
Medico, psichiatra, psicoanalista, Jacques Lacan (1901-1981) è stato una delle personalità più significative nella cultura del Novecento e nella storia della psicoanalisi del dopo-Freud. Il suo riferimento costante e rigoroso ai fondamenti della clinica psicoanalitica s'interseca con l'utilizzo critico delle teorizzazioni più avanzate proprie della linguistica, della filosofia, della logica, dell'antropologia, della letteratura e della psichiatria. Scritto da due psicoanalisti di generazioni diverse ma formatisi entrambi alla scuola di Lacan, questo libro offre al lettore un'esposizione chiara e rigorosa dell'insegnamento lacaniano.
Che cos'è un conflitto? Che cosa accade in esso, e perché? Si può parlare di una teoria generale del conflitto? E inoltre: ci sono strategie per la trasformazione/risoluzione dei conflitti? Queste sono alcune delle domande poste da un campo di studi in piena crescita in questo decennio, la cui struttura è fortemente interdisciplinare, ma dove frequenti sono anche i tentativi di un'unificazione teorica. Questo libro è uno strumento introduttivo che presenta l'intreccio di problemi generali e casi concreti attraverso un linguaggio chiaro ed evitando tecnicismi.
Ripercorrendo i principali temi della teoria, della filosofia e della metodologia storica, nonché le vicende, i filoni e le figure della storia della storiografia, il testo sostiene ed afferma la capacità della storia di assicurare, con un ragionevole grado di certezza, la conoscenza dei fatti che essa studia. Storia come scienza, e storico come figura professionale nella cui fisionomia entrano l'amore per la conoscenza e il metodo, le competenze tecniche e l'onestà intellettuale.
Questo manuale propone una mappa dei concetti e dei temi principali sviluppati nella psicoanalisi del dopo Freud. Una guida completa per capire quali sono nell'attualità i nodi teorici e clinici sui quali gli psicoanalisti, e coloro che dall'esterno guardano a questa discplina con interesse (filosofi, epistemologi), si confrontano.
Generalmente incarnati da leader telegenici penetrati per effrazione in una zona politica riservata, i neonazisti fanno ricorso al gesto dell'appello al popolo, unendo al rifiuto della classe politica nazionale quello della nuova classe espertocratica transnazionale. Al "né a destra né a sinistra" si aggiungono diverse forme, mescolanze più o meno contraddittorie di liberalismo economico e di nazionalismo etnico, di liberoscambismo e di protezionismo, di xenofobia antiimmigrati e di difesa dello Stato-provvidenza, di rifiuto delle élite e di paure identitarie. Come segno da decifrare, l'estensione planetaria delle mobilitazioni "populiste" o "nazional-populiste" invita quindi a uno sforzo di definizione a cui è dedicato questo saggio di analisi politica.
Dopo il calcio potrebbe essere la volta del giornalismo. Redattori corrotti e direttori compiacenti hanno tradito i lettori. I giornali sono zeppi di pubblicità clandestina. Si pensa di leggere un innocuo articolo di costume e invece ci si ritrova una serie di consigli per gli acquisti. Si cerca qualche idea per investire i risparmi e invece si sta per cascare in una trappola. Si inseguono le ultime novità della medicina e non si sa che il giornalista è stato invitato in una località esotica, coccolato e pagato per divulgare un nuovo farmaco. Insomma, quotidiani, settimanali e mensili per non parlare dei notiziari di radio e televisione sono controllati dagli inserzionisti che dettano legge in redazione, perché sono loro che possono decidere la vita o la morte di un organo di stampa, grazie alla complicità dei giornalisti il cui livello etico sembra sprofondato. In questo libro vengono riportati fatti e circostanze a supporto di queste ipotesi.
Il progresso delle neuroscienze, l'uso degli psicofarmaci, le terapie brevi centrate sulla correzione del sintomo sembrano decretare la morte della psicoanalisi. La cura deve comprimersi il più possibile. Contro questa deriva cinica un pamphlet che sintetizza perché vivere senza inconscio sarebbe una catastrofe interiore.
In questi che sono gli anni della "critica della rete", secondo Geert Lovink, si sta sempre più mettendo in discussione il modello economico del Web 2.0. "Perché gli utenti dovrebbero continuare a pubblicare tutti quei dati privati, dai quali una manciata di aziende ricava miliardi di dollari di profitti? Perché dovrebbero cedere gratuitamente i loro contenuti mentre un pugno di imprenditori del Web 2.0 sta guadagnando milioni? Che prezzo siamo disposti a pagare per la gratuità? Perché si usa l'"immaginazione collettiva" per escogitare modelli sostenibili per una cyber-infrastruttura pubblica? È ora di rompere il consenso libertario. È tempo di tornare a essere utopisti e cominciare a edificare una sfera pubblica al di fuori degli interessi a breve termine delle corporation e della volontà di regolamentare dei governi. È ora di investire nell'educazione, ricostruire la fiducia e svincolarsi dalla retorica securitaria post 11 settembre."