
Nel 2014 ricorre il XXV anniversario dalla scomparsa di Benigno Zaccagnini e per ricordarlo si è ripercorsa la sua vita, che è un pezzo di storia del nostro paese, attraverso la pubblicazione di un volume fotografico, in cui le immagini sono accompagnate da brevissime riflessioni di chi lo ha conosciuto. Dai cassetti della famiglia Zaccagnini, da quelli della camera dei deputati, da quelli degli amici e delle organizzazioni cattoliche sono uscite tante foto; poi le riflessioni, che risentono del disagio politico dell'oggi: il figlio Carlo, gli amici di casa, Cristina Mazzavillani Muti (Presidente di Ravenna Festival), Franco Gabici (giornalista e scrittore), gli amici politici dell'area Zac Guido Bodrato, Pierluigi Castagnetti, Natalino Guerra, poi Domenico Rosati e Pierre Carniti, che hanno guidato ACLI e CISL ai tempi delle speranze di Zac, Massimo D'Alema, la cui storia familiare si è intrecciata con quella della famiglia Zaccagnini, Ernesto Olivero, Presidente dell'Arsenale di Torino, Matteo Casadio, Presidente della Società per il Porto di Ravenna, frutto della legge Zaccagnini per lo sviluppo della sua città, il cardinale Tettamanzi che mette in evidenza la grande fede che ha ispirato Zac nei momenti felici ed in quelli difficili della sua vita, Romano Prodi, la cui originale esperienza politica nasce nel novembre 1978 proprio su sollecitazione di Zac.
«Lo spirito, il principio della natura, è più libero, è più inventivo, è più creativo, e io penso di non aver mai tradito questo principio»: sono parole dello stesso Luzi, che definiscono la centralità del tema della natura nella sua opera. Nel libro viene spiegato il significato che tale tema assume nell'intera produzione luziana, con particolare attenzione a quella poetica e saggistica. Attraverso un'attenta analisi, che mette in relazione la biografia dell'autore con la sua produzione, gli interessi filosofici con quelli artistici, si arriva a chiarire per quale motivo si possa parlare di "sistema". Lungi dall'essere un tema esclusivamente poetico, la natura diventa in Luzi lo spunto per l'elaborazione di un pensiero molto più articolato, dal quale nascono suggestioni attuali e particolarmente illuminanti per il prossimo futuro. L'intera opera luziana, infatti, proprio per la sua natura sistematica, sembra essere un invito a riscoprire il senso della natura e a non tradirlo.
Le relazioni internazionali continuano ad essere una lotta per la potenza tra attori indipendenti in uno stato di anarchia. Ciò frustra il raggiungimento degli scopi supremi dell'azione politica tra cui l'abolizione della guerra e la garanzia della pace. La conferma viene da un'analisi della geopolitica attuale: i rapporti internazionali si trovano in una situazione di pericolo prodotta da un disordine mondiale che ha rialzato la testa. Vi è una via di uscita da questa situazione? Kant, Maritain e l'enciclica "Pacem in terris" si sono posti questo interrogativo. Il volume esamina le loro soluzioni per comprendere quale strada sia da percorrere per giungere ad un'autorità politica mondiale garante della pace, ed il ruolo che il personalismo può svolgere.
Difesa della ragione e difesa della trascendenza si associano in queste pagine profonde, limpide, serene di Mons. Montini, apparse in un primo tempo sulla rivista «Studium» e poi raccolte in volume nel 1930, qui riproposte in occasione della sua Beatificazione. Al di là delle grandi diversità culturali, politiche, ecclesiali che intercorrono fra gli anni Trenta e i nostri giorni, vi sono punti salienti della riflessione montiniana che la consegnano intatta ai lettori d'oggi: il valore dell'Università e il ruolo dello studio universitario nella coscienza e nella formazione dello studente; l'«unità di pensiero», ossia la necessità di un quadro unitario del sapere che viene proposto; il tema specifico di fede e ricerca. Montini fa dello studente il protagonista della vicenda universitaria, e gli parla. Vuole capirne le motivazioni, i comportamenti; mentre vede davanti a sé la devastazione di un sapere specialistico che ha rinunziato a possedere le proprie premesse e finanche la propria struttura. Lo studio, egli afferma, «è materia della più alta moralità»; l'esperienza universitaria è un momento della «religione del vero», il suo fascino profondo è qui. L'Università è dunque religiosa per essenza. Libero è chi è causa di se stesso: è il tema di fondo del dialogo montiniano con gli studenti, la linea di ricerca su una moralità e religiosità della coscienza universitaria che contrasta le tesi e il costume dell'Università pragmatica, positivistica, agnostica. Unità di pensiero e unità di vita. Montini rende manifesta la gioia che la ricerca porta con sé ed allo stesso tempo lo stupore adorante che l'uomo sperimenta quando, attorno al limite costruttivo del proprio cercare, intuisce una presenza misteriosa, cui la fede cristiana dà il volto del Dio personale e redentore della rivelazione.
Dall'Unità ad oggi, la storia dei partiti italiani viene qui ripercorsa, nei suoi passaggi fondamentali, attraverso lo svolgimento cronologico delle diverse fasi politiche: dai problemi e le questioni emerse all'indomani dell'unificazione, passando attraverso la crisi del liberalismo e l'avvento dei partiti di massa, superando la soppressione della vita democratica messa in atto dal regime fascista, e arrivando, infine, alla creazione, al consolidamento e alla crisi del sistema dei partiti dell'Italia repubblicana. Un percorso difficile e tortuoso, caratterizzato, dall'irrisolto nodo della creazione di un reale spirito di appartenenza comune. Ripercorrendo questo "iter" e affrontando una disamina delle interpretazioni e delle metodologie di ricerca storiografica, il volume intende fornire un contributo per un rinnovato dibattito (aperto agli specialisti del settore, nonché al vasto campo di studiosi di scienze sociali) relativo al "caso italiano" e a quei caratteri peculiari che continuano a determinarne l'assoluta specificità nel panorama dei sistemi politici europei.
Nell'età moderna, dopo la data fatidica del 1492, la mondializzazione è stata in massima parte un'europeizzazione e in seguito un'occidentalizzazione del mondo intero. La globalizzazione dei nostri giorni, negli ultimi decenni, è l'esito finale di questi eventi. Ma questa stessa globalizzazione ha mutato la collocazione e il ruolo dell'Europa: ormai essa non è più il centro, bensì una semplice provincia del mondo. E tuttavia, proprio in questa sua nuova condizione di apparente debolezza, l'Europa può trovare nuove possibilità per il suo futuro: divenire un laboratorio di creatività, di innovazione, di convivenza, di messa in relazione del- le diversità culturali, nazionali, etniche, religiose. Solo in questo modo l'Europa, diventata provinciale, può diventare davvero globale, perché può offrire al mondo la sua esperienza particolare: proprio perché è passata attraverso i peggiori conflitti e le peggiori catastrofi l'Europa ha iniziato a scoprire la democrazia, i diritti umani, la libertà religiosa, la valorizzazione dell'altro. È un contributo che deve essere a tutt'oggi difeso, approfondito e reso patrimonio della "Terra patria" tutta intera.
«Vorrei che non ci fosse età di mezzo tra i dieci e i ventitré anni o che gioventù dormisse tutto questo intervallo». Con queste parole, già nel XVII secolo, si esprimeva Shakespeare nel suo Il Racconto d'inverno, a segnalare che l'adolescenza è da sempre un tempo di turbolenti passioni e di difficili relazioni con il mondo adulto. Nel XX secolo, questa età dello sviluppo è stata oggetto di particolare attenzione, divenendo a tal punto centrale da assumere i contorni non solo di epi- fenomeno ma di simbolo dei cambiamenti della società industriale, prima, e post-industriale, poi. All'insegna di questa "invenzione" è stata studiata - e, in parte, usata - diventando uno degli "oggetti" di maggiore studio delle Scienze Umane e uno dei motivi più determinanti delle riforme scolastiche. La sua problematicità continua ancora oggi ad attivare studi e ricerche che, se non hanno il potere di offrire soluzioni definitive alle difficoltà di relazione con i teenager, hanno, tuttavia, la forza di rivelare l'"adolescentizzazione" del mondo adulto, il suo ritardo di crescita e di vera educazione.
Se il termine "valori" ha una circolazione ed un apprezzamento pressoché generali, lo studio della nozione di valore è oggetto di un dibattito vivace ed oppositivo. Il problema dei valori è uno dei più insidiosi, sia per la molteplicità delle semantizzazioni del lemma, sia per la necessaria irradiazione teoretica della questione. Sul tema è stata particolarmente impegnata non solo la Filosofia dei valori sorta nell'alveo del neocriticismo, ma anche la considerazione sociologica di Max Weber e quella filosofico-giuridica di Carl Schmitt, oltre agli emblematici riferimenti di Nietzsche e di Heidegger. Ne sono derivate prospettive del tutto distinte: dai valori come forme a priori, ai valori come posizioni del volere, fino alle analisi dedicate al "politeismo dei valori" ed alla "tirannia dei valori". Questo libro intende portare l'attenzione sul problema filosofico-deontologico dei valori, considerandone in ispecie le diverse alternative, la questione della fondazione e la connessione con le istanze della filosofia pratica (morale, diritto, politica). Il tema è analizzato nella prospettiva del realismo assiologia) di Nicola Petruzzellis (1910-1988). In questa visuale il valore emerge principalmente come "ciò per cui qualcosa vale". I valori si profilano in ogni regione dell'essere, come perfezioni proprie, ed in ogni ambito dell'agire come mete qualificanti. Di modo che la razionalità e la libertà incontrano l'ontologia ed il finalismo dei valori...
Filosofo del diritto fra i più eminenti del Novecento, Giuseppe Capograssi (1889-1956) è stato un acuto indagatore tanto della crisi del diritto quanto del dramma dell'umanesimo nella stagione dei totalitarismi. Il suo pensiero è ancora attuale in una stagione in cui nuovi demoni si affacciano sugli scenari della storia del mondo.
"'L'histoire de l'éducation dans l'Antiquité', apparsa a Parigi nel 1948 per le Éditions du Seuil, è l'opera centrale di Henri-Irénée Marrou (Marsiglia 1904-Parigi 1977), grande studioso del cristianesimo antico, esperto epigrafista, importante teorico della storiografia, appassionato musicologo, intellettuale impegnato in vari gruppi del cattolicesimo sociale francese. Marrou non poteva pensare di dovere gran parte della sua fama proprio a quest'opera erudita e complessa, ma come talvolta accade per testi che vengono a colmare un vuoto e per autori che costruiscono il proprio oggetto osando dove altri non si sono spinti, la Storia è diventata uno dei suoi scritti più ammirati, letti e tradotti. In Italia è stata pubblicata presto, nel 1950, da "Studium" nella collezione in cui era apparso 'Umanesimo integrale' di J. Maritain e 'Cattolicesimo' di Henri De Lubac, ed ha avuto un'eco significativa anche oltre la cerchia degli specialisti degli studi classici" (dalla Prefazione di Giuseppe Tognon).
"L'appartenere al pensiero immette ogni singolo atto della mente in una sconfinata totalità, dove ogni evento conoscitivo può essere accolto, alla condizione di essere precisato, definito. Non basta: ogni evento mentale deve serbare un rapporto intuitivo con la priorità dell''io penso'. Evidenza di ogni singolo atto e sconfinata apertura confortano la mente nel suo procedere, contribuendo ad accrescerne la suggestione. Nel rapporto con la corporeità, che sembra conferirgli evidenza e certezza, il pensiero conserva una parvenza enigmatica e misteriosa: la certezza di cui si riveste, può trapassare nel suo opposto, il dubbio che tutto minaccia di dissolvere. Singolare strategia, quella del pensiero, della ragione. Compresi nella corporeità, ne condividono la crescita progressiva, ma rimandano ad altro. E in me, la ragione che pensa e argomenta, ma non mi appartiene. È esente dal dubbio che voglia mettere in discussione l'essenza della razionalità. E mi costringe a rispettare illazioni e trasposizioni, che giungono fino a privarmi di quel che presumevo di avere saldamente conquistato. Il pensiero è un compagno di strada, del quale mai si finisce di stupirsi. Dobbiamo a lui la nostra aspirazione alla verità e alla certezza, e intanto alla certezza della verità."
"La vita comune ed a se sufficiente, ed organizzata nell'unità per il meglio dei suoi membri è per gli Elleni lo stato. Ciò che conduce a tale ordinamento è la cittadinanza. L'ordinamento fondamentale dello stato è la costituzione. La sottomissione della attività dell'individuo allo stato è la virtù civile. Lo scopo della costituzione è di svolgere la virtù civile". "Nell'organamento sociale dei singoli membri è possibile la lotta per gli interessi individuali. Lo stato dee rendere impossibile questa lotta. Poiché nella lotta rompesi l'armonia suprema dello stato, che è il suo proprio interesse. Una costituzione che renda impossibile la lotta è una costituzione ottima. Poiché nella Monarchia il principio politico è posto fuori delle classi; in essa trovasi una maggiore garantia contro la lotta dei vani interessi di queste. Al contrario nella Repubblica". "In ogni popolo trovansi i germi di una organizzazione di stato: ma solo in Grecia essi si svolgono per la prima volta. Lo stato rappresenta tutta la vita sociale, l'organismo sociale. L'interesse sociale è l'interesse dello stato. I Greci non distinguono società e stato. Il problema sociale è problema politico".