
Sergio Marchionne, figlio di un carabiniere abruzzese emigrato in Canada, è l’uomo che ha preso in mano la Fiat nel delicato momento di transizione dopo la morte di Gianni e Umberto Agnelli, ne ha evitato il fallimento, l’ha condotta all’acquisto e alla riorganizzazione di un gigante decaduto dell’industria americana come Chrysler e ha fatto nascere il gruppo internazionale Fca. In questo libro, Paolo Bricco scrive con ricchezza di documenti e testimonianze la biografia di un manager unico: le sue radici tra gli italoamericani di Toronto, l’arrivo, da straniero, nella Torino in declino di inizio XXI secolo, prima l’idillio e poi gli scontri senza quartiere con il sindacato, il rapporto con Barack Obama, i sogni e i compromessi con la realtà, fino all’improvvisa scomparsa nel luglio 2018. Allo stesso tempo, racconta l’America della grande crisi dell’auto e la sua trasformazione tra Midwest e Silicon Valley, il destino dell’Italia, le peripezie di icone come Fiat e Alfa Romeo, Maserati e Ferrari. È la storia dell’industria globale tra crolli e innovazione, con la centralità della finanza, le mutazioni del lavoro e delle relazioni politiche e sindacali, la metamorfosi di luoghi come Torino, Pomigliano d’Arco e Detroit, dove la crisi e la rinascita delle fabbriche hanno segnato il paesaggio umano e la sorte di centinaia di migliaia di famiglie.
Mai come oggi l'atmosfera terrestre, gli oceani e i continenti sono stati tanto sorvegliati dal punto di vista meteorologico e ambientale, e ogni anno la comunità scientifica internazionale produce migliaia di ricerche che confermano la portata epocale dei danni inflitti dalle attività umane al sistema-Terra. Non conosciamo tutto di come funziona il clima terrestre, ma ormai da anni ne sappiamo abbastanza per comprendere la gravità della situazione, il rischio di collasso degli ecosistemi da cui dipendiamo e l'urgenza di intervenire con azioni efficaci. A cosa servirebbero, infatti, secoli di avanzamento della conoscenza, se poi restassimo impreparati di fronte alla più grande sfida della storia umana, pur avendola prevista con decenni di anticipo? Luca Mercalli, ricercatore e divulgatore scientifico che da anni racconta agli italiani la meteorologia e l'attualità climatica e ambientale, ci aiuta a orientarci con questo libro, pubblicato per la prima volta nel 2009, e ora completamente revisionato alla luce dei molteplici aggiornamenti dal mondo della ricerca e dei negoziati internazionali. Dalla storia di chi ha scoperto il riscaldamento globale, alla fusione dei ghiacciai alpini, fino a ciò che possiamo fare nella vita quotidiana per alleggerire il nostro contributo climalterante, una base di informazione per costruire la consapevolezza necessaria a quel "salto evolutivo" che (se riusciremo a fare) permetterà alle prossime generazioni di vivere ancora dignitosamente su questo pianeta.
Al ventiduesimo piano di un condominio di periferia vive un vecchio. Non esce mai, non incontra nessuno, nemmeno i figli o i nipoti lo vanno a trovare. Il mondo che sta là fuori gli è estraneo, eppure lui sente che, pur non avendo più alcun ruolo sociale, la sua esistenza ha ancora un senso. Del resto, che la vecchiaia inizi a sessantacinque anni è una pura convenzione stabilita dalla società fondata esclusivamente sul lavoro e sul denaro. Così si siede davanti a un microfono e, invece di rompere la sua solitudine varcando la porta di casa diretto al bar o ai giardinetti, apre la porta verso l'universo virtuale ed entra nella rete. Con grande "sospetto" e incertezza racconta le sue riflessioni su alcune parole che hanno riempito la sua esistenza. Democrazia, assurdità, bellezza e vecchiaia: sono questi i termini attorno a cui costruisce quattro lezioni virtuali. Le sue sono parole al vento o c'è qualcuno disposto ad ascoltarlo? Con un certo stupore il vecchio scopre che il suo pubblico cresce lezione dopo lezione. Abbattuto il muro che lo escludeva da qualsiasi relazione, si rende conto di avere di nuovo una voce. Sa di essere fragile, ma è proprio quella fragilità a renderlo più umano. Nella dimensione del "noi" che emerge a poco a poco, capisce che l'unica cosa che conta davvero è il presente e che "vivere non è parlare, ma correre da chi ha bisogno". Parole vuote? Parole come semplice rumore? Vittorino Andreoli mette in scena in queste sue nuove pagine un teatro della verità a tratti autobiografico. Smaschera i pregiudizi del nostro tempo, che considera la vecchiaia come l'età della vergogna, dimenticando che la fragilità del vecchio è la rappresentazione della condizione umana, del significato stesso dell'uomo nel mondo.
La quarta rivoluzione industriale è già qui. L'innovazione tecnologica e la velocità sempre maggiore con cui si verifica il cambiamento comportano una trasformazione radicale del nostro mondo conosciuto. Robotica avanzata, Intelligenza artificiale, big data, blockchain sono solo alcuni dei fattori che, combinati e integrati tra loro, stanno incidendo sulla sfera del lavoro, sulla società nel suo complesso, sulla vita quotidiana di ognuno di noi. Come reagire? Non certo, sostiene Marco Bentivogli, col catastrofismo dei tecnofobi, di chi predica che «le macchine» semplicemente cancelleranno occupazione e che l'innovazione debba essere fermata. Serve, al contrario, un cambio di paradigma, di prospettiva e di senso; è necessario «anticipare, pensare e progettare la trasformazione», fare in modo che il nuovo che nasce compensi e superi ciò che muore. È possibile, e dove si sono prese le giuste misure si è riusciti a portare crescita economica, benessere, e a far aumentare l'occupazione, migliorare la qualità del lavoro e la sostenibilità ambientale dei modelli produttivi. L'industria 4.0, di cui questo libro offre una guida pratica, è un'occasione che un Paese come l'Italia non può e non deve lasciarsi sfuggire. Occorre ripartire, e subito, da un approccio competente e positivo all'innovazione tecnologica, da un rilancio dell'istruzione scolastica e della formazione in ambiente di lavoro; da nuovi corpi intermedi, come il sindacato «smart», che sappiano guidare e orientare il mutamento in corso. Le forze politiche, in particolare quelle che si dichiarano progressiste, hanno il dovere di abbandonare il velleitarismo di chi vuole «fermare il progresso con le mani», di guarire dalla miopia e dall'afonia con cui partecipano al discorso pubblico, di parlare di futuro delle persone e non di paure. È l'unica strada percorribile per interrompere il degrado civile del Paese e sconfiggere le ricette populiste.
«Gli italiani della mia generazione (sono nato nell'ottobre 1935 e ho 83 anni) portano sulla gobba una colpa che non gli verrà mai cancellata. È quella di essere stati fascisti. A nostra difesa va detto che era quasi impossibile non esserlo. Certo ci sono state delle minoranze eroiche di oppositori. Ma il regime di Benito Mussolini si è rivelato molto pervasivo, lasciando la sua impronta nell'intera società italiana. Anche il Pansa è stato fascista per un paio di anni, dai sei ai sette, quando frequentava la prima elementare. Il bambino che vedete in copertina mentre fa il saluto romano sono io. Indosso la divisa di figlio della Lupa, il primo gradino dell'organizzazione della gioventù mussoliniana. La fotografia è stata scattata da mio padre Ernesto nel giugno 1943. Nell'autunno di quell'anno sarei diventato un balilla, ma in luglio il regime fascista cadde e non mi fu possibile continuare la mia carriera di militante. Conservo quella piccola foto e ho chiesto alla Rizzoli di metterla nella copertina di questo libro un po' strano. Racconta quanto mi accadde dopo aver pubblicato nel 2003 il mio lavoro più noto: "Il sangue dei vinti". Era dedicato alle vendette compiute dai partigiani trionfanti sui fascisti repubblicani sconfitti. Ed ebbe un successo di vendite travolgente che né io né l'editore ci aspettavamo. Segnò l'inizio di una serie di vicende che in qualche modo riflettono l'Italia entrata nei nevrotici anni Duemila. Prima di tutto non sono più stato ritenuto un rosso come credevo di essere, bensì un nero: Pansa il fascista ha gettato la maschera. Questo accese la rabbia di una serie di eccellenze presunte democratiche, più ridicole che tragiche. Venni aggredito e messo all'indice da parrocchie politiche che prima stravedevano per me e volevano eleggermi in Parlamento. Troverete tutto in questo libro. [...]». (G.P.)
In una ricostruzione che si avvale di lettere, diari e documenti inediti, Raffaela Milano attraversa i primi decenni del Novecento per raccontarci la vita di una donna rivoluzionaria che ha sfidato il suo tempo in nome di un unico principio - "Salvarne il più possibile".
Nel 1919 in Europa si muore di fame. La guerra è finita, ma il blocco degli aiuti alimentari imposto dai vincitori ai Paesi dell'Europa centrale prosegue. Solo in Germania si contano settecentomila morti per denutrizione, e ovviamente i bambini sono i più colpiti. "Non posso avere nemici che abbiano meno di sette anni" dichiara George Bernard Shaw quando quello stesso anno aderisce al Fight the Famine Council, il comitato inglese che nasce per aiutare i Paesi sconfitti. L'anima del comitato è Eglantyne Jebb, una giovane insegnante che di lì a poco fonderà Save the Children. La "fiamma bianca", la chiamano i suoi amici: "Un viso che fa parlare l'anima e la voce delicata, senza clamore, che si fa ascoltare da tutti, e che non sa dire altro che la verità". All'evento di presentazione della nuova organizzazione, il pubblico arriva armato di mele marce da tirare in faccia ai "traditori": l'Inghilterra ha perso nella Grande Guerra mezzo milione di uomini sotto i trent'anni, non è il momento di occuparsi dei nemici, né dei loro figli. Eglantyne però è una combattente straordinaria e, nonostante il patriottismo cieco che prevale su tutto, raggiunge dei risultati che ancora oggi appaiono impensabili. "Le donne sono in grado di cambiare l'intero corso della storia del mondo" ha scritto Eglantyne. E lei ci ha davvero provato. In una ricostruzione che si avvale di lettere, diari e documenti inediti, Raffaela Milano attraversa i primi decenni del Novecento per raccontarci la vita di una donna rivoluzionaria che ha sfidato il suo tempo in nome di un unico principio - "Salvarne il più possibile" - e che nel 1924 getterà le basi della Dichiarazione dei diritti del fanciullo: non per il suo buon cuore, ma perché è un investimento per il futuro. Con un occhio al presente, perché molto di quello che racconta ha a che fare con le emergenze del mondo di oggi.
"Credi forse che gli uomini, e specialmente quelli di forte personalità, siano riassumibili in un giudizio solo? Se così fosse, ti sfiderei a formulare quello su Giulio Cesare. Cosa fu Cesare: il più grande generale e statista, o la più grande canaglia di tutti i tempi? Fu, credi a me, entrambe le cose. Gli uomini, te ne accorgerai, sono, anzi, siamo sempre un coacervo di contraddizioni." Un coacervo di contraddizioni, sì: dal Risorgimento all'altroieri, un personaggio dopo l'altro. Questo volume raccoglie una serie di articoli dedicati da Indro Montanelli, nel corso degli anni Novanta, ai protagonisti della storia politica italiana: da Garibaldi, "onesto pasticcione", a Grillo, "incubo esilarante", da Mussolini a Craxi a Berlusconi e D'Alema, fra demagoghi, guappi di cartone, statisti latitanti. Il formidabile ritrattista che fu Montanelli picchia furiosamente i tasti della proverbiale Olivetti e sembra in uno stato di grazia: arriva sulla pagina il distillato di una lunghissima carriera, con un ritmo e una velocità perfetti per il Ventunesimo secolo. Leggi sorridendo, con il divertimento di chi assiste all'azione dell'anarchico buono che se la spassa a prendere di mira i monumenti. Pensi di essere solo uno spettatore, ma via via hai il sospetto che tutto ti riguardi più del previsto. Un po' come spiegava Balzac ai lettori della sua Commedia umana: "Voi che vi sprofondate in una molle poltrona dicendo: forse mi svagherà. Dopo avere letto, cenerete con appetito e scaricherete l'insensibilità vostra sulle spalle dell'autore, tacciandolo di esagerare". Eh no, precisa il grande scrittore francese, "tutto è vero, è talmente vero, che ognuno potrà ritrovarne gli elementi dentro di sé". E visto che qui si tratta di politici, Montanelli, da par suo, aggiunge la domanda delle domande, la più scomoda: ma il Paese è davvero meglio della classe politica? Cioè, noi siamo meglio della classe politica? Postfazione di Beppe Grillo.
"La verità è che in alcune circostanze, quando si parla di denaro, noi abbiamo un'unica possibilità di salvezza: quella di legarci mani e piedi. Il suono che le Sirene emettono è semplicemente troppo forte per potergli resistere." A invitarci a seguire l'esempio di Ulisse, anzi a "tenere una copia dell'Odissea sulla scrivania", è Paolo Basilico, uno dei grandi protagonisti, in Italia e non solo, della finanza e della gestione del risparmio. Dopo la laurea alla Bocconi e uno stage a Wall Street, ha cominciato a lavorare in Borsa nel 1984, in coincidenza con il primo vero boom di Piazza Affari. Entrato nella Mediobanca di Cuccia, Maranghi e Braggiotti, partecipa alla prima grande ondata di privatizzazioni. Nel 1992 passa a una start-up anglo-italiana mentre si abbatte la tempesta perfetta di Tangentopoli, crisi del debito pubblico e svalutazione della lira. Da quando diventa imprenditore in proprio fondando il Gruppo Kairos, nel 1999, i crolli peggiori (lo scoppio della bolla di internet nel 2000, la tragedia delle Torri Gemelle nel 2001, il fallimento della Lehman Brothers nel 2008, i rischi di default nel 2011...) si alternano ai rialzi più esplosivi. Questo libro è il racconto di un movimentato viaggio al centro della finanza che diventa l'occasione per spiegare con estrema chiarezza come funziona la macchina economica e finanziaria, come possiamo sfuggire alle trappole logiche e psicologiche in cui finiamo fatalmente per cadere quando dobbiamo prendere decisioni che toccano i soldi, quali sono i principi a cui attenersi per investire con successo. Perché la finanza non è quella che ci raccontano e che si autocelebra attraverso miti e finzioni, non è un laboratorio di formule o di algoritmi: è l'essenza del rapporto fra uomini, fra i loro caratteri, le loro psicologie.
"La politica è schifosa e fa male alla pelle" cantava Giorgio Gaber nel 1980. Quasi quarant'anni ci separano dall'invettiva di lo se fossi Dio, e nel frattempo cos'è cambiato? Poco, per certi versi, ma moltissimo per altri. Se è vero, come ci ricorda Andrea Scanzi, che "assistiamo da decenni a un inesorabile svilimento della cosa pubblica", il confronto tra ieri e oggi appare al contempo impietoso e illuminante, sospeso tra bruschi cambi di rotta e inquietanti continuità. Per misurare appieno distanze e affinità bastano i profili esemplari di undici politici del presente e del passato: Berlusconi, D'Alema, Renzi, Salvini, Rodotà, Bersani, Parri, Pertini, Andreotti, Berlinguer e Caponnetto. Vicende pubbliche e private in cui si affacciano altri nomi della nostra storia comune. Con la sua scrittura assieme lucida e allusiva, divertente e spietata, equilibrata e partigiana, l'autore ci guida in un percorso che unisce politica, cinema e letteratura, in cui la canzone d'autore diventa una vera e propria colonna sonora. E - all'interno di un dibattito in cui il ruolo più comodo e redditizio è quello del megafono - prende coraggiosamente posizione.
L'agilità mentale è educabile e un discreto allenamento su test sperimentali può portare a un sensibile miglioramento del quoziente d'intelligenza. Questo libro può servire, quindi, sia a chi abbia semplicemente la volontà di provare o di aumentare il proprio quoziente tecnico d'intelligenza, sia a chi, per passatempo, ami cimentarsi con problemi e quiz. Una tavola inserita in fondo al volume fornisce al lettore la valutazione della sua intelligenza e agilità mentale sulla base dei problemi che a mano a mano avrà risolto.
"Menzogna, autoinganno, illusione" è l'analisi acuta e approfondita di quei territori sconosciuti della mente umana, di quelle vere e proprie "zone d'ombra" in cui l'individuo relega, dimenticandosene immediatamente, le sensazioni spiacevoli e i ricordi dolorosi. "Menzogna, autoinganno, illusione" è l'analisi acuta e approfondita di un aspetto della personalità umana che presenta ancora diversi lati oscuri e si manifesta nella tendenza a ingannare se stessi e gli altri sui problemi e sulle contrarietà della vita. Si tratta di territori sconosciuti della mente umana, vere e proprie "zone d'ombra" in cui l'individuo relega, dimenticandosene immediatamente, le sensazioni spiacevoli, i ricordi dolorosi e qualunque considerazione negativa che riguardi se stesso, coloro che ama e il mondo in generale. La meta è un nuovo modo di vedere le cose e trasformare emozioni negative in sentimenti positivi. Comprendere noi stessi per comprendere gli altri.

