chiede, non lo so più"». Così esordisce Tuzzi, in questa conversazione che - articolata in dieci capitoli: Prima di scrivere; Stile, struttura, scrittura; Come agganciare il lettore; Dire, non dire, da chi farlo dire; Come caratterizzare i personaggi; Finali chiusi, finali aperti; Buona e cattiva letteratura; Tutti i colori del genere: giallo nero rosa; Due o tre cose sul giallo perfetto? e Due o tre cose sul perfetto lettore di gialli - propone a un più vasto pubblico di lettori il ciclo di lezioni tenuto per Radio Popolare. Non banali ricette di tecnica espressiva o di forma narrativa, non fabula, intreccio, narratore interno esterno o ambiguo, ma più fertili considerazioni su limiti e potenzialità della parola, sulla potente irrealtà della letteratura.
Il Premio Pulitzer Eric Licthblau ci regala con questo libro la ricostruzione di fatti che credevamo di conoscere, ma che nessuno prima di lui aveva raccontato nei particolari. Eric Lichtblau ha controllato meticolosamente documenti inediti e ha raccolto preziose testimonianze, ricostruendo i fatti di una storia vera che ha dell'incredibile. Leggendo queste pagine si ha l'impressione di avere davanti agli occhi la sceneggiatura di un film di fantaspionaggio: la storia di come l'America divenne un rifugio sicuro per gli uomini di Hitler. È ampiamente noto che dopo il crollo del Terzo Reich migliaia di gerarchi nazisti trovarono rifugio in Sudamerica. Criminali di guerra come Mengele, Eichmann, Priebke, Barbie e numerosi altri fuggirono indisturbati, avvalendosi dell'assistenza di una misteriosa ed efficiente organizzazione, nome in codice Odessa, che operava in tutta Europa anche con l'aiuto di alte autorità ecclesiastiche e della Croce Rossa. Si sospettava che dopo la guerra molte centinaia di nazisti si fossero insediati indisturbati anche negli Stati Uniti. Incredibilmente, molti di loro, benché riconosciuti come criminali di guerra, furono reclutati dall'FBI e dalla CIA e utilizzati come informatori negli anni della Guerra fredda. A molti furono ribaltate le imputazioni a loro carico grazie all'intervento diretto del capo dell'FBI, J. Edgar Hoover.
Dalla primavera all'autunno: nella magnificenza delle stagioni più rigogliose Francois Cheng scrive queste sette lettere che mettono in risonanza paesaggi del presente, tradizioni di pensiero orientali e occidentali, ricordi di una giovinezza in Cina, affetti ritrovati. La destinataria è un'amica ricomparsa a distanza di decenni, un'artista che gli confessa di essersi accorta tardi di possedere un'anima, invitandolo a parlarne insieme. Dapprima esitante di fronte alla parola desueta «anima», Cheng risponde all'appello con la stessa grazia con cui in passato si è sporto su altri concetti abissali, come la bellezza e la morte. La «temerarietà» di accostarsi, oggi, a un simile argomento, si rivela una benedizione, per lui, per la sua interlocutrice e per i lettori, perché lascia riaffiorare in ciascuno qualcosa che sembrava perduto da tempo, il «sentimento intimo di un'autentica unicità e di una possibile unità». Agli occhi di Cheng, ancora pieni di meraviglia dopo una lunga esistenza, null'altro è l'anima se non il «segno indelebile» di quell'unicità incarnata, che sfugge al rigido dualismo corpo-mente e partecipa dell'universo vivente. Nel suo procedere a lieve arabesco, la scrittura indugia su taoismo e patristica, buddhismo e Simone Weil, ma si concede anche gli abbandoni della memoria: tutto - dottrine, filosofie e sprazzi di storia personale - converge verso l'anima, inesauribile aspirazione alla vita.
Pur fra molte incertezze, la leggenda ci narra che Akiva ben Joseph nacque attorno all'anno 50 dell'era volgare, forse nella città di Lod, nell'odierna Israele, e morì martirizzato attorno al 135 per aver continuato a insegnare pubblicamente la Torah nonostante la proibizione delle autorità romane. Si dice che fece in modo di spirare prolungando la parola echad, «uno», che conclude la prima frase della preghiera ebraica Shemà: «Ascolta Israele, il Signore nostro Dio, il Signore è uno». Rabbi Akiva, tuttavia, è una storia prima ancora che un uomo, e questo libro non può dunque essere una biografia nel senso comune del termine. È piuttosto un affresco, che attraverso la figura dell'uomo più saggio e ammirato del Talmud, fotografa la cultura ebraica palestinese del i secolo, nel drammatico momento della sua riconversione da antica religione centralizzata - fondata sul Tempio e sulla casta sacerdotale - a moderna religione diffusa di «maestri» (l'etimo di rabbini), fondata sullo studio e l'interpretazione della Torah. Tanto più che di Akiva abbiamo solo riferimenti interni a quel mondo e nulla di lui ci è invece pervenuto da fonti non ebraiche. Nel Talmud - un'immensa opera letteraria, giuridica, filosofica e religiosa, composta tra il I e il V secolo - Akiva viene descritto come il «capo di tutti i saggi», l'uomo di umili origini che studiò la Legge in età già adulta, il commentatore arguto e inventivo, quasi sempre vincente nelle dispute tra saggi. È l'esempio da seguire, e come tale è considerato l'iniziatore del rabbinismo. A questo Akiva «canonico», Holtz aggiunge qui mille sfaccettature, in un testo denso e godibile, che ci restituisce il senso di un vero e proprio eroe della sapienza, una figura sulla quale si è costruito per diversi secoli l'esempio per eccellenza del buon maestro ebraico. Questo libro può essere letto come un'introduzione al Talmud. Holtz, infatti, analizza la vita di Rabbi Akiva con una metodologia che riflette i procedimenti che si trovano in quell'opera. Così, leggendo queste pagine potremo apprendere due cose: chi fosse Akiva e quanto importante sia ancora oggi la tradizione che ce ne ha tramandato le idee; e in che termini e con quale logica si affrontano i problemi nel Talmud.

