
L'opera ormai più che trentennale di Alain de Benoist, capofila della cosiddetta "Nuova destra", affronta i problemi della modernità al di fuori e contro l'egualitarismo e l'universalismo da lui considerati caratteristici di una sinistra tutta interna alla tradizione giudeo-cristiana. Il volume è uno studio del più importante tentativo di rinnovare la cultura di destra del nostro tempo, non riducibile come spesso si è fatto soprattutto in Italia a un generico fascismo, e in grado invece di fornire una critica della modernità sui temi dell'economia, dell'ambiente e delle differenze culturali.
La questione energetica si trova all'incrocio di alcune delle più importanti problematiche globali: pace e guerra, sviluppo e sottosviluppo, equilibri ecologici e distribuzioni ambientali. Con mente di scienziato attento al forte vincolo tra tecnologia e denaro l'autore analizza le condizioni che determinano l'instabilità dell'uomo contemporaneo nel suo rapporto con l'ecosistema.
Questi ultimi anni hanno visto il dibattito critico sulla psicoanalisi immiserirsi rispetto ai decenni precedenti. Si sta correndo il rischio di liquidare i veri problemi da risolvere con formule apodittiche e ultimative, di bloccare lo scambio dialettico con la sua funzione costruttiva, soprattutto da parte di critici improvvisati. L'autore si dice convinto che chi difende l'opera e la personalità di Freud anche dalle critiche corrette rivela una mancanza di fiducia nella sua capacità di superare il giudizio della storia. Solo intaccando il mito che si è andato costruendo intorno alla sua persona Freud può emergere autenticamente come una delle figure centrali del dibattito scientifico del ventesimo secolo.
L'autore racconta come, dopo vent'anni di ricerca medica, egli scelse di lavorare da indipendente nella sua casa. Qui ha svolto negli ultimi trentacinque anni ricerche sullo spazio e sulla radioattività delle sostanze chimiche, fino a inventare l'"Electron Capture Detector", che consentì di rilevare la presenza diffusa di pesticidi e altri prodotti pericolosi. La sua scoperta dell'accumulazione di clorofluorocarburi nell'atmosfera aprì la strada allo studio del buco nello strato di ozono. Ma la sua fama è legata soprattutto all'ipotesi su Gaia, che ha modificato il nostro modo di vedere il pianeta su cui viviamo e di cui stiamo minando gli equilibri.
Guidando il lettore in un viaggio che a partire dall'arte preistorica ripercorre le grandi civiltà egizia, fenicia, greca, indiana e araba, Bruno G. Bara ricostruisce e documenta l'invenzione della scrittura attraverso un'ampia scelta iconografica. L'idea di fondo della comunicazione come costruzione comune di significato permette all'autore di sviluppare una teoria della scrittura come comunicazione "situata" e "permanente", cioè trasmissibile con l'ausilio di elementi esterni offerti dall'ambiente: dalle pietre agli odierni supporti elettronici.
"E se l'avventura umana dovesse fallire? Supposizione assurda! L'uomo non occupa forse il vertice della evoluzione biologica? Non è il solo animale la cui tana sia illuminata di notte? Nonché il solo in grado di avere una storia e di scriverla?". Pubblicato per la prima volta nel 1991 con il titolo "Sortie de secours", questo libro fu ripreso e attualizzato dall'autore, ormai quasi centenario, nel 1999. Alle soglie del XXI secolo, forte di tutte le sue conoscenze e riflessioni, Monod pone i termini della scelta: "Accettare la vera ominizzazione, cioè la simpatia e la pietà verso tutti gli esseri, il rispetto della vita, il rifiuto della violenza oppure, pagando il giusto prezzo delle nostre follie e crudeltà, lasciare il posto ai calamari".
Il terapeuta della famiglia sente spesso espressioni di rimpianto ("perché non ridiamo più come una volta?", "nella nostra famiglia non si ride mai") che appaiono come un segno inequivocabile di relazioni non soddisfacenti, come se l'assenza del ridere fosse il sintomo più acutamente condiviso. Ma in che modo e perché si ride nelle famiglie "normali"? C'è un membro della famiglia che svolge il ruolo di sollecitatore del riso? Gli autori estendono la loro riflessione agli aspetti filosofici e antropologici del ridere, alle sue funzioni sociali, alla sua capacità di costruirsi come elemento di identificazione culturale, per poi analizzare le funzioni nei gruppi familiari e nella terapia della famiglia.
Depressione, panico, ansia, fatica cronica: si tratta di malattie in diffusione epidemica, o piuttosto dell'epidemia di determinate diagnosi e prescrizioni? Di un fenomeno davvero inedito, o di nuovi nomi dati a sofferenze antiche? L'approccio etnopsichiatrico rende oggi finalmente possibile un esame a tutto campo (storico e geografico) della questione. Coppo percorre le tappe cruciali della depressione in Occidente, dalla figurazione della malinconia nella Grecia antica alla costruzione della moderna nosografia, indugiando su momenti e connessioni interessanti, come la casuale scoperta dei primi farmaci antidepressivi e il loro ruolo nella definizione psichiatrica del disturbo.
Risalente al 1972, quando Jesi era immerso nella traduzione del Matriarcato, questo saggio inedito su Bachofen - arricchito da un'appendice di note e materiali anch'essi pubblicati qui per la prima volta - si affianca, come una forza autonoma e complementare, allo scritto sullo stesso autore che Walter Benjamin aveva composto durante l'esilio parigino. Jesi riprende e spinge oltre se stesse le categorie dei mitologi reazionari, fino a leggere il nesso tra tomba e proprietà, e la paura degli antichi di restare insepolti, come «allegoria del presente borghese - del vincolo borghese fra senso della proprietà e senso della morte insito nelle "cose"».
L'interesse per il sogno come testimonianza dell'esistenza dell'inconscio è inseparabile dal pensiero di Jung, e spesso costituisce il fondamento empirico della sua teorizzazione. Il sogno è il tema attraverso il quale Jung elabora le più sostanziali fra le sue critiche della concezione freudiana. "Il materiale onirico non consiste solo di ricordi, ma racchiude nuovi pensieri che non sono ancora coscienti". "L'analisi dei sogni, cioè la scoperta di questi 'nuovi pensieri', deve avvenire all'interno di una relazione fra due individui. Su questo punto, Jung anticipa le idee odierne circa la natura fondamentalmente paritaria della relazione tra paziente e analista, con la necessità che quest'ultimo tenga sempre presente e metta in gioco la propria soggettività. Il volume contiene la trascrizione di appunti presi in cinquantuno sedute seminariali tenute a Zurigo dal 7 novembre 1928 al 25 giugno 1930. Il lettore ha modo di conoscere la tecnica junghiana di analisi dei sogni, e anche di incontrare il personaggio Jung, con la sua chiarezza espositiva, il suo senso dell'umorismo, il suo lasciarsi andare ad affascinanti divagazioni.
L'albero o pianta miracolosa è una delle immagini archetipiche che ricorrono più di frequente nel folclore, nei miti e nelle fiabe, e in questo saggio Jung si propone di scandagliarne le molteplici valenze simboliche. Partendo dalla propria esperienza di terapeuta e dallo studio dell'alchimia medievale, il fondatore della psicologia analitica dimostra come dai prodotti spontanei dell'inconscio nell'uomo moderno affiori un archetipo che lascia riconoscere paralleli evidenti con la figura dell'albero in tutte le sue modificazioni storiche. Ai disegni spontanei dei pazienti, presentati nella prima parte del volume, fanno da contrappunto le dotte descrizioni dell'"arbor philosophica" degli alchimisti. Identica è la fisionomia simbolica che ne emerge: fonte di vita e di protezione, luogo della trasformazione e del rinnovamento, l'"albero" è di natura femminile e materna, è l'albero della saggezza e della conoscenza, simbolo della totalità del Sé.
L'ideologia del terrore ha caratterizzato l'affermazione tragica dei sistemi totalitari nel corso del Novecento. La follia rigeneratrice per la costruzione dell'uomo nuovo, per il trionfo delle leggi della storia o della natura ha animato una dimensione ferocemente spietata del potere. Questo libro tiene conto di quella vicenda, ma si concentra sulla possibile esistenza di una nuova versione del totalitarismo o, meglio, della tendenza totalitaria che attraversa le società cosiddette democratico-liberali. Quali forme assume l'attuale totalitarismo postideologico? Si tratta di un totalitarismo senza un centro identificato ma socialmente diffuso, intrecciato alla potenza del mercato globalizzato e allo scientismo tecnologico, con le sue pretese di misurazione e di controllo dell'esistenza. Un totalitarismo che, pur in un contesto storico-politico profondamente diverso, conserva il nocciolo della versione originaria, ovvero l'incidenza del potere, nella sua variante biotecnologica, sulle condizioni di possibilità della vita stessa.