
In questo saggio viene delineato un profilo inedito di Rainer Maria Rilke. Seguendo un cammino che va da opere leggendarie come le "Elegie duinesi" fino a lavori meno frequentati dalla critica come "Worpswede", Flavio Ermini si accosta alla scrittura di questo poeta lungo sentieri obliqui, laterali, in ombra: là dove una parola ancora può dirsi nell'aderire al movimento del testo, nell'assentire al gesto sempre incompiuto della nominazione. Grazie a tale esperienza, Ermini può registrare qualcosa d'imprevisto e insieme d'impensato rispetto alle abituali cognizioni sulla poetica di Rilke.
"Bisogna differenziare e distinguere il potere (kratos) dalla violenza (bia). Pensare che laddove ci sia potere ci sia sempre violenza è un grave errore. I due termini non sono sinonimi; al contrario, sono due figure che pur con tratti inizialmente comuni diventano indipendenti". (Salvatore Natoli)
La cronaca dei drammi quotidiani in Palestina è il rumore sordo, di fondo, della nostra contemporaneità. Michele Giorgio, con i suoi articoli, rompe quotidianamente il silenzio crescente intorno ad un popolo costretto a vivere da decenni sotto occupazione. Un'accurata selezione delle cronache, interviste, analisi e reportage restituisce in questo libro un'unica storia che va dal 2000 al 2012. Pur seguendo un criterio principalmente cronologico, il testo riesce a cogliere prospettive analitiche, spesso taciute, in merito allo scontro israelo-palestinese, non esclusivamente ideologico, ma ancor più politico, economico e sociale. E nel loro procedere, gli articoli conferiscono ad una realtà percepita spesso come molto lontana una connotazione di quotidianità e concretezza. Dalla "passeggiata" di Ariel Sharon sulla spianata delle moschee di Gerusalemme, che sprigionò la scintilla della seconda Intifada nel 2000, alla - rioccupazione israeliana delle città autonome palestinesi; dalla condanna all'ergastolo del "comandante dell'Intifada" Marwan Barghouti alla malattia "misteriosa" che nel 2004 uccise Yasser Arafat; dall'ascesa di Hamas all'offensiva "Piombo fuso". Fino al terribile e assurdo assassinio di Vittorio Arrigoni.
È stata la sorpresa delle ultime elezioni europee in Spagna e i sondaggi la proiettano oltre il 25%, prima forza politica del paese. Una esplosione che ha visto i suoi iscritti online arrivare in pochi mesi quasi a 300 mila. In Italia sono definiti "i grillini spagnoli". Se le somiglianze sono innegabili, le differenze però sono di più. Podemos nasce dalla rivolta contro la "casta", ma soprattutto dall'onda lunga del movimento degli indignados. Il suo gruppo dirigente proviene per formazione e cultura dal variegato mondo della sinistra radicale, e in Europa ha deciso di stare con il gruppo di Alexis Tsipras, di cui condividono il programma anti-austerity. Ma preferiscono presentarsi come "né di destra né di sinistra", privilegiando la metafora del "basso contro l'alto", del 99% contro l'1%. Nei circoli di Podemos non si trovano i poster di Che Guevara o del subcomandante Marcos ma solo manifesti viola, il colore della ribellione, con sopra un cerchio bianco a raffigurare il potere decisionale diffuso. "Di "unire la sinistra" non me ne importa nulla", ripete spesso il leader del movimento Pablo Iglesias, "noi siamo per l'unità popolare". Di fronte alla sconfitta storica della sinistra, preferiscono ripartire da zero. In un intreccio ideologico che tiene insieme Antonio Gramsci e il teorico populista Ernesto Laclau, le forme più classiche e assembleari dei movimenti con la centralità della rete, l'idea della democrazia diretta con un leaderismo molto forte. Prefazione di Moni Ovadia.
Di fronte a un mondo liquido caratterizzato da incertezza, precarietà, isolamento, riemerge il bisogno di stringere relazioni sociali e recuperare il senso della comunità perduta. Quella comunità che Ferdinand Tònnies, alla fine del XIX secolo, aveva indicato come inconciliabile con la società moderna. Adesso la voglia di communitas, non più in opposizione alla societas, torna nelle parole di Zygmunt Bauman, uno dei massimi sociologi del nostro tempo. "Il fatto che la comunità sia sempre presente ci fa sentire sicuri. Non è qualcosa di fluido, di liquido. Non ci abbandona mai; ogniqualvolta abbiamo bisogno di fare riferimento al luogo a cui apparteniamo, essa è sempre lì ad aspettarci e questo ci dà conforto".
Roma, 28 luglio 1981. L'intervista rilasciata da Enrico Berlinguer a Eugenio Scalfari contiene una scudisciata che il giorno dopo farà sobbalzare i lettori della Repubblica e mezza classe politica italiana: "I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela". Nessun leader, nel tempo della Prima Repubblica, con l'esclusione dell'antisistema Marco Pannella, aveva mai osato tanto. Sono passati trent'anni da quel giorno. Trent'anni di questione morale. Trent'anni di rabbia e di oblio. È stato esattamente trent'anni fa, che in un'estate calda Enrico Berlinguer ha coniato, in un'intervista che sarebbe entrata in tutti gli archivi, questa locuzione destinata a raccontare l'Italia di allora, quella di Mani pulite (che sarebbe arrivata undici anni più tardi) e, purtroppo, anche quella che stiamo vivendo, nel tempo dei pizzini, degli appalti facili, della P3 e della P4. Prefazione di Luca Telese.
Quanti sono gli uomini a servizio della giustizia che si prestano per salvare la vita agli altri rischiando - a volte perdendo - la propria? Poliziotti, agenti di scorta, carabinieri, vigili del fuoco, militari. Uomini che, senza cercare alcun protagonismo, rischiano quotidianamente la propria pelle. Sono loro, è vero, a scegliere di svolgere quel mestiere, talvolta per necessità. Ma questo non toglie il fatto che siano eroi. Vestono divise diverse ma hanno uno scopo comune: preservare la vita altrui, anche a costo di sacrificare la propria. Questo libro racconta la storia di alcuni di loro, della loro identità reale di protagonisti della cruda cronaca che li costringe a scontrarsi contro le ingiustizie, i disperati, i malviventi.
In questa conversazione con la regista Wilma Labate, strutturata come un piccolo film per sequenze, immagini e episodi, il leader politico della sinistra radicale racconta la sua vita. Una vita, quella di Bertinotti, in cui "il personale è politico" e in cui il lato affettivo ed emotivo ha grande importanza nella elaborazione delle strategie. Anche di fronte alle nuove sfide e ai temi dell'oggi: Bertinotti parla del suo rapporto con il bello e la bellezza, della sua sempre più netta opzione per la non violenza, della componente religiosa che per lui convive con l'essere comunista. E parla della cultura: delle sue grandi passioni letterarie, del film che ha amato (i western prima di tutto), della musica che ha accompagnato la sua vita.
Tre risposte nette, forti, senza compromessi ai tre libri della trilogia fallaciana contro l'islam. Questo pamphlet vuole parlare alle coscienze e ai cuori senza rabbia né orgoglio, ma con la sola forza della lucidità critica, e con il coraggio della provocazione. In questo libro c'è tutto quello che manca nei volumi della Fallaci. L'osservazione ravvicinata della realtà musulmana, che l'autore Stefano Allievi, sociologo esperto dell'islam italiano ed europeo, ha maturato in anni di lavoro "sul campo". Questo libro si rivolge a tutti quelli che da molto tempo volevano ascoltare una voce di risposta autorevole e chiara alle tesi fallaciane.