
Indipendentemente dalla strada che ci condurrà alla meta - un evento singolare in grado di trasformare tutto in un solo istante, piuttosto che un cambiamento non troppo differente da quelli che hanno segnato passaggi d'epoca nel passato -, il mondo che ci accoglierà nel 2050 sarà un luogo molto diverso da oggi, e senza una guida adeguata il rischio di perderci appare elevato. E non illudiamoci che sia possibile continuare a non pensarci: il futuro, con le sue straordinarie novità, le esperienze inattese, l'estrema complessità, le opportunità e le minacce che porta con sé, richiede di arrivarci attrezzati. Se dunque vogliamo scoprire almeno qualcosa di ciò che ci aspetta, questo è il libro giusto per farlo, evitando di lasciarci trasportare dal tempo. A quale clima dobbiamo prepararci e che cosa portare con noi? Che cosa si mangerà nel 2050? Come ci si vestirà? In che tipo di città vivranno le persone? Dove andranno a divertirsi i giovani? Quali saranno le esperienze da non perdere? Quali le lingue, le monete, le cure? Come sarà fare shopping e con quali mezzi ci sposteremo? In un pianeta abitato da robot, cyborg e specie animali che si credevano estinte, ogni aspetto sarà molto distante dalle nostre attuali abitudini ma le indicazioni contenute in queste pagine saranno di grande aiuto per tutti, viaggiatori abituali del futuro o neofiti della materia in procinto di affrontare il loro primo viaggio.
«La mia convinzione è che abbiamo bisogno di un Paese innovatore, in tutte le sue articolazioni e declinazioni, e di uno Stato che nel Paese abiliti e sostenga imprese, cittadini, associazioni nel promuovere innovazione, a servizio dello sviluppo e del benessere di tutti noi.» È questa la tesi che Fuggetta pone al centro del libro, contro le tante occasioni in cui invece si chiede allo Stato di porre rimedio a ogni tipo di stortura, calamità naturale, sfortuna economica, torto o colpo della sorte. Ogniqualvolta sorge un problema che come singoli non sappiamo o non vogliamo affrontare invochiamo infatti l'intervento dello Stato, spesso immaginandolo come un'entità terza rispetto a noi, dotata di risorse infinite o comunque indipendenti dalle nostre, con doti taumaturgiche capaci di rimediare a qualunque male o ingiustizia del mondo, e portatore di virtù e moralità superiori a quelle dei privati, siano essi singoli cittadini o imprese. Ma lo Stato deve fare alcune cose e non altre: soprattutto non dobbiamo pretendere o anche solo immaginare che sia lo Stato a gestire in prima persona, come operatore economico, i temi dell'innovazione, della crescita e dello sviluppo. Non è lo Stato imprenditore e innovatore che ci salverà. Tutto il Paese deve crescere, svilupparsi ed essere innovatore, in tutte le sue articolazioni e strutture, certamente con un corretto ruolo e sostegno del soggetto pubblico. Perché a un Paese che si identifica con lo Stato, un Paese con uno Stato imprenditore, innovatore e ridistributore della ricchezza prodotta, preferiamo un Paese della responsabilità civile, degli investimenti a servizio della collettività, delle pari opportunità, della solidarietà vera con chi fa fatica, della valorizzazione delle capacità di ciascuno di noi.
I conflitti nazionali e internazionali ci espongono, impreparati, a un trittico di crisi incombenti: le emergenze sanitarie globali, un cambiamento climatico devastante e la rivoluzione dell'intelligenza artificiale. Gli americani non riescono a mettersi d'accordo tra loro su nessuna questione politica rilevante, i leader statunitensi e cinesi si comportano come se fossero intrappolati in una nuova Guerra fredda e gli eserciti sono tornati a scontrarsi in Europa. Stiamo così sprecando l'opportunità di fronteggiare le sfide a cui presto nessuno potrà più sfuggire. Nei prossimi anni l'umanità dovrà combattere virus più letali e contagiosi del Covid. L'intensificarsi del cambiamento climatico metterà in fuga decine di milioni di rifugiati e ci costringerà a ripensare i nostri stili di vita. La sfida più pericolosa sarà però quella delle nuove tecnologie, che riplasmeranno l'ordine geopolitico destabilizzando la società più velocemente della nostra capacità di reazione. La buona notizia? Alcuni leader politici, decisori aziendali e cittadini lungimiranti stanno unendo le forze per affrontare queste crisi. La domanda è se riusciranno a lavorare abbastanza bene e velocemente per contenerne le ricadute e, soprattutto, se sapremo usare queste crisi per reinventare il nostro cammino verso un mondo migliore. Tracciando paralleli con strategie di ieri e di oggi, dal Piano Marshall al Green New Deal, Bremmer indica un piano d'azione per sopravvivere e prosperare anche nel XXI secolo.
Città affollate, mercati finanziari globali, notizie false che in pochi minuti si diffondono ovunque, una pandemia che da un mercato asiatico arriva quasi a bloccare l'intero pianeta: il mondo diventa ogni giorno più connesso e complesso. Se la connessione sembra una proprietà facile da intuire, la complessità è un concetto più sfuggente. A grandi linee, possiamo sintetizzarla così: un sistema con un gran numero di componenti può generare comportamenti inattesi, perché l'aggiunta di elementi non solo aumenta le dimensioni del sistema ma lo rende qualcosa di totalmente diverso. I sistemi complessi sono il risultato di un'evoluzione che, come avviene in natura, produce sistemi autorganizzati. Per studiarli abbiamo bisogno di modelli, cioè di «copie semplificate» della realtà che seguono leggi matematiche precise, e di rappresentazioni grafiche capaci di restituire con immediatezza visiva anche il sistema di relazioni più intricato: le reti. Grazie alle reti possiamo prevedere il comportamento di sistemi disordinati anche in ambiti delicati come quelli sociali ed economici, e comprendere come si creano l'ordine o il disordine. Capire la complessità significa rendersi conto di quanto siano interconnesse le variabili in gioco e imparare a prevederne l'evoluzione per pianificare un mondo migliore, più sostenibile e con maggiori opportunità per tutti. Prefazione di Stefano Mancuso.
Che cosa c'entra Kant con Woody Allen, Amartya Sen con Topolino? E perché un genio come Mozart finì sepolto in una fossa comune del cimitero di Vienna? Il filo che lega questi personaggi - e congiunge le risposte a queste domande si chiama "copyright". È un tema che tocca da sempre questioni universali come lo sviluppo delle attività creative, la libertà di espressione, il diritto alla fruizione del sapere e dell'arte. Ma la rapida diffusione dei contenuti d'autore sul web lo rende oggi ancora più delicato e controverso. In questo saggio se ne parla in modo nuovo e senza posizioni pregiudiziali a sostegno di schieramenti ideologici o corporativi. Il diritto d'autore viene setacciato nelle sue diverse manifestazioni per estrarne virtù, vizi, vantaggi e rischi. Viene messo faccia a faccia con la sua principale nemica, la pirateria. E infine ne viene proposta una "rifondazione" in linea con le esigenze della società della comunicazione e dei diversi interessi che vi confluiscono, ma tenendo sempre al centro l'autore, vero fulcro dell'avanzamento del pensiero umano. Prefazione di Aldo Grasso.
Oggi gestire un museo non significa più soltanto valorizzare una collezione di oggetti, ma far leva sul patrimonio culturale per veicolare messaggi che oltrepassano le sale espositive. Il museo è un luogo di ricerca e un ponte tra passato e futuro. A partire dal museo come archetipo metodologico, da questo dialogo emerge il senso politico di fare cultura come via per valorizzare il territorio, generare occasioni di incontro tra culture diverse, promuovere collaborazioni tra pubblico e privato, sfruttare il potere dell'arte per attivare nuove forme di diplomazia, sollecitare il cofnronto tra ambiti disciplinari diversi per far crescere e attrarre talenti.
In una serie di saggi, uno dei maestri del pensiero politico contemporaneo si interroga sulle radici profonde delle sue sconfitte di fronte ai problemi della modernità. Una sconfitta che può essere indagata e forse parzialmente rimediata proprio risalendo alle potenzialità ancora nascoste nelle ombre del passato, tra Atene, Gerusalemme e l'Islam. La chiave del problema Occidente, scrive Strauss, è ancora custodita nello scrigno d'Oriente.
"Questo libro che in italiano prende il titolo dal problema dell'inconscio, costituisce in tutti i sensi la più efficace e piena introduzione per la lettura di Jung e il testo che meglio ne indica l'evoluzione del pensiero. I primi capitoli, forse i più interessanti e i più validi, dimostrano come la maggiore aderenza ai temi della psicologia venga espressa in primo luogo da un linguaggio cauto, spesso dubitativo, estremamente critico e problematico nei confronti delle sue stesse asserzioni. Gli ultimi saggi contenuti in questo volume indicano invece la via per speculazioni più ardite, pur senza staccarsi completamente da una terminologia psicologica" (dalla Prefazione di Giovanni Jervis).

