
Nell'antichità gli alchimisti furono sempre considerati con sospetto. Se il potere civile li mise fuori legge, quello religioso li bollò con la scomunica. Non c'è da stupirsi quindi che siano stati costretti da sempre a usare un linguaggio cifrato che li condannò all'incomprensione da parte dell'opinione pubblica. Jung, che studiò per circa un trentennio i testi alchemici, rivoluziona qui la prospettiva da cui osservare i contenuti di quest'Arte. Nei saggi che compongono il volume, incentrati sia su personaggi di alchimisti famosi, sia anche sui principi dell'alchimia cinese, l'interesse di Jung si rivolge alle espressioni simboliche dell'alchimia, in cui egli vede proiettati contenuti archetipici.
Gli scritti raccolti nel primo volume delle "Opere di C.G. Jung" risalgono agli anni 1900-05. Sono gli anni del Burgholzli, l'ospedale per malattie mentali diretto da Bleuler, in cui Jung svolse un'intensa attività psichiatrica, fondata sulla ricerca di una comprensione dall'interno della personalità squilibrata. Questi scritti dimostrano quanto sia inesatto il rimprovero, talora mosso a Jung, di scarsa fedeltà ai dati sperimentali. A partire dalla sua tesi di laurea sulla "Psicologia e patologia dei cosiddetti fenomeni occulti", Jung si dimostra osservatore e terapeuta in un senso originale, ancorato saldamente a un metodo empirico, accogliente qualsiasi accadimento psichico con disponibilità e rispetto totali.
Tutti i genitori desiderano che il bambino che sta per nascere sia sano, felice, indipendente, pieno di curiosità verso la vita, capace di amare e di corrispondere all'affetto di chi gli è vicino, e che diventi capace di affrontare con sicurezza le situazioni difficili. Questo desiderio è una potente motivazione che permette loro di considerare il bambino, fin dalla nascita, come una persona, e di fornirgli l'ambiente più favorevole per il suo sviluppo, evitando di proiettare su di lui le loro ansie e i loro traumi infantili non risolti. Nei reparti di maternità le procedure sono passate, negli ultimi decenni, da una grande rigidità a una sempre maggiore vicinanza dei genitori con il bambino al momento del parto e prima del ritorno a casa.
Con questo primo tomo (e con il secondo, che seguirà in tempi brevi) si completa l'edizione italiana delle "Opere" di Jung. Le bibliografie degli scritti, delle lezioni e seminari, delle lettere, così come gli altri apparati, seguono criteri originali espressamente concepiti per questa edizione, e costituiscono nell'insieme uno strumento indispensabile per quanti si accostano a Jung con intenti di studio e di approfondimento. Sono di particolare interesse le tavole di concordanza con le pagine delle edizioni inglese e tedesca degli scritti.
Il libro ricostruisce quella che si può chiamare l'autocoscienza dell'Estrema destra italiana, concentrata su una identificazione con la Repubblica sociale italiana per cui, per quasi cinquant'anni, si è assistito alla rivendicazione di un'identità politica che coincideva con i venti mesi di quell'esperienza. Questa rielaborazione avvenne, secondo l'autore, in assenza di una storiografia di destra che, dotata delle necessarie basi metodologiche, potesse contrastare quella di orientamento antifascista. Il libro intende colmare una lacuna nella conoscenza di pensiero di Estrema destra.
Il libro non cerca di dire che cosa sia la musica, ma che cosa intorno alla musica si racconta. Interroga dunque gli psicoanalisti, ma anche gli autori del Romanticismo, specialmente E.T.A. Hoffmann e Thomas Bernhard. Si sofferma su Orfeo, da sempre legato, nell'immaginario occidentale, alla musica. Ma l'autore sa bene che la musica è una realtà misteriosa e non descrivibile se non in modo indiretto, allusivo e insoddisfacente.
Questi scritti, dedicati al problema dell'educazione e maturati lungo l'arco di un trentacinquennio, offrono ampia testimonianza del graduale distacco di Jung dalla teoria freudiana della sessualità infantile e seguono passo passo l'elaborazione dei capisaldi teorici della psicologia analitica . Il primo saggio della raccolta, Conflitti dell'anima infantile (1910), è infatti ideato come un parallelo al caso del «piccolo Hans» e presenta le fobie e le curiosità in materia sessuale emerse in Anna, una bambina di quattro anni, figlia di un padre «edotto in psicoanalisi» ed educata senza ipocrisie. Dall'analisi rigorosamente freudiana delle conversazioni e dei sogni della «piccola Anna» Jung passerà poi ad orizzonti più ampi e a un pensiero più autonomo e originale nei confronti del maestro. Egli scoprirà anche nelle fantasie infantili la forza ammaliante degli archetipi, nonché la presenza della tendenza inconscia - nella psiche individuale - a elaborare in maniera archetipica i dati della realtà, al punto da trasformare individui di per sé innocui o addirittura insignificanti in dèi e dee, terribili agli occhi dei loro figli : «Dietro ogni singolo padre c'è infatti l'immagine eterna del Padre, e dietro il fuggevole fantasma della propria madre traspare la magica figura della Madre». Una posizione critica nei confronti di Freud e di Adler è assunta da Jung anche nel saggio centrale del volume. Psicologia analitica dell'educazione (1926/1946), riproposto qui nella storica traduzione di Roberto Bazlen: in esso Jung discute ed esemplifica alcuni gruppi di disturbi psichici infantili, tra cui il deficit intellettuale, l'epilessia, la nevrosi e la psicosi, e insieme presenta i fondamenti del suo metodo di indagine dell'inconscio. L'idea basilare esposta anche negli altri scritti nati da conferenze tenute da Jung di fronte a un pubblico di educatori ( Il significato dell'inconscio nell'educazione individuale , 1928; Il bambino dotato , 1943 ecc.) è quella dell' educazione permanente, della necessità cioè di educare non tanto il bambino quanto piuttosto l'adulto stesso che del bambino si occupa : Quis custodiet custodes ? Come potrebbe educare un genitore che rimane un eterno bambino? o come potrebbe un educatore far emergere la «personalità» del bambino se lui stesso ne è privo? Senza indulgere alla retorica dei grandi principi, Jung afferma che la migliore educazione nasce dall'esempio «Contagioso» di chi riesce, sia pure con sofferenza, a far luce nella propria psiche, accogliendone anche i lati più oscuri, senza essere costretto - come fanno i più - a proiettare i propri complessi inconsci su quello schermo vergine che è ogni bambino .
È questo l'ultimo volume dell'edizione italiana degli scritti di Jung. Si tratta di contributi perlopiù brevi e incisivi, in parte riscoperti dopo la morte dell'autore e raggruppati per temi , i quali costituiscono - afferma Luigi Aurigemma nella Premessa - «come un rapido sorvolo della sua complessiva produzione; vario e tuttavia coerente, in quanto animato da una fondamentale unità d'ispirazione». Questi testi infatti « illustrano, affrontandola dalle più disparate angolazioni, la concezione propria a Jung della vita umana, cui è specifica la ricerca di un senso e di un fine da lui individuati nel continuo allargamento della conoscenza e coscienza di sé ». Il lettore avrà modo di trovarvi l'eco degli interessi giovanili di Jung per l'occultismo e la parapsicologia, dei suoi contributi più specificamente psichiatrici e psicologici degli anni successivi e delle speculazioni filosofiche ed etico-religiose degli ultimi anni. Scoprirà lo Jung giovane e attento recensore dei testi scientifici dei suoi maestri (Bleuler, Freud ecc.) alla ricerca appassionata della «sua» via personale, lo Jung della maturità, stimato prefatore di ricerche e studi di discepoli o simpatizzanti delle sue teorie , di Neumann, Jacobi, Harding, Adler, e di tanti altri che gli fanno corona in queste pagine. Dall'ultimo gruppo di scritti emerge infine lo Jung pensatore e filosofo che, con l'occhio attento alle religioni del mondo, dibatte lo spinoso problema del male nella storia e propone, a chi è ormai disilluso dal crollo delle fedi e dei valori, una forma di religiosità tutta interiore, che affida all'individuazione personale il compito di tornare a realizzare sempre da capo in ognuno di noi una nuova e più matura incarnazione del divino nell'umano.