
I primi lettori di Dante non sono soltanto i poeti che rispondono per le rime alle sue liriche giovanili, ma anche coloro che per primi copiano, preservano e mettono in circolazione i suoi testi, e che fino a oggi sono stati trascurati dalla critica. Grazie a una ricerca di prima mano su documenti e manoscritti, Steinberg ci mostra il ruolo svolto dai professionisti cittadini come cultori e custodi della lirica italiana delle origini. Pur senza avere una formazione da amanuensi, questi lettori compiono scelte complesse e consapevoli nella selezione e trascrizione dei componimenti, e utilizzano la poesia come strumento essenziale per costruire la propria identità individuale e collettiva. Lo studio di questo pubblico consente all'autore di ricostruire i diversi contesti sociali, politici e storici con cui Dante si confronta e al cui interno rielabora i dibattiti poetici della propria epoca. Steinberg ci mostra così come tutta la carriera dell'Alighieri - dalla Vita nova al De vulgari eloquentia, fino alla Commedia - sia percorsa dall'esigenza di rispondere ai modi in cui il pubblico dell'Italia comunale interpretava, e troppo spesso fraintendeva, le sue opere.
Negli anni '70 il femminismo fu in Italia una pratica politica diffusa, che trasformò la coscienza e la vita di migliaia di donne; i suoi caratteri variarono molto da una città all'altra rispecchiandone le differenze di storia sociale, politica e culturale. Generazioni e memorie diverse analizzano i percorsi che hanno caratterizzato il vissuto di quella stagione: dal corpo e dalla sessualità al rapporto tra personale e politico, alla reinvenzione della vita quotidiana, ai nessi con i temi sociali e i soggetti politici. Ne emerge la proposta di una 'rilettura' del femminismo che pone domande sulla sua difficile trasmissione, sul suo carattere di storia incompiuta, sulle prospettive dei nuovi femminismi in una scena contemporanea mutata.
Dalle carte riscoperte in un archivio riemerge un profilo di donna sfuggente e contraddittorio, in continua lotta con i suoi limiti e con quelli che la società dell'Ottocento voleva imporle. Anna de Cadilhac si confessa nelle sue memorie, riportandoci nella Repubblica Romana del 1849, quando partecipò col marito all'esperienza rivoluzionaria. Il racconto delle vicende familiari fa da controcanto agli eventi politici, facendoci intravedere sullo sfondo i salotti, i teatri, i palazzi della società romana e torinese negli anni cruciali della lotta per l'unità d'Italia. La storia della protagonista, continuamente alla ricerca di un equilibrio tra la dimensione domestica e quella mondana, si intreccia con quella di personaggi illustri e influenti, fino all'incontro con Vittorio Emanuele II, dal quale avrà una figlia naturale: vicenda che segnerà la sua vita e inevitabilmente la travolgerà.
Il libro racconta la storia di simboli politicamente decisivi. Alcuni, come il fascio littorio, la falce e il martello, il guerriero di Pontida o la croce di Lorena, si legano ad esperienze collettive che hanno segnato il Novecento. Altri, come il biscione lombardo o i quattro mori sardi, hanno rappresentato per secoli l’espressione di un’identità regionale, mentre la donna turrita è stata figura di un insieme difficile da impersonare, l’Italia. Altri ancora, infine, come il berretto della libertà, hanno interpretato la resistenza alla tirannide e la difesa dei propri diritti. Tutti hanno assunto un significato che andava al di là di un più o meno casuale riferimento culturale. Sono stati oggetto di amore e di odio, di investimenti emotivi e di passioni intellettuali, di violenza cieca e di dedizione spinta fino al sacrificio.
Come si spiega questo protagonismo dei simboli e quale senso ha ripercorrerne la storia? E qual è la ragione della loro capacità di mutare, di adattarsi a diversi contesti, di rimanere attivi entro nuovi quadri culturali? A queste domande il libro cerca di rispondere, ricostruendone passo per passo la storia e la mutevole ed agitata vita terrena, alla ricerca del segreto della loro forza e della funzione che hanno svolto, e che svolgono, nella vita politica.
Francesco Benigno insegna Storia moderna all’Università di Teramo.
Luca Scuccimarra insegna Storia delle dottrine politiche all’Università di Macerata.
Napoleona Elisa Baciocchi, figlia di Elisa Bonaparte, era già da bambina una miniatura dello zio Imperatore: stessi lineamenti, stesso carattere collerico e prepotente. Cresciuta nell'assoluta fedeltà al mito napoleonico, nel 1830 si fece coinvolgere in un complotto ordito dai cugini Bonaparte, che mirava ad insediare il duca di Reichstadt (il figlio di Napoleone) a capo di un futuro Regno d'Italia. Di temperamento inquieto e insofferente, spesso preda della smania di viaggiare e fare "affari", Madame Napoléon ebbe una vita errabonda e ricca di vicissitudini e contraddizioni. Quando nel 1848 Luigi Napoleone Bonaparte venne eletto presidente della Repubblica francese, per poi divenire imperatore con il nome di Napoleone III, lo raggiunse a Parigi, ma la vita di corte del Secondo Impero si rivelò inadatta a lei. Si ritirò allora nel Morbihan, in Bretagna, dove si dedicò con fervore a dissodare quelle terre desolate, e dove morì nel 1869, amata e rimpianta dalle popolazioni locali di cui era diventata un punto di riferimento. Tra le donne di casa Bonaparte spesso autoritarie, ma intelligenti e attive - Napoleona fu certamente una delle figure più forti e stravaganti: questo studio ne tratteggia la complessità e l'ambivalenza del carattere, oscillante tra arroganza e insicurezza, tra inconcludenza ed entusiasmo, fedele fino in fondo alla sua famiglia e al suo destino.
Come si difende il diritto alla libertà di fede e alla propria identità contro i tentativi di conversione forzata? Anna del Monte, giovane ebrea romana appartenente a una ricca e colta famiglia del Ghetto di metà Settecento, fu strappata ai genitori e rinchiusa a forza nella Casa dei catecumeni per essere indotta a convertirsi. Anna ci ha lasciato una straordinaria e rara testimonianza della sua esperienza drammatica e della fiera opposizione ai tentativi di farle accettare il battesimo e di “rubarle l’anima”. Astuzia, cultura, capacità di rispondere anche sul piano dottrinale agli argomenti che dovevano intaccarne la fede, rivendicazione instancabile della propria identità ebraica e perfino coraggio fisico sono le risorse messe in campo dalla giovane per riuscire a resistere e a ritornare libera alla famiglia e alla comunità. Storia individuale di una donna fuori del comune, il diario della prigionia rivela anche uno squarcio della lunga e difficile storia dei rapporti tra ebrei e cristiani, narrando con grande potenza stilistica una vicenda di sopraffazione della coscienza e della libertà personale che tuttavia porta fino a noi il messaggio positivo della forza della ragione e della possibile reciproca, rispettosa, accettazione. Il diario si rivela dunque di grande attualità nel richiamare alla riflessione i temi della libertà di espressione e del rispetto dei diritti umani, ivi compresa la differenti scelte religiose.
descrizione
Marina Caffiero insegna Storia Moderna alla Sapienza-Università di Roma. Le sue principali aree di ricerca riguardano la storia sociale e culturale dell’Europa moderna, con particolare attenzione alle problematiche religiose. Ha dedicato uno speciale interesse alla storia di Roma moderna e alla sua peculiare posizione in Europa quale capitale di un potere nello stesso tempo temporale e spirituale. Tra le sue pubblicazioni più recenti: Religione e modernità in Italia, secoli XVII-XIX (Pisa-Roma 2000), La Repubblica nella città del papa. Roma 1798 Con la Viella ha pubblicato Battesimi forzati. Storie di ebrei, cristiani e convertiti nella Roma dei papi.
Rachele. Storia lombarda del 1848, scritto in francese da Cristina di Belgiojoso e qui presentato per la prima volta in traduzione italiana, è il romanzo di un “amore rivoluzionario” che ruota intorno alle vicende di una famiglia di contadini nel periodo dei moti di Milano.
La principessa compose il breve romanzo all’indomani dei suoi cinquanta anni, dopo il ritorno a Milano dall’esilio orientale, successivo alle burrascose vicende della Repubblica romana (1849) che l’avevano vista protagonista in qualità di direttrice degli Ospedali militari.
La storia si svolge in una fattoria della Lombardia in pieno Risorgimento e porta all’attenzione dei lettori una serie di tematiche care all’autrice e proprie di quegli anni attraversati da fortissime tensioni politiche e sociali: la mentalità della famiglia patriarcale, la condizione femminile, il pensiero cattolico, l’impegno dei patrioti e la condizione dei rifugiati.
In anni recenti si è assistito a un moltiplicarsi di studi e contributi importanti sulla complessa personalità di Cristina di Belgiojoso, ormai liberata dall’etichetta di donna fatale e bizzarra: in questo processo di risarcimento e di restituzione storico-critica si colloca l’edizione italiana di Rachele.
Partendo dagli scritti giovanili per arrivare alle riflessioni mature del carcere, il pensiero di Antonio Gramsci - oggi uno degli autori italiani più tradotti e studiati nel mondo - viene qui messo a confronto con alcuni dei protagonisti della storia nazionale, in "medaglioni" che costituiscono altrettanti tasselli del "mosaico Italia": Dante e Machiavelli, Guicciardini e Foscolo, Garibaldi e Vittorio Emanuele II, De Sanctis e Verdi, Carducci e Pascoli, Croce e Gentile, D'Annunzio e Pirandello, Mussolini e Gobetti... Nel "colloquio" critico con letterati, pensatori, politici, giornalisti di ogni epoca, si conferma l'eccezionale cultura e perspicacia dell'intellettuale sardo, nei cui scritti dimensione storiografica e analisi politica dialogano fecondamente: i ritratti costruiti in questo volume vanno così a compiere una ricognizione della molteplice e multiforme identità di quell'Italia frammentata che da secoli tenta di raggiungere una vera dimensione unitaria.