
Gli stereotipi di genere costituiscono una sorta di costellazione di elementi psicologici ritenuti più o meno tipici di un genere piuttosto che dell'altro. Il maschile ed il femminile rappresentano il fertile terreno entro cui le tessere di un puzzle si ancorano tra loro e si combinano coerentemente a formare un profilo di genere, in cui viene assimilato tutto ciò che ad esso è strettamente connesso, mentre viene discriminato ciò che, invece, risulta incoerente. Cosa è considerato da maschio e da femmina costituisce l'interrogativo delle autrici che intraprendono un excursus stereotipo, dall'età infantile a quella adulta, esaminando la differente articolazione dei due profili di genere. Il volume, diviso in due parti, affronta, nella prima, le prospettive teoriche più rilevanti relative al costrutto in oggetto ed analizza, nella seconda, i risultati di alcuni studi realizzati sugli stereotipi di genere nelle differenti età evolutive.
Il volume propone un percorso di tipo riflessivo, finalizzato al raggiungimento di una maturità vocazionale, attraverso un confronto tra sviluppo della propria identità, attitudini e interessi, la relazione tra modalità decisionali e preferenze vocazionali. La finalità è di fornire momenti e opportunità di riflessione su alcuni temi salienti della complessa sfida che oggi il problema della scelta vocazionale rivolge a ciascuno di noi, ed in particolare, a chi, proponendosi come adulto-educatore, svolge la fondamentale funzione di negoziatore dei pensieri, delle attitudini e degli interessi di fronte alla scelta. Ma tale decisione necessita di un progetto sulla risorsa uomo, che appare influenzato dalla costruzione di una identità coerente, della strutturazione di concetti di sé chiari, realistici, stabili e sicuri, e dell'utilizzo di stili decisionali che consentano di transitare dall'indecisione iniziale alla scelta finale, in modo che il giovane possa sentire di aver soddisfatto se stesso e le richieste sociali.
L'utilizzo delle parole spesso vincola e limita l'informazione comunicata rendendola parziale. Il disegno in quanto modalità di comunicazione analogica e visuale, può arricchire questa parzialità, ma non il disegno in sé come insieme di tratti colorati (altrimenti si rischierebbe di considerarlo unicamente una tecnica o un compito) ma come mezzo attraverso il quale i soggetti organizzano, strutturano e interpretano se stessi e il proprio mondo sociale e culturale, rivelando al tempo stesso le loro idee, i loro sentimenti e le loro conoscenze. Le immagini, quindi - come d'altronde le foto, i video, il mito (e i miti familiari), i riti sociali - sono fatti di cultura o fatti sociali totali che riflettono il sistema di valori, i codici interpretativi ed i processi cognitivi del loro autore e mettono in scena la realtà sociale e culturale nella sua globalità, permettendo a singoli o gruppi di confrontarsi con molteplici versioni del mondo oltre quella accettata e dominante della propria cultura.
Chi sono i bambini pensati? Sono i bambini o i "bambini negli adulti" che hanno la possibilità di guardare e di essere visti, per poter così guardare a loro volta. Sono coloro che hanno o hanno avuto la possibilità di avere un posto nella mente dell'Altro, di essere stati desiderati dall'Altro. Sono i bambini che sono stati pensati e sognati dall'Altro, l'Altro per loro significativo. Il fatto è che in quanto esseri umani siamo .costituzionalmente. destinati ad inserire noi stessi all'interno di un mondo che ci pre-esiste. Non è possibile quindi negare che la natura di questo "incontro" condizionerà più o meno fortemente il nostro stato di esistente. La cornice teorica di riferimento per questo lavoro è il legame intersoggettivo. Si parla dunque di "contagi", come di "incontri di menti".
I grandi cambiamenti che hanno caratterizzato la seconda parte del XX secolo, l'accelerazione che tutto il sistema di vita ha ricevuto dalle nuove forme di comunicazione possono essere considerati fenomeni capaci d'intervenire sul profilo personale di ciascun essere umano, sul suo sentimento identitario e sulle modalità attraverso le quali lo stesso declina i ruoli che, nell'arco dell'esistenza, si trova ad affrontare. In questo quadro di rapidi e profondi sconvolgimenti che intervengono sull'agire e sul pensare umano, anche l'idea che ciascuno ha di sé in quanto genitore (reale o rappresentato) viene sottoposta ad un processo di rimodulazione continua.
Il volume raccoglie i contributi di diversi autori nel campo della psicologia clinica e della psicoterapia, muovendosi lungo la visione della conoscenza e dell'importanza del confronto tra i diversi modelli epistemologici e clinici per la cura del disagio psichico e per il benessere della persona e del collettivo. In tale senso l'attenzione sulla relazione, al di là della specificità dei singoli modelli, deriva dalla consapevolezza che essa rappresenta il fulcro di ogni processo di cura, in un periodo storico attuale in cui i disturbi legati alla sfera relazionale si impongono sullo scenario della Psiche individuale e sociale. Recuperare e restituire alla creatività una sua valenza psichica, significa collocarla in una visione simbolica e relazionale, spostando l'asse dalla creatività al fare creativo, alla poiesis come base poetica della mente, focalizzando l'attenzione sul processo creativo inteso come stile di lavorio che favorisce la trasformazione della propria storia, aprendosi agli orizzonti prospettici di una molteplicità di modi di vedere il mondo personale e sociale, l'Anima individuale e l'Anima mundi.
Il libro raccoglie saggi di vari autori sulla narrazione 'al femminile' nella letteratura italiana moderna e contemporanea, studi che hanno per oggetto ora la narrazione di donne scrittrici, ora la narrazione di donne personaggi, e che rappresentano un omaggio affettuoso reso da amici e colleghi ad Alida D'Aquino, quasi un'ideale continuazione del progetto di ricerca al quale lei stava lavorando nell'ultimo periodo della sua vita.
A partire dagli anni '30 del secolo scorso, larga parte della grafologia ha attinto alla psicanalisi. Ma cosa ne pensava Freud? Egli elabora una sua concezione del linguaggio scritto, di cui coglie le analogie con il linguaggio onirico; questo non comporta però per lui una grafologia, verso la quale anzi restò sospettoso. Questo libro esamina il suo percorso tenendo conto del rapporto che ebbe con alcuni celebri grafologi, della sua cultura medica, della sua conoscenza della scrittura geroglifica. Sullo sfondo si muovono i suoi contemporanei (Jung, Ferenczi, e molti altri) i quali affrontano in maniera diversamente articolata la questione grafologica, che riveste un particolare interesse perché pone il problema del rapporto tra mente e corpo: e per questo, filosofi come Carnap o Wittgenstein se ne occuperanno anche loro. Il filo conduttore del libro si può sintetizzare in un'osservazione del caposcuola della grafologia italiana Girolamo Moretti: che l'oggetto della grafologia è uno dei linguaggi umani.
La visone del mondo della psicologia analitica junghiana, ha profonde connessioni con la dimensione filosofica, intesa questa ultima nella sua accezione più ampia di teoresi e prassi. L''amore, l'interesse, la conoscenza di Jung per la filosofia hanno gettato le premesse affinché la psicologia analitica diventasse, con la sua mole di scritti, un grande vas alchemico da contenere la complessità della Psiche individuale e collettiva, inebriando di linfa vitale la tensione dialettica, mai compiuta, verso la totalità, ovvero l'imago Dei. Ricercare gli stili del fare junghiano significa in tale volume restituire al pensare filosofico una sua pregnanza, svincolando la filosofia da una visione troppo ristretta, bagnandola con la funzione del sentire emozionale nell'incontro relazionale dell'Io col Tu e rintracciare alcune delle metafore di base della visione junghiana.